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Alitalia: la manfrina sindacale
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Le cronache sulla manfrina Alitalia hanno lati buffi e istruttivi, che spero non siano sfuggiti ai lettori. Sugli «esuberi»,  i sindacati fanno la faccia feroce: Epifani, CGIL: «Non accettiamo il prendere o lasciare». Bonanni, CISL: «Ci aspettiamo un numero di esuberi inferiore rispetto a un anno fa». Ma da dove parlano?

Ecco: Epifani da Denver, dove segue la convenzione democratica USA, perchè la sua presenza è evidentemente essenziale a far vincere le elezioni ad Obama. Bonanni dall’Argentina, Paese in cui si è spostato, visto che aveva detto di esser partito per il Cile, a partecipare  all’importantissimo congresso della locale Union Nacional de Trabajadores.

Strano: si discute del destino di migliaia di «lavoratori» Alitalia (se si possono chiamare così), e i due primi sindacalisti sono in vacanza.

Perchè i capi sindacali fanno vacanza così: partecipano a congressi in Paesi pittoreschi e lontani, tutto pagato, con ovvio seguito di familiari, amanti, portaborse, veline e giornalisti amici. Già che era in Cile a spese coperte («missione sindacale»), Bonanni s’è fatto un giro in Argentina, Paese sempre interessante. Con il suo seguito, perchè i giornalisti al seguito hanno accolto i suoi ruggiti sul taccuino.

Aereo di Stato? Piacerebbe una smentita. Ma transeat, non è questo che conta. Quel che conta è che i due capoccia parlano, diciamo, dall’oltretomba. Hanno scelto di andare lontano; così lontano - con un oceano di mezzo - da non poter essere chiamati a intervenire alla riunione «segretissima» - così segreta che Repubblica ci ha fatto un articolo - avvenuta a casa del ministro del Lavoro Sacconi.

Più che segreta, privata: una cena. Al posto di Epifani e Bonanni, hanno delegato di sottopanza, tali Megale per la CGIL e Bellini per la CISL. Lì si è parlato degli «esuberi».

Come sapete, i licenziamenti ventilati erano 7 mila; Air France ne aveva proposti 2.500, e i sindacati avevano rifiutato con sdegno. Ora, stante alle cronache di Repubblica, il ministro Sacconi ha detto ai due sub-sindacalisti: il governo vi fa lo sconto, ne licenziamo solo 4.500. Accontentatevi.

Sicchè è facile capire quel che succederà. Bonanni ed Epifani torneranno in tempo per dire ai dipendenti Alitalia: «Il governo voleva licenziarvi in 7 mila. Noi siamo riusciti a strappare un 4.500. E’ stato un duro braccio di ferro. Più di così...», e allargheranno perfino le braccia. Tutti si lamenteranno, piloti ed hostess, ma tutti gongoleranno: sette anni di stipendio senza dover nemmeno far finta di lavorare, forse reintegro per molti in varii enti.

Repubblica dà i nomi dei membri del governo partecipanti alla riunione in casa Sacconi.
C’erano Letta, Scajola, Matteoli. Fatto significativo, non c’era Tremonti. E sì che come ministro del Tesoro è il padrone di maggioranza di Alitalia (49%).

Anche qui, facile capire perchè: persona seria, impegnato a far quadrare conti disperati della spesa pubblica, si tiene alla larga da questa defecazione chiamata «cordata Alitalia», nata tutta da un’alzata d’ingegno improvvisata del Salame. Perchè il cosiddetto salvataggio costerà parecchio alle vuote casse dello Stato, ossia ai noi contribuenti. Quanto?

Lo dice l’economista Alesina su 24 Ore: «Almeno un miliardo di euro se non di più». Pari a duemila miliardi di lire. Da aggiungere, credo, ai 400 milioni che il governo ha «prestato» ad Alitalia per avere il tempo per formare la cordata improvvisata, e che l’azienda si è succhiata in tre mesi. Un altro paio di salvataggi così, e e per noi contribuenti sarà una stangata alla Prodi. E tutto ciò, «per favorire una cordata di imprenditori italiani; non ha senso», dice Alesina.

Che Alesina attacchi gli «imprenditori in cordata» sul giornale uffficiale degli imprenditori, è molto istruttivo a suo modo. Addirittura, Alesina dice: «A mio personale parere, Emma Marcegaglia non doveva farne parte», della cordata.  Insomma, 24 Ore che critica la presidentessa di Confindustria; non sono più i tempi di Montezemolo, e del resto si dice che il direttore di 24 Ore, De Bortoli, sia in uscita, quindi può togliersi qualche sassolino.

Ma per la cordata, l’affare si presenta bene. Ora sono una mezza dozzina le compagnie aeree straniere interessate al catorcio Alitalia, dopo Air France e Lufthansa, persino British Airways. Sfido: i debiti del catorcio sono a carico di noi contribuenti (prima, Air France se li accollava, a noi non sarebbe costato niente).

Finirà che gli imprenditori della cordata venderanno le loro quote, che hanno comprato su insistenza del Salame in cambio di vari favori («Specie nell’immobiliare», dice Epifani dall’oltretomba, «altri perchè titolari di concessioni, Benetton perchè azionista di Aeroporti di Roma»), e ci faranno pure un profitto. Lorsignori ci guadagnano sempre. A perderci, siamo sempre solo noi.

Una parentesi: dedicata ai lettori che se la sono presa a male per la mia «violenza» verbale (insulti) contro il Salame spendaccione dei soldi nostri. Non è cristiano, dicono.

Temo facciano fatica a capire da dove vengano miliardi spesi per il salvataggio Alitalia, dilapidato in trenta nuovi aerei di Stato; da dove vengono i soldi che serviranno a coprire i danni fatti dalla teppa tifosa napoletana ai treni. Quei soldi, lo Stato li prende ai poveri.

Perchè questo Stato, le tasse, le fa pagare ai poveri: ossia alla massa di lavoratori dipendendi con 12 mila euro annuali. Già a quel livello si pagano le tasse (in Spagna, si comincia a pagarle dai 22 mila euro annui in sù). Quando si parla di «contribuenti», in Italia, si deve intendere «i poveri»; più precisamente, i poveri che lavorano o sono pensionati.

Detto questo, mi sarà concesso insultare - cristianamente - chi ruba denaro ai poveri per «favorire una cordata d’imprenditori», per trasportare teppisti tifosi, per comprare Airbus con arredamento VIP da usare per voli di Stato con numeroso seguito? Tutto l’immane debito pubblico, frutto di dilapidazioni e corruzioni, di parassitismi e di incompetenze pagati miliardi, pesa sul collo dei poveri. I viaggi di Epifani e di Bonanni, li pagano i poveri. E’ cristiano?

Ma torniamo ad Alitalia. Alesina, fedele al dogma liberista, lo ritiene un intervento di Stato; strano però che Tremonti, da lui definito statalista, non lo rivendichi, anzi se ne tenga alla larga.
Deve esserci un equivoco su cosa deve essere - e cosa è in Italia - un intervento di Stato. Che cosa merita salvare e che cosa no, con l’intervento di Stato.

Secondo Alesina, è meritorio salvare le banche. Guarda caso. Altrimenti, bisogna lasciar fare al «mercato». Ma quale «mercato»?

I nostri cosiddetti imprenditori, i più grossi e i più intervistati, sono accaparratopri di monopoli ex-pubblici, opportunamente «privatizzati», ma senza concorrenza; possono aumentare i pedaggi delle autostrade diventate SPA, mica possiamo scegliere un’altra autostrada. Telecom SPA fa di tutto per mantenere il monopolio, e così ENI, ENEL.

Un esempio: i dogmatici del liberismo - Giavazzi e Alesina fra i primi - stanno predicando che l’acqua potabile, in Italia, costa troppo poco. Bisogna privatizzarla ed aumentarla, in base alla nota legge della domanda e dell’offerta. Ho appreso casualmente che a Firenze, l’acqua è privatizzata. La gestisce un consorzio, una cordata, fra comune e «imprenditori privati». Rincaro immediato dell’acqua. Risultato, la gente ne consuma meno: bene, diranno gli ecologisti. No, male, perchè la società «privata» che gestisce l’acqua fiorentina chiede 6 milioni di euro per mancati guadagni. E li chiede al Comune.

Di grazia, che «privato» è? Nel privato di noi poveracci, un macellaio che vende meno carne, o un no scarpaio che vende meno scarpe, non può chiedere un risarcimento pubblico per mancati guadagni. E’ il mercato, ragazzi. Ma non vale per tutti.

Finale: Alitalia rinnovata non si chiamerà più Alitalia, ma Compagnia Aerea Italiana. Ossia CAI. Finalmente una buona notizia. Volendo salire a 3 mila metri, ci si può rivolgere al vero CAI, Club Alpino Italiano. Ci arriverete, ai tremila. A piedi, si capisce. E in cordata.


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