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Obama annuncia: ho fatto uccidere Abu Sayyaf. Già, come Bin Laden.
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Mi limito a riportare da un qualunque media occidentale, che ci vuol far bere la storia:

«WASHINGTON - La Casa Bianca ha confermato ufficialmente l'eliminazione di uno dei capi dello Stato Islamico, Abu Sayyaf, responsabile dell’Is per gli affari collegati al petrolio, nel corso di un’incursione-lampo nella Siria orientale da parte di forze speciali USA eli-trasportate, già annunciata dal Pentagono e avvenuta la notte scorsa. È stato il capo del Pentagono, Ash Carter a dare l’annuncio. Nel raid è stata catturata anche la moglie del dirigente jihadista, un’irachena identificata come Umm Sayyaf, subito trasferita in Iraq sotto custodia americana per essere sottoposta a interrogatorio. Il raid delle forze speciali USA “rappresenta un altro duro colpo all’Is e la conferma che gli Stati Uniti non smetteranno mai di colpire i terroristi che minacciano i cittadini americani e i nostri alleati” ha detto Carter. L’operazione, è stato precisato, è stata condotta sulla base di un ordine impartito direttamente dal presidente Barack Obama, ed è stata condotta nel quadro delle leggi internazionali».

Questa «narrativa» imbastita col filo bianco è stata impallinata appena preso il volo dal Governo dell’Iraq: questo Abus Sayyaf, il cui vero nome sarebbe Nabil Saddik Abu Saleh al-Jaburi, è loro sconosciuto, e dubitano sia mai esistito. Smentita rafforzata dal Guardian.

Questo ucciso «Abu Sayyaf» non figura nella lista dei dirigenti di Daesh, e infatti non c’era alcuna taglia sulla sua testa, contrariamente a quelle che gravano sulle teste della prima decina di alti papaveri dello Stato Islamico; dunque era probabilmente una figura di secondo piano — ammesso che gli americani abbiano effettivamente ammazzato la persona che dicono.

La fonte della veridica informazione, è infatti il Pentagono; non ce ne sono di indipendenti sul terreno; e la conferma è stata data dal presidente Obama in persona: quello che – come ha documentato Seymour Hersh – ha mentito sulle circostanze della celebre uccisione di Bin Laden nel compound di Abbottabad, Pakistan, nel 2011. Anche se l’informazione di Hersh è incompleta ed il giornalista è stato forse fuorviato dalla sua «alta fonte d’intelligence», perché conferma che l’ucciso di Abbottabad era il vero Bin Laden: l’identità del corpo, che gli americani avrebbero facilmente potuto rendere nota attraverso l’esame del DNA, è stata invece per sempre affondata negli abissi dell’oceano Indiano «secondo il noto rito islamico».

Il mentitore seriale, presidente Obama, aveva bisogno di far apparire mediaticamente che sta combattendo l’IS, dopo mesi e mesi di bombardamenti (2800 finora) che non sembrano «degradarne» la capacità offensiva (e gli iracheni accusano che quei bombardamenti sono lanci di rifornimenti); bisognava far qualcosa che la CNN, il Corriere e la nostra Botteri corrispondente Rai potessero salutare come «un duro colpo inferto ai jihadisti» in Siria: quei jihadisti che gli USA armano ed addestrano.

Una volta decisa la narrativa, è stato opportuno peparla con qualche spunto hollywodiano: le tremende teste di cuoio USA impegnate nell’operazione hanno catturato viva la moglie del presunto Abu Sayyaf – per inciso, il primo nemico che gli americani hanno catturato in questi mesi di «guerra contro il terrorismo islamico» – ed hanno trattato la squaw con signorile riguardo (come Charlton Heston con Luna Splendente nel noto western); anzi, hanno compiuto financo una azione umanitaria, liberando nell’impresa una donna yazida che la coppia «teneva come schiava».

Una lacrima di commozione, happy end. E gran campagna di auto-celebrazione dalla Casa Bianca alla CNN e a tutti i media occidentali, che si può capire: è la prima operazione in cui truppe americane sono scese sul terreno ed hanno riscosso quel che sembra un successo. La sola volta precedente, fu il tentativo – compiuto con enorme dispiegamento di forze speciali aerotrasportate, Black Hawk modificati, droni e caccia di copertura – di liberare degli ostaggi occidentali tenuti dai jihadisti a Rakka, fra cui quattro americani (e il ‘giornalista’ James Foley, poi platealmente decapitato in video dall’IS) nel giugno dell’anno scorso. Risultato: un completo fallimento, un disastro di incompetenza e pressapochismo.

Il nucleo di verità

Il nucleo di verità che si può intravvedere dietro la narrativa è questo: essa è servita per far penetrare ufficialmente truppe USA nel territorio della Siria, un atto di violazione della sovranità, forse un assaggio dell’invasione, a cui non si è mai rinunciato. Apparentemente, gli specialisti americani son atterrati per combattere gli stessi nemici che combatte Assad... Ma (riportiamo) «il blitz delle forze speciali americane non è stato “comunicato in anticipo” al Governo di Damasco né tantomeno vi è stato con quest’ultimo “alcun coordinamento”. La puntualizzazione è venuta da Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale istituito presso la Casa Bianca. “Abbiamo avvertito il regime di Bashar al-Assad”, ha ricordato Meehan, “di non interferire con le iniziative in atto da parte nostra contro lo Stato Islamico all’interno del territorio siriano”, poiché quel “regime non può essere nostro alleato nella lotta” al gruppo jihadista. (NATO Puppets Plan to Invade Syria … Soon)

Le truppe USA a terra potrebbero essere state mandate – chi lo sa? – ad aiutare i tagliagole moderati che la CIA addestra ed arma, e i sauditi stipendiano contro il regime siriano (un F-16 turco ha frattanto abbattuto un vecchio caccia siriano: anche questo segno di un’aggressione pronta col colpo in canna, probabilmente coordinato con l’incursione USA).



È istruttivo che le forze speciali USA siano state lanciate, contro Abu Sayyaf e la sua squaw, a Deir al-Zour; ora, questa è la stessa località dove, secondo le fonti siriane (certo, può essere altra propaganda) «si è spenta nel nulla l’ennesima offensiva dell’IS» e da cui (copio e incollo da un qualunque giornale italiota) «per tamponare lo smacco subito dagli americani, l’esercito siriano ha rivendicato la paternità di un’operazione nell’est della Siria in cui “è stato ucciso il leader dell’Isis responsabile del petrolio”. Secondo la tv siriana, il leader ucciso è Abu al-Taym al-Saudi, “colpito in un blitz nel campo petrolifero di Omar”, il più grande del Paese conquistato dallo Stato islamico lo scorso luglio».

Sembra quasi che la propaganda USA si sia appropriata di un successo siriano... difficile dire, visto che mancano informatori indipendenti sul campo (la Botteri non sta nemmeno a Washington, sta a New York).

A chi credere? I nostri media hanno tambureggiato per giorni l’imminente caduta di Ramadi in mano ai tagliagole, e specialmente dato per certa la caduta nelle loro mani di Palmira, il gioielli archeologico che avrebbero sicuramente distrutto a picconate: ora, contrordine, pare che gli iracheni abbiano allontanato da Ramadi i jihadisti e Palmira non sia più in pericolo...

C’è di più: il Governo siriano dice di aver arrestato due cittadini francesi che, insieme a dei terroristi curdi siriani da loro addestrati, avrebbero attentato alla vita di Bachar Assad. La cellula curda s’era fatta passare per personale domestico ed avrebbe portato esplosivi dentro taniche di detergenti per il palazzo. La cosa non è riuscita. A Parigi, Hollande avrebbe preteso la consegna dei suoi francesi arrestati attraverso canali confidenziali. Si tratterebbe infatti di due agenti sei servizi, infiltratisi nel territorio siriano con l’aiuto di militanti al AL Nusra (la Al Qaeda dei francesi, diciamo, che poi ha dichiarato la sua lealtà al Califfo, quello degli americani, dopo che gli americani stessi avevano liquidato il loro capo francese con un drone, David Drugeon...) nella zona di Kalamoun, durante la battaglia che lì ha infuriato per settimane — e che i jihadisti hanno perso, sia detto per inciso.

La rivelazione viene da Gordon Duff, l’ex ufficiale dei Marines e blogger di Veteran Today, che ha un filo diretto con Damasco.

Ma c’è di peggio: forse qualcuno ricorderà che il 25 febbraio 2015 una delegazione governativa francese è arrivata a Damasco per colloqui, che apparentemente riguardavano la riapertura dell’Ambasciata di Francia, che era stata chiusa quando sembrava che l’invasione franco-americana (o NATO) della Siria fosse imminente. Dunque Hollande si fingeva pronto a riannodare l’amicizia con Assad, ed invece inviava dei sicari per ucciderlo. I due arrestati, secondo una versione, erano già noti ai siriani perché erano arrivati in Siria in un’occasione precedente e imprecisata, «nel quadro di un gruppo di lavoro segreto che associava francesi e siriani contro il terrorismo». Quindi Hollande faceva finta di collaborare con la Siria contro i terroristi, per poter avvicinare il presidente e ucciderlo...

C’è quasi da vomitare a questi doppi giochi dell’Occidente. Che invidia per la Botteri e Repubblica, che si attengono alla versione ufficiale; come la vita è più facile, e con tanta serenità si sa chi sono i buoni e chi i cattivi.



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