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Obama, il negro noachico
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Molti lettori già sapranno (dal web, non certo dai giornali) che la ex deputata americana Cynthia McKinney è detenuta da giorni in Israele, insieme ad altri passeggeri della nave «Spirit of Humanity», che cercava di portare aiuti alimentari a Gaza. Non so perchè non ne ho scritto fino ad oggi, forse per disgusto e assuefazione dei delitti israeliani (proprio su questo contano: l’assuefazione al male che ottunde la nostra sensibilità). Se ora ne parlo, è perchè questa vicenda mette in luce, in modo vergognoso, la servilità degli USA e del suo presidente - negro come la McKinney - Barak Obama.

I fatti in breve. Lunedì 29 giugno il piccolo battello greco, noleggiato dal movimento Free Gaza,  salpa da Cipro con 21 attivisti della pace e varie tonnellate di materiale di soccorso, con la dichiarata intenzione di raggiungere Gaza. Oltre alla McKinney, a bordo ci sono Mairead Corrigan Maguire, Nobel per la Pace irlandese, alcuni arabi e palestinesi, anche due attivisti israeliani.

Il viaggio è interrotto subito. Il  giorno seguente lo Spirit of Humanity viene abbordato da una cannoniera giudaica e sotto la minaccia delle armi, obbligato a seguirla. Il battello è portato nel porto di israeliano di Ashdod e tutti i suoi membri arrestati e messi in prigione. Si noti: l’abbordaggio aggressivo avviene in acque internazionali, cosa che lo configura come un atto di pirateria internazionale, dove i passeggeri sono ostaggi di una entità che non risponde al diritto internazionale, ed ha anche sequestrato il carico (medicinali, alberelli di olivo, materiali da costruzione e giocattoli).

I due israeliani vengono rilasciati mercoledì 1 luglio, senza alcuna incriminazione. Gli altri, di dieci diverse nazionalità, restano in prigione. Per giorni.

Quello che preme far notare è l’atteggiamento degli Stati di cui i prigionieri sono cittadini. Il primo ministro irlandese Michael Martin, cioè il governante di uno Stato di 4 milioni di abitanti, esige pubblicamente, e nei termini più duri, l’immediato rilascio del suo Nobel Corrigan Maguire e degli altri irlandesi  detenuti.

Poichè alcuni detenuti sono arabi del Bahrein, il re del Bahrein (uno Stato microscopico  del Golfo) manda immediatamente una delegazione in Israele - nonostante il Bahrein non abbia relazioni diplomatiche con lo Stato giudaico - che esige di incontrare i suoi cittadini in prigione, e ne pretende il rilascio. Venerdì 3 luglio, la delegazione del Bahrein riceve i detenuti, liberati da Israele, all’aeroporto Ben Gurion: apparentemente non si sono mai mossi dall’aeroporto sionista, e hanno  manifestato l’intenzione di restare lì finchè non avessero riavuto i loro cittadini (1).

Il delegato dell’ONU per i diritti umani violati in Palestina, Richard Falk (ebreo e americano)  protesta energicamente da Ginevra: l’assalto a una nave in acque internazionali è illegale, e il persistente blocco delle merci a a Gaza costituisce «un crimine continuato contro l’umanità».

E che cosa fanno gli Stati Uniti, la sola superpotenza rimasta? Niente. Non reagiscono. Il Washington Post non dà nemmeno la notizia. Il New York Times la darà, in pagine interne e con titolo anodino (in cui riesce a non dire che tra i detenuti dai pirati giudei c’è una deputata americana, in carcere da giorni) solo giovedì 2 luglio (2).

Soprattutto, tace il  Dipartimento di Stato: nessu funzionario dell’ambasciata USA si muove presso gli israeliani in favore della sua cittadina. Tace la Casa Bianca.

Dalla galera, Cynthia McKinney riesce a telefonare al giornalista Don DeBar di New York e racconta: sono in una cella insieme a donne di varie nazionalità detenute per aver cercato di entrare a Gaza. Fa appello al presidente Obama: «Il presidente ha chiesto ripetutamente ad Israele di lasciar passare gli aiuti per la gente di Gaza; la comunirtà internazionale ha promesso 4,5 miliardi di dollari per la ricostruzione, che non passano per il blocco israeliano. Noi siamo detenuti senza aver commesso alcun reato, solo perchè volevamo consegnare aiuti umanitari al popolo di Gaza». La notizia viene riportata il 2 luglio dall’Atlanta Journal constitution.

Silenzio dalla Casa Bianca.

Lo stesso 2 luglio vicenda viene posta da una giornalista durante il “questione times” di Ian Kelly, sottosegretario e portavoce del Dipartimento di Stato. Ecco lo scambio di battute:

Domanda: «Sono Erin Connors per Press TV. La ex deputata Cynthia McKinney e dei membri del movimente Free Gaza sono stati intercettati da una nave da guerra israeliana mentre erano in missione umanitaria laggiù. Cosa ha fatto il governo a questo proposito? Stanno tornando a casa? Verranno espulsi? Qual è il prossmo passo che intraprenderete? E  il materiale di soccorso che portavano arriverà dove era destinato?».

Kelly: «Su questa ultima domanda, non so rispondere, effettivamente. Le consiglio di rivolgersi al governo di Israele. Noi possiamo confermare che la marina israeliana ha arrestato quelli a bordo di della nave nota come “Spirit”. Non possiamo fare alcun commento su nessuno degli individui americani a bordo per via della legge sulla Privacy (!). La nostra ambasciata ha contattato le autorità israeliane. Ci hanno detto che il battello è stato bloccato in acque israeliane ed è scortato in un porto israeliano, o forse ha già raggiunto un porto israeliano. A quanto ne sappiamo i passaggeri stanno bene e sono curati. Stiamo cercando di ottenere l’accesso del nostro console ai cittadini americani a bordo. E non prendiamo alcuna posizione a proposito del movimento Free Gaza e di nessuno dei suoi messaggi».

Ian Kelly è il sottosegretario che si è adoperato con tutti i mezzi e con tutte le pressioni per il rilascio della giornalista (e forse spia) Roxana Saberi, arrestata per spionaggio in Iran. Di Cynthia McKinney non sa nemmeno, tre giorni dopo il fatto, se è arrivata in porto in Israele. Anzi, non ne fa nemmeno il nome. Per ordine della lobby, la cittadina americana è già diventata una non-persona.

Le ultime notizie (del 3 luglio) dicono che la detenuta n. 88.794 ha rifiutato di essere rilasciata, perchè per tornare in libertà le hanno chiesto di firmare un modulo di ammissione di colpa, per aver violato il blocco israeliano. Ad Atlanta, città della McKinney, i suoi sostenitori spiegano: «La questione è che la McKinney era in acque internazionali» quando è stata arrestata.

Israele pare abbia replicato che l’Autorità Palestinese e la comunità internazionale «hanno  da tempo espresso il loro accordo per il blocco off-shore per impedire il contrabbando di armi a Gaza».

Ufficialmente il ministero israeliano degli Esteri ha avvertito che «Israele considera ancora un’area di conflitto e che ad ogni battello che tenti di arrivare a Gaza non sarà permesso di giungere a destinazione».

Il consolato sionista di Atlanta (dove la McKinney è popolare) emette un comunicato: «Secondo la legge israeliana, alla signora McKinney e i suoi amici era stato consigliato di riconoscere la loro espulsione, ma siccome la signora McKinney ha rifiutato di farlo, essa dovrà comparire davanti a un giudice israeliano domenica 5 luglio, e poi rimandata a casa appena possibile».

Domenica sembra che sia stata messa in un volo verso gli USA, alla chetichella. 

Paul Craig Roberts (vice-segretario al Tesoro ai tempi di Reagan) si domanda con amaro sarcasmo  se «un premio Nobel ed un ex membro della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti non saranno consegnati agli americani per essere sottoposti a detenzione indefinita e a waterboarding nel centro di tortura americano a Bagram» (3).

Cynthia McKinney, democratica, è stata eletta per cinque legislature consecutive in Georgia, nel suo Stato, con il 58% delle preferenze. Le sue disgrazie sono cominciate nel marzo 2002 quando, intervistata alla radio, ha chiesto «una inchiesta seria e indipedente» sugli attentati dell’11 settembre, e ha aggiunto che sono strani i legami fra la famiglia Bush e la famiglia Bin Laden, soci nel gruppo Carlyle, divenuto il maggiore contractor della massime imprese militari USA. Da allora, è stata fatta oggetto di una frenetica campagna mirante a screditarla personalmente e politicamente.

Sul National Interest, un tal Jonah Goldberg la definì «una complottista paranoide cripto-marxista che odia l’America». Si volle rivelare che «il 21% dei contributi elettorali dellaMcKinney viene da individui o organizzazioni arabe», rivelazione che decine di giornali sunteggiarono con titoli del tipo: «La McKinney sostenuta dai terroristi».

L’FBI perquisì gli uffici di sette donatori della deputata (tutti nomi musulmani), anche se poi dovette ammettere che «a nessuno dei contributori della McKinney è stato contestato alcun reato». I giornali americani parteciparono con voluttà alla campagna, facendo allusioni calunniose alle abitidini sessuali della deputata, al suo presunto uso di droghe.

Non bastò per liquidarla. La lobby dovette mettere in atto un’altra strategia: alle primarie dell’agosto 2002 - primarie dei democratici della Georgia - si fecero iscrivere «uno sciame di simpatizzanti repubblicani» (come scrisse l’Atlanta Journal-Constitution) che misero nell’urna il voto per il candidato rivale di Cynthia. Lei non fu selezionata. Suo padre Billy McKinney, lui stesso rappresentante democratico alla camera della Georgia, ad una TV locale che gli chiedeva le ragioni per lo scacco elettorale di Cynthia, rispose: «Ve ne posso dare quattro: J-E-W-S» (4).

Ma Cynthia è un osso duro, e i suoi nemici lo sanno. Il vero modo per neutralizzarla è di toglierle ogni voce. Per questo i media hanno dato istruzione di non far sapere che lei, una ex rappresentante del popolo degli Stati Uniti, è detenuta  nello Stato-pirata di Israele. E simili istruzioni devono essere state date ad Obama. Che non dice una parola a favore di una deputata come lui, oltretutto, nera (5).

Resta il tam-tam su inernet. E dai messaggi americani traspare un acuto senso di vergogna per l’umiliazione a cui Obama sottopone l’America, per la sua evidente servilità verso Israele. Alle parole (lasciate passare gli aiuti a Gaza, bloccate gli insediamenti ebraici su terra altrui) non sono seguiti i fatti. Anzi, ha incontrato delegati israeliani concedendo loro di continuare gli insediamenti, purchè senza rumore. Tanto, è certo che i media taceranno anche questo.

Nota Paul Craig Roberts: eppure sarebbe semplice fare pressioni su Israele. Lo Stato ebraico riceve miliardi di dollari dagli Stati Uniti, basterebbe minacciare di tagliare i fondi. Dopotutto, la Casa Bianca ha appena negato un finanziamento di emergenza alla California, il maggiore e più ricco  degli Stati americani, che è in bancarotta e non può pagare i servizi pubblici.

«La settimana stessa in cui il “nostro” governo di Washington ha detto al goveratore della California “nemeno un centesimo”, il presidente Barak Obama ha stanziato 2.775 miliardi di dollari per Israele».

Così, il primo grande Stato a dichiarare bancarotta nella crisi in corso è la California. Uno Stato, per  prodotto interno lordo, più grande dell’India, della Russia, del Canada, del Brasile o della Spagna. Se fosse uno Stato indipendente, infatti, la California sarebbe la settima-ottava economia del mondo (6). Ha una popolazione superiore agli altri Stati americani, e le più grandi attività - agricole, tecnologiche, della difesa, dell’industria - della unica superpotenza rimasta. Parrebbe che il salvataggio di una simile entità nazionale dovrebbe essere urgente, per il bene stesso degli Stati Uniti. Invece no: per Obama, urgente è stato stanziare i consueti 3 miliardi di dollari annui a Israele.

Come sempre, la lobby ha vinto. Come sempre, per la Casa Bianca, Israel first.




1) «Israel: Bahraini officials make first historic visit», AKI, 3 luglio 2009. Si noti il titolo del dispaccio d’agenzia: sembra che i delegati del Bahrain abbiano fatto una visita di cortesia.
2) Isabel Kershner, «Activists held by Israel for trying to break Gaza blockade», New York Times,  2 luglio 2009.
3) Paul Craig Roberts, «Pirates of the Mediterranean», Online Journal, 2 luglio 2009.
4) Ho raccontato il linciaggio subìto dalla McKinney nel mio «Chi comanda in America», Effedieffe, 2004, pagine 85-91.
5) Obama non è il solo. Anche il ministro degli Esteri britannico David Miliband s’è rifiutato di fare  un qualunque passo a favore degli ostaggi britannici presi dai pirati del Reich sullo Spirit of Humanity. In compenso, il 25 giugno, Miliband ha celebrato il terzo anniversario del «rapimento del soldato Gilad Shalit» (catturato da Hamas durante un’incurisione bellica ebraica) esigendo da Hamas «il suo rilascio immediato e senza condizioni. Noi condividiamo», ha detto Miliband, «lo sgomento della famiglia di Shalit per il rifiuto di Hamas di consentire al prigioniero l’accesso della Croce Rossa Internazionale». Il governo britannico ha continui contatti con i genitori del povero Shalit. Esattamente nello stesso periodo, il sindaco di Roma Alemanno ha ricevuto i genitori di Shalit ed ha dato al prigioniero la cittadinanza romana. Evidentemente l’azione è stata consigliata dallo stesso ufficio-propaganda dell’unico padrone dei governanti europei. Si tratta dell’UEC&F, Ufficio Ebraico Chiagne e’Fotti.
6) Il prodotto lordo della California è sui 1,8 trilioni di dollari. Il PIL della Russia è sugli 1,6 trilioni, quello dell’India 1,2; Il PIL del Brasile è poco meno di 1,6, quello del Canada 1,5, la Spagna è sui 1,6 trilioni.


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