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Il Fondo Monetario come oncologo
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Come si sa, quando un Paese è in grave difficoltà economica, non riesce più a pagare i suoi creditori esteri, nè a trovare altro credito, interviene a salvarlo il Fondo Monetario Internazionale. Questo concede un altro prestito dalle proprie casse, ma lo lega a precondizioni (conditionalities) che il Paese deve accettare. Nella neo-lingua del Fondo, tali condizioni sono benefiche in quanto impongono «livelli più alti di performances economica» a quel Paese; ma ciò che il FMI intende con «miglioramento economico» è che quel Paese deve fare più soldi in valuta pregiata (dollari), con cui pagare i banchieri esteri creditori. Di fatto, il FMI si sostituisce al governo del Paese debitore nella gestione della sua economia.

Il Paese entra in amministrazione controllata dal FMI, il quale applica ciò che nella neo-lingua chiama i suoi Programmi di Risanamento Strutturale, elaborati dai suoi grandi esperti di economia e finanza, i migliori del mondo. Il Paese debitore è rigorosamente richiesto di instaurare quelle che il FMI chiama «riforme» volte a vivacizzare la sua economia: essenzialmente, l’abolizione di ogni protezionismo con l’apertura totale alla libera concorrenza delle merci e servizi esteri (così, ragiona il FMI, i produttori interni delle stesse merci e servizi «saranno obbligati a diventare più competitivi»), massima apertura ai capitali stranieri che vogliano entrare nel Paese per comprare qualunque cosa; attrazione di detti capitali esteri con il lancio di un vasto e generoso programma di «privatizzazioni» di imprese pubbliche di ogni genere (ferrovie, centrali elettriche, strade, acquedotti, miniere...); riduzione dei salari (pardon, «liberalizzazione del mercato del lavoro») onde invogliare imprenditori dall’estero ad impiantare fabbriche.

Contemporaneamente, lo Stato indebitato dovrà sottoporsi a un severo ma giusto programma di « austerità»: rigore di bilancio, taglio alle spese pubbliche che sono in via di principio superflue – istruzione, sanità (che sia il mercato ad offrire tali servizi) – mentre in compenso aumenterà la pressione fiscale, onde far fronte meglio, col ricavato dei tributi e i risparmi effettuati, ai suoi debiti esteri.

E’ questa la terapia invariabilmente applicata dal Fondo Monetario da un trentennio. Fatto singolare, anzichè ravvivare la ripresa economica nei Paesi così risanati, ha distrutto le loro fragili economie interne; ha provocato disoccupazione di massa delle povere imprese locali e dell’agricoltura in grado di reggere la concorrenza estera, con creazione di immani bidonvilles nelle città senza più servizi pubblici, fogne o autobus, o emigrazioni epocali; ha dato luogo a rincari dei generi alimentari, insostenibili per la maggioranza della popolazione; e spesso, a disordini e rivolte politiche o etniche, che non fanno bene all’economia. Non è nemmeno il caso di menzionare le devastazioni ambientali provocate dal sovra-sfruttamento di petrolio, carbone e minerali (o foreste tropicali) onde generare cassa per pagare i debiti (o aumentare i profitti degli investitori privati).

Così in Indonesia nel 1997, dove l’intervento risanatore del FMI, concretatosi in un programma di austerità monetaria e rigore di bilancio, ha provocato l’instabilità sociale su sfondo etnico. In Senegal, la privatizzazione delle ferrovie ha condotto alla loro soppressione (per i capitalisti privati, erano anti-economiche), mentre la privatizzazione dell’Ufficio Veterinario Nazionale imposta dagli esperti del Fondo Monetario ha prodotto il rincaro dei farmaci veterinari, e per conseguenza l’esplosione di epidemia e parassiti nel bestiame, decimato e divenuto di così bassa qualità sanitaria, da azzerare di fatto l’export di carni e animali.

E’ andata peggio ai Paesi dell’Est europeo: là, l’assistenza terapeutica del Fondo Monetario alle loro economie in transizione dal socialismo al mercato, consistente nel dare priorità alla stabilità dei prezzi (niente inflazione, i creditori piangono) e bassi deficit pubblici, ha prodotto lo smantellamento delle strutture sanitarie statali, col questo risultato: l’aumento esponenziale dei morti per tubercolosi. In generale, nei 21 Paesi che il FMI ha curato, i morti per tbc sono saliti del 16,6%. (International Monetary Fund Programs and Tuberculosis Outcomes in Post-Communist Countries)

L’Argentina, additata come allievo modello del FMI per averne seguito alla lettera i programmi di risanamento, ha avuto nel 2001 la crisi che sappiamo, da cui s’è risollevata solo disobbendendo al FMI ripudiando i suoi debiti verso i creditori esteri, il che ha consentito una imprevista (dal FMI) ripresa economica. Di fatto, i Paesi che si sono salvati sono quelli che hanno disobbedito alle imposizioni del FMI: come la Malaysia, il cui governo, durante la crisi asiatica del ‘97 che travolse Indonesia, Thailandia e Corea del Sud, impose un draconiano controllo sui movimenti dei capitali (speculativi): fatto per cui fu aspramente denunciato dai grandi economisti del FMI.

Quanto allo Stato africano del Niger (noto per il suo minerale uranifero) apprendo che è sotto tutela del Fondo Monetario dal 1981, ossia da 30 anni: grazie alle cure del FMI, « gli aggiustamenti strutturali lhanno indebitato per sempre, ed hanno devastato il tessuto sociale. Le privatizzazioni improvvisate, i tagli allistruzione e alla sanità hanno fatto del Niger un luogo dove lanalfabetismo raggiunge l83%, la speranza di vita è tra le più basse al mondo e i due terzi della popolazione vivono sotto la soglie di povertà... il penultimo Paese per lo sviluppo umano, subito prima della Sierra Leone» (Serge Michel e Michel Beuret, Cinafrica, Il Saggiatore, pagina 116).

Dirà subito il lettore: ah, ma questa è un’astuzia dei capitalisti occidentali, che usano il Fondo Monetario come loro strumento e agente pignoratore; hanno ridotto il Niger in questo stato apposta, per accaparrarsi per un boccone di pane le ricchezze minerarie del Paese.

Invece non è nemmeno così. Di fatto, il Niger è oggi in mano meno degli occidentali che dei cinesi, perchè il Fondo e la Banca Mondiale – in nome dell’ortodossia liberista globale – impongono al governicchio del Niger « di bandire una gara dappalto internazionale per qualsiasi progetto di infrastrutture, in modo da far abbassare i prezzi e lottare contro la corruzione». E ovviamente, nelle gare d’appalto internazionali, laddove imprese americane ed europee, per fare i lavori, chiedono 40 o 50, le imprese cinesi si offrono di farli per 25. E vincono.

Allora ci si deve chiedere come mai. Come mai il Fondo Monetario impone da oltre trent’anni ricette di risanamento che, anzichè risanare il Paese coinvolto, lo uccidono; e in ogni caso, lo rendono non più capace, ma meno capace di far fronte ai suoi debiti verso la finanza internazionale, che è il vero scopo per cui il Fondo Monetario interviene. Le ricette e le cure del FMI sono controproducenti persino per gli interessi che pretendono di difendere (quelli dei creditori occidentali). Ma allora perchè continua ad applicarle imperturbabilmente, anno dopo anno, disastro dopo disastro?

Non aspettatevi una risposta. Vi basti che il vostro cronista – colpito, come sapete, da neoplasia polmonare – s’è posto la stessa domanda davanti agli oncologhi che gli ingiungono di sottoporsi a chemioterapia. Perchè continuano ad imporre terapie che «mettono linferno nel corpo dei malati» (professor Staudacher) e la cui inefficacia, anzi dannosità controproducente è ormai ben documentata?

La stessa imperturbabilità di fronte all’evidenza dei suoi effetti disastrosi – ben documentati, e che costoro non possono ignorare – la stessa indifferenza alle sofferenze umane che infliggono. E con lo stesso cipiglio d’autorità, lo stesso tono non discutete, gli esperti siamo noi, che devono avere i funzionari di fronte a poveri capi di governi del Terzo Mondo.

L’analogia, anzi identità di atteggiamento, è impressionante. Avrei voluto avere una telecamera per riprendere il colloquio – o meglio il soliloquio – con cui l’oncologa dell’ospedale S. C. mi comunicava, freddamente, la «ricetta di risanamento chemioterapico» che mi avrebbe inflitto. Premetto che il chirurgo che m’aveva resecato la lingula neoplastica m’aveva annunciato una chemio leggera, dato il buon esito dell’ìntervento; amici e conoscenti m’assicuravano che «oggi, le chemio sono molto più mirate», che «molti non perdono più nemmeno i capelli», e che «i più non vomitano».

Macché: l’oncologa mi annuncia, se voglio avere una possibilità di sopravvivere ad un tumore che definisce « molto aggressivo», una chemio pesantissima: cisplatino e ciclofosfamide (o qualcosa del genere), più «irradiazione della testa», e tutte le medicine di corredo contro l’anemia, la debilitazione estrema, la nausea e tutto il calvario che la chemio produce.

« Naturalmente perderà i capelli. Lei ha delle belle vene?... ». Perchè, chiedo ingenuamente. Lei glissa: «Noi abbiamo infermiere abili». Il perchè è che, nelle vene, mica ti mettono soluzione fisiologica. Ti iniettano sostanze come (poniamo) la Doxorubricina, sul cui foglio illustrativo è scritto questo caveat: «La Doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dellinfusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare unulcera grave e necrosi della cute» nella zona dell’iniezione. Oppure come l’anticancro della GlaxoSmithKline, denominato Alkeran® (50 mg/10 ml: polvere e solvente per soluzione iniettabile che contiene come eccipiente: «acido cloridrico») definito dal fabbricante «un alchilante analogo alla mostarda azotata» (1).

Le mostarde azotate sono divenute famose nel 1915-18 come armi chimiche, più subdole dell’iprite (detto anche gas mostarda) perchè quasi inodori.

«Fortemente irritanti per pelle, occhi e apparato respiratorio, sono in grado di penetrare nelle cellule in modo molto rapido e di causare danni al sistema immunitario e al midollo osseo (…) causano anche anemia, emorragie e un maggiore rischio di infezioni. Quando questi effetti si presentano in forma grave, possono condurre alla morte». Dal sito del ministero della Salute.

Oggi, le ipriti azotate ricompaiono come medicine (miracoli della Glaxo) che vengono iniettate nelle vene di malati gravi. Anche se il personale sanitario che inietta (le abili infermiere) viene avvertito ufficialmente, dal ministero della Sanità (Linee Guida per gli operatori sanitari) di operare le iniezioni con occhiali e guanti protettivi monouso, perchè si tratta di sostanze altamente tossiche, anche solo per contatto cutaneo e... cancerogene. Sicchè il competente ministero, raccomanda i professionisti di aver cura particolare nello smaltimento:

«Tutti i materiali residui dalle operazioni di manipolazione dei chemioterapici antiblastici (mezzi protettivi, telini assorbenti, bacinelle, garze, cotone, fiale, flaconi, siringhe, deflussori, raccordi) devono essere considerati rifiuti speciali ospedalieri. Quasi tutti i chemioterapici antiblastici sono sensibili al processo di termossidazione (incenerimento), per temperature intorno ai 1000 °c La termossidazione, pur distruggendo la molecola principale della sostanza, può comunque dare origine a derivati di combustione che conservano attività mutagena. È pertanto preferibile effettuare un trattamento di inattivazione chimica (ipoclorito di sodio) prima di inviare il prodotto ad incenerimento. Le urine dei pazienti sottoposti ad instillazioni endovescicali dovrebbero essere inattivate prima dello smaltimento, in quanto contengono elevate concentrazioni di principio attivo» (2).

Inceneriti a mille gradi, i chemioterapici conservano attività mutagena. E anche le urine dei malati iniettati sono pericolose. Anche la Glaxo consiglia ai sanitari (non ai pazienti) di prendere attente precauzioni: «Leliminazione di oggetti taglienti, quali aghi, siringhe, set di somministrazione e flaconi deve avvenire in contenitori rigidi etichettati con sigilli appropriati per il rischio. Il personale coinvolto nelleliminazione (dellAlkeran) deve adottare le precauzioni necessarie ed il materiale deve essere distrutto, se necessario, mediante incenerimento».

Anche per il chemioterapico che vogliono iniettare a me, il Cisplatino (coi metalli pesanti come il platino si creano classici e potenti veleni) le avvertenze ai sanitari precsrivono:

«La diluizione deve avvenire in condizioni di asepsi, da parte di personale esperto e in unarea specificamente dedicata a tale procedura. Devono essere indossati guanti protettivi. È necessario adottare precauzioni adeguate per evitare il contatto con la pelle e le membrane mucose». E attenti a non respirare la sostanza, perchè «Dopo linalazione sono stati osservati dispnea, dolore al torace, irritazione della gola e nausea».

La casa produttrice (Teva) segnala fra i danni collaterali:

«Gravi effetti tossici su reni, midollo osseo e orecchie sono stati segnalati fino in un terzo dei pazienti a cui è stata somministrata ununica dose di cisplatino... Gli effetti indesiderati del cisplatino riferiti con maggiore frequenza (>10%) sono disturbi di tipo ematologico (leucopenia, trombocitopenia e anemia), gastrointestinale (anoressia, nausea, vomito e diarrea), uditivo (compromissione dell’udito), renale (insufficienza renale, nefrotossicità, iperuricemia) e febbre».

Inoltre sono possibili «Infezioni... Il cisplatino aumenta il rischio di leucemia secondaria. ... È stata documentata immunosoppressione. ... Una compromissione uditiva è stata documentata approssimativamente nel 31% dei pazienti trattati con 50 mg/m²di cisplatino. Il difetto è cumulativo, può essere irreversibile». E naturalmente, «Si può manifestare flebite nellarea di iniezione dopo la somministrazione per via endovenosa... ulcere cutanee nellarea di iniezione dopo la somministrazione per via endovenosa».

Bontà sua, il foglio illustrativo della ditta elenca come rari i seguenti: «Disturbi cerebrali (inclusi complicazioni cerebrovascolari acute, arterite cerebrale, occlusione dellarteria carotide ed encefalopatia)... Cecità durante una terapia di associazione con cisplatino».

Il vostro cronista ha avuto, dopo la resezione polmonare, un infarto. Il cisplatino è cardiotossico, secondo la ditta produttrice «segni di ischemia del miocardio sono state osservate in particolare in associazione con altri citotossici. Possono verificarsi ipertensione e infarto del miocardio anche alcuni anni dopo la chemioterapia. Grave coronaropatia».

Sono un po’ preoccupato che la chemio mi porti un altro infarto, confesso all’oncologa. Lei mi tranquillizza: «Il cisplatino è cardiotossico, ma è molto più nefrotossico». Dice anche qualcosa su forti dosi di cortisone durante le sedute di chemio. Il più potente degli immunosoppressori, proprio mentre avrei bisogno di tutte le difese del mio sistema immunitario?, provo ad osservare. E perchè il cortisone? «Come anti-emetico».

Confesso che è questa la risposta che mi agghiaccia di più: so che questo potente anti-infiammatorio, necessario nelle crisi asmatiche acute ed in altri casi d’emergenza, viene di solito maneggiato con cautela per gli effetti collaterali (riduzione dell’attività surrenale, ulcera gastrica, eccetera). Qui viene usato con noncuranza per alleviare il vomito da chemio; evidentemente i suoi effetti collaterali sono nulla, in confronto a quelli del chemio-farmaco. Più precisamente, sento che per l’oncologia sono ormai comunque condannato (le statistiche di sopravvivenza sono ben note), e dunque giù terapie eroiche, senza guardare per il sottile. Ma se sono condannato, perchè non lasciarmi morire per il mio tumore, senza nausea, vomito, diarrea, alopecia, prostrazione, stomatiti, flebiti nella zona d’iniezione e tutti gli altri mali devastanti relativi?

E’ lo stesso approccio che ha il Fondo Monetario. Come questo applica una sola ricetta e gli stessi piani di risanamento strutturale a taglia unica a qualunque Paese gli chieda aiuto, senza analizzarne in profondità la struttura economica e sociale e adattare le misure alle caratteristiche specifiche, così l’oncologo non mi ha visitato ed auscultato; mai mi ha interrogato, cercato di indagare le cause della mia malattia, nè considerato le mie specificità fisiologiche, debolezze e punti di forza: anche qui una ricetta uguale per tutti, mai su misura.

Le ricette del Fondo Monetario sottraggono al Paese che ne è vittima le basi della vitalità economica e i mezzi d’intervento pubblico, rendendo impossibile la ripresa che suppone di rilanciare. La chemioterapia avvelena e priva di difese immunitarie, e dunque della forza risanatrice naturale, gli organismi che tratta.

Anche il Fondo Monetario applica protocolli; che in questo caso si chiamano Washington Consensus, ossia l’ideologia liberista elaborata dagli anni ‘80 da economisti ufficiali di prestigiose università americane, politici di cui i suddetti economisti erano suggeritori, e le stesse istituzioni sovrannazionali come il Fondo Monetario; la convinzione che l’autoregolamentazione di mercati basti a risolvere tutti i problemi di finanza pubblica, e che dunque occorra lasciar fare alla mano invisibile del mercato per risanare le economie, il tutto applicato con alta presunzione dottrinaria.

Ci sono certo interessi grossi che sostengono e perpetuano il Washington Consensus, interessi delle grandi banche creditrici, interessi neo-coloniali di saccheggio delle risorse dei Paesi poveri. Ma per i funzionari del Fondo Monetario (che sono economisti-burocrati) l’applicazione del Washington Consensus adempie all’assillo primario di ogni burocrazia: pararsi il didietro, farsi scudo dei precedenti, non rischiare il prestigio e la fama che sperimentazioni di cui non ci sono precedenti. Nessuno può criticare i tuoi risultati se hai applicato le procedure accertate, anche se hai fatto aumentare i morti per TBC nei Paesi dell’Est, e hai distrutto l’allevamento nel Senegal; puoi sempre mostrare che tali procedure sono approvate ad Harvard da luminari di chiara fama.

Allo stesso modo, credo, l’oncologia applica i suoi protocolli tossici (3), anche se si aggrava il sospetto che uccidano più pazienti che il cancro, ed è raggiunta la certezza che ne uccidano più di quanti ne guariscano. Dietro, certo, ci sono gli interessi della grandi farmaceutiche (un paziente in cura chemioterapica costa 60-120 mila euro l’anno); ma c’è soprattutto una concezione delle neoplasie imposta con inflessibilità dottrinale dai livelli intermedi dei medici specialisti, come degli economisti che l’FMI invia sul campo. Una dottrina probabilmente sbagliata – com’è sbagliato il liberismo assoluto e lo smantellamento dello Stato per rilanciare economie in crisi – ma su cui si sono costruite notorietà, cattedre prestigiose, fama scientifica e giornalistica.

Pensate dove finirebbero i prestigi, le notorietà e le luminosità scientifiche il giorno che si scoprisse che il cancro si cura col bicarbonato, o – più radicalmente – il giorno in cui si affermerà la concezione del cancro non come malattia locale da tagliare e avvelenare, ma come malattia centrale, sistemica, del sistema neuro-immunitario: quanti cattedratici si troverebbero nella condizione di docenti di Alchimia dopo il trionfo della chimica di Mendeleyef, e professori di Geocentrismo e Astrologia dopo Copernico e Newton. I depositari di una scienza arretrata e depassée; non più docenze, cattedre, cliniche di prestigio, nè responsi e consulti profumatamente pagati.

Pensate ai poveri medici che si sono specializzati in oncologia, che hanno investito il loro futuro su questo, che sono magari diventati primari a forza di prescrizioni di cisplatino e iprite azotata. Credete che accetterebbero di buon grado il fatto – poniamo – che aveva ragione Di Bella, o peggio, che l’idea giusta l’ha avuta il dottor Hamer? E che si devono rimettere a studiare queste concezioni che negano tutto quel che hanno minuziosamente imparato a livello cellulare, infra-cellulare o virale, in cui hanno cercato (invano) da decenni la causa dei tumori?

No: la categoria fa muro contro le novità (4), come lo fanno gli economisti ufficiali. La loro scienza è in pericolo: trattasi della scienza-burocratica, quella che amministra l’uomo, lo sfrutta e lo spoglia, lo tormenta e lo depreda.

Simili burocrazie sono già esistite nella nostra modernità: le abbiamo viste gestire i lager nazisti oppure l’arcipelago concentrazionario sovietico senza un’ombra di senso di colpa, facevano il lavoro secondo i protocolli prescritti dal potere del momento. Ma almeno non pretendevano di stare curando nè risanando. Non si chiamavano medici e terapeuti. Questo, lo fa solo la democrazia di mercato.

Maurizio Blondet




1) Sto saccheggiando qui l’opuscolo Cancro SpA dell’amico Marcello Pamio, che ha raccolto i foglietti illustrativi di una trentina di supposti farmaci anticancro largamente adoperati dagli oncologi. Per il farmaco Doxorubricina, la casa produttirce (la Ebewe) indica i seguenti effetti collaterali: «Gravi aritmie acute sono state descritte durante o poche ore dopo la somministrazione; - Una mielosoppressione grave può provocare insorgenza di emorragia e superinfezioni, e costituisce una indicazione alla riduzione o alla sospensione della Doxorubicina;
- Esiste un rischio accertato di sviluppo di cardiomiopatia indotta dalle antracicline e dipendente dalla dose cumulativa; Il rischio di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con Doxorubicina persiste per tutta la vita;
- Può potenziare la tossicità della radioterapia e di altre terapie anti-neoplastiche;
- Neoplasie benigne e maligne;
- Il verificarsi di una leucemia mieloide acuta secondaria;
- Il danno del tratto gastrointestinale può indurre ad ulcera, emorragia e perforazione; la Doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dellinfusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare unulcera grave e necrosi della cute». L’anticancro è dunque cancerogeno. Seguono le avvertenze speciali per gli infermieri e i sanitari: «Il  personale che manipola la Doxorubicina deve indossare indumenti protettivi: occhiali, camici, maschere e guanti monouso. Tutti gli articoli usati per la somministrazione e la pulizia, inclusi i guanti, dovranno essere posti in appositi sacchi per rifiuti ad alto rischio, per l’incenerimento ad alte temperature».
2) Così Marcello Pamio: «LIstituto Superiore di Sanità ha fatto stampare un fascicolo dal titolo Esposizione professionale a chemioterapici antiblasticiper tutti gli addetti ai lavori, cioè per coloro che (solamente!) maneggiano fisicamente le fiale per la chemio (di solito infermieri professionali e/o medici). Fiale che andranno poi iniettate ai malati!
Alla voce Antraciclinici (uno dei chemioterapici usati) cè scritto: ‘Stomatite, alopecia e disturbi gastrointestinali sono comuni ma reversibili. La cardiomiopatia, un effetto collaterale caratteristico di questa classe di chemioterapici, può essere acuta (raramente grave) o cronica (mortalità del 50% dei casi). Tutti gli antraciclinici sono potenzialmente mutageni e cancerogeni’.
Alla voce Procarbazina (un altro dei chemioterapici usati) cè scritto: ‘Ecancerogena, mutagena e teratogena (malformazione nei feti) e il suo impiego è associato a un rischio del 5-10% di leucemia acuta, che aumenta per i soggetti trattati anche con terapia radiante’. Sempre lIstituto Superiore di Sanità definisce in questo modo i più comuni chemioterapici: ‘Cancerogeni per luomo: [Butanediolo dimetansulfonato (Myleran) - Ciclofosfamide - Clorambucil - 1(2-Cloretil)-3 (4-metilcicloesil)-1-nitrosurea (Metil-CCNU) - Melphalan - MOPP (ed altre miscele contenenti alchilanti) - N, N-Bis-(2-cloroetil)-2-naftilamina (Clornafazina) - Tris (1-aziridinil) fosfinsolfuro (Tiotepa)]. Probabilmente cancerogeni per luomo: Adriamicina - Aracitidina - 1(2-Cloroetil)-3-cicloesil-1nitrosurea (CCNU) - Mostarde azotate - Procarbarzina».
3) Ovviamente, i cancerologi stessi non si farebbero curare con i chemioterapici che infliggono ai pazienti. Pamio: «Nel marzo del 2005 al Senato australiano è stata presentata una Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro’, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St. Leonards di Sydney. Secondo tale inchiesta, alcuni scienziati del McGill Cancer Center di Montreal in Canada, inviarono a 118 medici, esperti di cancro ai polmoni, un questionario per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro applicate, nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia. Risposero 79 medici e 64 di loro non avrebbero acconsentito a sottoporsi ad un trattamento che contenesse Cisplatino (un chemioterapico molto utilizzato a base di platino). Mentre 58 dei 79 reputavano che tutte le terapie sperimentali in questione fossero inaccettabili a causa dellinefficacia e dellelevato grado di tossicità!
Un risultato eclatante
: l81% degli oncologi intervistati, in caso di tumore, non si farebbero somministrare un chemioterapico, mentre il 73% di loro reputano addirittura le terapie sperimentali inaccettabili per lelevato grado di tossicità’. ‘Inoltre: ‘Uno studio condotto da quattro ricercatori inglesi, pubblicato su una delle riviste mediche più autorevoli del mondo, The Lancet del 13 dicembre 1975, e che riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi dice che la vita media di quelli trattati con chemioterapia completa fu di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 220 giorni».
L’indagine di Lancet, è vero, è un po’ vecchia, risale al ‘75. E’ indicativo che non esistano studi più aggiornati sull’efficacia dei cosiddetti farmaci anticancro.
4) Essi fanno muro anche di fronte a scienziati ufficiali. Ne sa qualcosa Stefano Fais, membro del Dipartimento del Farmaco presto l’Istituto Superiore di Sanità, che ha messo a punto una terapia dei tumori che utilizza gli «inibitori della pompa protonica», che sono (a parlar chiaro) i comuni anti-acidi usati contro l’ulcera. L’intuizione è motivata scientificamente, dato che le cellule tumorali creano attorno a sè un ambuiente acido, e se «si bloccano queste pompe, la cellula tumorale rimane disarmata di fronte allacidità, e finisce per morire autodigerendosi». Fais ha detto ai giornali: «A differenza dei chemioterapici questi farmaci non hanno effetti collaterali e hanno dei costi molto più bassi. Basti pensare che quelli usati con la target therapy, che provocano tossicità e resistenza nel paziente, costano 50-60mila euro lanno a malato. Con questa terapia invece il costo annuale sarebbe di circa 600 euro con il generico, e di 1.200 con quelli di marca. Purtroppo, ha aggiunto Fais, ‘Le industrie farmaceutiche al momento non sono molto interessate a questo tipo di approccio». In pratica, lo scienziato dell’Istituto Superiore di Sanità non trova nemmeno una clinica e ospedale disposti a sperimentare gli anti-acidi senza la chemio. Pensate dove finirebbe il prestigio dell’oncologia attuale, se si appurasse che i comuni anti-acidi, e magari il Malox e il bicarbonato di sodio (cura Simoncini) bastano a curare il cancro, meglio dei chemioterapici. Ho scritto a questo Fais, offrendomi come cavia. Mi ha risposto che non può fare nulla, salvo una cosa: se lo metto in contatto col mio oncologo, proverà a convincerlo ad usare, associati alla chemio, i farmaci anti-acidi.



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