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Il Salame ha regalato più poteri ai magistrati
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Mi dev’essere sfuggito qualcosa. Sicuramente qualche grande commentatore di qualche grande giornale l’avrà fatto notare. Ma se non è così, provo a dirlo io: il risultato di tutta l’ammuina del Salame per non farsi processare, di tutti i suoi attacchi alla magistratura, è stato quello di dar più potere alla magistratura.

Provo a ricostruire: il governo introduce «l’emendamento blocca-processi», ossia un articoletto che blocca per un anno i processi in corso per fatti commessi prima del 30 giugno 2002: una data a caso, che guarda caso sospende proprio il processo Mills-Salame. Subito battezzato dai giornali amici della Casta «emendamento salva-premier» (il che è vero), viene aggredito dal Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) e dall’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), con motivazioni tecniche («viola il principio della ragionevole durata dei processi, perchè tutto il carico dei processi sospesi si riverserebbe a sommarsi su quelli nel frattempo pervenuti».

Ma fra quelle addotte, spicca la seguente motivazione  giuridica: «Pregiudica  la obbligatorietà dell’azione penale». Già, perchè i giudici, nel nostro diritto, sono «obbligati» a incriminare, non possono scegliere i loro imputati preferiti, quelli che è più piacevole e gratificante perseguire. Le pratiche, le devono aprire nell’ordine in cui arrivano sulla loro scrivania; automaticamente, obbligatoriamente. Lo sappiamo che fanno così, lo sappiamo.

Se sbattono in galera un Tortora o intercettano il Salame, è perchè ci sono obbligati per legge. Ci tengono moltissimo ad assoggettarsi alla obbligatorietà. Sono contro la «discrezionalità dell’azione penale», ossia quel che fanno i procuratori USA, che «scelgono» quali reati perseguire a preferenza di altri. Il fatto è che i procuratori USA non sono magistrati di carriera; sono eletti a quella carica dal pubblico, e fanno una campagna elettorale per annunciare prima al pubblico quali reati perseguiranno di più. Un aspirante proclama: perseguirò i rom. Il suo concorrente: perseguirò  gli evasori. E il pubblico sceglie fra i due quello che promette di perseguire ciò che provoca, in quel momento, più allarme sociale.

Ma quella dei procuratori americani è una carica politica, non una carriera; una tappa di una vita politica che porta a diventare, se si ha fortuna e il favore del popolo, governatore. I procuratori italian invece sono di carriera, ossia  inamovibili, insindacabili, al riparo dal giudizio popolare.

Possono diventare quando vogliono giudici giudicanti, sono la stessa categoria. Per questo è giusto che non scelgano - non compiano l’atto politico di scegliere quale reato colpire prima. E che perseguano «tutti» i reati, obbligatoriamente, nell’ordine di data in cui vengono denunciati.   Almeno in teoria.

Insomma: la discrezionalità nell’azione penale è tutt’uno con la elettività dell’accusatore pubblico, le due cose non possono essere separate. Anzi, i due sistemi giuridici - l’italiota e l’anglosassone - non possono essere mescolati e ibridati. Non può nè deve essere concesso a un procuratore italiano, che non è eletto, di scegliere lui. Deve restargli vietato, almeno sulla carta. Fino a quando non si cambierà l’ordinamento, e il procuratore sarà elettivo anche da noi; ossia non più magistrato, ossia sarà in atto la separazione delle carriere fra giudicanti e accusatori.

Invece, che cosa è successo? Il Salame, che è un pusillanime, su pressioni aperte ed occulte anche da altissimi colli, fa modificare l’originaria versione del blocca-processi. Lo stop di un anno di tutti i processo ante 2002 non è più automatico e imperativo; adesso, è affidato al buon cuore dei magistrati. Decidano loro quali rinviare. Il Colle farà la delicata «suasion» necessaria, per indurli a ritardare un po’ il processo al Salame. Così, il Salame si salva. Perdendo, come al solito, la battaglia giusta e degna, per vincere quella personale. Eletto per ridurre lo strapotere giudiziario, gliene ha aumentato la dose.

Infatti, la ANM non sta nella pelle dalla contentezza: «Un netto miglioramento», si rallegra quasi incredulo il presidente ANM Luca Palamara, perchè «la sospensione dei processi non è obbligatoria ma facoltativa, e prevede una responsabilizzazione dei capi degli uffici giudiziari». Conferma Giulia Bongiorno, fatta eleggere dal Salame ed oggi presidente della Commissione Giustizia: «Il controllo dei rinvii e la decisione su di essi è a discrezione della magistratura, come chiesto da più parti». Andrà bene per Berlusconi, ma non va bene per il cittadino.

Oggi, questo ha sul collo una magistratura che può scegliere «facoltativamente» se perseguirlo  oppure  lasciar dormire la sua pratica sotto la polvere, a giudizio dei «capi degli uffici» che sono «responsabilizzati». E se non gli piace la discrezionalità che «il capo» della procura sta usando, non può farci niente: perchè il procuratore non è stato eletto, e quindi non può essere bocciato nelle urne, cambiato, mandato via.

La cittadinanza avrà sempre addosso la discrezionalità del magistrato, finchè questo non andrà in pensione con lo stipendio massimo, di presidente di Cassazione. E il suo successore, sarà comunque inamovibile, irresponsabile davanti al pubblico, e starà al suo posto per trenta-quarant’anni.

Insomma il Salame ci ha messo nelle mani di accusatori che sono insieme insindacabili, irresponsabili - come prima - ma in più possono gestire discrezionalmente il loro potere non elettivo.

Almeno su centomila processi arretrati, che rientrano nell’indulto del 2006. Ma nulla esclude che la discrezionalità si allarghi: una volta socchiusa la porta, sarà spalancata, il corpo giuridiario è bravissimo ad allargare le proprie prerogative. Ma la colpa è del Salame. Ha unito il peggio dei due sistemi, quello italiano e quello americano. O ha dato ai magistrati il meglio dei due sistemi (meglio per loro), liberandoli dei freni al loro potere previsti nell’uno e nell’altro.

All’ANM piace molto, questo: inamovibilità della carriera, e insieme non-obbligatorietà dell’azione penale. Quella a cui teneva, in apparenza, così gelosamente. Invece si rallegra della trovata «discrezionalità», un bel regalo.

Forse un giorno anche il Salame si accorgerà che la cosa si ritorce, alla fine, contro di lui. Speriamo almeno questo.

Magari qualche «grande firma» l’ha fatto notare prima di me. Però, salvo errori, non mi sembra. Ed ecco, una nuova baldanza ha colto i procuratori non-eletti.

Hanno arrestato Ottaviano del Turco, l’ex sindacalista ora presidente dell’Abruzzo (bisognava pur dargli uno stipendione), per malversazioni della Sanità: si parla di sei milioni di euro di  tangenti. Magari è vero, magari no. Se risulterà non vero, ai procuratori che hanno incastrato Del Turco non succederà niente, perchè sono di carriera e inamovibili.

Potranno sempre dire: «obbligatorietà dell’azione penale», anche se a Napoli, i loro colleghi procuratori hanno esercitato la discrezionale «facoltà» di non perseguire la Camorra Regionale. Possono giocare su due scacchiere, più di prima: fare politica restando magistrati, a forza di arresti.  Il ministro Brunetta esprime «dolore per un amico». Di Pietro annuncia: «E’ una nuova Tangentopoli». Forse sì, e i mezzi li ha forniti il Salume.

Allegria, la nuova giustizia avanza. Con benefici quasi miracolosi.

Per esempio, prendiamo Marina Petrella, la brigatista colpevole dell’omicidio di un commissario di polizia nel 1983. Riparata in Francia da allora, libera come un passero. Finalmente, Sarkozy la rimanda in Italia: concede l’estradizione, ma a patto che la Petrella sia graziata. Una bella estensione della «discrezionalità», non c’è che dire: persino un capo di Stato estero ci può dire quando e come essere discrezionali, facoltativi e benevoli. Tanto più, come scrive oggi Le Monde e come attesta il medico curante della brigatista, la Petrella, 52 anni, è malatissima. Anzi «in pericolo di morte, e le cure che le devono essere somministrate sono incompatibili con il suo mantenimento in detenzione».

Presto, presto in Italia la Petrella. L’aria di casa, e la grazia immancabile, farà il miracolo: la morente uscirà del letto della sua agonia, di colpo sana come un grillo, e si metterà a collaborare con «Liberazione», e forse anche con «Repubblica» o  «Il Foglio».

E’ un miracolo cui abbiamo assistito tante volte: dalla Baraldini al Sofri, è tutta una galleria di moribondi agli ultimi respiri che hanno ritrovato la salute insieme alla libertà e la discrezionale giustizia italiota, ed imperversano tra noi come «giornalisti», opinionisti  o almeno operatori sociali, nonchè  invitati fissi di talk-show, dove possono ripetere che non sono pentiti di quel che hanno fatto, che non hanno niente di cui pentirsi, eccetera, eccetera.

Peccato che il miracolo non si possa ripetere nè col commissario Calabresi nè con il commissario Vinci, quello al cui omicidio la Petrella partecipò. Lì, la discrezionalità dell’azione penale non ha effetto: restano sottoterra.


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