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Profilattico: marcia indietro?
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Riporto di seguito la nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, emanata a chiarimento del boom mediatico suscitato dopo l’intervista rilasciata dal santo Padre in occasione della pubblicazione di un suo libro ed in merito alla quale abbiamo già scritto.

Perché proporre la nota della Congregazione? Per due ragioni essenzialmente:

Primo, per informare i lettori degli sviluppi della faccenda; secondo, per mettere in evidenza il pensiero modernista, ahimè annidato nelle teste e nei cuori di molti chierici.

Dobbiamo tuttavia premettere quanto segue: l’affermazione del Pontefice non ha mai costituito neppure lontanamente un asserzione magisteriale, per questo il pensiero della Chiesa non cambia [ammesso e non concesso che possa cambiare! Cosa che non è, in quanto l’efficacia dell’insegnamento impartito è sempre subordinata alla continuità e perennità nei contenuti: se un Papa oggi dicesse: Dio è quattro e non Tre Persone in Un solo Essere, tale proclama sarebbe, per quanto emesso da un Papa, privo di valore, perché contraddittorio con la Fede rivelata e già acclarata nella Chiesa! E fermo restando che il potere dell’infallibilità, esercitato secondo le condizioni previste, renda pressoché impossibile errare] e resta pertanto integro ed immutato.

In linea di principio, specialmente in quest’era di eresie sottili e diffusive, non ci si deve lasciar intimorire né sgomentare dai possibili cambi di rotta: Gesù, Capo della Chiesa, pensa sempre allo stesso modo, ieri, oggi e domani!

Ora, soffermiamoci sulla nota, il cui testo integrale, tratto dal sito vatican.va, riporto in calce; di seguito solo alcuni passi salienti per il commento.

«Lidea che dalle parole di Benedetto XVI si possa dedurre che in alcuni casi sia lecito ricorrere alluso del profilattico per evitare gravidanze indesiderate è del tutto arbitraria e non risponde né alle sue parole né al suo pensiero»

Questa affermazione dice troppo. Essa va al di là della questione. Nel nostro precedente intervento già mettemmo in luce infatti non tanto lo scandalo della eventuale liceità del preservativo, quanto il fatto che un Papa non debba occuparsi della gestione del male. Intendiamoci bene: un malato di AIDS (ammesso e non concesso che tale malattia sia proprio quella che ci vogliono far credere; rinvio per questo a quanto scrissi in merito) che non usi il preservativo è un soggetto doppiamente pericoloso! Ma questa è questione da confessore, non da Pontefice! Un Papa non dovrebbe sfiorare l’argomento. Perché?

L’intervista rilasciata in quel modo non ha potuto che suscitare il vespaio al quale abbiamo assistito, con relativa maggior confusione dei fedeli! Considerate questo (e ciò è sufficiente per ritenere l’uscita del Papa come un goffo scivolone!): quante persone si andranno a leggere la nota chiarificatrice della Congregazione e quante invece resteranno soltanto con la prima notizia, appresa dai giornali o dalla TV? E non mi si venga a dire che «il pensiero del Papa non di rado è stato strumentalizzato per scopi e interessi estranei al senso delle sue parole», perché questa è cosa nota, che deve imporre a maggior ragione la prudenza, prima di tutto! Quindi, semmai, rende ancor più biasimevole la situazione!

Ma venendo alla giustificazione presente nella nota, leggiamo:

«Il Santo Padre rileva che il ricorso al profilattico, ‘nellintenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana’. Si tratta di unosservazione del tutto compatibile con laltra affermazione del Santo Padre: ‘Questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dellHiv. Alcuni hanno interpretato le parole di Benedetto XVI ricorrendo alla teoria del cosiddetto male minore. Questa teoria, tuttavia, è suscettibile di interpretazioni fuorvianti di matrice proporzionalista (confronta Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor’, numeri 75-77). Unazione che è un male per il suo oggetto, anche se un male minore, non può essere lecitamente voluta. Il Santo Padre non ha detto che la prostituzione col ricorso al profilattico possa essere lecitamente scelta come male minore, come qualcuno ha sostenuto. La Chiesa insegna che la prostituzione è immorale e deve essere combattuta. Se qualcuno, ciononostante, praticando la prostituzione e inoltre essendo infetto dallHiv, si adopera per diminuire il pericolo di contagio anche mediante il ricorso al profilattico, ciò può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri, anche se la malizia della prostituzione rimane in tutta la sua gravità. Tali valutazioni sono in linea con quanto la tradizione teologico-morale della Chiesa ha sostenuto anche in passato».

Purtroppo dobbiamo constatare la totale incapacità, tipicamente modernista, di seguire un serrato pensiero logico. Da una parte si afferma che non si tratta del male minore e dall’altra non si fa che evidenziare proprio questo aspetto. Seguiamo la logica. Si dice: la Chiesa condanna la prostituzione. Quindi essa è un male. La Chiesa condanna il preservativo, che dunque è pure un male. Si ritiene tuttavia che, in casi estremi (evitare il contagio) l’uso del profilattico sia consentito; quindi, un male minore. Per forza. Lo vogliamo intendere un bene? Non è possibile; si è appena sostenuto che è un male. Ed allora? Necessariamente un male minore. Obiettivamente dobbiamo contestare che sia un male minore. Per quale motivo? Semplice. Il male minore implica l’impossibilità di scelta. Non posso scegliere il bene, perseguo la via foriera di meno conseguenze negative. Ditemi dove sia l’impossibilità di scelta di uno che va con prostitute o di chi pratica la prostituzione? Allora, se non è un male minore, cosa è? «Un primo passo nel rispetto della vita degli altri». Francamente mi sfugge dove sia questo rispetto. Nel fatto di non voler contagiare? Non è un rispetto! È un obbligo! Ecco l’errore grossolano della nota. Si vede come una concessione positiva quello che deve essere invece visto in maniera assolutamente negativa. Un imperativo morale (non kantiano): non devi uccidere. Quindi, il discorso è: non devi commettere impurità e non devi neanche uccidere.

Avrei accettato, semmai, questa di lettura: bada a te, fornicatore od adultero. Perché, oltre al peccato contro il tuo corpo e quello del prossimo, oltre alla frode del tuo pensiero e della tua potenza di amare – cose per le quali si accende l’ira di Dio – potresti commetter anche la nefasta azione di contagiare un fratello (o sorella che sia) fino a procurargli la morte. Bada a quel che fai ed attento a non aggiungere male a male e peccato a peccato.

Il resto mi sembra goffo e patetico tentativo di recuperare l’irrecuperabile. Ma tale atteggiamento sarebbe troppo per i prelati del tempo: essi, molti (anche se non tutti e mai infallibilmente), non insegnano più la verità senza mezze misure, ma si limitano ad accomodarla alle esigenze del mondo. Una condanna forte stonerebbe troppo con le necessità melliflue di palati delicati e viziati. Eppure nella fattispecie va fatta chiarezza e non occorre indugiare troppo per il sottile: la confusione invade le menti ed i cuori, datele altro spazio e non resterà testa libera di pensare da sola e l’inferno, semmai e per assurdo fosse vuoto, si riempirebbe di colpo.

Stefano Maria Chiari




NOTA SULLA BANALIZZAZIONE DELLA SESSUALITÀ A PROPOSITO DI ALCUNE LETTURE DI "LUCE DEL MONDO"

In occasione della pubblicazione del libro-intervista di Benedetto XVI, Luce del mondo, sono state diffuse diverse interpretazioni non corrette, che hanno generato confusione sulla posizione della Chiesa cattolica riguardo ad alcune questioni di morale sessuale. Il pensiero del Papa non di rado è stato strumentalizzato per scopi e interessi estranei al senso delle sue parole, che risulta evidente qualora si leggano interamente i capitoli dove si accenna alla sessualità umana. L’interesse del Santo Padre appare chiaro: ritrovare la grandezza del progetto di Dio sulla sessualità, evitandone la banalizzazione oggi diffusa.

Alcune interpretazioni hanno presentato le parole del Papa come affermazioni in contraddizione con la tradizione morale della Chiesa, ipotesi che taluni hanno salutato come una positiva svolta e altri hanno appreso con preoccupazione, come se si trattasse di una rottura con la dottrina sulla contraccezione e con l’atteggiamento ecclesiale nella lotta contro l’Aids. In realtà, le parole del Papa, che accennano in particolare ad un comportamento gravemente disordinato quale è la prostituzione (cfr. Luce del mondo, prima ristampa, novembre 2010, pp. 170-171), non sono una modifica della dottrina morale né della prassi pastorale della Chiesa.

Come risulta dalla lettura della pagina in questione, il Santo Padre non parla della morale coniugale e nemmeno della norma morale sulla contraccezione. Tale norma, tradizionale nella Chiesa, è stata ripresa in termini assai precisi da Paolo VI nel n. 14 dell’enciclica Humanae vitae, quando ha scritto che è "esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione". L’idea che dalle parole di Benedetto XVI si possa dedurre che in alcuni casi sia lecito ricorrere all’uso del profilattico per evitare gravidanze indesiderate è del tutto arbitraria e non risponde né alle sue parole né al suo pensiero. A questo riguardo il Papa propone invece vie umanamente e eticamente percorribili, per le quali i pastori sono chiamati a fare "di più e meglio" (Luce del mondo, p. 206), quelle cioè che rispettano integralmente il nesso inscindibile di significato unitivo e procreativo in ogni atto coniugale, mediante l’eventuale ricorso ai metodi di regolazione naturale della fecondità in vista di una procreazione responsabile.

Quanto poi alla pagina in questione, il Santo Padre si riferiva al caso completamente diverso della prostituzione, comportamento che la morale cristiana da sempre ha considerato gravemente immorale (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 27; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2355). La raccomandazione di tutta la tradizione cristiana – e non solo di quella – nei confronti della prostituzione si può riassumere nelle parole di san Paolo: "Fuggite la fornicazione" (1 Corinzi, 6, 18). La prostituzione va dunque combattuta e gli enti assistenziali della Chiesa, della società civile e dello Stato devono adoperarsi per liberare le persone coinvolte.

A questo riguardo occorre rilevare che la situazione creatasi a causa dell’attuale diffusione dell’Aids in molte aree del mondo ha reso il problema della prostituzione ancora più drammatico. Chi sa di essere infetto dall’Hiv e quindi di poter trasmettere l’infezione, oltre al peccato grave contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto, perché consapevolmente mette a serio rischio la vita di un’altra persona, con ripercussioni anche sulla salute pubblica. In proposito il Santo Padre afferma chiaramente che i profilattici non costituiscono "la soluzione autentica e morale" del problema dell’Aids e anche che "concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità", perché non si vuole affrontare lo smarrimento umano che sta alla base della trasmissione della pandemia. È innegabile peraltro che chi ricorre al profilattico per diminuire il rischio per la vita di un’altra persona intende ridurre il male connesso al suo agire sbagliato. In questo senso il Santo Padre rileva che il ricorso al profilattico "nell’intenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana". Si tratta di un’osservazione del tutto compatibile con l’altra affermazione del Santo Padre: "questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dell’Hiv".

Alcuni hanno interpretato le parole di Benedetto XVI ricorrendo alla teoria del cosiddetto "male minore". Questa teoria, tuttavia, è suscettibile di interpretazioni fuorvianti di matrice proporzionalista (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, nn. 75-77). Un’azione che è un male per il suo oggetto, anche se un male minore, non può essere lecitamente voluta. Il Santo Padre non ha detto che la prostituzione col ricorso al profilattico possa essere lecitamente scelta come male minore, come qualcuno ha sostenuto. La Chiesa insegna che la prostituzione è immorale e deve essere combattuta. Se qualcuno, ciononostante, praticando la prostituzione e inoltre essendo infetto dall’Hiv, si adopera per diminuire il pericolo di contagio anche mediante il ricorso al profilattico, ciò può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri, anche se la malizia della prostituzione rimane in tutta la sua gravità. Tali valutazioni sono in linea con quanto la tradizione teologico-morale della Chiesa ha sostenuto anche in passato.

In conclusione, nella lotta contro l’Aids i membri e le istituzioni della Chiesa cattolica sappiano che occorre stare vicini alle persone, curando gli ammalati e formando tutti perché possano vivere l’astinenza prima del matrimonio e la fedeltà all’interno del patto coniugale. Al riguardo occorre anche denunciare quei comportamenti che banalizzano la sessualità, perché, come dice il Papa, proprio questi rappresentano la pericolosa ragione per cui tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore. "Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità" (Luce del mondo, p. 170). (OR 22.12.2010, p.7)


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