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Fuga dei cervelli, ok al Senato l'incentivo fiscale diventa legge
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Il governo tenta a far rientrare i "cervelli" italiane in Patria

ROMA 
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Fuga dei cervelli, l'Italia prova a creare un argine. Il disegno di legge che dispone incentivi fiscali per agevolare il rientro di lavoratori che hanno preferito trasferirsi all'estero è diventato legge. Dopo aver già passato l'esame della Camera, il provvedimento è stato approvato stamani in via definitiva dal Senato. Presentato da un gruppo di parlamentari bipartisan (primo firmatario il vicesegretario del Pd Enrico Letta), il ddl offre una sorta di scudo fiscale, fino a 25 mila euro di credito di imposta l'anno per un massimo di tre, per i talenti comunitari, con almeno due anni di residenza in Italia, non solo ricercatori, che vogliano tornare a lavorare nella Penisola.

"Sono felice che la legge sia stata approvata con una convergenza ampia e soprattutto il giorno dopo l'incontro del Presidente della Repubblica Napolitano con gli studenti. E' un segnale sulla questione giovanile dirimente e sulla fuga dei giovani dall'Italia", ha commentato Letta.

Complessivamente gli italiani che negli ultimi dieci anni si sono iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, sono due milioni. Di questi, circa la metà, proviene dal Nord e ha un alto titolo di studio. La nota più dolente sta nel saldo negativo, a quota meno 2%, tra ingressi e uscite. Il 2,3% dei laureati italiani lavora oltreconfine, contro lo 0,30% degli stranieri laureati in Italia. In Germania se ne va solo lo 0,6%, in Francia l'1,10%, nel Regno Unito lo 0,80%; percentuali minime compensate da un alto tasso di arrivi qualificati, sopra la barra dell'1,4%.

Il risultato, certificato dagli studi dell'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo, è che il paese spende in media circa 8mila euro l'anno per la formazione di un giovane, che poi, se ha i numeri, sfrutta le opportunità all'estero che in casa non trova. "Ben vengano gli incentivi fiscali per far tornare i migliori talenti in Italia, ma scordiamo di recuperare il gap con gli altri paesi europei solo con misure legate a imposte favorevoli", spiegava qualche tempo fa a Repubblica Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea, la banca dati dei curriculum vitae italiani gestita dal consorzio degli atenei italiani. "Il nostro paese - sottolineava - investe troppo poco in formazione e innovazione. Da qui il deficit strutturale che mette in fuga i talenti e fatica invece a importarne. La circolazione di lavoratori altamente qualificati è un bene per il Made In Italy, che, anche grazie ai suoi emigranti, alimenta la ruota dell'export. Il problema è che, investendo poco, in pochi ritornano, e pochissimi studenti stranieri vengono a studiare e a lavorare qui".

Altre iniziative simile al ddl approvato oggi, in passato hanno sortito infatti risultati modesti.  L'Italia riesce ad attrarre solo il 2% della mobilità internazionale di studenti. I provvedimenti promossi dall'ex ministro Moratti, prima nel 2001 e poi nel 2004, hanno riportato, e molti solo per qualche anno, appena 500 ricercatori.

Fonte >  La Repubblica



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