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Merkel grazia Hollande. Per fregare noi
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Che scena umiliante per la storia di Francia. Hollande «La Pera» ha mandato a Berlino i suoi suoi Ministri Michel Sapin (Finanze) ed Emmanuel Macron (Economia) ad elemosinare che la Cancelleria chiuda un occhio: pietà, anche per il 2015 avremo un deficit del 4,3% sul Pil (invece che il cretinissimo 3); la Commissione ci punirà , ci darà le sue multe spaventose... interceda per noi, Cancelliera eminentissima, ci risparmi per quest’anno la punizione; «la Francia non ce la fa proprio a ridurre il deficit e nello stesso tempo riguadagnare la famosa competitività» (Sapin). Sia clemente ancora una volta, imploriamo umilmente.

Teniamo presente: i due membri del Governo francese sono andati a fare la loro supplica a Berlino, come provinciali alla capitale. «Non si poteva, almeno, trovare un terreno più neutro per l’incontro?», guaisce il sito Gaulliste Libre, lamentando una Francia «sans grandeur, et meme sans honneur». Disonorata dal fatto che già da due anni Parigi è sotto la minaccia di «procedura per deficit eccessivo», fulminabile da Bruxelles in quanto incapace, ripetutamente incapace, di contenere il suo deficit al 3%; un limite che era stata la stessa Parigi a fissare e a volere, con il suo Ministro di prima, Pierre Moscovici: grande «europeista» alla Mario Monti , aveva addirittura promesso che la Francia avrebbe ridotto al 3% di defict sul Pil già nel 2013. Adesso i suoi successori, col cappello in mano, chiedono una proroga per il 2016, se non al 2017.

Pierre Moscovici
  Pierre Moscovici
Moscovici s’era applicato, con l’ottusità tecnocratica alla Monti, con politiche d’austerità che – come dovunque in Europa sono state applicate – hanno stroncato la crescita, aumentato i disoccupati e accresciuto il rapporto del debito pubblico sul Pil, per il semplice fatto che il Pil è rallentato: insomma le cure suicide che ben conosciamo.

E adesso – come in una sinistra commedia – se Parigi verrà punita per deficit eccessivo, a comminare la bastonatura sarà lo stesso Moscovici, divenuto nel frattempo commissario all’economia a Bruxelles. Sarà lui, cittadino francese, a infliggere la multa, se verrà, prevista per le violazioni: una cifra pari allo 0,2% del Pil, quasi un colpo di grazia quando il Pil francese si aspetta che aumenti dell’1%, e già questa speranza è ritenuta «ottimista» dall’Alto Consiglio delle Finanze, la corte dei conti parigina.

Non è che hanno potuto parlare con la Merkel, i due Bibi e Bibò. Sono stati ricevuti ai loro pari-grado, Wolfgang Schäuble e Sigmar Gabriel, che sono stati duri e altezzosi. Sembra tuttavia che alla fin fine la Germania voterà contro le sanzioni che l’eurocrazia sta per fulminare contro Parigi, trattenendo le mani degli altri partner della UE che sono già pronti a scagliare le pietre sull’adultera. C’è stato un qualche accordo «en loucedé», ossia sottobanco, tra il lusco e il brusco, commentano i media. Quale?



Non si sa. Si sa che i due francesi hanno promesso un piano di riduzione del deficit e «riforme strutturali» titaniche: loro tagliano il bilanio francese per per 50 miliardi di euro. In cambio, hanno implorato la Germania di fare investimenti per altrettanti 50 miliardi: più precisamente, hanno pregato Berlino di spendere al proprio interno tutti quei miliardi per rammodernare le proprie infrastrutture, insomma perché diventi più competitiva ancora. Schauble s’è degnato non di accettare, ma di pensarci, «a patto di non fare nuovo debito», ha sottolineato burbero. E poi, visto che i questuanti erano lì col cappello in mano, hanno capito che non era il caso di fare concessioni: nemmeno accettare di fare propri investimenti nel proprio Paese. Ciò perché, come hanno fatto sapere anonimi funzionari germanici ai loro giornali, «il Governo francese è talmente indebolito che quasi nessuno crede più alle sue promesse. Ci si può domandare se Francois Hollande è l’uomo che può raddrizzare il timone». Umiliazione nell’umiliazione: Berlino mostra a Hollande la porta di uscita dell’Eliseo. Non fa concessioni a nessun Governo debole, il che significa: nessuna «solidarietà europea», nemmeno un vago ricordo che la Unione era fra Paesi liberi e uguali. Ma quale uguaglianza, solo «la legge del più forte». Uno comanda e gli altri obbediscono. Questa è l’Europa, ormai.

Resta il fatto che Sapin & Macron si sono impegnati per il colossale taglio alle spese pubbliche di 50 miliardi. Tagli che, nella recessione convergente di tutta Europa, farà male alla sua economia. Secondo il Fondo Monetario, un simile taglio dovrebbe costare tra i 2,24 e i 4 punti di Pil nei prossimi tre anni. Ossia qualche centinaia di migliaia di disoccupati in più (unica consolazione, il collasso francese danneggerà anche la Germania). I tedeschi invece non si sono impegnati ad investire nulla come Paese, anche se proprio loro possono indebitarsi a tasso zero, dato che tutti i mercati speculativi, disperati, sono avidi di Bund germanici. «Niente a debito», ha sancito Schaeuble. Anche i tedeschi sanno che devono rammodernare le proprie infrastrutture, ma i fondi verranno «per lo più dall’investimento privato». Dottrinari fino all’ultimo.

Ma allora in che cosa consiste l’accordo che i due francesi avrebbero fatto sottobanco coi due tedeschi? Beh, se si pensa che già otto Paesi su 28 in Europa sono in recessione-deflazione (ossia in grave depressione economica, irreversibile), – Italia, Bulgaria, Grecia, Ungheria, Spagna, Polonia, Slovenia e Slovacchia – Parigi ha fatto a Berlino il regalo di rompere il fronte, di indebolire tutti gli altri nelle loro richieste; Hollande poteva mettere la potenza della Francia a fianco dei più piccoli, diventare il capofila dell’alternativa alla tirchieria senza prospettive: ha voluto trattare da solo, abbbandonando gli altri, approfittando di quel che resta della relazione speciale franco-tedesca.

Il colpo basso del La Pera è ovviamente a danno soprattutto dell’Italia, il più grosso rimasto e il più screditabile, e anche il concorrente potenziale che Berlino teme. Se Matteo Renzi ha sperato di trovare una sponda nel viscido inquilino dell’Eliseo, è una illusione in più a cui lui – questo facitore di illusioni – deve rinunciare.

La Cancelleria, mentre stende la sua mano possente a protezione dell’inadempiente Parigi, sta abbandonando noi alle ruvide, arroganti, idiote e padronali richieste di Barroso e di Katainen, il finlandese che fa il tagliatore di teste per Angela. Il fatto che Barroso, a poche ore dalla sua decadenza, ancora pretenda dall’Italia correzioni al bilancio, nonostante il nostro deficit sia al 3% e non al 4,3 come i francesi, (senza contare che siamo in avanzo primario) è un indizio malaugurante.

Certamente succederà questo: grazieranno Hollande per punire Renzi, e dunque tutti noi, pretendendo ulteriori tagli alle spese, dunque aggravamento della recessione (1). E saranno i francesi e invocare sanzioni contro l’Italia. Vedrete a dicembre.





1) A questo proposito, riporto le osservazioni del professor Gustavo Piga sulle misure pretese antirecessive di Renzi: «Renzi aveva due opzioni soltanto: o a primavera di quest’annofar partire sul serio la spending, e con 15 miliardi di tagli di veri sprechi (manovra non recessiva in questo caso) finanziare maggiori investimenti pubblici – unica vera leva per far ripartire occupazione e produzione – senza muoversi dal deficit del 3% di PIL ed abbattendo il rapporto debito PIL; o, preso atto della sua incapacità di fare la spending in tempo, come è stato, effettuare investimenti pubblici per 1% di PIL, 16 miliardi, portando il deficit al 4% di PIL ma riuscendo comunque ad abbattere il debito sul PIL grazie alla maggiore crescita di quest’ultimo e senza preoccuparsi di multe che nessun leader politico europeo avrebbe mai avuto il coraggio di comminare al fondatore Italia. No, Renzi non ha fatto nessuna delle due cose: ha scelto la via semplice di lasciare il deficit al 3% senza fare né spending né investimenti pubblici. Così che la disoccupazione possa crescere, il PIL crollare, il debito continuare nella sua salita. Che l’abbia fatto perché glielo ha chiesto l’Europa lo esonera solo in minima parte: l’Europa siamo noi, specie in questo semestre di Presidenza europea, e sarebbe stato opportuno ricordarlo a Schauble, collega tedesco di Padoan, che ha recentemente parlato – in una importante intervista televisiva ai margini della riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale – ben più a lungo del legale rappresentante dell’Unione, il nostro Padoan appunto, a cui spettava la parola. Tra pochi mesi saremo qui a chiederci come mai il PIL continua a crollare malgrado ci sia stato il più grande taglio delle tasse della storia dell’uomo». Tra le promesse che non verranno mantenute, vale la pena di scriversi quella del Ministro Padoan: 800 mila nuovi posti di lavoro. Quando Gberlusconi promise un milione di posti di lavoro, lo derisero tutti. Adesso sono tutti seri, e fanno finta di crederci. Che cosa vuol dire appartenere alla Loggia giusta…



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