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Chiederanno mai perdono per il Vaticano II?
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Il pensiero dell’immenso mondo religioso umano di miliardi d’anime, pende da ogni segno e parola che può provenire da Dio attraverso i Suoi messi.
Ciò a causa del concetto universale dell’impero di Dio sugli uomini e sulle loro società.
Si conosce il culto che il popolo dell’Antica Alleanza prestava all’Arca contenente le pietre della Legge data da Dio a Mosè sul Sinai.
E poi il culto delle reliquie e tutto il resto.
Le cosiddette guerre di religione scatenate per difendere opposte fedi nella Parola di Dio riempirono gli annali della storia e non sono finite.
Si tratta del bisogno universale di testimoniare, bene o male, una verità su Dio e sull’uomo.
Già i Romani per risolvere il dilemma e consolidare l’Impero, avevano escogitato il pantheon degli dèi, da dove solo i cristiani si autoescludevano a costo
della vita.
Oggi le reazioni a quanto possa essere considerato blasfemo contro il Corano o il profeta Maometto continuano a scuotere la politica internazionale.
Eppure, tutto questo, per l’altro piccolo mondo artefatto dell’intellighenzia gnostica, agnostica e atea è assurdo, pericoloso e va corretto o abolito.

Il pensiero gnostico ci ha provato attraverso l’elaborazione sincretista di una super religione che ne includa tutte.
Già per il pensiero agnostico e ateo la soluzione sta nel ricacciare per legge le religioni nell’intimo delle coscienze e mettere gli Stati al di sopra d’ogni fede divina.
E’ quanto realizzò la «democrazia religiosa» degli Stati Uniti e che cerca di fare l’ONU e l’Unione europea, senza alcun sospetto di avviare in tal modo proprio quel sordo scontro di civiltà che ritenevano scongiurato dalle politiche laiciste.
Il vero scontro è tra l’ordine del mondo naturale e quest’altro, elucubrato nelle logge.
L’Ordine naturale del mondo è quello dell’uomo fatto di corpo e anima.
Perciò l’ordine di una nazione dove la società civile è separata da quella religiosa, lo Stato dalla Chiesa, non nelle loro funzioni, ma nel loro fine, è mostruoso.
Lo insegnava San Pio X, che nella sua Lettera sul Sillon, contro la  «democrazia cristiana» insegna: «Non si edificherà la società diversamente da come Dio l'ha edificata; non si edificherà la società se la Chiesa non ne pone le basi e non ne dirige i lavori; non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole. Essa è esistita ed esiste; è la civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla, ristabilirla incessantemente sulle sue naturali e divine fondamenta contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell'empietà. Instaurare omnia in Christo».

Che parte hanno oggi i cristiani in tale processo di neutralizzazione religiosa?
Dire confusa è dire poco.
Nel caso del mondo cattolico, dopo il lungo lavorio del liberalismo modernista e conciliare, la stragrande maggioranza si adegua, anzi si compiace delle  soluzioni laiciste del problema nel nuovo ordine del mondo, per cui, la questione sarebbe già risolta non fosse l’«ostinazione» di gran parte del mondo islamico di sottomettere il loro ordine sociale alla legge di Dio.
Ci si dovrebbe allora chiedere se quel concetto di disegno divino, che del resto è la ragione fondante pure dello Stato israelita, ma soprattutto
dell’Ordine cristiano, com’è nelle Sacre Scritture e poi nel Magistero papale su Cristo Re, sia smarrito.
Eppure, la pienezza dei poteri ricevuti da Gesù Cristo in cielo e in terra era visibile e rappresentata nella Sede di San Pietro dalle Chiavi e dal Triregno papale.
Dato però il processo di scristianizzazione subita dal mondo umano in seguito alle rivoluzioni moderne, l’intellighenzia modernista ha scelto un nuovo cristianesimo che tralascia il concetto religioso inoppugnabile - dell’impero di Dio sugli uomini e le loro società -, a causa dell’impossibilità di applicarlo nella vita corrente del mondo moderno.
Questa difficoltà potrebbe cambiare un concetto perenne?

I cattolici non sono degli illusi

E’ vero che nessun cattolico ritiene possibile oggi che la Parola del Signore possa tornare a breve termine ad essere il riferimento obbligatorio delle leggi di un mondo dannatamente laicizzato.
Anche i primi cristiani non ritenevano possibile che i Romani la adottassero, poiché la sua diffusione era limitata.
Ma si trattava di un limite contingente che non implicava la rinuncia al concetto della sua permanente universalità.
Ciò poteva essere taciuto, però mai negato dai cristiani fedeli, dato essere intrinseco alla fede cattolica il concetto che la vita in questo mondo è ordinata da Dio ad un altra e quindi la società umana non può prescindere dal concetto divino d’eternità.
Ma cosa è successo?

La difficoltà pratica è stata elevata nella pragmatica «filosofia moderna» a concetto: quel che è praticamente impossibile è da ritenersi falso.
E’ il «concetto invertito», per cui esiste solo la realtà evoluta secondo i bisogni della vita pratica.
Perciò questi vanno sovrapposti ai concetti teologici tradizionali.
E se è il «pensiero moderno» ad asserirlo, ogni sentimento religioso vi si deve adeguare e non meno la «coscienza» della Chiesa cattolica.
A questa luce si può capire l’intuizione di Maurizio Blondet quando cerca di giustificare la fede islamica.
Non si tratta tanto di discutere su religioni vere, ma sulla fede fondata su un concetto vero. Essa dovrà parassitare la religione vera per inocularvi quest’altro concetto, che è modernista e religiosamente falso in ogni latitudine e longitudine.
In tal modo allora, il concetto religioso universale - dell’impero di Dio sugli uomini e sulle loro società terrene - non sarebbe più il perno del cristianesimo, ma rimarrebbe come retaggio superato.
Ecco l’oscura alienazione in nome della Chiesa che significa una rottura religiosa epocale per l’intera umanità!
Il guaio è che tutto avviene in mezzo ad una indifferenza religiosa senza esempio nella storia.
Non sarà forse essa la «famigerata» grande apostasia?

Fatto è che mentre i Papi nel passato usavano termini fortissimi per riferirsi a tali deviazioni dai concetti fondamentali della fede, oggi è vietato parlare di delitti religiosi nelle republiche delle vane opinioni, anche se questi riguardano il mondo cattolico e sono perpetrati contro la fede del Regno divino.
Ebbene, tale rottura è implicita nel mezzo delle belle parole del discorso d’apertura del Vaticano II pronunciato da Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962.
Diverse analisi cattoliche lo denunciarono e continuano a farlo.
Dovrei qui segnalare la mia gratitudine a quanti, vescovi, sacerdoti e laici, affrontando gli insulti e offese propinate in buona e mala fede a chi va controcorrente; l’hanno fatto per l’onore della Madre Chiesa.
E dobbiamo continuare a farlo, anche con i termini forti usati dal padre Michele Simoulin: «il delitto tremendo di Giovanni XXIII».
Di questo si tratta quando si vuole mutare la fede della Chiesa sotto le apparenze di un’«aggiornamento» ipocrita.

Qui va ricordato anche la testimonianza essenziale di monsignor Marcel Lefebvre: «Non voglio risalire alle origini lontane del cambiamento e del mutamento della nostra religione perché bisognerebbe risalire al Rinascimento, alla Rivoluzione Francese, alla storia di tutto il liberalismo del secolo XIX e a tutte le condanne dei Papi contro di esso, in particolare i papi Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, san Pio X. […] E’ stato pubblicato recentemente il libro di Ploncard d’Assac ‘La Chiesa occupata’ che riporta tutti i documenti i quali mostrano l’evoluzione avvenuta all’interno della Chiesa durante l’ultimo secolo. Io vorrei risalire solo al 1960, anzi al 1958: a quell’epoca è successo qualche cosa nella Chiesa? Che cosa? E’ impossibile conoscere i fatti a fondo: personalmente non li conosco; ma di questi cambiamenti ci siamo accorti dal 1958, dopo il conclave che ha eletto Giovanni XXIII» (monsignor Lefebvre, «J’accuse le Concile»).

I frutti deleteri sono ormai alla vista di tutti e non si capisce come un vero cattolico possa pensare di difendere l’uomo che cambia la fede e non la fede stessa.
Si arriva perfino ad accusare chi difende la fede d’eresia perché accusa i novatori.
Eresia, scisma e apostasia in rapporto a cosa?
Può qualcuno apostatare dalle intenzioni di Giovanni XXIII?
In tal caso siamo a dei problemi psicologici, o perché si privilegiano persone sulla fede, o perché si attribuisce ad esse il potere di mutarla, o allora perché volevano il «salto innanzi» della «libertà modernista», che è proprio la questione sotto accusa.

Il lievito dell’aggiornamento moderno  

Il pensiero cattolico ha sempre presente il comando all’inizio della storia: il dominio del mondo da parte dell’uomo.
Ma esso può attuarsi secondo la Parola divina o con l’ambizione di parlare e attuare come se l’uomo fosse Dio.
Questa è la mortale tentazione ricorrente, che conclude il suo ciclo nel «Luogo santo».
Gli aggiornamenti storici riguardano il modo come questa tentazione si attua.
Ed è essenziale che, trattando della questione nei tempi moderni, sia posto in risalto che alla radice di tutte queste novità vi è la Massoneria, che è penetrata profondamente nella Chiesa per trasformarla col suo verbo teista.
Questa infiltrazione della Sinagoga di Satana nella Chiesa di Dio mette in evidenza l’aspetto apocalittico della vicenda che stiamo vivendo e che attua le profezie di San Giovanni (Apocalisse 13) e di San Paolo (II Tessalonicesi).
Il sussurro ribelle si è amplificato e rinforzato con le sette e le rivoluzioni partite dalle sinagoghe e dalle logge fino ad arrivare all’atrio della Chiesa.
Non è possibile oggi sottrarsi alla scelta fra la Parola di Dio e il sussurro di Satana; non vi sono terze vie in questa lotta spirituale, che si può superare solo ricorrendo alla Grazia offerta dal Signore.

Ma attenzione, l’attacco è il fatto ricorrente, vecchio.
Per affrontarlo si devono conoscere le sedi in cui ha origine e le sue novità strategiche, generali e particolari, perché il suo potere è nel «segretismo» degli iniziati e nel «settarismo» dei mercanti di influenze.
Tutto condito dalla seduzione dei «pensieri ispirati» di menti che elaborarono le proiezioni ideali della virtuale evoluzione continua dell’uomo.
L’influsso invisibile di questi personaggi permea le società segrete, e oggi anche un certo mondo clericale, intorno al tema dell’origine del male.

Per esempio con l’influenza della teosofia, a cui seguì quella dell’antroposofia di Rudolf Steiner.
L’attribuzione del male secondo «La Dottrina segreta» di H. P. Blavatsky, svela questo grande piano:
- la Teosofia è una gnosi che intende divinizzare l’Umanità come una vera e propria religione di massa.
- Il Male è una necessità ed è anche uno dei principali sostegni del Mondo Manifestato.
E’ una necessità per il Progresso e l’Evoluzione, come la notte è necessaria per produrre il giorno e la morte per avere la vita, affinché l’uomo possa vivere eternamente.
- Satana (o Lucifero) rappresenta l’Energia attiva dell’Universo […] Egli è la Luce, la Vita, la Lotta, il Pensiero, la Coscienza, il Progresso, la Civiltà, la Libertà […] è Dio […] una sola cosa col Logos.
- Esiste in Natura una Legge Eterna, una legge che tende sempre a conciliare gli opposti e a produrre l’armonia finale.
- Grazie a tale Legge di sviluppo spirituale... l’Umanità verrà liberata dagli dèi falsi e bugiardi (si legga cristianesimo) e otterrà, alla fine, la sua auto-redenzione.

La Blavatsky e la sua teosofia saranno superate dall’antroposofia di Rudolf Steiner, che con più intelligenza combina questi concetti per un nuovo cristianesimo, un nuovo Cristo che armonizza anche gli opposti.
Angelo Roncalli, come il giovane Karol Wojtyla furono attratti da questi pensieri per la ricerca dell’armonia antropocentrica delle nuove pentecosti e nuove redenzioni.*
Sono le idee venute alla ribalta ad Assisi nel 1986 e che continuano ad imperversare col patrocinio della Chiesa conciliare, dell’ONU e dell’URI.

Ricorsi misticoidi per aggiornare la Tradizione

In questa sede non intendo parlare tanto delle intenzioni oscure di quest’aggiornamento conciliare, ormai svelato da autori di nota erudizione cattolica, ma dai ricorsi usati per renderlo accettabile ai fedeli come un segno venuto dall’Alto; un vero e proprio «Avvento» moderno seguito da una nuova «Pentecoste».
Sì, perché è chiaro che i novatori, che con il Vaticano II volevano aggiornare la Chiesa ai tempi, avevano il problema enorme di raggirare la Tradizione
che significa il pieno patrimonio dottrinale che proviene dalla Parola di verità trasmessa senza soluzione di continuità dal Suo Autore.
Perciò si può dire che essa è la Religione stessa e, come crede ogni cristiano, è di natura perenne, ragion per cui sono i tempi a doversi aggiustare ad essa e mai essa ai tempi.
C’è, però, una tendenza del mondo umano ad ascoltare e seguire un’altra voce, ossia quel sussurro invitante ad invertire l’ordine delle verità che procedono da Dio all’uomo; invece si vuole il pensiero umano su Dio; una sodomizzazione.

Non ci si deve scandalizzare dell’uso di questa parola forte per esprimere il peccato contro natura nella sfera spirituale.
Il noto padre Castellani citava a proposito San Giovanni nell’Apocalisse: «Quæ vocatur spiritualiter Sodoma» (Seis Ensayos y Tres Cartas, edizioni Dictio, Buenos Aires, 1978, pagina 182).
Anche la parola adulterio abbonda nella Bibbia per indicare tradimento.
Si capisce: gli uomini sono sempre più attenti alle questioni se c’è riferimento al sesso.

Ora, il nemico di Dio e dell’uomo dall’inizio della storia tenta gli uomini ad ogni perversione.
Nei nostri tempi ci ha provato con gli stessi uomini della Chiesa di Dio.
Non parlerò dei preti pedofili, che è solo un effetto della perdita della grazia, ma di un’allucinata intellighenzia clericale che sviluppò l’intenzione diusare il potere conciliare per aggiornare la Tradizione; la negazione di questa grazia.
E per farlo non esitò a far ricorso ai segni sacri suscitati da Dio nella Chiesa, in primis della Pentecoste.

L’operazione d’aggiornamento della Chiesa al mondo


I termini dell’operazione d’aggiornamento della Chiesa al mondo, sono nella peculiare allocuzione di apertura del Vaticano II, pronunciata da Giovanni XXIII.
Il libro del professore Paolo Pasqualucci («Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II», Editrice Ichthys, Albano Laziale, 2008) analizza quel discorso quasi parola per parola, sia in latino che nelle traduzioni ufficiali.
E deduce che esso intorno al «principio dell’‘aggiornamento’ rivela una dottrina nuova, rivoluzionaria» (pagina 61).
Conclude allora che quel pensiero precede e appartiene al Concilio, nel senso che «la prospettiva della Allocutio si sovrappone alla vera escatologia cattolica, occultandola» (pagina 231).
E il mio pensiero va subito al Segreto di Fatima che Giovanni XXIII, il buono, ha deciso di archiviare, se possibile per sempre.
Quindi, se la Tradizione significa il patrimonio dottrinale che proviene dalla Parola divina, è la Religione stessa di natura perenne, cui i tempi si devono aggiustare, la dottrina del Vaticano II è quella che reinterpreta la Tradizione con l’intenzione di aggiornarla ai nuovi tempi, insomma, al pensiero moderno su Dio.

Ma rimaneva il grave problema: come superare la fedeltà cattolica fondata nella ragione stessa d’essere legata alla Parola tramandata da Gesù Cristo?
Quest’ostacolo era e rimarrà sempre insuperabile, ma sembra ora raggirato nel nostro mondo virtuale con presunte ispirazioni dall’alto per convocare un concilio e poi con l’espressione «la nuova pentecoste del Vaticano II».
Quest’idea, divenuta parola d’ordine per l’impresa di mutazione della fede e della pastorale secondo l’intenzioni della nuova classe clericale, era anch’essa in quei discorsi iniziali e finali per definire la vocazione conciliare; racchiudeva il primo colpo da maestro del nemico, a cui seguì quello dell’ubbidienza assoluta al Papa.
Quindi, il Vaticano II sarebbe per loro la Nuova Pentecoste ispirata dallo Spirito Santo e perciò andrebbe creduta e ubbidita ciecamente.

Ma la vera questione che sorge è: sarebbe folle dubitare che si possa imporre novità di fede in nome di pentecosti conciliari, o piuttosto crederlo?
Qui intendo mostrare come l’intenzione di farlo credere è alla base del programma del Vaticano II e dei suoi sinodi successivi, che miravano a giustificare la «fede» in ogni tradizione, anche quelle oscure, come il vodù.
Tutto d’accordo col piano del nuovo ordine richiedente il liberalismo religioso e poi l’egualitarismo ecumenista.
 
Vediamo perché è alle intenzioni delle «nuove pentecosti conciliari» che va fatto il processo per il recupero dell’onore della Santa Madre Chiesa, che in questi tempi ha visto proclamare in suo nome indegne assurdità con effetti nefasti sulla vita spirituale e sociale di una sviata umanità.
Tutto mascherati dalle solite belle parole.
Ma è corretto fare il processo alle intenzioni altrui?
Non lo sarebbe se si trattasse di presunte intenzioni, non dimostrate.
Ma se queste si sono dimostrate giudicabili a causa di una serie di iniziative nel solo senso dell’aggiornamento conciliare, allora il giudizio va fatto proprio alle intenzioni, che sono alla radice dell’agire umano.

Ora, nel nostro tempo, quando, secondo le intenzioni dell’avversario di Dio, il soggettivo ha preso il sopravvento sull’oggettivo, la religione è rimasta esposta a delle indefinite ispirazioni e apparizioni di senso più che altro
sentimentale.
Questa parvenza misticoide è la copertura per il degrado non solo religioso ma mentale odierno; è quella che devasta innanzitutto le difese della Fede cattolica.
Il nuovo corso insinua allo stesso tempo che in materia di fede tutto va lasciato all’intimo delle coscienze e a queste si dirigono le nuove pentecosti conciliari!
In tal modo si passa dall’unica Pentecoste oggettiva d’origine divina che fonda l’unica Fede dell’unica Chiesa di Gesù Cristo, alle tante pentecosti soggettive, secondo i tempi, conciliabili con ogni credenza e sussurro ecumenista del pitone.

L’espressione «nuova Pentecoste»

Si potrebbe usarla come metafora, figura di linguaggio per evocare e confermare la vera e unica Pentecoste.
Invece è stata usata per andare oltre, per pescare in mezzo a delle gravi confusioni, ma anche all’immane insidia della «gestione degli opposti».
Cioè, che si possa avere oggi delle nuove rivelazioni dello Spirito Santo, magari anche per «aggiornare» o interpretare in senso inverso quelle precedenti.
Ciò richiedeva tutta la vigilanza cattolica, perché in nome di nuove pentecosti si sarebbero potute far apparire nuove credenze e formare nuovi movimenti riformatori ispirati e autorizzati direttamente dal Cielo.
Questo si è fatto col Vaticano II.
Perciò hanno «aggiornato» l’evangelizzazione della stessa Chiesa al sapore dei «bisogni dei tempi e della libertà di coscienza» d’ispirazione modernistica e massonica.
Ecco compiuta quella mutazione gnostica che ha radici nell’alba della storia, ma che è rimasta bloccata nei venti secoli dell’Era cristiana.

In seguito alla Pentecoste suscitata da Dio dopo l’Ascensione, San Pietro fece un discorso ispirato per chiamare alla conversione: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazareth - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato... Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso! All’udir tutto questo, si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: ‘Che cosa dobbiamo fare, fratelli?’. E Pietro disse: ‘Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro’. Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: ‘Salvatevi da questa generazione perversa’. Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone» (At. Ap. 2).

Ci può essere una «nuova Pentecoste» per dire che la casa d’Israele non ha bisogno del battesimo di conversione a Gesù Cristo perché fedele all’Antica Alleanza?
Se così fosse, l’espressione «nuova pentecoste» diverrebbe una copertura per alterare la fede fondata sulla necessità per tutti i popoli dell’Incarnazione del Signore e dell’unica Redenzione nel Suo sangue.
Eppure, l’espressione «nuova Pentecoste» è stata usata da Giovanni XXIII in vista del piano di nuova evangelizzazione del Vaticano II.
Processo all’intenzione?
In verità quanto Giovanni XXIII diceva della sua ispirazione rientrava nelle intenzioni della mutazione modernista palesata nel discorso di apertura del Vaticano II, che risponde inoltre, indirettamente, alla questione iniziale: perché un Concilio?

Ci aiuta ancora a capirlo San Pio X, indicando l’idea modernista della Chiesa come frutto di due bisogni, il primo dei quali, individuale, è di seguire un’esperienza originale e singolare, comunicandola ad altri.
Ecco allora la sua «ispirazione»: «Fu un tocco inatteso, uno sprazzo di superna luce, una grande soavità negli occhi e nel cuore. Ma insieme un fervore, un gran fervore destatosi improvvisamente in tutto il mondo, in attesa della celebrazione del Concilio!».
Il secondo bisogno è nella collettività: da quel momento il pensiero e il volere della Chiesa sono i suoi: «Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi... preferisce far uso della medicina della misericordia... piuttosto che della condanna», come se una giusta condanna fosse contraria alla misericordia.

Una semplice ragione ci può far capire che questi cambiamenti non potevano avvenire in nome dello Spirito Santo: poiché proclamando per la prima volta nella storia della Chiesa un Concilio ecumenico non dogmatico e perciò non infallibile, si dispensava giustamente quella massima assistenza dello Spirito Santo che è assicurata al Papa e alla Chiesa.
Qui si vedrà allora come questa dispensa oggettiva, associata ad un’evocazione soggettiva di una nuova Pentecoste, è servita all’aggiornamento conciliare.
Concentriamoci sul tempo di Giovanni Paolo II, che è quando la sua applicazione fu maggiormente consumata, perfino in termini espliciti.

Infatti, il Sinodo straordinario del 1985 si è concluso col seguente «messaggio» dei padri sinodali al popolo di Dio: «Come agli Apostoli nel Cenacolo con Maria, lo Spirito Santo ci ha suggerito quello che Lui voleva dire alla Chiesa in cammino verso il terzo millennio... Il messaggio del Vaticano II... resta la Magna Charta per il futuro. Finalmente si è realizzata nei nostri giorni la nuova Pentecoste, di cui ha parlato Giovanni XXIII e che insieme a tutti i fedeli noi attendevamo dallo Spirito Santo».

In verità, nel Cenacolo a Gerusalemme lo Spirito Santo ispirò agli Apostoli l’intelligenza della Rivelazione, che si chiuse con la morte dell’ultimo di essi.
Il Vaticano II la poteva forse riaprire con le novità dei suoi lumi modernistici?
Attraverso tale intenzione i cattolici in quei giorni avrebbero potuto capire a che punto si svelava l’abuso dello Spirito Santo per contraddirLo.

Vediamo cosa ha scritto a proposito il dottor Georges Salet, sul bollettino De Rome et d’Ailleurs, Versailles, numero 65, gennnaio 1986, alla luce della dottrina tradizionale della Chiesa: «Nel suo documento finale quell’assemblea lascia intendere di essere nella stessa condizione del Cenacolo apostolico di Gerusalemme. Senza dirlo esplicitamente, la Chiesa conciliare si mostra convinta che il Papa e i Padri conciliari sono stati ispirati dallo Spirito Santo in tal modo da non esserne che gli strumenti. Grazie a Dio, niente di ciò è vero, altrimenti si sarebbe in presenza, riguardo alla libertà religiosa nel foro esterno, di due insegnamenti contraddittori, ma tutt’e due infallibili... Malgrado ciò, la Chiesa conciliare continua a dire e a far credere che il Vaticano II è intoccabile perché opera dello Spirito Santo […] E’ stata forse sostituita la nozione d’infallibilità, come è sempre stata intesa dalla Chiesa, con una superinfallibilità carismatica simile a quella degli Apostoli? Pretendere, come hanno preteso i prelati sinodali, che lo Spirito Santo li abbia ispirati come ha fatto con gli Apostoli, è, almeno materialmente, una bestemmia contro lo Spirito Santo».

Chi pretende che il Vaticano II sia la «nuova Pentecoste»?
I figli della Chiesa che capiscono la gravità del fatto che siano diffuse idee umane sotto una falsa copertura di «ispirazione divina», devono accertare l’origine e la responsabilità della diffusione di tale concezione ingannevole, anche se si tratta del capo della Chiesa conciliare.
E’ in gioco la fede di moltitudini.
In questo senso si trova un autorevole chiarimento nei libri del teologo tedesco P. Johannes Dörmann, tra cui «L’Étrange théologie (si legga gnostica) de Jean-Paul II et l’esprit d’Assise », Edizioni, Icthys, sigla Teo) pubblicati negli anni novanta e tradotti anche in italiano.

L’emerito professore prendeva per riferimento il libro «Alle fonti del rinnovamento - Studio sull’attuazione del Vaticano II», Editrice Vaticana, 1981.
Si tratta dell’interpretazione di quell’evento proposta dal cardinale Wojtyla, che, in quanto «autentico testimone» del Vaticano II, lo definisce un «mistero» che richiede una «iniziazione»: «Lo Spirito Santo nel Vaticano II ha parlato direttamente ai padri conciliari, i quali hanno perciò espresso in parole umane la parola dello Spirito Santo e l’hanno comunicata al mondo (pagina 12 e seguenti). In quanto ‘parola dello Spirito Santo’ il messaggio del Concilio possiede di per sé il carattere della rivelazione. In questo senso il Vaticano II è una ‘seconda Pentecoste’, nella quale lo Spirito Santo è sceso sui padri conciliari allo stesso modo che sugli Apostoli durante la prima Pentecoste, al fine di condurre il consesso dei vescovi alla ‘verità totale’ promessa da Cristo».

Commenta P. Dörmann: «L’'iniziazione’ alla ‘verità totale’, nella terminologia del cardinale, è un ‘arricchimento della fede’ nei confronti della dottrina professata tradizionalmente dalla Chiesa. La ‘seconda Pentecoste’ significa quindi una rinascita della Chiesa sulla base di un arricchimento della fede, che la dottrina tradizionale ha sperimentato nel Vaticano II grazie alla nuova parola dello Spirito Santo» (Sì sì no no, 15 febbraio 1996).

A questo punto abbiamo una prima risposta: il Vaticano II sarebbe uno straordinario Concilio dogmatico (che si proclama pastorale per modestia), e il suo collegio episcopale un nuovo Cenacolo presieduto da un nuovo San Pietro, tutti ispirati direttamente dallo Spirito Santo, affinché conoscano l’arricchimento della fede per i nostri tempi.
Questa idea non è un abbaglio straordinario dei padri conciliari o sinodali, ma una vera rivelazione ordinaria di Giovanni Paolo II che l’aveva già descritta nella sua «Redemptor hominis» (6b): «A tutti coloro che, per qualsiasi motivo, vorrebbero dissuadere la Chiesa dalla ricerca (arricchimento) dell’unità universale dei cristiani, bisogna ripetere ancora: E’ lecito a noi non farlo? Possiamo […] non aver fiducia nella grazia di Nostro Signore, quale si è rivelata, nell’ultimo tempo, mediante la parola dello Spirito Santo, che abbiamo sentito durante il concilio [Vaticano II]? Facendo così, negheremmo la verità che concerne noi stessi e che l’Apostolo ha espresso in modo tanto eloquente (1 Corinti 15, 10)».

Cosa sottintendesse questa «unità universale» fondata su di una fede arricchita, sarebbe ancora da svelare in tutti i suoi aspetti oscuri.
Include il vodù?
Certo è il fatto che lo stesso Apostolo aveva esortato i cristiani: «Anche se noi stessi o un angelo del Cielo venisse ad annunziarvi un Vangelo diverso (ispirato da una nuova Pentecoste) da quello che vi abbiamo annunziato noi, sia egli anatema» (Galati 1, 8).

Il processo alle inversioni del Vaticano II

Questo processo contro le intenzioni spurie del Vaticano II data da almeno 45 anni, quando si è formato il Coetus Internationalis Patrum, a cui parteciparono centinaia di padri conciliari.
Il suo grande organizzatore fu l’arcivescovo di Diamantina, il brasiliano Geraldo de Proença Sigaud, che solo potè dare forma a questo fronte di resistenza cattolica quando dei cardinale vi aderissero.
Questi erano bloccati dalla voce sparsa da monsignor Capovilla, segretario di Giovanni XXIII, per cui certe critiche [in nome della Tradizione] sarebbero offese al Papa.
Ma alla terza sezione di quella assemblea, il primo cardinale capì che c’erano ragioni sufficienti per opporsi all’andazzo conciliare dettato dagli innovatori.
Si tratta del cardinale Santos, arcivescovo di Manila, che vi aderì nel settembre 1964.
Poi vi aderirono anche i cardinali Ruffini, Siri, Larraona e Browne.
A questo fronte di resistenza clericale è corrisposto quello laico, ricordato nell’articolo «Il Segreto sul ‘katechon’ e la triplice alienazione» .

Ma questo fronte di resistenza cattolico era mosso solo dall’urgente necessità di impedire innovazioni particolari o di far fronte all’intero piano di aggiornamento della Chiesa al pensiero moderno, come dal discorso inaugurale di Giovanni XXIII?
Ebbene, con il documento «Nostra Aetate» era finalmente chiaro che quel Concilio, che si era voluto solo pastorale, intendeva in realtà varare una dottrina alternativa alla tradizionale teologia della sostituzione di origine evangelica.
Era ormai confermato il sospetto che il cardinale Agostino Bea, d’accordo col piano dettato dall’esponente del «B’nai B’rith» Jules Isaac, consapevolmente o no aveva «innescato sotto il Concilio una bomba ad orologeria che a suo tempo è esplosa facendo tremare le fondamenta stesse della Chiesa».

Si tratta della manipolazione fatta sulla teologia della sostituzione.
Essa, seguendo i Vangeli e San Paolo considera l’Alleanza col Popolo eletto in rapporto al Messia.
L’alleanza e l’elezione non hanno una ragione umana ma divina: la preparazione e accoglimento del «Desiderato delle nazioni», il Figlio di Dio incarnato, il Cristo Gesù.
E San Paolo spiega ai Romani ed agli ebrei che Dio rinnova l’Alleanza con il nuovo popolo, nuova Israele che accoglie l’inviato Messia crocefisso.
E la teologia tradizionale parla delle due Alleanze, l’Antica e la Nuova, perché sia chiaro il disegno divino della sostituzione dell’Antica, della Torah, con la Nuova ed Eterna Alleanza del Vangelo, che porta a compimento e perfezionamento quella prima.
Del resto, si può costatare che c’era già allora un giudaismo post-biblico che sovrapponeva il commento rabbinico della Cabbala e del Talmud alla Torah dell’Alleanza.
Dunque è insostenibile l’affermazione che ci sia ancora una Israele antica erede dell’Alleanza per la venuta e l’adesione al Messia, ma che rifiutò Gesù Cristo.
Affermarlo sarebbe riconoscerLo come un falso Messia e condannarLo di nuovo; un’ idea indegna perfino di un antipapa.

Infatti quella reazione ortodossa era già nel titolo della dichiarazione del fronte di laici: «Nessun Concilio e nessun Papa possono condannare Gesù, la Chiesa cattolica, apostolica e romana, i suoi Pontefici e i Concili più illustri. Ora la dichiarazione sugli ebrei comporta implicitamente una tale condanna, e, per questa eminente ragione deve essere respinta».
Nel testo si leggono queste spaventose parole: «Gli ebrei desiderano ora spingere la Chiesa a condannarsi tacitamente e a mutar parere davanti a tutto il mondo. E’ evidente che solo un antipapa o un conciliabolo (sic) potrebbero approvare una dichiarazione di questo genere. Ed è quello che pensano con noi un numero sempre crescente di cattolici sparsi nel mondo i quali sono decisi ad operare nel modo che sarà necessario per salvare la Chiesa da una simile ignominia
».

Tutto corretto, ma dov’è questa resistenza decisa ad operare nel mondo per salvare la Chiesa da una simile ignominia?
Sì perché è successo proprio il contrario, ossia un numero sempre crescente di cattolici sparsi nel mondo sono decisi ad accettare la negazione della teologia della sostituzione perché ciò è quel che insegna il Vaticano II e i suoi pastori in modo implicito o esplicito, con gesti clamorosi o con visite ai luoghi dell’Antica Alleanza, che si vuole unica e intatta, data la credenza ostinata nella mancata venuta del Messia.
A questo punto, se uno vuole, per seguire i pastori conciliari della «Nostra aetate», ammettere questa duplice alleanza con Dio che permane nella storia, anche se rifiutata dai fedeli dell’Antica Alleanza, dovrebbe chiedersi quale alleanza fonda l’autorità di quei pastori, poiché Una è di Gesù Cristo, l’altra esiste per negarLo.

Ci può essere un Vicario di Cristo che riconosce e onora la Sinagoga che Lo nega?

Siamo ad un’alienazione d’ordine sofistico che raggiunge un grado terminale ma solo per quelle anime indifferenti all’unica vera Alleanza di Dio realizzata nell’Incarnazione del Suo Verbo.
Ciò richiede una testimonianza nel nostro tempo, opportune importune.
Si dovrà, quindi, prima o poi riprendere quella resistenza clericale e laica che si è persa malauguratamente nel lontano 1965.
Su questa il cattolico istruito sarà giudicato.

Il fumo della confusione entrato nella Chiesa

Il fumo della confusione diviene ancora più fitto a causa del silenzio sulla questione cruciale: potrebbe un chierico investito della carica papale rinunciare ai poteri espressi da questo concetto e disfarsi del simbolo che li raffigura, restando Vicario di Cristo, non più re?
O, al contrario, tale rinuncia riguarda direttamente la carica della Chiesa legata al concetto del potere divino sulle persone e le società?
Concetto che configura l’«autorità suprema di legare e di sciogliere in tutto il mondo, è un dogma cattolico conosciuto per bocca stessa di Gesù Cristo...». (Decreto Super soliditate petrae, Pio VI, 28 novembre 1786).

Se trasferisce questo diritto, che è di Cristo, ai singoli con la libertà religiosa, in tal caso cade sotto quanto stabilisce il Codice Diritto Canonico (1917) canone188: «A causa di rinuncia tacita, qualsiasi ufficio si rende vacante ipso facto, senza necessità della relativa dichiarazione, qualora il chierico: 4) abbia pubblicamente disertato dalla fede cattolica».

C'è infatti incompatibilità assoluta tra giurisdizione cattolica ed eresia.
Fatto ancora più evidente per la Fede se riguarda l’eresia sull’autorità di Gesù Cristo.
Se il Suo potere non si estende all’universo e a tutto il mondo umano, quale sarebbe e da dove verrebbe il potere di chi pretende di rappresentarLo come Suo Vicario?
Sarebbe un potere solo su la Chiesa e il mondo cattolico?
Ma quando e da chi è stato conferito tale potere limitato e indipendente nella Chiesa di Dio?
Se il chierico che ha disertato pubblicamente dalla fede cattolica in questioni di fede decade automaticamente della carica che occupa, tanto più quello che diserta dal senso stesso della carica che rappresenta l’autorità e la visibilità universale di Gesù Cristo.
Allora la rinuncia è doppiamente evidente, non richiedendo alcuna ulteriore dichiarazione.
Lo ha dichiarato il chierico stesso in modo tacito, dal fatto che definisce il suo un potere alieno all’universalità di quello di Cristo Re, venuto solo per un futuro e delimitato mondo cristiano.
Non per gli ebrei e per gli altri.

Quale la confusione di cui nessuno sembra accorgersi?
Che la carica papale possa accordarsi al cangiante pensiero moderno contrario alla Sede di Pietro, che per definizione rappresenta il suo contrario: l’universale perennità che non cambia né coi tempi né con le politiche e tanto meno con gli aggiornamenti modernisti.
Eppure, le parole di Giovanni XXIII racchiudevano tutto il piano del Vaticano II per una nuova coscienza della Chiesa, cioè la rinuncia del concetto di Cristo Re e Giudice; il concetto dell’impero di Dio nella legge degli uomini e delle nazioni.
I seguaci di questo concetto, anche se confuso in altre credenze, possono essere convertiti da Dio alla piena verità, ma chi elabora una religione che abusa dello Spirito di Verità è in guai seri, perché crede nella sua finta verità, che è del tutto imperdonabile; richiama il grande adulterio e lo spirito di Sodoma.
Ciò non esclude che alcuni dei suoi seguaci possano dopo essere stati indotti a partecipare al grande inganno, pentirsi, chiedere perdono e ritornare alla
fede in Cristo Re e Giudice, l’unica che salva.

«Ut domum Apostolicum et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris, te rogamus, audi nos».

Arai Daniele


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