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Ancora rinviata la beatificazione di Pio XII
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Il 18 febbraio scorso il cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, ha presentato alla stampa l’Istruzione «Sanctorum Mater», che da più parti è stata giudicata come un «giro di vite» di Benedetto XVI alla «fabbrica dei santi», quasi una presa di distanza dall’operato di Giovanni Paolo II: il defunto Pontefice, infatti - e mi fermo ai dati sicuri del 2002 - oltre ad un migliaio di beatificazioni e a circa 2.000 proclamazioni tra «servi di Dio» e «venerabili», ha canonizzato ben 461 «beati», contro un totale di 296 che si devono alla quarantina di Papi precedenti, a partir da Sisto V che per primo, con fermezza e lungimiranza, mise ordine nella materia fissando imprescindibili procedure canoniche, da Urbano VIII (1623-1644), poi, meritoriamente indirizzate sulla linea di austerità e sicurezza che ha caratterizzato gli ultimi quattro secoli.

Tale interpretazione, però, ad una lettura meno superficiale, non appare condivisibile, anche perché in due anni e mezzo il regnante Pontefice ha già elevato agli onori degli altari 577 tra beati e santi: c’è, tuttavia, da tener presente che 498 di questi sono i martiri della guerra civile spagnola.
Non ad una legge più rigida, meno condiscendente al riconoscimento della santità dei fedeli di Cristo, tende il Santo Padre, ma ad una razionalizzazione e ad un’osservanza più meticolosa delle norme tradizionali già modificate, peraltro, 25 anni fa dal Papa polacco ed ora praticamente confermate.

Del resto, che occorra molta cautela e serietà nelle indagini, Benedetto XVI lo aveva già espresso con linguaggio chiaro e deciso lo scorso anno, quando, rivolgendosi soprattutto ai «postulatori», li aveva esortati ad una ricognizione più scrupolosa, più paziente e libera da condizionamenti esterni, di tutti i documenti a disposizione: testimonianze, scritti, prove d’ogni genere ed eventuali miracoli dei candidati alla pubblica venerazione, sì da accertare la verità in modo inconfutabile, trattandosi di materia particolarmente delicata che implica la credibilità della Chiesa ed anche, nella canonizzazione, secondo la più accreditata teologia, la sua infallibilità.

Il nuovo documento è diretto più specificamente ai responsabili dell’istruzione della prima fase del processo di beatificazione, quella diocesana, e richiama con forza la necessità della fama di santità maturata spontaneamente nel popolo e non artefatta.
Non, dunque, un giro di vite, una volontà di chiudere porte prima troppo spalancate, ma una ponderata richiesta di maggior rigore: in poche parole una… santa tirata d’orecchie.
Dal che si potrebbe dedurre che in qualcuno dei precedenti processi la serietà d’indagine, soprattutto nella fase iniziale, è stata, a parere del Santo Padre, in qualche modo carente e passibile di critiche, tanto, almeno, da provocare l’arenamento dell’«iter».

Insomma, se non si può parlare di vere e proprie nuove norme, è lecito vedere in questo documento un richiamo severo all’applicazione puntuale di esse.
Fatti salvi i diritti dello stesso Pontefice il quale, in deroga alle disposizioni che prescrivono cinque anni dalla morte come minimo termine «a quo» per l’istruzione del processo di beatificazione, non certo sulla spinta dell’emotività popolare al «santo subito!» (ma quanti tra coloro che l’hanno gridato sono cattolici praticanti?) sebbene per personale motivato convincimento, ha con largo anticipo aperto i processi per Giovanni Paolo II e suor Lucia, così come in precedenza i limiti temporali non erano stati rispettati per madre Teresa.

Indubbiamente risulterà più semplice la causa di suor Lucia, che, dopo le apparizioni, ha condotto una esemplare vita di preghiera e mortificazione, di morte al mondo, nell’ombra silenziosa del monastero (non è da tacere l’«imput» dato dall’esito positivo del processo di Francesco e Giacinta già proposti quali modelli di virtù eroiche) rispetto a quella di Giovanni Paolo II, di cui andrà accuratamente approfondito ogni aspetto della poliedrica personalità: attore, operaio, seminarista, sacerdote, vescovo, cardinale, Papa.
Il suo stesso pontificato va indagato rigorosamente, perché per vari motivi discusso, specie per quanto concerne il governo della Chiesa e per qualche suo propendere verso la teologia della «salvezza universale».
Inoltre, sono da esaminare con la massima attenzione tutti i suoi scritti: encicliche, discorsi, e perfino opere letterarie.
Centinaia di faldoni la cui lettura pretende molto tempo.
Un’incauta accelerazione non gioverebbe all’accettazione con consenso pieno ed entusiastico della sua beatificazione.

Ma Benedetto XVI non ha bisogno di consigli: sa bene come muoversi.
E lo dimostra sempre meglio giorno dopo giorno.
Il cardinale Martins, ha parlato anche dello stato di altri processi canonici in corso, compreso quello di Pio XII, oltre all’esame della «positio» di Paolo VI la cui strada verso la gloria degli altari, si prospetta a mio modesto avviso, parecchio accidentata, e con molta probabilità finirà in un vicolo cieco.
Si pensava di trovare, insieme a quello di L. G. Dehon, il nome di Eugenio Pacelli, nell’ultimo elenco dei beatificandi: ma questi nomi non sono comparsi.

L’attesa, andata delusa, era giustificata, per quanto riguarda Pio XII, dal pronunciamento unanime, nel maggio 2007, da parte della Congregazione competente, circa la sua santità.
Ciononostante il Sommo Pontefice ha ritenuto opportuna un’ulteriore indagine «storica»: e su questa richiesta da qualcuno s’è affermato che abbia pesato la minaccia di Israele e degli ebrei italiani di rivedere le relazioni diplomatiche col Vaticano ove si fosse proclamata la beatificazione del Pastor Angelicus, che sino allo spasimo si adoperò per la salvezza degli israeliti (almeno 800.000) per esserne ripagato, dopo un primo momento di esaltazione e gratitudine, con un’ignobile damnatio memoriae, contro cui, però, si sono alzate ed ancor s’alzano voci di autorevoli rabbini che nella gratitudine persistono, ed a ragione.

D’altronde, anche recentemente, la bibliografia, oggettiva ed esauriente, si è arricchita di nuovi studi che rendono giustizia all’operato di Pio XII: per tutti voglio citare, tra gli ultimi, le opere della grande ed appassionata storica novantenne Margherita Marchionne e dell’informato giornalista Andrea Tornielli.
A Dehon si rimproverano delle frasi «antisemite»: ed anche qui l’ostilità ebraica s’è manifestata apertamente.
Purtroppo, spesso si fa grande confusione, interessata, tra antisemitismo ed anti-giudaismo teologico, che è tutt’altra cosa.

Ma il cardinale Martins, a proposito di Pio XII, esclude qualsiasi «dilazione o accantonamento della causa», ed esalta la prudente quanto ramificata attività per arginare la persecuzione razziale del «servo di Dio»: ed a sostegno delle sue tesi riporta la testimonianza di Roberto Kempler, magistrato ebreo e pubblico ministero a Norimberga, che nel 1964 scrisse: «Qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler avrebbe accelerato l’assassinio di un ben maggior numero di ebrei e sacerdoti».
Prudenza oltremodo positiva, visti i risultati ottenuti, e mai silenzio, come ora s’è definitivamente appurato.

Se non si tratta di dolorosa, per noi, dilazione dovuta ad istanze esterne, allora, come giustificare questo rinvio?
Se ormai, oltre al riconoscimento della santità, la personalità storica di Pio XII è stata vivisezionata nei più intimi recessi, e non presenta ombre di sorta, perché questo supplemento d’indagine?
E’ nostra certezza che il Papa intenda, anche sulla base dello studio di ulteriori carte, far risaltare nel più luminoso fulgore l’impareggiabile statura del suo predecessore, di cui io sento ancora con tremore la diafana mano che, accompagnata con un dolcissimo sorriso, accarezza teneramente il mio viso di quattordicenne vincitore del concorso «Veritas».

Ed infatti il cardinale Martins afferma che «semplicemente, quest’anno ricorre il 50° della morte di Papa Pacelli, e si è ritenuto opportuno approfittarne per promuovere certe iniziative che portino ad una conoscenza sempre più perfetta della sua figura e personalità», come un convegno e un’esposizione sul suo Pontificato.
All’uopo è stata costituita una Commissione «per approfondire una figura che ha segnato la storia della Chiesa moderna».
Queste iniziative «aiutano la causa, non sono in concorrenza con essa».

Dunque, se le cose stanno così, e non abbiamo motivo di dubitarne, attendiamo con fiducia: tanto la santità di Pio XII noi la l’abbiamo avvertita in vita e la convinzione s’è ingigantita in morte, anche a seguito degli oltraggi e delle mistificazioni che hanno reso questo Pontefice un autentico confessore, quasi una verace icona del Cristo crocifisso.
«Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi».

Dante Pastorelli


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