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Memoria e bifrontismo
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«E meglio rinunciare a ricordare il superfluo e concentrarsi solo sulle cose necessarie. Pur difficile da mettere in pratica, questo stratagemma rappresenta, secondo i ricercatori canadesi della Concordia University di Montreal, uno dei pochi modi per evitare di perdere colpi, scongiurare le amnesie e rendere più fluidi i ragionamenti. La tesi è lo sbocco di uno studio pubblicato sulla rivista Quarterly journal of experimental psychology e secondo il quale, più che un rallentamento della funzione cognitiva, come accade ad esempio negli anziani, a confondere i pensieri può essere leccessivo traffico e ingombro di cose da ricordare nella zona del cervello che custodisce la memoria. I ricercatori hanno analizzato un campione di 60 persone: la metà aveva una media di 23 anni, laltra parte del gruppo di 67. Ad ogni partecipante è stato chiesto di eseguire alcuni esercizi per valutare la capacità di memoria e dei test psicologici. Nella prima parte dellesperimento i volontari hanno letto una specie di copione fatto di frasi dalle quali bisognava estrarre un significato logico. Al termine del test, dovevano ricordare anche lultima parola di ogni periodo. Nella seconda parte dello studio veniva mostrata una foto con otto animali. I partecipanti dovevano memorizzare lordine in cui erano apparsi. Il gruppo composto di anziani ha faticato a memorizzare le informazioni fresche’. Secondo i ricercatori questo accade non solo per un deficit legato allinvecchiamento o alla perdita di neuroni, quanto per una difficoltà a neutralizzare le informazioni irrilevanti. Abbiamo constatato che gli anziani hanno più difficoltà a sbarazzarsi delle informazioni precedenti’, spiega Mervin Blair, coordinatore della ricerca, che ha testato sui due gruppi il meccanismo che può mandare in tilt logica e riflessione. Se letà in cui la mente è più libera e lavora meglio è 23 anni, rileva il ricercatore, dopo i 67 anni il peso dei ricordi è insomma una zavorra di cui è difficile fare a meno. Consigli per evitare rallentamenti’? ‘Ridurre lingombro dei pensieri rilassandosi con esercizi per pulire la mente’, spiega Blair. Ma anche apprendere unaltra lingua o imparare a suonare uno strumento musicale aiutano a tenere il cervello più giovane» (1).

La memoria è una facoltà dell’anima; insieme all’intelletto ed alla volontà costituisce l’impronta dell’immagine Divina Trinitaria. A seguito del peccato originale, la memoria, come tutte le facoltà dell’uomo è decaduta e pena la distorsione e la limitazione delle conseguenze del peccato. La perdita della memoria, facoltà infusa nello spirito da Dio, per ricordare perennemente la sua Presenza ed i suoi benefici, per studiare e raccogliere i frutti del passato e proiettarsi nel presente eterno di Dio e nel futuro raggiante della beatitudine senza fine, è conclamata esemplificazione dei limiti di una natura umana piagata da confini non intrinseci, ma subiti in danno.

La ragion d’essere della perdita della memoria risiede nello smarrimento dell’unità della persona, determinata dalla frammentazione interiore apportata dal peccato. L’albero della conoscenza del bene e del male viene assaporato in tutta la sua mortifera costituzione. Il dualismo, che non riteniamo appartenere alla sfera dell’Increato, ma alla dimensione ontologica del creato - rispetto a cui l’uomo, essere vivente per lo spirito soffiato da Dio, avrebbe dovuto e potuto prescindere e dominare - ha ingurgitato l’uomo all’interno del suo gianismo bifronte, fino a renderlo incapace di cogliere la Verità, la Vita con un unico sguardo soprannaturale. L’intelletto da intuitivo ed immediato si è mutato in discorsivo; faticoso e lento il suo afferrare la realtà.

La stessa idea del monismo, tanto cara all’Oriente, tradisce questa esigenza: superare il dualismo invasivo e transeunte dell’eterno divenire (già Pitagora e la sua scuola avevano individuato dieci coppie di opposti fondamentali: 1) limitato, illimitato; 2) dispari, pari; 3) unità, molteplicità; 4) destra, sinistra; 5) maschio, femmina; 6) quiete, movimento; 7) retta, curva; 8) luce, tenebre; 9) bene, male; 10) quadrato, rettangolo), per radicarsi nell’Unità imperitura. Aspirazione sacrosanta, ma viziata dal grande limite dettato dal superbo ritenersi divino, che non consente di fatto di uscire dal bifrontismo di Giano; la terza faccia resta invisibile. Giano, dio eccelso del pantheon laziale; il termine è di radice indoeuropea *ei- e sanscrito yana (porta), che trova il suo corrispondente latino in ire (andare), gaelico ya-tu (guado).

Di questa consapevolezza, tracce possiamo rinvenirne nelle stesse rappresentazioni grafiche e architettoniche del bifrontismo; raffigurazioni storiche (sculture e monete), delle due facce di Giano, una era barbuta e l’altra no, simbolo solare e lunare insieme… pietre oppure utensili bifacciali (amigdale). In Gesù, la sua santa croce, l’albero della vita, da cui scaturisce il frutto squisito di vita eterna del suo santissimo Corpo e del suo Preziosissimo Sangue, apre l’accesso alla vera compressione della Verità oltre il dualismo. Una verità che può essere soltanto divina e non può provenire da uomo. Del resto il serpente di rame innalzato nel deserto è simbolo di Cristo e del potere divino di salvare; potere a cui l’uomo non ha accesso.

«Ma dove dimori nella mia memoria, Signore, dove vi dimori? Quale stanza ti sei fabbricato, quale santuario ti sei edificato? Hai concesso alla mia memoria lonore di dimorarvi, ma in quale parte vi dimori? A ciò sto pensando. Cercandoti col ricordo, ho superato le zone della mia memoria che possiedono anche le bestie, poiché non ti trovavo là, fra immagini di cose corporee. Passai alle zone ove ho depositato i sentimenti del mio spirito, ma neppure lì ti trovai. Entrai nella sede che il mio spirito stesso possiede nella mia memoria, perché lo spirito ricorda anche sé medesimo, ma neppure là tu eri, poiché, come non sei immagine corporea né sentimento di spirito vivo, quale gioia, tristezza, desiderio, timore, ricordo, oblio, e ogni altri, così non sei spirito, e mutandosi tutte queste cose, mentre tu rimani immutabile al di sopra di tutte le cose. E ti sei degnato di abitare nella mia memoria dal giorno in cui ti conobbi! Perché cercare in quale luogo vi abiti? Come se colà vi fossero luoghi. Vi abiti certamente, poiché io ti ricordo dal giorno in cui ti conobbi, e ti trovo nella memoria ogni volta che mi ricordo di te. Dove dunque ti trovai, per conoscerti? Certo non eri già nella mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti trovai, per conoscerti, se non in te, sopra di me? Lì non vè spazio dovunque: ci allontaniamo, ci avviciniamo, e non vè spazio dovunque. Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole, Servo tuo più fedele è quello che non mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode. Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace» (Agostino, Confessioni, a cura di Carlo Carena, Mondandori, 1984).

Stefano Maria Chiari






1
) www.repubblica.it/salute/troppi_ricordi_rallentano_il_cervello


 
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