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Pope Benedict XVI gives the communion to faithfuls during mass on Aliados Avenue in Porto on May 14, 2010 on the last day of his official visit to Portugal.
Peccato della Chiesa e peccati nella Chiesa (parte II)
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Premessa

Chiedo scusa ai lettori e all’editore per il ritardo con cui trasmetto la II parte della mia riflessione sullo ‘scandalo pedofilia’, il cui primo stralcio era stato pubblicato il 18 maggio. Cause di forza maggiore me lo hanno fin qui impedito. Prometto che per la terza parte sarò più sollecito.

Frattanto, dopo l’abuso di Stato perpetrato contro l’intera Conferenza Episcopale belga, è di quest’oggi la notizia che la Corte Suprema degli USA, esaminando il fascicolo ‘Anonimo contro Santa Sede’, ha riconosciuto che il Vaticano può essere considerato civilmente responsabile delle azioni dei preti pedofili. Un altro modo per sfruttare questo scandalo ed espropriare la Chiesa dei suoi beni (come si fece ai tempi di tutte le rivoluzioni giacobine), in una Corte che, con la nomina della 50enne, ebrea, Elena Kagan, vede la presenza di sei ‘cattolici’ e tre ebrei. Sì avete letto bene: sei sono – si fa per dire – cattolici.

Credo apparirà più chiaro come le conseguenze pratiche del cattolicesimo adulto siano la sottomissione totale ad un principio aberrante per lo stesso Stato liberale e cioè l’ascrivibilità di una colpa conseguente a reati individuali (pedofilia o copertura di quel reato) alla responsabilità di una organizzazione (la Chiesa), cui il colpevole appartiene per finalità opposta.

Spero solo che ciò valga almeno a scalfire l’ingenuo ottimismo del professor Ratzinger, circa la diversa natura della Rivoluzione Americana, rispetto a quella Francese, espresso nel primo memorabile discorso alla curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi del 22 dicembre 2005, in cui egli così si esprimeva:

«Lo scontro della fede della Chiesa con un liberalismo radicale ed anche con scienze naturali che pretendevano di abbracciare con le loro conoscenze tutta la realtà fino ai suoi confini, proponendosi caparbiamente di rendere superflua l’‘ipotesi Dio’, aveva provocato nell’Ottocento, sotto Pio IX, da parte della Chiesa aspre e radicali condanne di tale spirito dell’età moderna. Quindi, apparentemente non c’era più nessun ambito aperto per un’intesa positiva e fruttuosa, e drastici erano pure i rifiuti da parte di coloro che si sentivano i rappresentanti del’età moderna. Nel frattempo, tuttavia, anche l’età moderna aveva conosciuto degli sviluppi. Ci si rendeva conto che la Rivoluzione Americana aveva offerto un modello di Stato moderno diverso da quello teorizzato dalle tendenze radicali emerse nella seconda fase della Rivoluzione Francese’».

Non pretendo da Sua Santità che egli rinunci alla ‘pazienza della verità’, ma che rifletta su quella sua illusione dialogica con il pensiero liberale e con il modello americano, che è solo l’altra faccia del furore giacobino, la via presentabile per l’annientamento – se fosse mai possibile – dell’unica Chiesa di Cristo. Magari gli sarà anche più semplice smascherare i nemici interni, pedofili o meno che siano…

Parte II

Dopo il Concilio la contaminazione con le scienze moderne in materia di morale sessuale non portò ad un approfondimento delle ragioni dell’etica tradizionale. Al contrario sulla base dell’assunto che la dicotomia tra spirito e carne sarebbe stata una elaborazione pervertita dell’antropologia autenticamente biblica operata dalla teologia scolastica, i seminari, le pubblicazioni cattoliche, le riviste si fecero portatrici di un’ingenua campagna di banalizzazione della sessualità, raccogliendo tutto il materiale di deposito delle varie teorie psicanalitiche e sociologiche: una sorta di applicazione del «metodo storico-critico» all’approccio tradizionale alla sessualità, considerato fin lì opprimente ed oppressivo, frustrante, inibitorio.

Il sesso divenne allora anche tra i cattolici da un lato l’oscuro oggetto del desiderio finalmente «sdoganato» e fruibile, dall’altro un strumento di potere che andava liberato dalle sue sovrastrutture, per essere lasciato fruire secondo il disegno divino, che si sarebbe espresso nei naturali appetiti dei sessi. L’atteggiamento dei preti cambiò rapidamente. Se la parola d’ordine del Concilio era ‘aggiornamento’, il suo precipitato in tema di etica sessuale fu «glissare sul sesto comandamento».

Nell’immaginario collettivo, grazie ai primi film ove il nudo entrava prepotentemente in scena, la Chiesa veniva presentata come un’accozzaglia di depravati e repressi: in Italia prendendo a prestito le novelle del Boccaccio o i racconti di Canterbury per la prima volta il sesso diventava merce disponibile non solo per la fantasia, ma per gli occhi. I primi nudi comparvero nelle edicole, il giornale ABC eccitava le pruderie di chi si acquistava i quotidiani, mentre il precipitato di questa operazione culturale erano i film scollacciati della commedia all’italiana, ove le grazie delle attrici del tempo si svelavano velo dopo velo agli occhi delle masse e dove i vecchi bacchettoni clerico-democristiani apparivano come gli ipocriti che nella loro furia moralizzatrice palesavano tutta la repressione accumulata.

La Chiesa veniva presentata come una sorta di grande inquisitrice delle alcove, tutta intenta a reprimere la gioiosa esuberanza di una gioventù che si era felicemente smutandata dopo secoli di oscurantista repressione cattolica.

Divorzio, aborto, contraccezione, omosessualità divennero in breve il «core business» della pseudo-rivoluzione sessantottina: la filosofia libertaria e libertina dei «figli dei fiori», nonostante nel volgere di un decennio avesse lasciato la scena mediatica ai «rivoluzionari da salotto e P38», fu alla fine la vera trionfatrice della «contestazione» e la coscienza cristiana e cattolica dell’Occidente, fin lì faticosamente sopravvissuta, fu lentamente erosa assai più dalla «rivoluzione sessuale», che da quella politica. Fu un processo graduale ed inarrestabile, che nel riflusso nel privato avrebbe consegnato alla storia una «generazione degenerata». Alla fine degli anni ‘70 perfino in quella che era stata l’Italia cattolica venne sdoganata la pornografia e il resto è storia di oggi.

In tutto questo i preti spesso lasciavano fare, perché – diciamolo – non sapevano che pesci pigliare e quando ci provavano il risultato era ad un tempo tragico e grottesco: assai acutamente di recente – per ricostruire il clima dell’epoca – il sito www.messainlatino.it ricordava (con tanto di fotografia dell’epoca) della volta in cui, cento suore francesi vennero accompagnate al cinema a vedere il film «di educazione sessuale» Helga et Michael, sequel del più famoso Helga, film-documentario di educazione sessuale che si concludeva con la sequenza di un parto. La cosa oggi fa sorridere, ma è sintomatica di un clima, di quel complesso di inferiorità che larghi strati del cattolicesimo provarono allora ed in virtù del quale pochissimi osarono ribellarsi, nell’ambito della morale e prima ancora della dottrina e della liturgia, all’autodemolizione della Chiesa, per paura di passare per «matusa», come si diceva sprezzantemente allora.

In tutto questo si inseriva allora un femminismo d’assalto, con manifestazioni in cui migliaia di giovani e meno giovani ostentavano, insieme con i pugni chiusi, le mani unite a rappresentare l’organo femminile e a rivendicare l’orgasmo autoerotico come un diritto. Nudo e sesso cominciarono non solo nei Paesi del nord, ma anche nei Paesi cattolici a diventare merce sempre più disponibile, grazie alla televisione prima, ai cinema a «luci rosse» poi, alle videocassette a metà degli anni Ottanta. L’home video fu l’ultima fase del riflusso nel privato, che la politica aveva cominciato a sperimentare circa dieci anni prima. La pornografia divenne di massa, poi di casa e alla fine della «ingloriosa Rivoluzione», quando il privato non fu più politico, il privato traslocò direttamente nel «privè».

La vita dei preti era stata nel frattempo sconvolta: la dimensione assembleare della Chiesa, che rifletteva la follia collettivistica di quegli anni, aveva alterato la chimica di parrocchie e seminari, mentre l’idea che la sessualità potesse essere vissuta come strumento di arricchimento della personalità faceva sì che verginità e castità apparissero spesso anche dentro la Chiesa come «valori negoziabili», trincee da abbandonare, perché inadeguate a presidiare i nuovi contenuti della Fede. A decine di migliaia i preti se ne erano andati e ancor di più erano religiosi e religiose. La teologia si era avventurata senza più freni verso ogni forma di nuove sperimentazioni, mentre nessuno sembrava più in grado di arrestare la progressiva «sessualizzazione» dell’esistenza. I gruppi giovanili delle parrocchie dedicavano molte energie al sesso, se non praticato almeno certo molto discusso, secondo un taglio antropologico in cui i vari «don» si sforzavano magari di trovare ogni sorta di espediente per tamponare le emorragie.

Ma domenica dopo domenica, chiese e parrocchie si svuotavano: così i corridoi di seminari, che una volta avevano ospitato decine e decine di seminaristi, rimbombavano di esigui solitari passi. A pochi sovvenne la necessità di tornare alla radice della Fede ed ai Sacramenti: anzi la confessione venne edulcorata, denominata sacramento della riconciliazione, nessuno parlò più di peccati, meno che mai di peccati mortali e i peccati contro la purezza vennero derubricati a «sviluppo della personalità mediante l’autocoscienza del proprio corpo». La frequenza alla Comunione avveniva spesso a prescindere dallo stato di Grazia e dei peccati contro la purezza quasi non se ne sentiva più parlare.

I preti hanno vissuto e magari subìto questo clima, in cui molti, troppi pavidi vescovi, cattivi pastori di anime, con la loro mediocre supponenza e con la mancanza di adeguata vigilanza (prima sulla dottrina, che sui costumi) hanno contribuito a creare. In questo clima i fenomeni, che oggi vengono a galla, trovarono anime sciagurate, che si prestarono a macchiarsi anche dei più turpi delitti, per soddisfare le proprie voglie. Se fenomeni prima marginali (esistenti certo, ma marginali) divennero, pur nella esiguità del numero, più numerosi e se questo si accompagnò ad una generale rilassatezza dei costumi anche in ambito cattolico (oggi pochi tra i cattolici si dicono apertamente contrari ad esempio al divorzio e perfino all’aborto), ciò fu dovuto non certo al fatto che c’è stata troppa Chiesa, ma piuttosto troppo Mondo nella Chiesa.

Giudicate voi se la tragedia della Chiesa irlandese, lo scandalo di quelle di Stati Uniti, Brasile, Australia, Gran Bretagna, Francia, Croazia, Polonia, Austria, Italia e via dicendo sia la conseguenza di un eccesso di Fede o di mancanza di Fede, di santità o di mondanità.

Dirò una cosa molto forte e me ne scuso per il tono, ma voglio che mi capiate: lo stupro fatto sui corpi di fanciulli e adolescenti da sacerdoti infedeli è riflesso dello stupro che una cattiva liturgia fa del Corpo di Cristo, realmente presente nell’Eucaristia.

Il corpo di Cristo è nelle mani del Sacerdote, inerme e disponibile nella Sua onnipotenza, allo stesso modo in cui lo sono stati quei corpi violati di adolescenti e fanciulli: tutte le volte in cui i vedo i preti di oggi «maneggiare» le Sacre Specie con incosciente disinvoltura, senza darsi la pena di non disperderne nemmeno un frammento, penso che le mille profanazioni compiute nelle liturgie sulle Sacre Specie siano altrettanti lasciapassare all’erompere delle forze del Maligno e alle sue opere: e che i preti, proprio per questo, rischino di diventarne per primi e più facilmente ossessi.

Già ossessione e possessione, perché di questo si tratta nelle patologie della sessualità! Non a caso oggi con internet sono sorti dei veri e proprio centri di recupero di persone letteralmente arse nella loro mente e psiche dal demone dell’Eros cibernetico e telematico.

In realtà alla base di questo fenomeno vi è stato ed ancora è largamente diffuso un enorme, mastodontico peccato di presunzione e superbia. Anche in campo morale si è pensato che tutte le prudenze che la Chiesa aveva raccomandato, fossero paccottiglia da inviare in qualche museo archelogico, per sostituirla coi ritrovati delle scienze psichiche e sociologiche. Anche qui gli errori del neomodernismo hanno dato i propri frutti avvelenati.

Oggi come ieri, il distacco dalla dimensione sacramentale rende l’uomo esposto ad ogni tentazione: neopelagianesimo e quietismo sono le due facce della medesima eresia, contro la quale sta l’insegnamento tradizionale cattolico della «Grazia da meritarsi con le buone opere». Eppure il Signore l’aveva detto: «State attenti a voi stessi»! Ma in molti hanno preferito ai sacramenti, alla preghiera, alla penitenza la rivoluzione sessuale di Willhelm Reich e il lettino del cocainomane Freud.

Nella lettera ai cattolici di Irlanda il Papa fa un’analisi lucidissima dello scandalo che ha colpito la Chiesa cattolica di quel Paese, scrivendo:

«Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese. Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso e in verità, alla luce dei profondi cambiamenti sociali che si stavano verificando, era tuttaltro che facile valutare il modo migliore per portarlo avanti. In particolare, vi fu una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari. E in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dellabuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tuttaltro che piccola allindebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti».

E potrebbe anche essere – ed la cosa è ancora più terribile! – che da parte di quei religiosi solo oggi con lo scandalo pubblico vi è stata una presa di coscienza della reale gravità dei propri atti: purtroppo il clima in cui certi fenomeni si sono sviluppati era tale che alcuni potrebbero perfino avere creduto di commettere un peccato non grave, quando di non avere commesso un peccato. Ed è lo stesso disinvolto atteggiamento con cui per decenni quasi tutti i preti di fronte ai peccati della carne, conformemente all’insegnamento conciliare, hanno proposto – secondo i testi conciliari – «solo richiamo, rispetto ed amore. E incoraggianti e rimedi, invece di deprimenti diagnosi. E messaggi di fiducia, invece di funesti presagi».

Tuttavia oggi, nonostante la purificazione conseguente allo scandalo, la mala pianta non è stata sradicata: la radice di ciò, infatti, è dottrinale. Quella stessa matrice, che ha prodotto questo scempio, genera tolleranza nei confronti dell’omosessualità, da parte di taluni derubricata da peccato impuro contro natura a orientamento sessuale, quasi si trattasse di prendere un indirizzo di laurea per via rettale, anziché ordinaria.

Ma quello stesso orientamento è quello che alligna all’interno di gran parte dell’episcopato di orientamento modernista, il quale – oggi come decenni fa, progressista o conservatore che sia (perché, sia chiaro, vi sono pure modernisti conservatori e sono i più pericolosi!) – da una «apertura della Chiesa» su questi temi si sentirebbe sgravato dall’onere di dovere opporsi al Mondo.

Per questo è stata scatenata l’offensiva: già alcuni vescovi hanno saltato la staccionata chiedendo al Papa di fare un passo indietro. Altri ne seguiranno. Questa campagna ha certamente molte quinte colonne all’interno della Chiesa. A Fatima, peraltro, il Papa non lo ha mandato a dire. L’infame campagna lanciata contro di lui non ha a cuore le povere vittime della pedofilia: se così fosse essa si sarebbe data la briga di scoperchiare l’imMondo marciume del turismo sessuale, di cui sono vittime, oltrechè decine di migliaia di donne e uomini, anche migliaia e migliaia di bambini e bambine.

Contro questi mercanti di carne non ci sarà alcuno studio legale di New York che si muoverà a esibire testimoni o a chiedere giustizia, essendo spesso i loro stessi altolocati clienti a fruire di queste prestazioni al caldo dei tropici o nel ventre dell’Indocina.

Questa campagna ha un obiettivo, fare pressione sul Papa (forse anche sperando che il suo cuore malato ceda) e preparare un clima di lunga durata in cui la Chiesa venga esposta al Mondo come marcia e pervasa dal vizio e dal peccato: l’obiettivo è il prossimo Conclave.

Questo Papa, che è l’unico che ha con coraggio iniziato a fare pulizia, è oggetto di un attacco che al suo predecessore (sotto il cui Pontificato questi abusi si sono verificati) è stato risparmiato: ma quello è stato il Papa che (volente o nolente lui, questo non sta a me giudicarlo) piaceva al Mondo, è andato in Sinagoga, ha promosso l’«incontro di Assisi», questo è il Papa che prova faticosamente a ricondurre la Chiesa verso le sue radici.

L’appello di Hans Kung, firmato da molti «teologi» progressisti scopre le carte di chi dall’inizio del nuovo Pontificato guarda avanti

Avevo scritto in un articolo del dicembre 2005 (La guerra del Conclave) della «indocilità con cui la nomina di Ratzinger è stata accolta in certi ambienti ecclesiali e come questo spirito di ribellione, povero di seguito popolare, ma ricco di élites, di media, di appoggi importanti, già organizzava la resistenzanelle vaste enclavi criptoprotestanti di un cattolicesimo esangue o allombra di ambigui chiostri o comunità, nellaRete’, su giornali e riviste, entro le mura di Curie amiche, agitando una protesta sottile e strisciante, chiedendo salvaguardia di spazi o ipocritamente guaendo misericordia, salvo commentare che in fondo questo Papa è già vecchio, che si tratta solo di attendere».

Oggi quella strategia si sta svelando appieno. Questa è un’occasione troppo ghiotta da lasciarsi scappare: attaccare il Papa per attaccare il Papato, far passere l’equazione che vescovi e sacerdoti sono tout court pedofili per attaccare il Sacerdozio e la struttura gerarchica della Chiesa. I toni sommessi di questi giorni, i rimproveri felpati, il richiamo ad un rinnovamento ecclesiale sono pronti a diventare un boato con il sostegno dei media.

Arrestare il pur cauto «aggiornamento tradizionale» che Ratzinger persegue con l’«ermeneutica della continuità», fare pressioni sul Papa per le prossime nomine cardinalizie autunnali, fiaccarne la resistenza psicologica e fisica, per arrestare o rallentarne l’azione moderatamente restauratrice (a giugno erano previsti, ma sono stati rimandati, i documenti applicativi sul Motu Proprio Summorum Pontificum), sono ostacoli sparsi sul cammino di Benedetto XVI per arrivare al prossimo Conclave in condizioni tali da potersi ancora «giocare la partita». Per questo è ritenuto importantissimo ostacolare in ogni modo il ritorno di posizioni dottrinali tradizionali (anche a costo di alleanze con i «modernisti conservatori») e per questo è considerato essenziale condizionare per quanto possibile le nomine cardinalizie, in maniera da sbarrare la strada a qualsiasi ipotesi di «continuismo ratzingeriano», essendo necessaria questa volta per l’elezione una maggioranza qualificata e non solo assoluta.

Attrarre un sufficiente numero di «cardinali grigi» (la «palude purpurea»), agitando loro lo scandalo pedofilia, per indurli verso posizione «progressive» anziché conservatrici, obbligherebbe il Conclave ad un Pontificato di transizione abbastanza incolore, durante il quale rafforzare ulteriormente le proprie posizioni ed i propri appoggi per obiettivi di lunga durata: l’ipotesi è quella di puntare su un progressista moderato (per capirci un Ravasi), o su di un «conservatore illuminato» (per capirci alla Scola).

Si giudicano in certi ambienti alcune sedi vescovili (quali Venezia, Milano e Brescia) particolarmente (forse iniziaticamente) idonee a portare in sé «germi di rinnovamento»: anche questo è motivo per i «progressisti» per «conquistare» la diocesi di Milano, il cui vescovo è poi sempre destinato al cardinalato.

Ufficialmente il candidato è Ravasi, un nome importante da spendere, ma anche da «bruciare». L’opzione alternativa (certo loro più gradita!) è Monari, vescovo di Brescia.

Chi ha sferrato l’attacco sa che il tempo è breve, come breve è sempre l’opera del Maligno. Non prevalebunt.

(segue)

Domenico Savino

 

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