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La catastrofe dell’Occidente (parte II)
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La persecuzione dei cattolici inglesi

Salendo al trono Elisabetta, che la propaganda protestante e certa antiquata storiografia liberale dipinge come paladina della tolleranza religiosa, la persecuzione anti-cattolica, che aveva già fatto i suoi martiri all’epoca di Enrico VIII (il più famoso dei quali fu Tommaso Moro, il grande filosofo autore di Utopia ed oggi per la Chiesa Santo a causa del martirio) riesplose in tutta la sua inaudita ferocia. Durante il regno della figlia della Bolena la persecuzione contro i cattolici, che da parte loro avevano riposto le loro ultimissime speranze in Maria la Stuarda, regina di Scozia, che Elisabetta farà giustiziare, raggiungerà il suo culmine ed il massimo di violenza. Una lunga scia di sangue cattolico scorrerà nell’Inghilterra elisabettiana. Da quel sangue germinerà, qualche secolo dopo, la rinascita cattolica nell’Inghilterra fine ottocento e primo novecento.

«Furono anni – scrive Maurizio Blondet – atroci, di spie, delatori e lapsi, forche, di nascondimento, di paura per il corpo e per la dannazione eterna, e di sete di martirio: tutte cose che le polemiche britanniche sulla visita di Papa Ratzinger disonorano, per ricacciare nellinconscio nazionale, e nella falsa coscienza britannica, quella vergogna morale occulta, per cui non sè mai chiesto perdono. Furono anni di bassezze morali inimmaginabili. La regina di Scozia, Maria Stuart, speranza del partito cattolico, sposò il conte di Bothwell, che solo tre mesi prima aveva assassinato il primo marito di Maria, Lord Darnley, padre del futuro re Giacomo. Come si può immaginare, oggi, lo scoramento e sbandamento che questa fretta sospetta e indecorosa portò nelle file e nei cuori cattolici, già in pericolo?» (1).

Il cripto-cattolico Shakespeare immortalò questo smarrimento dei cattolici nel suo Amleto. Shakespeare, infatti, era nato ed era stato educato in una famiglia cattolica, ed era molto probabilmente cattolico egli stesso. Un cattolico che, come molti ai suoi tempi, viveva in incognito, in una catacomba esistenziale. Solo se si interpretano le sue opere alla luce della dottrina cattolica è possibile superare quelle che in un’ottica protestante sarebbero contraddizioni. Nell’Amleto, ad esempio, è proposta chiaramente la dottrina del Purgatorio - e da lì che giunge lo spirito del re padre, ucciso dal fratello amante della moglie, che afferma essere possibile ai vivi lenire le sofferenze dei defunti - ed è proposta la possibilità, che è verità di fede cattolica, di salvarsi anche all’ultimo istante di vita, ottenendo, se sinceramente pentiti, ed a maggior ragione se anche comunicati, il perdono divino.

«Appena diventata regina – scrive Luca Gallesi –, (Elisabetta) comincia a insozzare la memoria della sorella Maria, mal sopportando lidea che i suoi sudditi preferissero portare il lutto per la morte di lei piuttosto che gioire per la sua salita al trono. Tra le prime leggi sottoposte dalla nuova sovrana al Parlamento, che subito le approvò, ci sono un nuovo Atto di Supremazia, che abrogava le riforme di Maria, e un nuovo Atto di Uniformità, che imponeva a tutti i sudditi la liturgia protestante. La regina era il Supremo Governatore della chiesa anglicana, e da allora in poi diventava obbligatoria per ogni cittadino la presenza alla funzione religiosa anglicana, e reato partecipare alla Messa cattolica. Una fitta rete di spie - i churchwardens - veniva creata appositamente per controllare la vita religiosa degli inglesi, che non furono mai altrettanto meticolosamente spiati e controllati. (Quelle dei cattolici inglesi furono) Le storie, spesso eroiche, dei fedeli che non vollero abiurare lantica fede, aiutati anche da missionari appositamente inviati in incognito in terra dAlbione (…)» (2).

Molti i nomi dei martiri cattolici vittime della persecuzione elisabettiana: Edmund Campion, Philip Howard, Robert Dibdale, John Adams, John Lowe, Robert Southwell, Jerome Bellamym Anne Bellamy, Philip Powell. E sono solo alcuni delle migliaia di cattolici martirizzati per la loro fede da colei che passa, per certa storiografia, come regina della tolleranza religiosa ed oppositrice dell’oscurantismo e dell’intolleranza cattolica.

«Incomincia – scrive la Rizzatti, pur storiograficamente filoelisabettiana – la segreta penetrazione dei gesuiti, inglesi e forestieri, educati in speciali seminari a Douai e a Roma. In queste palestre di addestramento, ogni cosa parla ai giovani con un linguaggio severo. Alle pareti, incisioni, rappresentanti scene di martirio, li ammoniscono che leventualità di morire per la loro causa è tuttaltro che remota. Dal momento dello sbarco in Inghilterra, il prete, travestito in panni borghesi, fa la vita del clandestino’ (…). Famiglie amiche gli offrono appoggio e rifugio, consapevoli del rischio che esse stesse corrono: la prigione, e in casi estremi la morte. Per sviare le ricerche, molte case hanno un nascondiglio per il prete (Priests Hole) che di solito è una nicchia scavata nello spessore delle mura, e invisibile a chiunque non ne conosca la molla segreta. A volte il nascondiglio è nel sottosuolo: John Gerard, uno di questi sacerdoti clandestini, rifugiato nel maniero di Baddesley Clinton, durante una ispezione delle guardie rimane per quattro ore con i piedi nellacqua, sotto il livello delle cantine. Temporaneamente salvo, vien catturato più tardi, grazie a una denuncia; ed ecco le lunghe ore di tortura nella Torre di Londra, gli sfibranti interrogatori. Gli strumenti del terzo grado’…: vi è il cavalletto che spezza le membra, o la sospensione al soffitto mediante corde attaccate ai polsi (…). La condanna è quella dei rei di alto tradimento, i quali vengono impiccati, staccati dalla forca mentre ancora respirano, mutilati e squartati» (3).

Anni, dunque, di sanguinaria persecuzione nei quali i «fanciulli – ha scritto Cristina Campo – … per anni, a tavola, non udirono gli adulti discorrere di mercature e feste, di intrecci familiari o di cariche di corte, ma di Presenza reale e Sacrificio Propiziatorio. Fanciulli riscossi nel colmo del sonno perché un giovane pallido, in panni non suoi, è giunto in piena notte da Douai o da Rheims e alla primalba, porte e finestre serrate nel gabinetto di studio di (loro) padre, sta rivestendo i paramenti sacerdotali e da tutta Londra gli amici già convengono, in tacite piccole frotte, per assistere alla interdetta Messa romana. Fanciulli a cui si fa compiere un lungo giro (…) perché non vedano la folla congregarsi trascinando su tralicci, la testa in basso, lo stesso o altro giovane pallido verso una collinetta irta di forche - o forse sollevati ben alti sulla folla perché simprima nella mente quel volto esangue, rovesciato ed estatico» (4).

Proprio in quegli anni, uno strano personaggio, ex frate domenicano, metà filosofo e metà mago, si aggirava per le vie di Londra prendendo contatti sia con i protestanti che con i cattolici ed inseguendo i suoi inquietanti sogni di rivoluzione religiosa europea nel nome di una ermetica conoscenza che pretendeva risalisse a tempi mitici e che propagandava come la «vera, universale, religione», quella che avrebbe dovuto mettere tutti d’accordo, se solo i re ed il Papa vi avessero aderito.

Il suo nome era Giordano Bruno, esule dall’Italia perché contro di lui, che – non lo si dimentichi – era un domenicano, l’Inquisizione aveva, come era nel suo diritto trattandosi di un religioso e dunque di persona sottoposta alla sua giurisdizione, emesso un mandato di cattura per eresia. Più tardi la propaganda massonica, come quella di Ernesto Nathan, forse figlio illegittimo di Mazzini, che diventò sindaco ebreo e massone della Roma post-unitaria, imponendone l’oscura statua a Campo dei Fiori, lo dipinse come un martire del libero pensiero. Tuttavia, a Londra, questo presunto martire, faceva, come ha dimostrato John Bossy (Università di York) la spia a favore dei servizi segreti di Elisabetta. Sua è stata la responsabilità della morte di decine e decine di cattolici (5).

La storia occulta dell’Inghilterra moderna

Questo accenno a Giordano Bruno ci immette per la strada degli aspetti esoterici della storia dello scisma anglicano. Quegli occulti sono aspetti che – oggi gli storici ne stanno prendendo consapevolezza - incidono nelle vicende umane forse anche più di altre concause come quelle filosofiche, politiche o sociali. Le conseguenze di tali retroscena occulti si fanno spesso sentire anche a distanza di secoli dagli avvenimenti che hanno contribuito a concretizzare.

Ricostruiamo, dunque, almeno per linee essenziali, i secolari percorsi esoterici che hanno contribuito alla catastrofe inglese (6).

Un certo monismo che, preso a sé ossia astratto dal complesso della sua opera, può ricondurre alla gnosi spuria era già presente nell’Inghilterra medioevale in Scoto Eriugena. In età più vicina, ad Oxford era dilagato il nominalismo di Guglielmo di Occam, che influenzò tramite il circolo di Erfurt lo stesso Lutero. Dal nominalismo è derivato l’empirismo anglosassone. Sempre dall’Inghilterra medioevale proviene la gnosi di John Wyclif che influenzò quella di Hus e, per tale tramite, ancora una volta Lutero. Wyclif, contrariamente alla Rivelazione, affermava la necessità di tutto ciò che esiste. Per lui il mondo non è contingente, ossia frutto di un gratuito atto di Amore creativo, ma è necessitato e, quindi, eterno. Le idee wycliffiane ispirarono le follie del lollardismo.

A Cambridge, invece, riemerge il neo-platonismo influenzato delle idee ermetiche di Marsilio Ficino. Analoghi motivi ermetici si ritrovano, successivamente, nel pensiero di Berkeley e Coleridge. All’alba dell’età umanistica, in Europa, inizia ad affermarsi una nuova esegesi scritturistica non priva di connessioni con il millenarismo già gioachimita. L’attesa di un mondo nuovo e di un nuovo ordine teologico-politico diventa spasmodica. Come ha dimostrato Francis Yates, il pensiero cabalista del francescano umanista Francesco Giorgi ebbe notevole influsso in Inghilterra durante il regno di Elisabetta. La cultura magico-occultista dell’età elisabettiana fu l’essenza, spiritualmente spuria, della riforma anglicana. Questa spiritualità ambigua da oltremanica ritornò, poi, sul continente europeo soprattutto per mezzo del movimento dei Rosacroce (il cui simbolo non a caso fu fatto proprio anche da Lutero e da Cartesio). Quello rosacruciano fu un movimento esoterico con forti agganci in Inghilterra che apportò un fondamentale contributo alla nascita del puritanesimo, il quale a sua volta ha contribuito in modo fondamentale all’opera di penetrazione del messianismo intra-mondano del giudaismo post-biblico in ambito cristiano.

La filosofia occulta inglese tra XVI e XVII secolo attrasse molte intelligenze nonostante la reazione ufficiale dei tribunali inquisitori protestanti e l’imperversare della fobia per le streghe. Tra i principali esponenti della filosofia occulta anglosassone del periodo elisabettiano è enumerato un ambiguo avventuriero, John Dee, consigliere privato della regina, che elabora un sistema di pensiero a metà strada tra speculazione neo-platonica e cabalismo a tinte vagamente cristianeggianti. Il diffondersi di tale filosofia fu agevolato dalle necessità della politica intercontinentale, anti-ispanica ed anticattolica, di Elisabetta la quale aveva bisogno, per legittimare idealmente il disegno egemonico dell’Inghilterra, di una nuova cultura sulla quale fondare le pretese della propria concezione imperiale globale. Il terreno in questo senso era già stato preparato dal teologo John Colet che si era fatto propugnatore di un’esegesi scritturale influenzata dalle idee del Giorgi e di Agrippa. Quest’ultimo aveva, a sua volta, unito la magia naturale di Marsilio Ficino con il cabalismo ermetico di Pico della Mirandola.

Le alleanze politiche di Elisabetta con l’Olanda calvinista e con l’impero turco, in funzione anti-ispanica, si ottennero soprattutto per mezzo dei buoni uffici di ragguardevoli cabalisti in posizione di comando ad Istanbul. Corollario di tale politica fu la pirateria dello schiavista Drake. Dee effettuò un viaggio in Europa toccando Cracovia, Boemia e Praga per prendere contatti con gli ambienti esoterici locali, in particolare con il rabbino mago Loew. Il viaggio europeo del Dee va letto come un tentativo di rinsaldare legami criptici tra ambienti occultisti di alto livello, ai quali solo gli iniziati avevano accesso. Non a caso John Dee aveva dedicato la sua opera (la Monas) a Massimiliano II, padre del futuro ed esoterico imperatore Rodolfo II. Lo scopo era quello di cementare, mediante legami gnostici, l’alleanza politica tra le varie aree continentali ed insulari che in Europa erano o sembravano saldamente acquisite al protestantesimo.

Stessi intenti ebbe, del resto, il girovagare per l’Europa di Giordano Bruno, anche lui prodigo di omaggi intellettuali a Rodolfo II. Sia Dee che Bruno ebbero diversi ed interessati uditori soprattutto a Praga. Un’altra città di area germanica può, tuttavia, ritenersi il maggior centro di irradiazione dell’influsso occultista all’interno del Sacro Romano Impero: Heildeberg. La capitale del Palatinato era passata dal luteranesimo al calvinismo. Successivamente, con la battaglia della Montagna Bianca nel 1620, seguita alla defenestrazione di Praga, sarà riconquistata al Cattolicesimo. Riconquista che provocò l’esodo di migliaia di calvinisti verso l’America del Nord, dove con la fondazione delle colonie, avrebbero imposto un predominio settario mascherato da democrazia.

Alla morte dell’imperatore Massimiliano II, da Londra giunsero ai prìncipi tedeschi proposte di alleanza anti-cattolica che trovarono vasta eco proprio ad Heidelberg. Rodolfo II, figlio di Massimiliano, che coltivava amicizie gnostiche, trasferì la capitale da Vienna a Praga, città meglio predisposta verso l’occultismo, ed elaborò un programma culturale di governo ispirato all’umanesimo italiano ed alla magia cabalista.

A Praga, come detto, Rodolfo incontrò Dee e Bruno e riconobbe la chiesa nazionale boema ussita. Il suo programma tuttavia fallì e gli Asburgo rientrarono ben presto nell’alveo cattolico, per diventare, non senza l’ulteriore sbandamento illuminista di Giuseppe II e Leopoldo II nella seconda metà del XVIII secolo, il baluardo del Cattolicesimo europeo soprattutto nell’ottocento. Tuttavia la trama gnostica conservava in Heidelberg una roccaforte. E’ in questa città che operò il mago Johann Faust (Sabellicus) diventato poi il protagonista del dramma di Marlowe e di Goethe, fino ad essere mitizzato dal romanticismo neopagano e prenazista tedesco.

Scrive in proposito l’Innocenti:

«… il mito di Faust rivivepiù ancora che nel programma dellaciviltà faustianadi Splenger … - proprio nella Heidelberg dei fisici faustiani del tempo hitleriano, inficiata di esoterismo magico non meno che nel Cinquecento. Forse fu anche per questo che laviazione inglese risparmiò Heidelberg dalle gratuite distruzioni degli ultimi giorni della guerra hitleriana. Perdurava, infatti, in vesti nuove, lantica segreta intesa tra Reno e Tamigi’» (7).

La convergenza tra la Germania segreta, quella della Thulegesellschaft, del Germanen Orden e dei mille circoli teosofici dell’età guglielmina, e l’Inghilterra occulta, quella della Golden Dawn, del fabianesimo, degli ambienti di corte vicini, per mediazione teosofica, all’ariosofia ed all’anglogiudaismo, inizia a profilarsi sin dai tempi tudoriani-elisabettiani per giungere fino al volo di Rudolf Hess, il delfino del Führer, che, come ha dimostrato Giorgio Galli, tentò di agganciare i circoli inglesi aristocratici e di corte che simpatizzavano, per parentela iniziatica, con quella setta esoterica diventata partito totalitario di massa che fu il nazional-socialismo (8).

L’opera di Dee delineava un imperialismo religioso che Francis Yates così descrive:

«Nel mio libroAstrea. Lidea di Impero nel Cinquecento’ (1975) ho esaminato la natura dellimperialismo elisabettiano, che non riguardò soltanto lespansione nazionale in senso letterale, ma portò con sé le implicazioni religiose della tradizione imperiale applicate ad Elisabetta quale rappresentante della riforma imperiale’, di una religione purificata e riformata da esprimere e propagare attraverso un impero riformato, limpero dei Tudor con le connesse mitologie britanniche’. La glorificazione della monarchia dei Tudor come istituzione imperiale a carattere religioso si basava sul fatto che la riforma tudoriana aveva eliminato il Papa e reso il monarca capo supremo sia della Chiesa sia dello Stato. Questo dato politico di fondo era avvolto nella mistica dell’‘antica monarchia britannica’, con gli annessi elementi arturiani, continuata dai Tudor in quanto rappresentanti dellantica stirpe britannica che si supponeva discendere da Artù e che, ritornata al potere, si faceva fautrice di una chiesa britannica pura, difesa da una cavalleria religiosa contro le forze del male identificate, da questo punto di vista, nei tentativi ispano-papali di dominio universale» (9).

Anche dopo la caduta dell’egemonia spirituale di Dee, l’influsso della gnosi spuria in Inghilterra continuò. Quando la rivoluzione cromwelliana impose il regime repubblicano, la nuova cultura esoterica si mascherò di biblicismo sotto la parvenza di un letteralismo integralista. Con l’esegesi puritana, accentuatamente veterotestamentaria ma mancante di vera prospettiva cristologica nonché caratterizzata da un rigido moralismo, ritorna la concezione legalistico-farisaica della Legge intesa come catena per la natura umana totalmente corrotta dal peccato. Dee, con la sua opera principale (la Monas Hieroglyphica) aveva, infatti, esercitato un forte influsso sul nascente rosacrucianesimo e, per suo tramite, sul puritanesimo cromwelliano. Da queste fonti ebbe poi origine anche la mitologia del movimento British Israel che fa risalire la stirpe britannica alle tribù perdute di Israele e, in tal modo, fa di quello inglese l’erede messianico delle promesse divine al popolo ebreo interpretate come promessa di egemonia mondiale, ad un tempo spirituale e politica. L’‘anglogiudaismo è nato dallo stesso terreno di coltura della rivoluzione puritana: la gnosi spuria era ormai in procinto di emigrare sulla May Flowers verso le sponde nordamericane per fare da ostetrica nel parto dal quale nacquero gli Stati Uniti d’America.

Il poeta monarchico Spenser, cantore della gloria elisabettiana, come il repubblicano cromwelliano Milton, con il suo Paradise lost, vero e proprio inno a Lucifero/Prometeo cacciato dal Dio-tiranno, si nutrono del clima di occultismo esoterico diffuso nell’Inghilterra dell’epoca. Influssi gnostici sono presenti chiaramente anche nell’opera di Fludd e nel Dottor Faust di Marlowe.

In Inghilterra nel 1598 nasce ufficialmente anche la massoneria. Essa trova il suo antefatto nella chiusura dei monasteri, operata da Enrico VIII, con la conseguente laicizzazione delle corporazioni di arti e mestieri (eliminazione del crocifisso e del segno della Croce). Ma è solo alla fine del XVI secolo che W. Schaw, in Scozia, fissa la leggenda dellarte incorporandola negli statuti della corporazione muratoria e stabilendo anche il sistema segreto di cooptazione dei membri con i connessi segnali iniziatici di reciproco riconoscimento tra fratelli come la Mason Word, la parola d’ordine mediante la quale è garantita l’invisibilità ai membri muratori (masons da cui masonry: massoneria). In tal modo per tutto il seicento la massoneria può segretamente prosperare senza distinguersi da altre società iniziatiche, per poi assurgere nel XVIII secolo ad un ruolo di punta nell’offensiva gnostica contro il Cattolicesimo: ruolo che essa deterrà per tutto il secolo e per l’intero, successivo, XIX secolo, per poi passare il testimone a forme di presenza gnostica più avanzate e moderne. Per iniziativa di due protestanti, i pastori J. Th. Désaguliers (figlio di un ugonotto francese rifugiatosi in Inghilterra) e Anderson, nel 1717 nascerà a Londra il Grande Oriente, con la fusione di quattro preesistenti logge. Questa Loggia riunificata diventerà immediatamente quella centrale della massoneria mondiale: l’unica a poter conferire patenti di legittimità ad ogni altra loggia sparsa sul pianeta.

Filippo II, erede di Carlo V, ebbe il torto di sottovalutare il fermento rivoluzionario che agitava le Fiandre. I protestanti avevano trovato in Guglielmo d’Orange un capo politico e militare capace che riuscì a coagulare le zone settentrionali di predominio calvinista nell’Unione di Utrecht contrapposte alle zone meridionali cattoliche riunite nell’Unione di Arras. Alla morte dell’Orange, Elisabetta, nel suo più generale disegno di orchestrare in Europa una grande alleanza antiromana, tentò di impadronirsi delle Fiandre con la fallimentare spedizione del conte di Leicester. L’impresa inglese, pur non riuscendo nell’obiettivo principale, tuttavia aprì la via al ritorno al potere degli Orange nelle Fiandre settentrionali, l’odierna Olanda, che ne sancì la definitiva separazione da quelle meridionali, l’attuale Belgio. Un secolo più tardi gli Orange si impadronirono anche del trono inglese.

Inghilterra e Scozia. Bacon, Hobbes, Locke, Newton

L’Inghilterra seicentesca è il frutto amaro, amarissimo, prodotto dalle dure lotte seguite allo scisma del Tudor e dalla feroce repressione anticattolica di Elisabetta I. Ma dal momento che un frutto è sempre espressione di una radice, anche nella Scozia del tempo la riforma presbiteriana di Knox porta ad estreme conseguenze il seme maligno sparso ovunque dai Tudor. In tal quadro storico, fece la sua comparsa filosofica Francis Bacon che dietro il disprezzo della scienza cristiana pre-rinascimentale nascondeva, sotto la parvente maschera del progressismo scientifico, una pseudosapienza mitologica per la quale in metafisica l’esistenza di Dio sarebbe indimostrabile.

Francis Bacon visse a cavallo tra XVI e XVII secolo ma possiamo assegnarlo più al secondo, al quale appartengono le sue opere più mature che, però, portano a compiuta definizione gli assunti elaborati già negli ultimi decenni del secolo precedente. Sul piano morale Bacon diventa il banditore dell’utilitarismo fondato su un’antropologia che ignora le esigenze dello Spirito. Secondo F. Yates alla base del pensiero baconiano si ritrovano, per la mediazione ermetico-cabalista, diversi motivi gnostici. Non è un caso se in La Nuova Atlantide (1597) Bacon riprendendo un ben noto filone utopistico, quello stesso al quale appartiene l’Utopia di Tommaso Moro, immagina una società perfetta governata, però, non più da teologi o filosofi, come avevano prima di lui scritto gli altri utopisti, ma da una sorta di scienziati-maghi. Nel suo pensiero si scoprono la radici ermetiche ed occulte di molti filoni del moderno pensiero scientifico e tecnico, quello che proteso a farsi religione siamo soliti chiamare scientismo o tecnocrazia.

Bacon ebbe stretti rapporti con il movimento rosacruciano e con la esordiente massoneria. L’idea baconiana del dominio tecnico del mondo – antesignana dell’ideologia tecnocratica - rivela in nuce la volontà di potenza, tipica dell’Occidente post-cristiano, che ci riporta allo stesso prometeismo rintracciabile nella concezione magica del mondo la quale attribuisce all’uomo poteri divini latenti tali da renderlo, se fatti emergere, il facitore, il manipolatore, del cosmo. Bacon mirava ad una riforma del sapere tutta volta al dominio tecnico terreno e pose questa sua prospettiva al servizio dell’assolutismo politico del suo re, Giacomo I succeduto ad Elisabetta.

Al tentativo di restaurazione cattolica di Carlo I, decapitato da Cromwell, seguì il regno di Giacomo II. A costui succedette, sempre in funzione anticattolica, il marito della figlia del defunto, ossia l’olandese Guglielmo d’Orange. Alla morte dell’Orange, e sempre per evitare il pericolo di una successione cattolica, la corona passò alla casata Hannover mentre la Scozia veniva brutalmente unita all’Inghilterra, nonostante la strenua resistenza degli Stuart, legittimi sovrani cattolici dell’antica terra di Wallace e di Robert Bruce. L’invasione manu militari puritana sradicò il Cattolicesimo dalla fiera Scozia, preparando indirettamente il terreno alla futura svolta nord-americana ed europea, dove il modello rivoluzionario puritano fu esportato rispettivamente dai pilgrim fathers e dalla massoneria scozzese.

Gli Stuart, da canto loro, come già Carlo I, non seppero organizzare una efficace risposta cattolica soprattutto perché, al di là della certa buona fede, essi non capirono fino in fondo quale pericolo rappresentasse quella frazione della massoneria scozzese che, cianciando di un esoterismo cristiano, in realtà ermetico, si era schierata dalla loro parte (massoni cristiani, ossia ingenuamente convinti della conciliabilità tra una certa massoneria ed il Cristianesimo, costituiscono da sempre una presenza ambigua: si pensi, ad esempio, al conte Joseph de Maistre).

Il periodo peggiore, nel XVII secolo, il Cattolicesimo inglese lo attraversò durante la dittatura puritana di Cromwell. La ferocia cromwelliana si scagliò, è vero, anche contro gli anglicani (in quanto falsi protestanti e cripto-cattolici, secondo l’accusa puritana) ma nulla è paragonabile a quel che patirono, per mano cromwelliana, i cattolici. Preti braccati e massacrati, fedeli confiscati dei loro beni, distruzione di chiese e immagini sacre, atti sacrileghi e blasfemi contro il Santissimo Sacramento. Un carattere evidente della rivoluzione puritana è, dietro la maschera della pretesa riscoperta della purezza della fede cristiana, il ritorno al Vecchio Testamento letto senza la luce di Cristo. In ambito puritano si assiste all’imporsi di una esegesi priva, a causa del venir meno della mediazione della Tradizione e del magistero apostolico, di una autentica prospettiva cristologica. Il Vecchio Testamento letto senza il suo implicito senso cristiano comporta la rigiudeizzazione della fede. Da qui nacque la convinzione che l’Inghilterra, prima, e gli Stati Uniti, poi, fossero la nazione messianica, il popolo messia, allo stesso modo nel quale, nel giudaismo post-biblico, messia collettivo è il popolo ebreo.

Cromwell proscrisse, nella sua ossessione del peccato, ogni forma di divertimento popolare, la bellezza diventò sospetta e le opere d’arte furono perciò distrutte. Non pago dello scempio in Inghilterra, Cromwell si diede alla feroce persecuzione degli irlandesi, che erano assolutamente irremovibili nella loro fede cattolica. L’Irlanda sin dai tempi di Enrico VIII si era opposta risolutamente ad ogni tentativo, anche feroce, di protestantizzazione dell’isola. La gerarchia irlandese, a differenza di quella inglese, non cedette alle pressioni e minacce della monarchia, sia sotto Enrico che sotto Elisabetta, e si mantenne assolutamente ferma nella sua fedeltà al Papa di Roma. Cromwell, sbarcato con 12.000 dei suoi soldati politici nel 1649 in Irlanda per mettere in atto la sua spietata repressione, dichiarò illegale la religione cattolica, fece strage dei sacerdoti ed espulse quelli stranieri, condannò a morte tutti coloro che davano rifugio ai perseguitati, tolse i bambini alle famiglie cattoliche per educarli coattamente al protestantesimo. Più di un terzo della popolazione irlandese trovò il martirio, in difesa della fede, a causa dei feroci massacri cromwelliani. I due terzi dell’isola passarono in proprietà dell’aristocrazia e della borghesia inglese restandovi fino alla raggiunta indipendenza dell’Irlanda nel 1916/1918. Nel frattempo, Cromwell curava con zelo tutto liberale il proficuo traffico degli schiavi nel quale si sarebbe specializzata la Compagnia delle Indie, la palestra pratica del futuro padre del liberismo: Adam Smith.

Nonostante con Elisabetta l’Inghilterra iniziasse una formidabile ascesa politica ed economica, la catastrofe religiosa dello scisma enriciano, prima, e della riforma religiosa elisabettiana, poi, aprirono per l’isola d’oltremanica la strada del collasso spirituale, che l’avrebbe condotta al nichilismo pervadente dal quale è affetta oggi la sua vita sociale. E’ nell’Inghilterra elisabettiana che, dall’ala più radicale del calvinismo, contestatore della moderazione anglicana, sorsero, prima dell’emigrazione in America, i quaccheri portatori di un illimitato soggettivismo religioso che faceva dire ad uno di loro, George Fox, che la luce interiore è superiore al canone della fede come tramandata dalla Chiesa.

Scrive l’Innocenti:

«La grande illusione della Riforma era partita dalla Germania… lincendio fu irrefrenabile: già nel 1523 Thomas Munzer proclama la nuova messa in Allstadt… la rivolta diventa comunista a Munster (1534). Seguono le ripetute prove del radicalismo violento ed iconoclastico del calvinismo francese… cui fanno riscontro le feroci persecuzioni dei Tudor. Ma è coi puritani che la rivoluzione dimostra il suo già perfetto modello, la volontà di costruire nella storia una Nuova Gerusalemme fatta di uomini nuovi, puri, santi, autorizzati a compiere stragi in nome – così affermava Cromwell – della misericordia (tale volontà continua ai giorni nostri negli eredi americani del calvinismo puritano che schiacciano con loppressione in nome della libertà). I vecchi maghi paracelsiani del 500 sognavano luomo nuovo nellalambicco, ma i nuovi gnostici del 600 puritano selezionano luomo nuovo con la spada» (10).

Nel passaggio della rivoluzione gnostica dal piano semplicemente religioso a quello anche politico riaffiora l’esegesi gioachimita. In pieno medioevo Gioacchino da Fiore elaborò (vi è chi sostiene che il pensiero del monaco calabrese è stato frainteso dai suoi seguaci: ma questo è un altro discorso) una teologia della storia che suddivide la storia in tre eoni successivi, quello del Padre corrispondente al Vecchio Testamento, quello del Figlio corrispondete al Nuovo Testamento ed, infine, quello dello Spirito corrispondente al futuro, ed imminente, Regno dello Spirito caratterizzato dall’eguaglianza assoluta, dall’assenza della Chiesa gerarchica, dal comunismo e dall’instaurazione in terra della Gerusalemme celeste. Senza questo scivolamento delle pulsioni millenaristiche dall’ambito teologico a quello politico, non sarebbe comprensibile l’opera di un altro noto inglese del ‘600: Thomas Hobbes.

Egli forma il suo pensiero nel periodo della guerra civile costruendolo su una psicologia personale che viveva nel costante timore di perdere la vita a causa della violenza endemica. Anelante alla protezione contro il rischio della violenza, si fece teorico dell’assolutismo monarchico su basi contrattualiste. Alla luce di un’antropologia negativa per cui l’uomo, come già aveva proclamato Lutero, sarebbe solo malvagità e crudeltà, una bestia da tenere a freno attraverso un potere assoluto, quello del  monarca, nella teologia politica hobbesiana i sudditi devono delegare al re ogni diritto innato, ad iniziare dalla libertà, in cambio della protezione sociale. Il potere del re trova fondamento non dall’Alto ma nel contratto sociale che gli uomini ferini, per uscire dallo stato di natura caratterizzato dalla violenza endemica, stipulano tra loro attribuendo ogni diritto sovrano al potere assoluto di uno solo.

Hobbes è teorizzatore del Leviathano ossia dello Stato macchina che, all’epoca nella quale egli scrive, si stava affermando, con le monarchie assolute, come forma politica della modernità. Il pensiero di Hobbes sarà fondamentale per lo sviluppo di quella linea di pensiero negativo, sul Politico, che giungerà fino ai nostri giorni attraverso Carl Schmitt. Quest’ultimo, ex cattolico – per un periodo fiancheggiatore del nazismo in nome del Führer prinzip –, è stato tra i più autorevoli filosofi giuristi del XX secolo, non a caso dotato di una psicologia, timorosa, simile a quella hobbesiana. Schmitt restò implicato, suo malgrado e tuttavia, nonostante il successivo pentimento, senza una vera personale opposizione, nell’esperienza nazista, della quale intuì gli inquietanti risvolti esoterici che per certi filoni la riconducevano anche al pensiero, impregnato di magia politica, di Hobbes. Leo Strauss, il maestro dei neocon americani, è stato allievo ed estimatore di Carl Schmitt. In Hobbes cade ogni ancoraggio morale della Politica perché l’uomo è necessariamente eslege: la fonte della legge è soltanto la volontà del sovrano, il cui unico obbligo è quello di assicurare la difesa della vita e dei beni dei sudditi. Garantita la sicurezza, interna ed esterna, non ci sono limiti all’onnipotenza del sovrano.

Una concezione, questa, che non cambia affatto nel passaggio dalla monarchia assoluta a quella costituzionale, a dimostrazione che tra assolutismo e liberalismo le differenze sono solo formali. Prova questa nostra affermazione il noto detto per il quale il parlamento può tutto tranne che cambiare un uomo in donna (oggi che la chirurgia permette il cambio di sesso, la pretesa eslege di onnipotenza del parlamento, la cosiddetta democrazia totalitaria, si manifesta, non a caso, nei tentativi di eliminare ogni differenza tra i generi sessuali e di parificare l’omosessualità alla eterosessualità anche sul piano del diritto di famiglia). In Hobbes ogni ordine è un puro utilitario artificio non sussistendo alcuna legge di natura intesa secondo l’insegnamento cattolico. L’anomia, la gnostica libertà negativa ossia la liberazione dell’uomo dall’orizzonte morale dell’Ordine cosmico, dato e non da lui costruito, proclama, con Hobbes, l’irrazionalismo in ambito politico inaugurando l’età delle rivoluzioni assassine.

Eric Voegelin ha riconnesso il pensiero antimetafisico di Hobbes alla visione riduttivamente veterotestamentaria che del Cristianesimo avevano i puritani, i quali facevano dell’assemblea dei santi il Cristo collettivo cui nella storia è affidato il compito messianico di operare per l’affermazione del regno di luce contro il regno delle tenebre.

Quando, nel XVIII secolo, le colonie puritane americane si ergeranno a nazione, questa mentalità manichea diventerà l’ispiratrice della politica statunitense fino ai proclami reaganiani e bushisti a proposito dell’America, città di luce, in lotta contro l’impero del male ed a quelli kennediani ed obamiani sull’America umanitaria e pacifica che guida la purificazione del mondo dall’ingiustizia e dalla povertà. Con i puritani la vecchia gnosi spuria ritorna per farsi, sotto parvenze cristiane, sanguinaria rivoluzione ad un tempo religiosa e politica.

Nel 1653 un membro del Parlamento inglese propose che nelle università si studiassero soltanto la Bibbia protestante e l’opera dello gnostico Bohme: la gnosi era ormai politica.

L’Inghilterra è anche la terra dove, proprio nel ‘600, giunge a maturazione l’individualismo filosofico, che apre la via al pragmatismo. Ed anche in tal caso l’impronta è gnostica. Già nel nominalismo e nell’empirismo, che lo hanno preceduto, vi era il seme gnostico: in Ockam si perde l’attenzione alle essenze, derubricate a flatus vocis, per dare rilievo al singolare ossia alla fenomenologia, al dato meramente quantitativo e matematico. Il nominalismo influenzò poi la cosiddetta mistica renana e per tale via anche Lutero. Attraverso i contatti di Ficino con John Colet, William Grocyn e Thomas Linacee, la gnosi iniziò la sua penetrazione oltremanica fino a giungere a Bacone, nel quale, come si è visto, vi è stretta unione di empirismo e magismo rinascimentale. Francis Yates ritiene che la nuova scienza rinascimentale baconiana sia connessa con circoli esoterici e magici: una sorta di corrispondenza segreta tra tecnocrazia e occultismo, che continuerà anche nei secoli successivi (non a caso Comte e Saint-Simon cercheranno di dare al positivismo ottocentesco i caratteri di una vera e propria teosofia naturalista con tanto di culto sacerdotale e pratica iniziatica settaria di tipo paramassonica).

Bacon eredita in qualche modo l’opera di John Dee: ma senza meriti veramente scientifici perché, a ben guardare, sia in Bacon che in Dee il naturalismo è soltanto la maschera di un neopaganesimo che ritorna dai secoli antichi. Anche Hobbes (l’ideologo di Cromwell) e Locke (l’ideologo di Guglielmo d’Orange) elaborano il loro pensiero sul solco del nominalismo inglese. Ma è, per l’appunto, in tale solco che spunta la mala pianta dell’individualismo:

«Perduta la fondazione metafisica della realtà in Dio scrive l’Innocenti anche lantropologia ne risulta impoverita e, in particolare, oscurata la nativa socialità umana: individualismo (…). Princìpi e leggi sono posti dallo Stato, che è un prodotto artificiale dovuto al contratto sociale dettato dalla paura (…). Luomo è nemico delluomo proprio come uomo e il timore reciproco genera la società civile, donde lobbligo e il dominio dispotico. La pace è precaria perché la guerra è sempre imminente: compito della politica non è il bene, ma la protezione, dalla paura, dei cittadini: questa è la base dellindividualismo incapace di assurgere a positiva solidarietà (…). Predomina lartificio delluomo, non subordinato ad alcuna legge: ecco la gnosi (…). Il massone Locke (che voleva il cristianesimo nei limiti della ragione!) ha espressione più moderate (salvo lodio anticattolico) ma è nello stesso quadro antimetafisico, empirista ed individualista. Dio è solo oggetto di fede. L’antropologia è (filosoficamente) materialista. Luomo non è nativamente politico; la politica viene da un patto che dipende dalla volontà» (11).

L’Innocenti giustamente sottolinea anche come sia assolutamente non ipotizzabile, eppure è stato erroneamente fatto, la sussistenza di somiglianze fra la concezione suareziana della politica, che è nel solco cattolico e tomista, e quella hobbesiana: ciò perché mentre per il primo la Comunità Politica è un organismo morale in base alla natura, per il secondo (ma anche – aggiungiamo noi – per Locke e per qualunque contrattualista) lo Stato, al contrario, è un meccanismo artificiale derivato dal contratto sociale, per la reciproca utilità, la cui funzione è soltanto quella della tutela dei beni primari (vita e proprietà).

L’unica differenza sussistente tra le diverse concezioni del contratto sociale tra Hobbes e Locke è che per il primo lo Stato è onnipervadente e per il secondo deve intervenire il meno possibile: questo perché il primo pone come primaria la tutela fisica dei cittadini, il secondo la tutela della libertà individuale e della proprietà privata. In questa distanza tra Hobbes e Locke si ritrova la dicotomia moderna tra statalismo ed individualismo. Ma si tratta, a ben vedere, di una distanza apparente, una sorta di polarità dualista, tipicamente gnostica, che in realtà sostiene dialetticamente la complementarità degli opposti. L’individualismo moderno nasce in seno all’empirismo inglese ossia in seno ad una filosofia non realista ma fenomenista, e pertanto soggettivista, che riduce la realtà alle modificazioni psicologiche del soggetto: niente può trascendere l’esperienza soggettiva sicché l’universo è fondato, non su Dio, ma sul volere dell’Io. Siamo già al nichilismo ed alla morte di Dio.

Da notare che questa, la fenomenologia soggettivista, è la tentazione anche, ai giorni nostri, della scienza post-determinista che se da un lato si è giustamente e finalmente liberata dalle pastoie scientiste e positiviste, dall’altro, tuttavia, per mancanza di un serio fondato metafisico, rischia di cadere preda di post-moderne concezioni oliste nelle quali tutta la realtà dipenderebbe dall’osservatore, dal soggetto che, secondo un’interpretazione tendenziosa del principio di indeterminazione della fisica quantistica e secondo la psicologia esistenzialista, osservando modificherebbe la realtà stessa. L’empirismo che di solito è connesso allo sviluppo scientifico in realtà trova il suo sostrato profondo nella magia, nel filone occulto ed ermetico che riappare nella Rinascenza.

La scienza moderna, rinnegata la metafisica tradizionale, si è esposta, sin dal suo esordio, al rischio di scadere nello scientismo costringendo la ragione umana nei limiti angusti dell’analisi meramente quantitativa del reale: una costrizione dalla quale soltanto nei nostri tempi essa, e non senza ombre come si è detto, ha iniziato a liberarsi.

Nel ‘600 lo sviluppo della scienza viaggia in parallelo e con stretti collegamenti con le dottrine ermetiche e astrologiche: influenze che toccano tutti i grandi padri della scienza moderna (Copernico, Keplero, Galileo). Ciò, naturalmente, nulla toglie al valore scientifico della loro opera, quando non si pretende quel che loro stessi, almeno un Galileo, non hanno mai preteso ossia di fare della scienza una religione nonché l’unica depositaria del Vero.

In Inghilterra è Newton ad elaborare le sue dottrine scientifiche partendo da una base di tipo magico, con evidenti contenuti anticristiani, come hanno riconosciuto il filosofo neognostico Emanuele Severino, l’astrofisico Barrow, l’economista John Mainard Keynes e lo storico delle religioni Mircea Eliade.

Luigi Copertino

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1) Confronta M. Blondet, Breve memoria sugli inglesi persecutori, in www.effedieffe.it, 17 settembre 2010.
2) Confronta L. Gallesi, La regina del terrore, in Avvenire, 9 ottobre 2010.
3) Confronta M. L. Rizzatti, scheda numero 24, pagina 112, in autori vari, I Grandi della storia - Elisabetta…, opera citata…
4) Citato in M. Blondet, Breve memoria…, opera citata...
5) Confronta J. Bossy, Giordano Bruno and the Embassy affair, Yale university press, 1992. Secondo la tesi di Bossy dietro il nome della spia Henry Fagot che permise ad Elisabetta di sventare la congiura cattolica guidata da Francis Throckmorton - una congiura che non intendeva uccidere la regina ma solo costringerla a cambiare politica verso i suoi sudditi cattolici - c’è Giordano Bruno. Bossy sostiene che «A quellepoca (Giordano Bruno) stringe amicizia con sir Philip Sidney, un vero campione dipuritanesimo’, se con ciò intendiamo la volontà di condurre una crociata protestante contro Roma. E Sidney era genero di Sir Francis Walsingham, il destinatario delle lettere diFagot’ (…). Walsingham ha avuto accesso alla corrispondenza tra Castelnau e Maria Stuarda grazie al segretario di Castelnau stesso, che prendeva ordini da Fagot. Questo ha condotto allarresto del principale agente della cospirazione in Inghilterra, Francis Throckmorton, il quale poi, interrogato sotto tortura, rivelò tutti i dettagli della congiura. Fagot-Bruno denunciò Throckmorton sei mesi prima, e ha insistito nella sua denuncia fino a quando questi venne arrestato». Vedi anche l’intervista a John Bossy di Antonio Socci Una spia a corte. Giordano Bruno a Londra, comparsa su Il Sabato del 18 gennaio 1992, numero 3, pagina 52 e seguenti.
6) Riprendiamo il materiale qui trattato soprattutto dall’opera in più volumi di Ennio Innocenti La gnosi spuria, Sacra Fraternitas Auriganum, Roma. L’Inghilterra è presa in esame soprattutto nel primo volume Dalle origini al seicento. L’opera ha avuto più edizioni ad iniziare da quella del 2003.
7) Confronta E. Innocenti, «La gnosi spuriaI. Dalle origini al Seicento», Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma, 2003, pagina 226.
8) Confronta G. Galli, Hitler e il nazismo magicole componenti esoteriche del Reich millenario, Rizzoli, Milano, 1994. E’ interessante, ad esempio, questo passaggio, a pagina 11, dove Galli, citando Severino, che a sua volta riecheggia il Pawels e Berger de Il mattino dei maghi, scrive: «Anche grandi intellettuali della cultura conservatrice tedesca, come Ernst Jünger e Carl Schmitt, a un certo punto si sono resi conto che il nazismo era una sintesi di magia e di tecnologia avanzata e hanno finito per vedere in Hitler non il salvatore dello Stato tedesco, ma un uomo che si serviva di mezzi razionali per fini folli (…). Quella speranza (il riferimento è qui alla speranza hitleriana di avere l’Inghilterra alleata contro l’Unione Sovietica, nda) era fondata sulla convinzione che in Inghilterra fosse presente e operante, in posizioni chiave, quella stessa cultura magica alla quale si ispirava il nazismo». Peccato, però, che Emanuele Severino, di cui Galli riferisce le parole, non si avveda dei legami che sussistono tra la sua filosofia heideggeriana, volta ad una metafisica senza essere, e la gnosi spuria che nutriva lo stesso nazismo, cui non a caso non fu intellettualmente estraneo Martin Heidegger, riferimento filosofico di Severino.
9) Citato in E. Innocenti, La gnosi spuria - I…, opera citata, pagina 208.
10) Confronta E. Innocenti, La gnosi spuria - II. Il Seicento (DallAtlantico agli Urali) Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma, 2005, pagine 47-48.
11) Confronta E. Innocenti, La gnosi spuria - II…, opera citata, pagine 51-52.


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