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Niente soft power per Gaza
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«L’armata israeliana è pronta per l’operazione di terra a Gaza", ha dichiarato il generale Gabi Ashkenazi, il capo di Stato Maggiore.
Il popolo-vittima lo chiede, lo esigono i rabbini, e praticamente tutti i partiti: invadere Gaza per liquidare Hamas, altrimenti l’agnello di Giuda non dorme tranquillo.
Moderato, il ministro della Difesa Ehud Barak dice no, per il momento: «Quello che conta è ammazzare quanto più si può di terroristi che sparano i Kassam".
Testuale (1).
Di «terroristi" Tsahal il glorioso ne ha ammazzati «due dozzine in dieci giorni".
Con missili e caccia-bombardieri F-16,  nulla di simile ai Kassam che non ammazzano mai nessuno.

No, niente pausa per i palestinesi.
Niente soft power per loro.
Annnapolis, se ha avuto un risultato, è questo: USA e Israele hanno deciso come provocare la guerra civile intra-palestinese, con l’assenso dei paesi arabi partecipanti.
OLP contro Hamas.
Abu Mazen (Mahmud Abbas) riceve armi dagli americani, Israele lascia passare le armi in Cisgiordania, mentre a Gaza non lascia passare nemmeno farina e medicine.

Annapolis ha visto la conferma del blocco Bush-Olmert: Bush ha chiarito che non farà mai ad Israele alcuna richiesta che l’Agnello di Sion possa trovare inaccettabile, e nello stesso tempo ha preteso che Fatah, la povera «autorità palestinese", schiacci ogni resistenza ad Israele «come condizione preliminare a qualunque intesa".
Ecco un vero mediatore imparziale (2).
La «dichiarazione di Annapolis" consta di 437 parole.
Mahmud Abbas, il capo di Fatah e povero prigioniero ha dovuto accettarla trenta minuti prima che Bush la leggesse.
Gli è stato chiarito: Bush la leggerà, che tu sia d’accordo o no.
«Condoleeeza Rice ha preso da parte Mahamoud Abbas mentre partecipava all’incontro con Bush e Olmert per costringerlo ad approvare" il documento, ha scritto Haaretz.

Tzipi Livni, l’amica di Gianfranco Fini in Kippà e felice ragazzo padre, è stata più chiara: quando la delegazione palestinese non votata dai palestinesi ha cercato di rifiutare la firma, ha sibilato ad Ahmed Qureia, il capo-negoziatore di Fatah: «Accetta quel che ti è offerto o perdi tutto".
Ecco un’equa alternativa.
Dicono che l’amica di Fini abbia «perso il sangue freddo", si sia abbandonata ad una frenesia di rabbia incontrollata: vene gonfie al collo, pestava i piedi (succedeva anche ad Hilter: un Reich è un Reich).
Nella delegazione israeliana, l’hanno calmata facendole notare che, in fondo, la dichiarazione era solo «una perdita di tempo, lascia perdere".

E pensare che Olmert & Bush hanno ripetuto per settimane: siamo pronti a un trattato «che risolverà tutte le questioni in sospeso, comprese le questioni fondamentali, senza eccezioni".
I palestinesi-collaborazionisti hanno elencato le questioni fondamentali per loro: un accenno anche piccolo al diritto al ritorno?
No, replica la Livni con le vene gonfie.
La fine degli insediamenti dei giudei fanatici sulla terra nostra?
No, no.
Magari una dichiarazione sulle frontiere, in cui voi agnelli dite chiaramente quali frontiere accettate come definitive, dopo esservi presi tutta la terra che volete?
No, niente.
Gerusalemme capitale di un futuro stato palestinese?
Le vene stavano per scoppiare.
Almeno un’assicurazione sull’approvvigionamento d’acqua in Cisgiordania, vostro Bantistan-satellite?
Mica ci vorrete lasciare con la sete, come fate con Gaza, pardon Hamas, concedeteci qualcosina che possiamo presentare alla nostra popolazione, che ci considera traditori; convioene anche a voi….

No, niente nulla, nemmeno su quel punto.
Israele è disposta a risolvere tutte le questioni fondamentali.
Tranne quelle.
Come si osa «forzare la mano" alla vittima eterna?

«Così è andata per quattro mesi di ‘negoziati’: nessuna intesa su nessuna questione”, ha dichiarato il portavoce di Abbas, Nabil Abu Rudeina.
Ma chi ascolta Fatah, l’amica dell’Occidente?
Non i media, non l’Europa.

Eppure persino il New York Times ha espresso disagio per un tale «negoziato”: «Le parti avevano affermato che le loro discussioni miravano a concludere un’intesa su tutte le questioni fondamentali, eppure non hanno potuto accordarsi nemmeno in cosa consistessero queste questioni. [Verissimo: diteci voi, eletti, quale questione vi degnate di ritenere fondamentale]. La dichiarazione non è che l’affermazione che un futuro trattato di pace sarà condizionato all’attuazione di una road map che sarà decisa dagli Stati Uniti".
L’attuazione della road map consiste appunto in questo: che prima, Fatah deve distruggere Hamas, poi si vedrà.

Deciderà Washington.
Ma nella zona non era presente il «Quartetto", composto da Unione Europea, Russia ed ONU e guidato dal fidatissimo Toni Blair, che doveva almeno aver qualche voce in capitolo?
«L’intrusione internazionale non è desiderata: i negoziati sono bilaterali e avvengono direttamente tra le due parti", ha replicato Tzipi Livni in Slivenia, paese che avrà a rotazione la presidenza dell’Unione Europea dal primo gennaio (3).
E l’Europa, in ginocchio: «Agli ordini, mein Fuehrer".


Ma non basta.
Se l’Europa vuol rendersi utile, ha intimato Bush, finanzi Abbas e lo sostenga nel suo conflitto con Hamas.
Sarkozy ha immediatamente convocato una «conferenza dei donatori" per il mese prossimo: armi per Fatah, donatori!
Pagate dal contribuente!
Il Reich lo vuole!

Perché Abbas, poveretto, non è proprio in posizione tale da distruggere Hamas tutto da solo. Durante il vertice di Annapolis, persino in Cisgiordania (sotto Fatah) si sono svolte manifestazioni di protesta.
La polizia collaborazionista è intervenuta con tutta la brutalità necessaria, ha anche ammazzato un uomo di 36 anni a Hebron.
Abbas, ha scritto laudativo il Los Angeles times, «ha tentato davvero di dimostrare a Israele che sta rinforzando il suo controllo a cominciare dalla cisgiordania. Ha dispiegato centinaia di agenti di polizia a Nablus, città turbolenta. Ha fatto chiudere decine di locali caritativi facenti capo ad Hamas (altri non fanno alcuna carità), fatto arrestare centinaia di attivisti di Hamas e di predicatori, confiscato armi, imposto un decreto per troncare l’arrivo di fondi dall’estero ad Hamas".

Ma questo non basta ancora all’Agnelllo di Giuda.
Pretende che Abbas scateni la guerra civile totale, e non solo in Cisgiordania, ma soprattutto a Gaza, separata dalla Cisgiordania dominata da Fatah dal territorio israeliano.
Come fare?
Impossibile.
«Abbas sarebbe un cretino se tornasse a Gaza su un carro armato israeliano", ha detto persino un esponente di Hamas.
Considerazione ragionevole a dir poco.

E’ per questo che Israele vuole intervenire direttamente a Gaza, per completare il lavoro che quel servo incapace non sa fare.
Il progetto, ha rivelato il Jerusalem Post, era già a punto prima di Annapolis.
 Ma «abbiamo giudicato bene di non cominciare l’operazione prima della conferenza, perché non ci accusassero di averla mandata a monte", ha detto un responsabile della Difesa.
«Tuttavia, lo stato maggiore si è preparato quando il ministro Ehud Barak, al ritorno da Annapolis, ordinasse una operazione di alto profilo a Gaza".
Si richiamano i riservisti: occorrono «due divisioni di fanteria, blindati e genieri".

Barak, al ritorno, ha ordinato: no, per adesso quel che conta è «ammazzare più che si può", senza invasione che darebbe nell’occhio.
 E’ la posizione più umanitaria che si trovi in Israele.

Olmert, di ritorno da Annapolis, per le sole concessioni verbali fatte alla conferenza, s’è visto aggredire dalla parte migliore del suo popolo eletto.
La Knesset ha varato una legge che proibisce ogni accordo possibile, virtuale, ipotetico sulla partizione di Gerusalemme (e il governo ha accelerato la costruzione di 300 case per «coloni" a Gerusalemme Est).
Eli Yishai, capo del partyito rabbinico Shas, ha minacciato di ritirarsi dal governo «se Gerusalemme veniva nominata ad Annapolis" (non è stata nominata).
Trentamila pii ebrei urlanti sono andati a piangere sotto il Muro del Pianto, e poi si sono diretti alla casa di Olmert per linciarlo.

Tra Tel Aviv e Gerusalemme altri manifestanti hanno fatto numerosi blocchi stradali, come se l’esistenza stessa di Israele fosse in pericolo.
Un intero popolo pio, amante della pace, ha temuto che Olmert concedesse davvero qualcosa ai palestinesi collaborazionisti.
Magari l’acqua.
«L’acqua è nostra! Ce l’ha data Geova!".

Ecco perché, alla fine, Olmert dovrà invadere Gaza, scatenare i blindati e le due divisioni.
Se no, la vittima non dorme tranquilla.
Non bastano le sue 300 bombe atomiche a calmarla, deve sterminare anche l’ultimo colpevole di toglierle la pace, e a Gaza i palestinesi da sterminare, un milione e mezzo, si ostinano a non morire benchè tenuti senza cibo né medicine, senza luce né gas.
Come si può permettere questo odioso comportamento antisemita?

La vittima eletta vuole la pace.
Niente soft power per Gaza.



1) «In Gaza, what’s important is to kill: Barak", Daily Star, 5 dicembre 2007.
2) Chris Marsden, «Annapolis, les Etats Unis préparent la guerre civile en Palestine et obtiennent le soutien arabe contre l’Iran", Mondialisation, 5 dicembre 2007.
3) Herb Keinon, «Livni: world need not get involved in PA-Israel talks", Jerusalem Post, 5 dicembre 2007. Se vogliono rendersi utili, ha aggiunto la Livni, «the EU and the Arab world need to support the negotiations and help build Palestinian governing institutions and capacity, and back the war on terrorism so that the principle of a two state solution does not remain on paper".
Insomma l’Europa deve armare Abbas e dargli i quattrini per il suo governo-quisling: mica pretenderete che sia Israele a pagare I suoi srevitori.
Subito «the EU’s ambassador to Israel, Ramiro Cibrián-Uzal, said at a press briefing Wednesday that the Paris meeting of donor countries on December 17 was the next ‘milestone’ in the process that began last week in Annapolis.  He said the expectation was that the donor nations would pledge more than $5 billion to Palestinian security and institutional capacity building".
 
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