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Bestemmia sinistra: Wojtyla era un Papa oscurantista
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Le edicole recano ancora buone novelle. Titolo: «Karol Wojtyla il Grande Oscurantista». Firmato: «MicroMega», rivista del Pli. No, non si tratta del redivivo Partito Liberale Italiano, ma del Partito Laicista Italiano. Con un proprio organo di propaganda: la rivista «MicroMega», diretta dal prof. Flores d'Arcais. Il numero speciale è zeppo di superstar del Pensiero. Viene quasi voglia di farsi prendere dalla «cacciarite» e parlare nella Neolingua heideggeriana: Krisis, An-Denken, etc., ma resistiamo e andiamo avanti. Sì, vale la pena addentrarsi in questa miscela di genialità neoilluministica, ne guadagneremo in scienza e coscienza. Allora, saggiamo un po' di bellurie intellettuali.

Intanto, una prima formula latina ci sta bene: «Excusatio non petita, accusatio manifesta». Tradotto: Flores, sapendo di essere iper-laicista, nichilista e anti-cattolico, che fa? Scrive: «Sappiamo perfettamente che questo volume speciale di MicroMega sarà accusato, nel più benevolo dei casi, di essere una provocazione di laicismo estremistico». Auto-accusa. Sopravvalutazione: è solo un bignamino di ignoranza, sbandierata come «spirito critico del pensiero laico».

Primo errore: la laicità non è il laicismo. Non è un «ismo», è un modo di pensare basato sulla ragionevolezza, sul rapporto tra noi, umili osservatori, e il mondo, realtà complessa. Visione cristiana accolta di buon grado dalla modernità non ideologica. Ma il laicismo esiste, eccome. Quando Calogero, filosofo del «dialogo», lo tematizzava, era costretto ad impegnare decine di pagine per spiegarne le differenze con la laicità. Il che è tutto dire. Ma erano altri tempi, allora si studiava ancora. Si studiava e si sapevano misurare i giudizi: se Küng è «il maggior teologo vivente», allora il direttore Flores è il più grande filosofo vivente. Ma così ci tocca andare a Zelig, e lo scenario diventa un altro. Dunque, rimaniamo in tema. Il «maggior teologo vivente» si limita a scrivere che, pensate un po', Wojtyla era anche uno che sbagliava. Grazie dell'informazione. Errori storici: Ior, Marcinkus, padre Maciel, etc. Sfugge all'ex collega di Ratzinger che il santo non è l'uomo perfetto, e che la dottrina dei «puri» col bollino blu ha fatto tanti danni nella storia. Ma andiamo alla sostanza dell'aggressione ideologica alla figura del Papa. Wojtyla figura «complessa»: e allora? Una personalità complessa non può essere santa? E perché, di grazia? Abbiamo avuto santi di varia foggia umana, poi divenuti testimoni straordinari di Cristo. Il moralismo laicista vuole soltanto buttarla in caciara. Bigottismo ideologico.

Le tesi di Wojtyla sulla modernità sono le stesse di Habermas e Moulin, due agnostici che non portano il cervello all'ammasso. Si tratta di un «rapporto dialettico» con la modernità. Come ogni pensatore critico dovrebbe avere. Non esiste «un ritorno a san Tommaso», come Severino ipotizza. Perché Wojtyla era tomista eterodosso e studioso di Scheler, dunque tutto tranne che un uomo del «ritorno a san Tommaso». Vattimo chiosa sull'assenza di una filosofia della storia nel pensiero di Wojtyla. Altro errore. La visione della storia del Pontefice è mistico-sapienziale, una risposta di fede alla secolarizzazione. La purificazione della memoria di fronte al mondo, anche di fronte ai nemici della Chiesa, alla sequela di Cristo Crocifisso. Una teologia della storia vera e propria. La richiesta di perdono davanti al mondo per le colpe della Chiesa, un evento inedito nella storia. Non ha vinto un'astratta Idea di storia, che lascia poi tutto com'è, ma l'esperienza di Gesù Crocifisso, quella che molti martiri, oggi, vivono sulla propria pelle. Martiri mai citati in queste «illuminate» pagine dai professoroni laicisti. Un Papa tutt'altro che «disarmato» di fronte al crollo delle ideologie; consapevole invece del male del '900 e capace di orientare il pensiero post-ideologico in vista del bene della persona e della società. Il vero erede di Leone XIII e geniale teorico della dottrina sociale della Chiesa. Oggi Benedetto XVI tematizza la crisi nella «Caritas in veritate».

Questo filone lo ha sviluppato Giovanni Paolo II. Gli strateghi della McKinsey, unitamente alla Harvard Business School, da mesi dibattono sullo «short-termism» come la piaga del capitalismo contemporaneo. E ciò grazie al cattolicesimo sociale. D'altra parte, la democrazia nichilistica di Flores non ha futuro (contrariamente alla concezione di un laico ragionevole come Bobbio). L'«annientamento» del fondamento della società produce, di fatto, l'annientamento della società stessa. Lo stesso Vattimo non se la sente di schierarsi con questo esercito del Nulla e, senza aderire al Papa, finisce per sprofondare in una sorta di carità sentimentale, che i suoi maestri, a Torino, avrebbero rigettato in blocco. Quel che colpisce in questo bignamino di laicismo è l'assenza di sincera umiltà. Atteggiamento quanto mai laico. Troppo banale? Lo so, solo i Grandi possono avere numeri simili. Appunto: Karol Wojtyla il Grande.

Raffaele Iannuzzi

Fonte >
  Il Tempo



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