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Il mondo è fondamentalmente buono
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«Gentilissimo direttore, la seguo con molto affetto ed attenzione ma non ne posso proprio più; vorrei smettere di leggere EFFEDIEFFE ma non ce la faccio. Per piacere mi potrebbe mettere almeno una, dico una, notizia gradevole o almeno di quelle che mi facciano pensare che sia possibile vivere ancora in questo Paese ? La situazione se va avanti così sarà di quelle dove sarà veramente difficile trovare a buon prezzo spezzoni di corda e sapone vista la gran richiesta che da qui a poco si avrà. Per piacere mi scriva un articolo di una cosa a suo piacere che parli bene un po’ di questo Paese. La prego si sforzi, ma la scriva. Con riconoscenza.
Carlo C.
»

Mi devo scusare con questo lettore e con tutti quelli cui i miei articoli possono indurre pensieri di disperazione e pessimismo. Ammetto che è colpa mia, e dirò qualcosa per confortarli.

Come? Anzitutto, vorrei che considerassero questo: che qui, nella polemica e nelle critiche, c’è l’esercizio di un mestiere. E’ solo giornalismo, e il giornalismo è per essenza fatto di cattive notizie, è fatto di critica e di polemica. Ma il livello della polemica - e quella giornalistica non è particolarmente alta nemmeno come polemica - non è quello decisivo nella vita.

Devo ricordare - anzitutto a me stesso, ma anche ai lettori, che devono tenerlo presente - che quel che scrivo non è la realtà ultima e radicale. La realtà ultima e radicale, da tener presente come sfondo, è questa: la bontà fondamentale del mondo. Anzi, la sua luminosa perfezione.

Ciò stupirà chi conosce il mio pessimismo, e stupisce anche me. Ma non bisogna mai dimenticare che il mondo è fondamentalmente bene. E non è quel bene che «si oppone» al male, la giustizia che contrasta l’ingiustizia (dilagante), nè la verità che si oppone alla menzogna combattendola e sopprimendola - questo è ancora il livello della polemica -, ma è bene in modo molto più fondamentale.

E’ quella perfezione inerente, cui Cristo allude quando esorta ad essere perfetti «com’è perfetto il Padre mio, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti».

Tutti i mali, le crudeltà, le uccisioni, i ladrocinii e le ingiustizie che gli uomini si fanno, che noi facciamo; tutte le malattie inguaribili e le innocenze lacerate, non intaccano la luce fondamentale del Bene. La Perfezione è già qui, è invincibile, per il semplice fatto che non dipende da noi e dalle nostre azioni. Queste possono dannarci, ma non intaccare la bontà  fondamentale del mondo.

Dunque, possiamo indignarci delle ruberie della Casta parassitaria e spolmonarci a combatterla, ma questo è «politica». Possiamo indignarci dei cristiani ammazzati dagli indù, dei bambini massacrati in Afghanistan dalle bombe americane, urlare a Dio che faccia vendetta dei bambini deformati alla nascita dall’uranio impoverito in Iraq, forse anzi è nostro dovere indignarci e lottare. Ma senza dimenticare che tutto ciò, persino le più atroci nefandezze, ha un posto ed una ragione nella perfezione del mondo. Da una parte, tutto ciò che ci accade di male, è meritato; dall’altra, ciò che ci fa urlare di dolore e di indignazione, concorre al bene fondamentale.

Un giorno, quelli di noi che andranno in Paradiso (forse i giornalisti incalliti mai), vedranno in tutti i particolari questa fondamentale verità: che il mondo è stato fatto perfetto così com’è. Vedranno che tutto ciò per cui hanno gridato, tutti i dolori delle loro malattie e delle innocenze rovinate, sono stati espiazione, dunque grazia e salvezza. Che i martiri cristiani in India, con la loro morte, hanno salvato altri, che non conoscevano e non conosciamo. Che i bambini musulmani massacrati a Gaza o in Iraq sono stati volontari difensori del Bene radicale, testimoni della perfezione fondamentale del creato. Che i mali che i cattivi infliggono ai miti, che i potenti infliggono ai deboli e agli innocenti, non hanno fatto altro che contribuire alle vittorie del Bene.

Questa è la visione paradisiaca, e per questo il Paradiso, ci vien detto, è tutto un canto di lode; ma più ci avviciniamo personalmente alla santità, più condividiamo e sentiamo vera - radicalmente vera - questa perfezione.

Santa Bernadette, agonizzando, ringraziò per tutte le sue piaghe «di fumo e di fuoco», per tutte le umiliazioni subìte e fatte subire dalla sua anima sensibile, scoperta.

Noi che siamo lontani da cogliere vitalmente questa realtà, colpa del nostro egoismo e soprattutto della nostra paura e dei nostri peccati, non dobbiamo tuttavia mai perdere di vista che questa è la verità fondamentale: che il Nostro Padre è perfetto, e con tutti i mezzi ci sta chiamando alla perfezione.

Tutte le altre religioni lo dicono secondo il loro linguaggio. Gandhi si riferiva alla bontà fondamentale del mondo quando diceva: «Rinuncia al mondo, e godilo». I buddhisti esprimono questa realtà affermando che il Samsara, il ciclo delle rinascite intessuto di desiderio e dolore, è il Nirvana, e che il Nirvana è già qui, solo che non lo vediamo; ma è già reale per chi avanza nel mondo «senza tremare». I bambini musulmani  che muoiono di morte violenta per mano dei nemici ottusi e malvagi, secondo l’Islam, sono equiparati ai martiri, che versano sangue per Allah; dunque, ad essi è garantita la salvezza, ed è risparmiato loro ciò che nell’Islam è chiamato il supplizio della tomba. Ogni male è compensato, da una bilancia esattissima.

E si guardino i lettori più cattolici dall’obiettare che quelle religioni sono «false», che l’unica vera è la nostra. Ciò equivale ad affermare che il Padre inganna milioni di altri credenti, e che condanna i bambini musulmani, perchè non sono formalmente battezzati. Peggio e più a fondo, ciò significa negare - bestemmiare? - la perfezione fondamentale del mondo, la Misericordia.

Che credenti musulmani affermino che la religione cristiana è falsa, o che cristiani affermino che è falsa la musulmana, è in qualche modo inevitabile. Ha perfino la sua legittimità, perchè non ci sia sincretismo; ma la battaglia sta ancora sul piano della polemica, della «politica» e della storia, che non è quello decisivo.

Per questo i fondamentalisti, benchè credano di combattere per la verità, ne misconoscono l’essenziale: che il Padre «fa piovere sui giusti e sugli ingiusti», che la perfezione è Sua, Sua la giustizia infallibile, Sua la volontà di salvezza di tutti, e che questa volontà non solo non dipende da noi, ma è fin dall’inizio vittoriosa.

E adesso mi contraddico - attenti, ricado sul mio piano giornalistico, polemico ossia di parte - per dire che sì, esistono religioni false: il protestantesimo americano lo è. Lo ha dimostrato, da ultimo, anche il discorso che Bush ha pronunciato alla convention repubblicana per raccomandare McCain.

«In un mondo pericoloso - ha detto - l’America ha bisogno che nello studio ovale ci sia qualcuno che sa che, per proteggerla, bisogna stare all’offensiva».

Questo è l’atto di fede di una contro-religione, che nasce - chiaramente - dalla paura. Una paura barbina. Quest’atto di contro-fede nega la perfezione del mondo: «il mondo è radicalmente pericoloso», dice Bush. Per paura, bisogna che l’America «si protegga» continuamente. E per questo, non basta che si difenda; «deve stare all’offensiva»; deve continuamente prevenire i nemici anche solo potenziali; deve uccidere per prima.

E’ evidente che da qui nasce la sete imperiale, il sogno di dominio, di espansione continua, di controllo e soggezione totale degli altri popoli, che caratterizza l’America dalla nascita, e soprattutto nella sua fase terminale: da una paura tremenda. E questa paura nasce dal radicale misconoscimento che il mondo (il creato) è fondamentalmente buono. Se non c’è la Provvidenza, è ovvio che si debba stare continuamente all’attacco, uccidere preventivamente, per non perdere ciò che si possiede; mai abbassare la guardia; proteggersi in ogni istante.

Confesso che sono sotto la suggestione del film «Million dollar baby», di Clint Eastwood, dato l’altra sera in TV. Un film bellissimo, eppure spaventoso, perchè tutto chiuso dentro la grande oscurità americana, dentro la sua (e nostra) divorante paura.

Anzitutto: la boxe come metafora della vita americana. Che non risparmia nessuno. Anche una donna deve boxare. «Proteggiti continuamente», ripete Clint Eastwood, l’allenatore, «non abbassare la guardia», mai farsi cogliere impreparati. Dipende tutto da te, dalle tue sole forze: traduzione: Dio non c’è, non c’è alcuna Provvidenza inerente alla creazione.

Infatti Clint Eastwood va a Messa ogni giorno da decenni, ma si sente dannato. Da 23 anni scrive a sua figlia, e non ne ottiene risposta: nessuno perdona niente, tutti sono all’attacco preventivo. Un tremendo prete cattolico gli dice: uno che viene a Messa da tanti anni ogni giorno come te, è perchè ha fatto qualcosa per cui non è perdonato (o di cui non si perdona). Poi gli dice anche: se fai quello che la ragazza ti chiede - sopprimerla - sei dannato. Lui la sopprime, naturalmente, perchè il film è anche una sottile propaganda dell’eutanasia, soffrendo, perchè nella pugile sciagurata vede sua figlia, ma uccide per amore. Sentiamo che anche noi, nei suoi panni, faremmo lo stesso; che ha «ragione» a farlo. Perchè la vita della ragazza ormai è un rifiuto. E non è un caso.

Chogyam Trungpa, il lama tibetano noto da noi per il libro «Nato in Tibet» (dove narrò la sua fuga dall’oppressione comunista, a piedi sull’Himalaya, nel ’59) ha scritto, con fine umorismo, di questa «paura» della società americana e occidentale in genere, da cui deriva la produzione di tanta spazzatura. Lo chiama la prospettiva del «sole tramontante», che nasce dalla paura. Qui, dice, ci sono quelli che si possono pagare il cibo, le enormi porzioni nei ristoranti, e quelli che sono pagati per far sparire i rifiuti, i resti del cibo.

«Di qui nasce una gerarchia sociale fondata sull’oppressione»: «Così non si vedono mai le sporcizie per quel che sono, e dunque non si vede nemmeno il nutrimento per quel che è. Tutto è compartimentato, sicchè non si può fare l’esperienza completa delle cose. Non dico solo il cibo, ma tutto ciò che avviene nel mondo del sole tramontante: gli alimenti in scatola (!), i viaggi organizzati (!), i tutto-compreso che ci offrono di continuo».

«L’esperienza completa della cose» - che esula da ogni fondamentalismo compartimentato, l’esperienza dove nessuna inimicizia è radicale - è appunto la bontà fondamentale del mondo. Chogyam Trungpa la chiama «il Gran Sole dell’Est». La luce per cui il mondo è buono, anzi perfetto così com’è, nonostante tutto. In quel mondo, «la gerarchia non è costrizione», ma «nasce dall’ordine naturale delle cose». Chi coglie la perfezione del mondo ha la posizione del «guerriero»: non uno che ignora la paura, ma uno che la supera col coraggio.

Come Gesù nell’Orto, quando sudò sangue nell’imminenza del supplizio: «Padre, se possibile passi da me questo calice». Perchè la perfezione del mondo - la Provvidenza - non ha nulla a che fare con lo «io spero che me la cavo»; ha a che fare con la certezza che il mondo, anche se mi colpisce e maciulla, è perfetto. E va amato per sua Volontà. Dice che non ci sono rifiuti, vite perdute e inutili, amputati da sopprimere, a cominciare da me.

Nel film «Million dollar baby» - che è il fondo di un abisso infernale, senza redenzione - questa visione appare comunque (la Luce appare dovunque, anche nel fondo dell’inferno). E’ nel bravissimo attore negro di cui mi esimo dal ricordare il nome, vecchio pugile sconfitto. Egli vede e non giudica. Guarda quella gente senza redenzione con infinita pietà. Il che significa: le sue sconfitte, accettate, gli hanno fatto intuire che, alla fine, tutto ciò avrà una ragione, tutte le lacrime saranno asciugate,  in un modo che oggi ancora non sappiamo. Che non dipende da noi stare continuamente in guardia.

Non a caso, il vecchio pugile negro è quello che nella palestra tira di ramazza e di straccio. Chogyam Trungpa sorriderebbe e direbbe, come difatti ha scritto: «Nella misura in cui percepiamo il mondo come qualcosa di sacro, dobbiamo costantemente essere al suo servizio e pulirlo. Solo nell’ottica del sole tramontante le pulizie sono compito dei domestici». Ecco perchè la nostra è la civiltà dei rifiuti. E’ il portatore di una falsa religione, il lama tibetano?

E’ colpevole, poi, Clint Eastwood? Secondo le norme cattoliche sì. Ma quanto ciascuno di noi è deformato dal «sole tramontante», dalla sua paura?

Ne siamo circondati. Come lui, non  riusciamo a pregare. Non c’è da stupirsi. Nelle nuove chiese non si riesce a pregare, nelle antiche chiese romaniche sì. Perchè si vede che in quelle chiese, gli architetti avevano messo la convinzione profonda della bontà fondamentale del mondo; che negli architetti d’oggi manca, anzi è rifiutata per principio. Non a caso la loro architettura fa ammalare chi ci vive. E lo stesso vale per l’antica liturgia - architettura cantata e recitata - rispetto alla nuova. Questa non imprime l’idea della perfezione radicale, invincibile e sacra del mondo. Dobbiamo fare senza.
 
Abbiamo pazienza, e tuttavia protestiamo come giornalisti e come esseri del nostro tempo. Così come protestiamo contro le bombe che ammazzano bambini in Iraq e a Gaza. Contro la Casta ladra del denaro dei poveri; o contro i bravi cattolici che dicono che i musulmani seguono una falsa religione; e contro i bravi musulmani che ci danno, a noi, degli idolatri - dimenticando che l’Onnipotente è Misericordioso. Combattiamoci pure, ma sapendo che ogni verità, in quanto la facciamo «nostra», nostra proprietà, è parziale.

Spero di essermi fatto capire. Il giornalista che vi dà cattive notizie non vi disperi. In fondo, è solo come il falsario immaginato da Kierkegaard, un ergastolano impiegato nei sotterranei della Banca Centrale a riconoscere le monete false. E’ utile, ma appunto in quanto è un mascalzone. Quella che descrive e denuncia è solo una parte del reale, e non quella decisiva. Un po’ di relativismo nei suoi confronti, è salutare.

Persino la consapevolezza che viviamo nei tempi ultimi, apocalittici, di satana scatenato - che è lo scopo del mio lavoro qui, bene o male - dovrebbe diventare motivo di ottimismo: l’alba è vicina, la notte sta per finire.


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