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L’11 Settembre bancario. Autore, lo stesso
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Il tracollo delle Borse mondiali passerà probabilmente alla storia come l’inizio della vera Grande Depressione. È stato l’Undici Settembre per le banche europe; e come l’altro 11 Settembre, è stato un attentato. Autore, lo stesso che ha fatto collassare le Twin Towers (se credete che sia stato Bin Laden, è inutile che leggiate oltre).

Il tracollo è stato causato – scientemente – dalla Federal Reserve. I fatti:

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Il 18 agosto, alle 20.06 ora americana, sul sito del Wall Street Journal del noto Rupert Murdoch, appare il seguente alert:

«La FED sta chiedendo alle banche europe che operano in USA se esse dispongano dei fondi per operare su base giornaliera negli Stati Uniti, e in certo casi, consiglia le banche di revisionare le proprie strutture in USA».

Infatti, prosegue il testo «la FED e i regolatori statali segnalano di essere sempre più preoccupati che la crisi del debito europeo possa tracimare nel sistema bancario americano, e perciò intensificano la loro sorveglianza sulle grandi banche europee con filiali in USA».

Con la prima frase, la Banca Centrale americana fa sapere al mondo che sospetta le banche europe di essere insolventi. Da quell’occhiuto controllore che ha dimostrato di essere dal 2007, si comporta come il direttore della gioielleria Tiffany di fronte ad un tizio male in arnese che si dichiara intenzionato a comprare un anello con brillante grosso come una nocciola: «Ma i soldi, lei, ce li ha? Ha un credibile accesso a fondi?». E lo dice ad alta voce, in modo che tutti i clienti sentano.

Come per il false-flag dell’altro 11 settembre 2001, si nota subito una smagliatura nella narrativa, di per sè rivelatrice. Nella seconda frase, si dichiara infatti che la FED è preoccupata non per l’economia USA, solidissima, ma per la crisi europea del debito: teme possa tracimare nel sistema bancario USA, che – tutti lo sanno – è sano e forte come una quercia, e la sua perfezione può essere guastata solo dall’estero. Anzi, fa sapere nel seguito la FED, se le banche europee non hanno soldi, possiamo prestar loro noi qualche milioni di dollari...

L’ora in cui il Wall Street Journal lancia questo allarme è ben pensata: la Borsa americana di Wall Street è chiusa, ma stanno per aprire le Borse asiatiche.

Che infatti crollano subito, trascinando ora dopo ora le altre piazze mondiali. Capirai: le grandi banche europee (mica la Cooperativa di Risparmio di Carugo, ma la Deutsche Bank, la Societé Generale...) sono illiquide, anzi insolventi. Immediatamente, le banche europe si trovano in guai duri e veri: chi mai presterà loro dei soldi?

Naturalmente nessuno potrà dire che è stata la FED a compiere l’attentato. L’alert del Wall Street Journal non nomina alcuna fonte, salvo «people familiar with the matter», «gente addentro alla faccenda”. Se dite che è stata la FED a provocare il disastro, sarete chiamati «complottisti». (The Fed bombed the market - I ask, "Why?")

Intendiamoci, non è detto che la notizia sia falsa. Anzi, le filiali americane delle banche europee possono trovarsi in difficoltà a far fronte ai loro impegni in USA perchè i loro capitali stanno venendo rimpatriati d’urgenza in Europa. Ma a maggior ragione, in una situazione così delicata, che può ripercuotersi come un effetto-domino nel mondo, cominciando con il congelamento dei prestiti intrerbancari a breve (che fu l’effetto del fallimento Lehman) fino al collasso di Stati, banche ed economie reali per prosciugamento del credito, le Banche Centrali mica spifferano tutto ai giornalisti; al contrario, agiscono con discrezione assoluta, approntando soccorsi in tutta segretezza.

La situazione finanziaria mondiale era in bilico; la FED l’ha precipitata, aggravandola in modo forse definitivo, trasformandola in Grande Depressione. E l’ha fatto apposta. Perché?

Secondo il sito Zero Hedge sopra citato, l’ha fatto per avere la scusa politica di fare il terzo quantitative easing, ossia una terza stampa di dollari in massa (è una metafora: non c’è più bisogno di stampare fisicamente dollari, basta aumentarne la disponibilità, velocità e abbassarne il prezzo con vari trucchi contabili). È una interpretazione non affatto sbagliata, ma insufficiente.

La verità è che la FED deve mantenere ad ogni costo il dollaro come moneta di riserva mondiale, mentre ne annacqua il potere d’acquisto stampandone a fiumi. Deve stamparlo a fiumi per annacquare l’enorme debito americano in mano ai cinesi e ai giapponesi, ma nello stesso tempo fare in modo che questi e gli altri operatori continuino a comprare e richiedere dollari – anzichè euro, yen e franchi svizzeri come hanno cominciato a fare.

Come ottenere questo scopo? Distruggendo la credibilità dell’euro, delle banche europee, dei debiti di Stato europei.

Intendiamoci, l’euro non è una moneta sana, se non relativamente alla moneta USA. Ma è forte, in quanto la Banca Centrale Europea ha agito al contrario di quella americana: non ha fatto alcun quantitative easing (creazione di massa monetaria), anzi già in piena crisi Trichet ha avuto la bella idea di rincarare il denaro aumentando il tasso primario: ciò ha aggravato la deflazione in corso, appesantito l’economia in recessione e il debito pubblico di noi mediterranei, ma ha «rafforzato leuro». Cosicchè a livello mondiale si è cominciato a trattare l’euro come moneta di riserva alternativa al dollaro.

Un esempio recentissimo: tutti vogliono comprare in questo periodo di incertezza e di crisi degli Stati-debitori, franchi svizzeri. Ciò provoca una rivalutazione eccessiva della valuta elvetica rispetto a dollaro ed euro, tanto da danneggiare l’economia svizzera. La Banca Centrale Svizzera, il 12 agosto scorso, ha fatto sapere che, per ridurre il corso del franco, appoggerà la sua moneta all’euro.

All’euro, non al dollaro: per l’impero americano, questo è un segno di malaugurio. Significa che la Banca Centrale Svizzera, quando vorrà abbassare il cambio del suo franco, ne stamperà la quantità opportuna, per comprare con essa titoli in euro del debito pubblico degli Stati europei, Bund, francesi (italiani non credo). Non comprerà Treasury Bills americani, di cui la FED ha stampato troppe cartelle, e che perdono troppo di valore.

Bisogna correre ai ripari: facendo vedere che il dollaro serve ancora, eccome se serve. Anzi, persino la Svizzera ha bisogno di dollari, tanti dollari, più che euro. Come?

Detto fatto: il 17 agosto, la Federal Reserve di New York fa sapere che la Banca Centrale Svizzera – la più forte e stabile delle Banche Centrali – ha chiesto alla FED un prestito di 200 milioni di dollari, probabilmente per sostenere una grande banca elvetica in difficoltà, si dice la UBS o forse il Credit Suisse, che non riesce a farsi prestare dollari per far fronte ai suoi impegni americani. Segue il noto attacco ai titoli finanziari europei, nonostante le smentite di UBS e Credit. La mano che ha lanciato la bomba di questi rumors, è probabilmente la stessa dell’11 settembre: Al Qaeda in Manhattan (AQIM).

E l’effetto voluto segue immediatamente: i rendimenti dei Buoni del Tesoro USA decennali scendono sotto l’inflazione. Ciò perchè nel panico, gli investitori che non sanno più dove mettere i soldi (non certo nell’euro, dopo che si è saputo delle difficoltà delle banche europee), comprano quelle tonnellate di Treasury come se fossero ancora un bene rifugio. Anzi, per comprarli, ci perdono, accettando un 1,8% su Buoni decennali.

L’effetto è forse solo momentaneo, forse no. L’impero americano finanziario e monetario ha deciso di giocare sporco (ma non l’ha sempre fatto?); si vede che per esso il gioco vale la candela.

La candela (le conseguenze) sono disastrose anzitutto per le banche europe: non trovano più compratori per i propri titoli di debito, come già fanno fatica a trovarne gli Stati europei del Club Med. Persino i prestiti tra banca e banca europea sono calati, come ai tempi del fallimento Lehman.

E il sistema bancario europeo è alla disperata ricerca di capitali: le 90 banche europee che hanno superato i cosiddetti stress test necessitano di rinnovare 5,4 trilioni dei loro titoli nei prossimi due anni, fra cui le nuove emissioni per essere in regola con le nuove regole di Basilea III.

Nei momenti tranquilli, si fa così: danno al detentore di una obbligazione che viene a scadenza, un’altra obbligazione con scadenza più lontana. Ma questi non sono tempi normali, e il detentore, per la nuova obbligazione, vuole avere più interessi. O magari, soldi.

Attualmente, la maggior parte dei titoli delle nostre banche europee (il 60%) è detenuta dalle compagnie di assicurazione. Ora, anche le compagnie di assicurazione cercano capitale (750 miliardi di dollari) per adeguarsi alle nuove esigenze di fondi propri imposte loro da Solvency II, che è l’equivalente di Basilea III per le banche. E, in tempi di crisi, le due regolamentazioni combinate producono effetti disastrosi e imprevisti (ma la Banca dei Regolamenti Internazionali li aveva fatti presenti); di cui il primo può essere che le compagnie d’assicurazione schifino le nuove obbligazioni della banche europee, oggi dichiarate insicure dalle mosse terroristiche della Federal Reserve.

Insomma, nelle prossime settimane vedremo un ammasso enorme di indebitati – Stati, grandi banche europee, asicurazioni – che implorano di indebitarsi ancor più, che chiedono denaro in prestito a investitori – che, dal canto loro, sono sempre meno e meno disposti a prestare a Stati, banche, assicurazioni a rischio-insolvenza. Con tanta concorrenza e così pochi desiderosi di prestare, provate a immaginare di quanto dovrà offrire loro lo Stato italiano in interessi, per invogliarli. E magari non riuscirà ad invogliarli a nessun prezzo.

Già ora, del resto, gli interessi sono tenuti a malapena a freno dal fatto che la BCE compra i nostri titoli di debito pubblico, e quelli spagnoli. I mercati compricchiano, proprio perchè la BCE compra. Ciò significa che Italia e Spagna sono narco-dipendenti, per l’accesso ai mercati di capitali, dalla continuazione degli acquisti della BCE. Appena la BCE smette, smettono anche i mercati.

E la BCE deve aiutare anche le banche. Si calcola che abbia prestato 530 miliardi di euro finora a vari Stati e banche europee, accettando come garanzia titoli di debito di quelle entità. Fra cui titoli del debito greco. Figuratevi che garanzia. Il guaio è che la BCE, per regolamento, non può accettare, come garanzia per fare prestiti, dei titoli e obbligazioni che le agenzie di rating (americane) dichiarano junk. Se la Grecia fa bancarotta (ipotesi ogni giorno più concreta), i suoi titoli diventano junk, spazzatura: e la BCE non solo dovrà accollarsi la perdita sul suo pacco di questi attivi che non valgono più, ma dovrà restituire quei titoli che ha ricevuto dalle banche europe come garanzia; e le banche europee dovranno sganciare altri 450 miliardi di euro in contante. Che ovviamente non hanno. La stessa BCE, insomma, il prestatore d’ultima istanza, rischia l’insolvenza.

Provate solo ad immaginarvi come sarà ridotta l’economia reale sottostante, come le imprese e i privati otterranno credito per andare avanti, per il mutuo, per l’acquisto a rate di macchinari o beni di consumo. O meglio, non cercate di immaginare; meglio non vedere. Non vedere le nostre caste da 15 mila euro al mese che prelevano il loro dovuto parassitario da un popolo di disocccupati, a cui hanno tassato persino le mutande.

Si sta ripetendo, con lo stesso ritmo e con gli stessi errori, il processo che trasformò la crisi di Borsa del 1929 nella Grande Depressione del 1931. Anche allora la prima globalizzazione rese il mondo così interconnesso, che una crisi in un Paese provocava un effetto a catena negli altri: pericolo che i politici rifiutarono di riconoscere.

Le follie speculative non furono regolamentate, proprio come oggi non sono stati vietati i derivati e i CDS, nè si sono proscritte le transazioni ad altissima velocità che sono diventate la piaga della speculazione. Perchè no? Perchè, come nel 1929, si diceva che il mercato finanziario andava lasciato libero di inventare metodi nuovi, ciò alla fine rendeva più disponibile e a basso prezzo il capitale per famiglie, imprese, acquisti a rate, banche bisognose di liquidità.

Nel 1931 una piccola banca austriaca, la Creditstantalt, fallì. L’effetto a catena colpì economie già indebolite dalla crisi. La crisi fu – ed è – la stessa cosa del boom: ossia indebitamento eccessivo. Che oggi si chiama leveraging, effetto leva, perchè così suona più tecnico-scientifico. (Home Blogroll Credit Crisis Finance Data News Popular Sitemap RSS Daily Weekly Barack Obama as Herbert Hoover)

Ma indebitamento è. Economie ad alta leva, specie quelle in cui i debiti a breve vengono di continuo rinnovati per fiducia in attivi dati a garanzia che sono relativamente illiquidi, finiscono sempre male. Governi altamente indebitati, banche indebitatissime, aziende e famiglie ultra-indebitate possono trionfare ed esuberare per un tempo anche lungo. Poi – bang! – di colpo la fiducia crolla, gli allegri prestatori svaniscono, gli attivi diventano invendibili, e la crisi appare come uno spettro abissale. L’euforia lascia il posto a decenni di miseria, di disoccupazione, di stenti, ovviamente di insolvenze a catena.

È questo il meccanismo che ha scatenato AQIM, Al Qaeda in Manhattan, apparentemente per mantenere al dollaro bucato lo status di moneta imperiale. Il gioco vale la candela? Chissà.

In tanto disastro, può avere interesse una constatazione anedottica: la fortuna di Silvio Berlusconi esiste ancora. Fino a ieri era il governante più ridicolo e screditato in Europa, il che si rifletteva pesantemente sul debito italiano. I tedeschi facevano sapere che «non desiderano affatto garantire le spese pubbliche dellItalia. Lunica molla che li indurrebbe a prestare i soldi è la fiducia che hanno nei Paesi che ne beneficerebbero: tra questi non cè quello governato da Berlusconi» (da un blog germanico). Dopo aver firmato una manovra di austerità che prometteva riforme del pubblico settore (la vera palla al piede) e dei costi della politica, s’è visto che non era altro che fumo negli occhi, una furbata disonesta – la sola cosa vera essendo un durissimo prelievo dalle tasche degli italiani. Appena parlava lui, i mercati chiedevano più interessi sul debito italiota.

Ogni giorno di più, il satiro di Arcore si rivelava quel clown, anzi nano politico e mentale che è. Oggi, dopo l’incontro Merkel-Sarkozy a cui non è stato invitato, la sua statura è cresciuta. Nel senso che sono stati Angela e Sarko a rimpicciolire. Hanno proclamato di attuare «un vero governo della zona-euro», hanno annunciato la Tobin tax, hanno intimato la Regola dOro, ossia il pareggio di bilancio iscritto nelle costituzioni agli altri Paesi. Erano annunci, vacui annunci in pieno stile berlusconiano, furbesco fumo negli occhi alla Calderoli.

Appena finito «il vertice franco-tedesco», i mercati hanno risposto fuggendo, e le Borse crollando in modo spaventoso. La Societé Generale ha perso finora il 40%; la fiducia nelle grandi banche tedesche è scossa. All’occhio dei mercati, non c’è poi tanta differenza: tutti nani uguali questi leader europei, si confondono l’uno con l’altro.

Dunque, Berlusconi è assistito dalla sua ben nota fortuna. Relativamente.



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