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Crioconservazione, resurrezione da illusi
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«Landrologo entra in classe
Anche nelle scuole leccesi il progetto di prevenzione andrologica 

LECCE - Studi epidemiologici della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS) in accordo con altre proiezioni internazionali, hanno constatato che in Italia 1 maschio su 3 è a rischio di infertilità. Sono molte le condizioni che possono incidere negativamente sulla capacità riproduttiva maschile, ma è scarsa la conoscenza da parte dei giovani e dei loro genitori di quali siano i fattori di rischio che influenzano in maniera significativa la possibilità di sviluppare infertilità. Linformazione e la prevenzione sono invece di determinante importanza poiché un precoce intervento può evitare che si instauri un danno irreversibile alla produzione di spermatozoi. Il progetto di Prevenzione andrologica permanente, promosso dal professor Carlo Foresta, direttore del centro di Crioconservazione dei Gameti maschili dellUniversità di Padova, è diventato programma nazionale approvato dal ministero della Salute e condiviso e sostenuto dal Comune di Lecce. Il progetto ha come obiettivo di illustrare ai giovani 18enni, dellultimo anno delle scuole superiori, i fattori di rischio della fertilità maschile e prevenire linstaurarsi della patologia. Liniziativa verrà illustrata nel corso di una conferenza stampa in programma domani, giovedì 16 settembre alle ore 11:00 presso la sala Giunta di Palazzo Carafa dal sindaco Paolo Perrone, dallo stesso professor Carlo Foresta, direttore del centro di Crioconservazione dei Gameti dellUniversità di Padova e dal provveditore agli Studi di Lecce Marcella Rucco» (1).

La crioconservazione del liquido seminale maschile è uno strumento utilizzato nelle ipotesi di infertilità maschile. Il fenomeno della crioconservazione supera di molto la questione della mancanza di fecondità negli uomini.

Ferme le perplessità relative anche a questa pratica specifica, mi interessa sottolineare l’estremo tentativo della mentalità scientista, che cerca disperatamente di trovare una soluzione definitiva al problema principale dell’esistenza: la morte.

Dalla lettura di un vecchio articolo del 2006, scopriamo che sono oramai diverse le agenzie di ibernazione.

«KrioRus, una nuova organizzazione russa di ibernazione che opera a San Pietroburgo e a Mosca, sta creando una banca di esseri umani congelati per farli rivivere in futuro. Affermano che la maggior parte della gente che vive al giorno doggi ha la possibilità di raggiungere la immortalità fisica. Lazienda congela i cervelli umani e li conserva in contenitori pieni di azoto liquido al prezzo di 9.000 dollari, più una rata annuale di 500 dollari, mentre la tariffa del congelamento di un corpo umano completo è di 49.000 dollari. La prima ibernazione umana venne eseguita il 12 gennaio 1967 a Los Angeles. Ad oggi nel mondo sono già più di 200 le banche degli organi umani e corpi interi che attendono congelati nella remota speranza che la scienza futura possa ridare loro la vita» (2).

Apprendiamo che i presupposti operativi sono i medesimi che abbiamo ravvisato a proposito della morte cerebrale, di natura, quindi, squisitamente materialistica. Si ritiene infatti fondamentale, ai fini della sopravvivenza, la salvaguardia dell’informazione.

Siamo al cospetto del cosiddetto «criterio di morte secondo la teoria dellinformazione»: esso postula (e riduce) la vita ad una serie di informazioni e di ricordi, sentimenti ed esperienze allocate nel cerebro.

«Questo significa che se le strutture del cervello che codificano la memoria e la personalità sono state danneggiate al punto che non sia possibile riportarle al corretto stato funzionale, allora la persona è morta. Se le strutture che codificano la memoria e la personalità sono invece sufficientemente intatte ed è possibile fare delle deduzioni sulla memoria e sulla personalità in esse codificate, allora il recupero di un appropriato stato funzionale è possibile, almeno in principio e la persona in questione non è morta» (3).

Salvare il cervello per salvare tutto l’uomo. Questo il fine. Il mezzo utilizzato è quello dell’ibernazione post mortem indotta nei pazienti che dichiarino di volersi crioconservare, nella speranza di essere un giorno resuscitati. L’ibernazione si basa su quella che viene definita vetrificazione; si tratta di un processo in cui il corpo umano, immerso in azoto liquido e privato del sangue, a temperatura bassissima, sotto il punto di congelamento, entra in un sistema isolato che gli consentirebbe di superare il principio antropico di disgregazione cellulare. La crioconservazione sarebbe una sorta di congelamento perenne in azoto liquido, tale da consentire poi il successivo ripristino di funzionalità dell’intero organismo, il quale sarebbe in grado, una volta curata la causa del decesso, di risorgere a vita nuova, mantenendo le informazioni in suo possesso.

Memoria dell’anima e, paradossalmente, senza memoria per il corpo, che non dovrebbe subire un precoce invecchiamento, velocizzato dall’ibernazione stessa. Ovviamente è tutto da provare. Le cellule, prive di ossigeno, perché repentinamente sottoposte a temperature bassissime, vivrebbero in una sorta di pausa esistenziale a tempo indeterminato, in attesa di essere chiamate di nuovo alla vita.

Esistono tuttavia ancora alcuni limiti tecnici, che vanno dalla possibile formazione di cristalli di ghiaccio alla proliferazione di rotture nel tessuto ibernato, fino alla stessa impossibilità di scongelare simultaneamente tutto il corpo.

Il problema principale, tuttavia, resta a mio avviso il fatto incontrovertibile che si tratta comunque di una persona morta. C’è un bel riempirsi la bocca delle future possibilità della scienza di curare ogni cosa, magari attraverso la nanotecnologia, la medicina atomica e via dicendo, ma il punto essenziale della questione sarà non quello di curare la patologia che ha portato alla morte, ma quello di riportare in vita il soggetto morto.

Ora, posso ammettere che in alcuni casi di morte apparente o comunque non definitiva (espressione impropria, ma concedetela per far passare il concetto) la persona possa essere rianimata; ma siamo in ipotesi che non riguardano lo stato di morte, inteso come definitiva cessazione della vita, ossia separazione, distacco dalla carne, di ciò che anima il corpo, ossia lo spirito.

La sola idea di poter superare la barriera della morte per riappropriarsi di ciò che non le appartiene (la vita eterna) è l’ennesima riprova della paura scientista di scomparire per sempre o di dover credere ad un’eternità che non piace e che non si vuole, perché condannerebbe il modo di vivere e pensare di molti dei suoi paladini.

Noi sappiamo tuttavia che solo uno è risorto, Cristo Gesù - ed è storia! -, che solo Dio è padrone della vita e che risorgeremo tutti, alla fine dei tempi, ma non tutti con lo stesso destino; chi per la vita, chi per la morte seconda, che non avrà crioconservazione di sorta.

Stefano Maria Chiari

 



1)
http://puglialive.net/home/news_det.php?nid=35127
2)
www.pc-facile.com/news/crioconservazione_umana/42905.htm
3)
www.estropico.com/id6.htm


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