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Al Qaeda in Photoshop
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E’ confermato: la sorveglianza degli imbarchi all’aeroporto Skiphol di Amsterdam è affidata alla ditta israeliana ICTS. E questa compagnia, che è composta da esperti ex-agenti dello Shin Beth e diretta da un ex agente del Mossad di nome Ezra Harel, ha lasciato salire a bordo il giorno di Natale il terrorista con  la mutanda esplosiva, il 23enne nigeriano Umar Faruk Abdulmutallab. Lo afferma Haaretz, che attribuisce il tutto a una smagliatura della nota ditta. Eppure, dice il giornale, il viaggiatore «avrebbe dovuto attrarre i sospetti degli addetti alla security: il suo nome, l’età, la rotta di viaggio illogica, il biglietto caro acquistato all’ultimo momento, il suo imbarco senza bagaglio e molti altri segnali dovevano essere sufficienti ad allertare i funzionari e a condurre un esame ulteriore del soggetto». (Israeli firm 'failed to detect would-be bomber')

Già. Doveva suscitare qualche sospetto specialmente il fatto che - secondo un altro passeggero, Kurt Haskel, noto avvocato di Newport - il giovinotto è stato lasciato imbarcare senza passaporto, perchè un tizio che sembrava indiano, elegantemente vestito, l’aveva raccomandato agli addetti alle carte d’imbarco con le famose parole: «E’ del Sudan, noi lo facciamo sempre». (Flight 253 passenger: Sharp-dressed man aided terror suspect Umar Farouk Abdul Mutallab onto plane without passport)

Il bello è che la infallibile ICTS gestiva la sicurezza al Charles De Gaulle di Parigi, quando lasciò passare, anni fa, quel Richard Reid (uno psicolabile inglese convertitosi all’Islam) con una scarpa esplosiva; nonostante Reid fosse ben noto allo Shin Beth, perchè anni prima l’avevano lasciato arrivare in Israele per seguire (dissero) le sue mosse. Sempre la ICTS gestiva la sicurezza dei bus da e per l’aeroporto di Londra durante la tragica giornata del 7 luglio 2005, quando terroristi fecero saltare quattro stazioni del metrò.

E soprattutto, l’11 settembre 2001, la ICTS era responsabile della security al Logan International airport, da cui partirono 2 presunti dirottatori dei quattro aerei da avventare, per conto di Al Qaeda, contro le Twin Towers e il Pentagono.

Ma un errore può capitare a tutti. Tant’è vero che il presidente Bush jr., comprensivo, ancor prima di varare il «Patriot Act» (il decreto d’emergenza che riduceva le libertà costituzionali americane a beneficio della «lotta al terrorismo globale») aveva fatto approvare una leggina che metteva al riparo la ICTS International da qualunque causa per danni «in relazione ai fatti dell’11 settembre». In base a questa legge, persone che si ritenevano danneggiate dai terroristi (i parenti delle oltre 3 mila vittime, ad esempio) non potevano non solo accusare come responsabile la ICTS, ma  nemmeno chiamare a testimoniare gli addetti della ICTS su quel che era veramente successo agli imbarchi. (911 Dutch Treat?)

Sicchè la ICTS continua a godere della inconcussa fiducia delle ditte aeroportuali di mezzo mondo. Attualmente, attesta Haaretz, la compagnia isrealiana «fornisce la sicurezza  negli aeroporti di 11 Paesi, fra cui Francia, Gran Bretagna, Spagna, Ungheria, Romania e Russia». Tanti auguri a quei Paesi.

Intanto però il terrorista Mutallab dalla mutanda esplosiva s’è dichiarato innocente alla prima udienza del suo processo, e ha persino negato di appartenere ad Al Qaeda. Come osa, l’impudente?  Al Qaeda in persona ha diramato la foto del giovanotto nigeriano, che sorride avendo dietro le spalle uno stendardo arabo che sembra il logo della compagnia terroristica: ecco la prova provata. Una prova così sicura che anche la giornalista Botteri del TG3  l’ha esibita qualche sera fa.



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Eccola, la foto che comprova l’appartenenza del nigeriano ad Al Qaeda. La spelndida giornalista Botteri non ha fatto notare un insignificante particolare che salta all’occhio al più distratto osservatore: quel «logo» in baso a destra, sovrapposto al logo di «Al Qaeda in Yemen» (o qualunque Al Qaeda sia). Che cosa dice quel logo: «IntelCenter».

E’ il famoso centro SITE, quello di Rita Katz. E’ noto ai lettori. Ma dovrebbe essere noto perfino alla Botteri. Chi recapita ai giornali da anni i più freschi messaggi in video (fermo-immagine) di Osama bin Laden? Rita Katz. Chi ci informa che questo o quell’attentato è stato rivendicato da Al Qaeda? Rita Katz. Chi ci riporta regolarmente, fornendoci prove audio e video, delle criminali intenzioni dei musulmani nel mondo? Rita Katz, ossia il suo centro SITE, ossia Intelcenter.

Persino la CIA, l’FBI e l’Homeland Security diramano le produzioni video dell’IntelCenter, che evidentemente ritengono una fonte d’informazione primaria. Rita Katz prende tutto, dice, da siti internet «fondamentalisti» che lei sola riesce a scoprire. Meglio della CIA. Negli anni, i media hanno imparato a concedere alla Katz la più indiscussa fiducia. Un video targato «InterlCenter» viene subito mandato in onda col primo TG della sera, senza altre domande.

Qualche domanda invece se la fece un tale Neal Krawets, un esperto riconosciuto di sicurezza nei computer e noto scopritore di falsi digitalizzati. In una conferenza tenuta nel quadro della fiera BlackHat, una fiera per detectives privati, tenuta a Las Vegas nel 2007, Krawetz presentò  il video che mostrava Al Zawahiti, scoperto e diffuso un  anno prima da IntelCenter. Krawetz voleva propagandare un programma da lui scritto (e che fornì ai presenti in CD-Rom) capace di analizzare le immagini fisse e video e scoprirne le alterazioni. Come esempio, usò proprio il video da cui parlava Al Zawahiri, il terribile numero 2 di Al Qaeda. Il suo programma riusciva a stabilire non solo le alterazioni sopravvenute, ma l’ultimo «strumento» usato per aggiungere all’immagine originale altri elementi.


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Ecco l’immagine analizzata da Krawetz. Il sinistro Mago Magò che si ritiene essere Zawahiri siede ad una scrivania, ed ha alle spalle uno stendardo in minacciosi caratteri cufici; a sinistra in basso il famigerato logo di As-Sahab (lo nota casa di produzione di Al Qaeda) e in alto il logo di IntelCenter. Ebbene: Krawetz ha dimostrato che lo stendardo dietro Mago Magò era stato aggiunto all’immagine originale, e nello stesso momento in cui era stato aggiunto il logo IntelCenter. (Did IntelCenter Photoshop AlQaeda Logo on Mutallab Photo?)

Si potrebbe quasi sospettare che Intelcenter avesse fatto in casa anche lo stendardo dietro la faccia sorridente del terrorista-mutanda Mutallab. Anzi, a guardarla bene si intuisce che è stata presa una foto del ragazzo da qualche ricordo di vacanza (lui sorridente, disteso, senza il cipiglio del terrorista islamico) gli hanno appiccicato labandiera di Allah, o qualunque cosa sia. Lo strumento usato per la foto esaminata da Krawetz  era Photoshop, il comunissimo software per il ritocco.

Niente di sofisticato: Al Qaeda in Photoshop. La stessa Rita Katz non ha sofisticate qualifiche su cui appoggiare la sua credibilità di cacciatrice di video - video che sfuggono alla CIA e all’FBI. Ha un diploma di college, che è un grado basso di istruzione in USA. D’origine irachena, ha servito nell’esercito israeliano. Suo padre è stato impiccato da Saddam come spia del Mossad tanti anni fa.

In un processo in cui fu chiamata a testimoniare, ammise di ricevere 130 mila dollari annui dall’FBI. Ma il governo, che la esibì come testimone, non affermò nè pretese che Katz fosse esperta di terrorismo. La Katz si vanta di aver spesso collaborato a stanare terroristi con le polizie americane, ma Forward (rivista ebraica) ha definito queste vanterie «esagerate». (Rita Katz)

La Botteri sa ancora come controllare le fonti? Magari potrebbe consultare la voce «Rita Katz» su Sourcewatch, un sito dedito appunto a vagliare la credibilità delle fonti. Vi si vedrà che la Katz è considerata una «risorsa inestimabile» (an invaluable resource) dalla... Blackwater, la ditta di mercenari, ma che il New York Times, il 23 settembre 2004, informava che «enti di beneficenza islamica l’hanno querelata (la Katz) per diffamazione in quanto li aveva accusati di essere organizzazioni terroristiche, anche se quei gruppi non erano stati imputati»: dunque le accuse della Katz non erano state prese sul serio dagli inquirenti.

Anche il sito «Spinprofiles», che si definisce «la vostra guida alle reti di potere, al lobbying e alle PR ingannevoli», dedica una pagina al SITE della Katz: dove si mette in luce la sua straordinaria qualità come auto-promotrice («Nel maggio 2003 ha pubblicato anonimamente una semi-autobiografia dal titolo: «Cacciatrice di Terroristi: la storia straordinaria di una donna che è andata sotto copertura per infiltrare i gruppi islamici radicali che operano in America»), ed i discutibili risultati della attività investigativa della Katz. Nel 2002, per esempio, «la Katz ha collaborato con l’FBI ad un’inchiesta che  portò ad una serie di incursioni nella Graduate School of Islamic Thought and Social Sciences (GSITSS) e nel International Institute of Islamic Thought (IIIT) in Nord Virginia, due fondazioni culturali, e nelle case private di diversi dei suoi impiegati e docenti. Le vittime delle irruzioni hanno querelato la Katz e l’agente delll’FBI David Kane (che aveva firmato i mandati di perquisizione, ebreo) riuscendo a comprovare che tali mandati «contenevano materiale falsificato riguardo a transazioni internazionali inesistenti». Eccetera, eccetera.

Ma non è colpa della Katz, che riesce a far soldi così. E’ colpa dei media e dei giornalisti che ricevono le sue «informazioni raccolte da forum  jihadisti» che lei sola conosce, e praticamente tutto il materiale illustrativo su Al Qaeda di cui è la sola fornitrice in monopolio, senza porsi qualche domanda (1). E nel frattempo, trascurano notizie alquanto più significative.

Per esempio, la notizia che la compagnia israeliana ICTS, che è strapiena di agenti dello Shin Beth,  ha «mancato» di scoprire il terrorista Mutallab, come mancò di scoprire il terrorista Reid, e due dei terroristi dell’11 settembre. Non è una notizia di qualche interesse per la Botteri?

O un altro esempio: il 14 dicembre il Times di Londra ha pubblicato un servizio, con tanto di foto del documento in farsi uscito apparentemente da qualche ufficio iraniano, dove si prova che l’Iran sta fabbricando un «iniziatore a neutroni», ossia un innesco per una bomba atomica. Effettivamente questa parte della notizia è stata riportata da qualche giornale (erano i giorni in cui i Paesi occidentali erano spinti a varare sanzioni più dure contro Teheran), ma non la smentita successiva: Philip Giraldi, che è stato capo dell’antiterrorismo alla CIA dal 1976 al 1992 ed oggi fa da portavoce ufficioso della «comunità d’intelligence americana», ha dichiarato che secondo i suoi colleghi ancora in servizio il documento è un falso, fabbricato di sana pianta dai servizi britannici o più probabilmente dagli israeliani. «La catena di Rupert Murdoch è stata molto usata per pubblicare false informazioni spionistiche elaborate dagli israeliani, e occasionalmente dai britannici», ha detto Giraldi. (US spies: Israel or UK forged nukes report on Iran)

Però il Sunday Times, il 10 gennaio, almeno ha intervistato il generale Uzi Eilam, 75 anni, che per decenni è stato a capo del programma nucleare israeliano e conosce tutto su queste faccende, e che dice: «L’Iran deve fare ancora molta, molta, molta strada prima di costiturisi una capacità nuleare»: sette anni almeno, secondo il generale. Il quale giudica le opinioni sparse dai dirigenti israeliani «isteriche». «I servizi di spionaggio stanno diffondendo voci agggiaccianti sull’Iran, e l’establishment militare diffonde falsi allarmi allo scopo di ottenere più fondi in bilancio», mentre i politici favoriscono la paranoia della Bomba persiana «per distrarre l’attenzione dai problemi interni» israeliani. (Israeli general Brigadier-General Uzi Eilam denies Iran is nuclear threat)

Il Sunday Times ha avuto il coraggio di rendere noto questa autorevole punto di vista, che demolisce gli allarmismi sull’Iran atomico, pur essendo della catena di Rupert Murdoch. I nostri giornali italiani non hanno nemmeno questa scusa. Forse non credono al generale di brigata Eilam, ex capo della Commissione Energia Atomica israeliana, ma credono di più alla Katz?

Giornalisti di Katz.




1) Persino la BBC comincia a dubitare: «L’autenticità dei video (che mostrano bin Laden) è messa in discussione da David Ray Griffin, un professore di teologia che è membro del Movimento per la verità sull’11 settembre. «Nessuno dei video è comprovatamente autentico», dice Griffin, «e di almeno tre la falsificazione è stata dimostrata. E se qualcuno fabbrica alcuni video di Bin Laden, ciò induce al sospetto che tutti i video e gli audio sia satati fabbricati».  http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/8444069.stm (9 gennaio 2010).


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