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Il costo umano della depressione
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In USA stanno nascendo strane tendopoli: sono le famiglie che hanno perso la casa perché non possono pagare il mutuo. Tendopoli alla periferia di Los Angeles. Tendopoli alla periferia di Ontario, California (1). Qui, gli attendati sono 400 e più. Chiese e volontari locali portano cibo e coperte. Gli attendati fanno di tutto per tener pulito, portare via la spazzatura, cercare acqua per lavare sé e la biancheria.

Ma le autorità hanno minacciato: coloro che non risultano residenti ad Ontario, saranno rimandati in bus ai loro luoghi di domicilio. Come Patty Barnes, che dopo la morte del marito non è più stata in grado di pagare l’affitto: «Ricevo una pensione d’invalidità di 800 dollari il mese, non si trova una stanza per questa cifra». La manderanno via perché lei abitava a Fontana, è venuta ad Ontario sapendo di trovare una città di tende già in qualche modo organizzata e assistita. La tendopoli qui esiste da sei mesi.

Edna Silver è venuta a donare coperte. «Come può succedere questo? Siamo il Paese più ricco del mondo ed abbiamo gente che vive in questo modo…». Non sa ancora che accadrà anche peggio. Che più americani arriveranno alla tendopoli, che altre tendopoli cresceranno come funghi.

La fine della settimana scorsa è avvenuto un fatto fatale: all’asta dei Buoni del Tesoro americani decennali sono comparsi per acquistare ben pochi investitori esteri, asiatici, medio-orientali o europei. Ancora nelle scorse settimane, gli investitori esteri compravano il 25% dei BOT USA. Stavolta, solo il 5,8% (2).

E’ accaduto anche all’Italia: l’asta settimanale di BOT è stata un insuccesso, benchè i titoli di debito italiani diano un interesse superiore a quelli tedeschi di oltre mezzo punto. Ma in USA il segnale è più infausto perché l’America dipende di più dal credito, dall’afflusso annuo di 800 miliardi di dollari presi a prestito a basso tasso per pagare il suo «benessere» fondato sui consumi delle famiglie, inesauste consumatrici a credito.

Gli stranieri detengono ormai oltre 6 trilioni (6 mila miliardi) di dollari di BOT americani, il 66% dell’intero debito federale. Ed ora, visto che Ben Bernanke sta continuando a tagliare i tassi primari, fra questi «investitori» inquieti sta nascendo la convinzione che la Federal Reserve, lasciando crollare il dollaro a minimi mai visti, stia deliberatamente e cinicamente svalutando il proprio debito. Mettendo nei guai i prestatori, che hanno tesaurizzato Buoni del Tesoro come rifugio-risparmio. Chi sono?

Al primo posto è il Giappone (con 901 miliardi di dollari in BOT americani), poi viene la Cina (870). Seguono la Gran Bretagna (475), e - udite udite - due microscopici paradisi fiscali, il Lussemburgo (424) e le Cayman (422). Poi Belgio (369), Irlanda (179), Germania (156), Svizzera (140), Bermuda (133), Olanda (123), Corea (118), Russia (109), Taiwan (107), Canada (106), Brasile (103). Questi non vogliono più perdere i loro risparmi, mettendoli in dollari che scendono di valore ogni giorno.

Per questo lunedì, quando Bernanke ha aperto la settimana con un nuovo taglio ai tassi primari (altra «iniezione di liquidità») le Borse asiatiche hanno risposto con cadute dei corsi: il ribasso ulteriore è interpretato come segnale che i salvataggi della FED stanno fallendo.

L’implosione delle azioni, anche di quelle solide, fa emergere un nuovo tragico evento: la rotta dei fondi-pensione americani (3). Sono fondi enormi, «a capitalizzazione», a cui i lavoratori USA contribuiscono per anni nella speranza di avere in cambio una decente pensione. Ma la promessa di pensioni decenti si basa tutta sul presupposto che i pacchetti azionari su cui
i fondi investono i loro immensi capitali siano beneficiati da un rialzo continuo e regolare, in tempi storici. Non è certo più il caso, ora le Borse precipitano e resteranno basse per anni.

«Questo cataclisma finanziario», scrive il bollettino Europe 2020 (3), il sito francese di previsioni finanziarie, «avrà una dimensione umana drammatica, in quanto corrisponde all’entrata nello stato di pensionati della prima ondata dei ‘baby boomers’ in USA, Europa e Giappone: i profitti dei fondi-pensione crollano nel momento stesso in cui devono cominciare a versare la prima grande serie  di versamenti ai loro assistiti».

I baby boomers sono quelli nati nel dopoguerra, tra il 1945-50: una classe numerosissima. La privatizzazione delle pensioni - un altro pilastro dell’ideologia liberista - mostra la sua falsità truffaldina. Il pilastro crolla, e crolla addosso a decine di milioni di ultrasessantenni che hanno lavorato una vita e contribuito una vita ai fondi pensioni, credendo di avere messo in atto una forma di risparmio dignitosa e sicura. Così gli hanno fatto credere i poteri, le «autorità» politiche e finanziarie. Ora, queste persone dovranno trovarsi un lavoro nella terza età; in un momento in cui la depressione aumenta la disoccupazione.

I più fortunati di loro avranno finito di pagare il mutuo della casa: ma i prezzi immobiliari sono in caduta libera, è impossibile mettere in vendita la propria per raggranellare quattrini per la vecchiaia. Dunque, le tendopoli dei senza-casa stanno crescendo in numero e affollamento. E questi disgraziati scopriranno - come i travolti dall’uragano Katrina - di non avere un governo capace, o anche solo volonteroso di soccorrerli: con l’ideologia privatista, lo Stato ha abbandonato la società intera alla «mano invisibile del mercato»; e quando il mercato implode, semplicemente,
il potere pubblico ha perso i soldi per i soccorsi, ed anche la competenza al soccorso pubblico.

Anche un New Deal è poco probabile: la crisi borsistica del ‘29 lasciò un’America iper-industrializzata, le cui industrie aspettavano solo commesse e capitali per rimettersi in moto. Con la guerra mondiale, la potente industria americana fornì tutti gli alleati di tutto, carri armati scarponi, armamento e petrolio, vestiario e prodotti di consumo. Oggi, non ci sono più industrie da riavviare, sono andate in Oriente. I soldati americani in Iraq marciano su scarponi «Made in China», e acquistati a debito. Ma non si creda che i cinesi e i giapponesi siano messi meglio.

Qui, è il concetto stesso di globalizzazione - la specializzazione di intere nazioni come produttrici industriali, come aziende esportatrici - che sta crollando. La Cina sta facendo fluttuare in alto lo yuan per strangolare l’inflazione ufficialmente sul 9%, le sue merci costano di più agli americani col dollaro debolissimo. Quanto la Giappone, lo yen rincara: e la Toyota perde 350 milioni di dollari per ogni punto di rialzo dello yen. Non potrà esportare ancora a lungo.

E quanto esporterà la Germania, con l’euro a 1,57 sul dollaro? L’euro è reso forte solo dalla corsa di pseudo-capitali roventi che cercano un rifugio dalla crisi del dollaro. Un rifugio momentaneo della liquidità mal guadagnata con la finanza speculativa. Lo dimostra il fatto che, per quanto l’euro si rafforzi, i prezzi delle materie prime si rafforzano ancora di più. Grano, greggio ed oro sono diventati la vera «moneta», mentre le monete cartacee del mondo si liquefano e diventano instabili.

Gli attendati americani, senza lavoro e senza casa, in età da pensione, dovranno affrontare anche questo: il rincaro del cibo e della benzina. Giustamente Tremonti ha invocato la necessità di una nuova Bretton Woods, l’instaurazione concertata nel mondo di cambi stabili e di un ordine regolamentato, sottratto al «mercato» finanziario e alle sue follie. Ma chi ascolta un Tremonti, nel mondo?

Ci vorranno anni perché nelle teste più stupide della storia - quelle al potere - entri una nuova (o vecchia) idea che nega il dogma liberal-globalista. Anni di miseria e sciagure. Incarnazione stessa della idiozia, c’è in USA un uomo allegro in questi giorni terrorizzanti: il presidente Bush (4).

Ha scelto questo momento per prodursi in un tip-tap scimmiottante Gene Kelly. E’ andato all’Economic Club di New York ed ha esordito: «Vengo a voi da ottimista». Ha definito la tempesta sul dollaro «un momento interessante». Ed ha consigliato a Bernanke di «non sterzare troppo», perché sta guidando una macchina su un terreno scivolo, e «se correggi troppo, finisci nel fosso».

E’ il tipo umano di comandante che ha prodotto la globalizzazione: uno che si è abituato all’irresponsabilità, che non prova nemmeno a fare qualcosa, che allegramente ammette di non avere mezzi per cambiare il corso della catastrofe, perché tutto è stato demandato al «mercato», ed ogni politica è dettata dal «mercato» e dai suoi custodi sovrannazionali, da nessuno votati, irresponsabili e che non pagheranno il conto.

Infatti, ridacchiando, Bush ha detto: «Il 2008 sarà un anno favoloso per il partito repubblicano!». Forse sa qualcosa (quei campi di concentramento che ha fatto allestire in giro per gli USA possono venir buoni per stroncare una rivolta mostruosa, forse una guerra civile, sospendendo la cosiddetta «democrazia» una volta per tutte?), forse ha un motivo più profondo per essere ottimista. In fondo, 70 milioni di americani l’hanno votato: perchè, da veri cristiani rinati, hanno visto in lui il comandante supremo che li avrebbe guidati verso l’Armageddon, la battaglia finale del Bene contro il Male assoluto, l’Islam, a fianco di Israele tornata nella Terra Promessa per volontà di Dio. Come gli hanno spiegato i loro tele-predicatori, questo è il vero fine dell’America, prima della Grande Tribolazione che secondo la Bibbia deve arrivare.

Ecco, la Grande Tribolazione è qui: dunque non lamentatevi, americani «religiosi» rinati. Sono le profezie che si avverano, non siete contenti? Libero mercato ai piani alti più irrazionalismo millenarista alla base: è questo il cocktail di cui ci toccherà bere la feccia.




1) «Ontario Tent City Residents To Be Kicked Out Monday», KNBC.com, 14 marzo 2008.
2) Ambrose Evans-Prichard, «US losing confidence vote as investors flee», Telegraph, 17 marzo 2008.
3) «Fin 2008: Dèroute des fonds de pension», GEAB Europe 2020, 15 marzo 2008.
4) Maureen Dowd, «Soft shoes in hard times», New York Times, 16 marzo 2008. «The dollar’s crumpling, the recession’s thundering, the Dow’s bungee-jumping and the world’s disapproving, yet George Bush has turned into Gene Kelly, tap dancing and singing in a one-man review called ‘The Most Happy Fella’. […] In on-the-record sessions with reporters - and more candid off-the-record ones - he has seemed goofily happy in recent weeks, prickly no more but strangely liberated and ebullient».


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