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Israele attaccherà il Libano
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Un lettore:

«Mi sorge il dubbio che sia la Turchia che lIran stiano facendo il gioco di Israele, con lo scopo di rafforzare e legittimare le prossime intenzioni belliche USA-SION, e dare forma al patto sinarchico con un Nuovo Governo Mondiale. Il dubbio mi sorge, appunto, sul fatto che Ahmadinejad sia andato nel covo dei lupi ed abbia fatto il suo bel discorso e se ne sia tornato a casa bello bello. Mi sembra una cosa alquanto strana!».

Iran e Turchia, ed anche i Paesi occidentali, sanno benissimo che Israele aggredirà di nuovo il Libano, con qualunque scusa. Devono rifarsi della cocente batosta subita nel 2000 e nel 2006 da Hezbollah. Sono almeno tre anni che gli israeliani preparano e danno istruzioni alla Casa Bianca e al Congresso in questo senso.

Come ha detto Ehud Barak a Bill Clinton non più tardi del 21 agosto 2010, «Questa volta Hezbollah deve essere totalmente eradicato dal Libano. Non vogliamo trovarne nemmeno un residuo al termine della prossima operazione!». Nemmeno un residuo. Il che significa che puntano a una guerra totale di sterminio dal cielo, e devono preparare l’opinione pubblica occidentale a questa strage. Qualunque cosa faccia Ahmadinejad, la decisione è presa.

Israele ha attaccato il Libano già molte volte, con pretesti anche più lievi.

Nel giugno 1982, con l’operazione Pace in Galilea (sic), sterminava circa 20 mila civili libanesi e palestinesi dei campi di rifugiati (massacro di Sabra e Chatila). Hezbollah non era ancora pienamente organizzato, e tuttavia Tsahal non raggiunse l’obbiettivo di sradicare la resistenza sciita. Numerose battaglie di montagna a Khaldeh infliggevano perdite inaspettate.

Si tenga presenta che, fra il 1978 e il 1985, Sion occupava un terzo del Libano, fra cui 801 città e villaggi. Tuttavia, il nascente Hezbollah non ha mai cessato di resistere, fra l’altro riuscendo ad espellere le servili forze di pace
internazionali che aggredivano la popolazione locale. Nel 1985, Hezbollah induceva Israele a ritirarsi dalle sue montagne, a cominciare da 168 villaggi e città importanti come Tiro, Sidone e Nabatieh.
Luglio 1993, nuova aggressione. Ehud Barak, allora capo di Stato Maggiore, ingiunse al governicchio libanese quanto segue: «Disarmate Hezbollah o state a guardare mentre lo fa Israele». Seguiva la Operation Accountability: 1.224 bombardamenti (dati Unifil) 30 mila proiettili di artiglieria e missili sparati. Il Mossad e la CIA valutavano che Hezbollah non disponesse di più di 500 razzi, e dunque restasse senza mezzi di contrattacco nel giro di tre giorni. Dopo sette giorni di furiosi lanci di razzi per 10 ore al giorno da parte della resistenza, e almeno 30 operazioni di Hezbollah contro Tsahal e i suoi collaborazionisti libanesi, furono gli israeliani a chiedere una tregua. Il cessate-il-fuoco entrò in vigore il 31 luglio 1993. Qualche giorno dopo, Itzak Rabin, allora primo ministro ammise: «Mi spiace dirlo, ma Hezbollah ci ha sconfitto».

Aprile 1996, ci ritentavano; stavolta l’aggressione era battezzata Grapes of Wrath (I frutti del rancore, definizione freudianamente illuminante). Bombardamenti continui a tappeto per sedici giorni, fra cui su Baalbek e Tiro, 7 mila case distrutte con migliaia di profughi, massacri mirati contro ambulanze e civili in massa (118 uccisi a Qana). Ma gli israeliani si accorsero che Hezbollah aveva tratto utili lezioni dallo studio delle precedenti aggressioni: riusciva a prevedere le tattiche di Tsahal, a identificare i punti di entrata israeliana in Libano e i suoi bersagli. Di nuovo Sion chiese una nuova tregua, che fu chiesta a suo nome dal ministro degli Esteri USA. Durante la trattativa, Hezbollah continuò a battere con i Katiuscia le posizioni israeliane, segno che aveva più fiato da spendere del glorioso Tsahal. A causa di questa netta sconfitta, Shimon Peres perse le elezioni nel maggio ‘96.

Nel maggio 2000 Israele completava il ritiro forzato dal Sud Libano, abbandonando anche le forze collaborazioniste. La gente dei villaggi liberava i prigionieri che Sion deteneva nella famigerata prigione di Khiam; Hezbollah non offriva nessuna scappatoia ad Israele per salvarsi la faccia. Israele manteneva qualche piccola enclave oltre il confine, protetta dalle «forze di pace» che cercavano di disarmare gli sciiti.

Guerra del luglio 2006: forse il lettore la ricorderà, quindi inutile dare i particolari. Basterà evocare che i bombardamenti israeliani devastarono le infrastrutture civili, dalle centrali elettriche, strade, fabbriche e centrale del latte, dell’intero Libano (anche dei possibili alleati) subendo tuttavia molte perdite dei loro esaltati Merkava e delle loro ruppe di elite. Al punto che una commissione d’inchiesta metteva sotto accusa lo Stato Maggiore sionista per la sua impreparazione.




Beirut: la distruzione lasciata da Israele nell'agosto del 2006


Alla sconfitta militare si aggiungeva un rovescio politico mai visto prima nel Libano: l’autorevole e rispettato leader dei cristiani maroniti, il generale Michel Aoun (che era stato l’estremo difensore della patria durante l’invasione siriana) si metteva al fianco degli sciiti Hezbollah, ordinando ai conventi maroniti di aprire le porte ai profughi sciiti. Un esempio di fraternità patriottica senza precedenti, che dura tuttora, rendendo meno facili le annose politiche israeliane di creare fratture nella nazione libanese, e producendo una nuova fraternità poco fondamentalista (nel villaggio di Qana, il giornalista Franklin Lamb s’è sentito dire da alcuni paesani musulmani che loro sono cristiano-sciiti).

Hezbollah si è rivelata una forza militare disciplinatissima, estremamente determinata e molto sofisticata, capace di sottrarre i suoi punti di fuoco, bunker ed armamenti pesanti allo spionaggio israeliano (e americano). Ha costituito suo proprie linee telefoniche separate dalle linee libanesi, affollate di spie (e smantellato reti delle stesse spie).

I comandi israeliani sentono – così dicono – di « aver perso la loro deterrenza», e si preparano attivamente al nuovo attacco, con osservatori, satelliti, sorvoli, per identificare le posizioni Hezbollah. Ma come ha detto il turco Timur Goskel, già consigliere dell’UNIFIL, al citato Lamb, «quelli non sanno che cosa avviene in Libano, cosa sta facendo Hezbollah e di cosa è capace. Si basano su informazioni tratte dai giornali, ed Hezbollah non è il tipo di organizzazione di cui puoi capire qualcosa dai giornali. Non parlano molto».

Al contrario, un membro di Hezbollah ha detto a Lamb: «Che noia. Stiamo dedicando un sacco di tempo a studiare ogni aspetto immaginabile delle forze sioniste e della loro corrotta società, dalla loro psicologia, le loro forze e i loro punti deboli sul campo di battaglia; studiamo ogni battaglia ed ogni piccolo scontro che abbiamo avuto con loro nei passati 28 anni, i cibi preferiti, le droghe che amano, persino i loro videogiochi...» (Will Hezbollah Defeat Israel (Again!) In The Coming War?).



Hezbollah si prepara. Si prepara anche a combattere contro il nemico interno armato e riarmato dagli americani e israeliani. Sa di chi potersi fidare e di chi no. A dirla tutta, gli israeliani hanno paura di questa lucidità bellica, che loro hanno perduto. Dunque vorranno usare una forza sproporzionata mai vista, per sopprimere quella imbarazzante intelligenza di una resistenza araba che ha appreso la lezione di Sun Tzu (conoscere il nemico) meglio di loro.

Aspettiamoci diluvii di propaganda, ci devono convincere che lo sterminio totale è legittimo e giusto. Occhio ai telegiornali italioti, sarà la loro canea – inscenata a segnale ricevuto – a dirci quando l’attacco è vicino.

 

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