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Il sacco dell’Europa
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Sarà austerità la parola del 2011, così come era già stata incoronata nel 2010 in base a un sondaggio d’opinione (It Was the Most Austere of Times,…). Ma stavolta non avremo bisogno di rilevazioni statistiche per acclamarla vincitrice; chiunque eserciti un, anche minimo, ruolo economico nella società, non può non accorgersi che il nostro futuro prossimo sarà tutto proteso verso il compimento e la realizzazione pratica di questo termine dal grigio significato. Varrà per i nonni che vedranno le loro pensioni ridursi e le loro case tartassate, per i genitori che perderanno il lavoro (sempre che non l’abbiano già perso) e specialmente per i giovani che, avendo ormai già perso tutto, perderanno anche l’unica cosa rimasta, la speranza.

Ci aspettano più tasse, molte più tasse, meno servizi, meno tutele, nessuna pensione. La pressione fiscale si sta dimostrando in aumento rapido ed esponenziale ("Pressione fiscale al 51,6. Siamo primi in Europa") da noi come nel resto d’Europa. E la cosa dovrebbe essere sorprendente visto che stiamo parlando del continente già più tassato del mondo; a spanne abbiamo una pressione fiscale che supera di circa un terzo Giappone e Stati Uniti: mica briciole.

La patrimoniale è alle porte, annunciata in ogni dove e paradossalmente acclamata dal popolo che, martellato dalla propaganda mainstream, la ritiene la panacea di tutti i mali. Si renderà conto che non sarà né risolutiva né lenitiva dei guai del nostro Paese. Ma intanto la nostra ricchezza sarà già volata nei bilanci e nei bonus di qualche investment bank. Definirla ancora patrimoniale, riferendoci forse a quella di Amato del 1992, ci potrà apparire riduttivo, insignificante.

Tempo addietro si definiva esproprio e, coincidenza, si realizzava nei confronti del patrimonio della Chiesa cattolica, dai progenitori ideali di quelle stesse elites massoniche che oggi la richiedono a gran voce e si preparano a vararla. Sarà solo un caso che i Paesi nel mirino della speculazione siano gli ultimi eredi, sebbene degeneri, di quello che un tempo erano la Chiesa cattolica e quella ortodossa? Nessun Paese protestante è attaccato, sebbene i fondamentali di Gran Bretagna, Stati Uniti o anche solo Olanda non siano certo di esempio per i tanto vituperati Piigs e il livello di indebitamento aggregato (pubblico più privato) anche superiore. Solo un caso che le norme di contabilizzazione dei titoli di Stato Piigs siano molto più stringenti di tanta cartaccia strutturata e derivata?

Il grande esproprio che sta per abbattersi su di noi non ha nemmeno più bisogno del volto proletario; ormai l’apatia e l’ignavia che si sono così potentemente radicate nel nostro carattere permettono la realizzazione quasi diretta di una partita di giro dello Stato a favore di quelle poche banche che tengono in ostaggio i nostri Stati con i debiti che abbiamo contratto. Sembra che anche la Chiesa stessa si sia dimenticata che l’ignavia sia un peccato; l’importante è non evadere (Bagnasco dixit) (La condanna della Chiesa: «I numeri dell'evasione sono impressionanti»).

Autorevoli (e ammanicati) economisti giungono al punto di voler stendere una gigantesca ipoteca sull’intero patrimonio immobiliare italiano; tali scenari purtroppo non sono propri soltanto della cosiddetta Sinistra (proposte Amato e Capaldo) o dei vari esecutivi tecnici (proposta Profumo) che si preparano a gestire l’emergenza Italia: sono addirittura già arrivate sulla scrivania del ministro Tremonti a firma di Andrea Monorchio e Guido Salerno Aletta (Proposte di legge per l'abbattimento del debito pubblico).

Con la strada ormai spianata verso il governo tecnico, la realizzazione pratica di questi sogni di espropriazione appare imminente. Ironia della sorte un esproprio di tali proporzioni si realizza proprio in quell’Europa culla del capitalismo e della proprietà, mentre la Cina, ultima paladina del comunismo, non agisce in altro modo che liberando e togliendo ogni freno agli animal spirits di reaganiana memoria.

I nostri omologati liberisti cresciuti alla Bocconi, regno di Mario Monti, designato realizzatore dell’austerità, si preparano a compiere ciò che Gramsci o Togliatti non sono riusciti a realizzare. Ad avere il lusso di guardare da un punto di vista distaccato la nostra povera Europa, la situazione sarebbe ironica da quanto incorpora in sé l’essenza del paradosso; purtroppo il risultato annunciato non sarà altro che la più grande depressione della storia moderna.

Un paragone con il 1929 rende l’idea: la disoccupazione americana durante la grande depressione raggiunse il 25% (Unemployment); in Spagna, leader europeo di questa triste classifica e, non a caso, patria degli indignados siamo già al 21,2%, (Ocse: disoccupazione stabile all'8,2% in agosto, area euro 10% ) più vicini di quanto si creda.

Probabilmente poco a poco ci scorderemo dell’esistenza delle pensioni, della sanità pubblica, dei sussidi di disoccupazione, così come ci siamo dimenticati che la base della sovranità è una Banca Centrale pubblica e una valuta emessa dallo Stato e non da un ente privato come la Banca Centrale Europea.

Non è uno scenario di fantapolitica: di fronte a una Grecia devastata da disoccupazione alle stelle, aumento vertiginoso dei suicidi, chiusura di imprese in serie e addirittura la sospensione della vendita di medicinali agli ospedali (Grecia, la Roche non vende più farmaci agli ospedali pubblici) Mario Monti ha ritenuto un atto dovuto celebrare il successo dell’Euro per la Grecia, in quanto la valuta europea è riuscita, finalmente, ad insegnare ai recalcitranti cittadini ellenici «la cultura della stabilità», della quale evidentemente erano privi.

Guardare per credere la puntata de L’infedele (MARIO MONTI: "L'EURO E' UN SUCCESSO, SOPRATTUTTO PER LA GRECIA"). Non vi ricorda la sensibilità umana del nostro generale Cadorna, «le sole munizioni che non mi mancano sono gli uomini» e «superateli [i reticolati] facendo materassi di cadaveri»? (Il «macellaio» Cadorna e il nome di una piazza milanese).

Il novello senatore a vita appare tuttavia dimenticarsi che il suo precedente datore di lavoro Goldman Sachs (Mario Monti) sembra aver avuto un ruolo preponderante ("Wall Street ha aiutato Atene a truccare i conti pubblici") nell’aiutare a camuffare con operazioni in derivati i problemi del bilancio ellenico a totale insaputa dei cittadini. Sarà l’età o è lecito ritenere ci sia un po’ di malizia in questa amnesia?

In questa selva di drammatiche notizie tuttavia mi imbatto in una notizia di tutt’altro tenore relativa agli Stati Uniti, quasi taciuta dai nostri media. La crisi è già finita dall’altra parte dell’Atlantico?

I candidati repubblicani alle primarie hanno iniziato a scontrarsi a proposte di flat tax sempre più basse, proprio mentre tutta l’Europa piange aggravi di tassazioni senza precedenti. Rick Perry, Newt Gingrich e Herman Cain hanno incalzato il gruppo con proposte rispettivamente del 20%, del 15% e del 9%; Michelle Bachmann e Mitt Romney si sono già espressi con favore. Di Ron Paul è nota la posizione favorevole, sin da tempi non sospetti. (GOP presidential candidates tax plans would benefit rich)

Praticamente, e vista l’impopolarità di Obama non risulta difficile crederlo, rischiamo tra pochi mesi di avere davanti a noi oltre alla concorrenza cinese quella americana. Cosa pensiamo che potrà succedere nello scontro globale tra Stati sempre più tassati e altri quasi esentasse? Specialmente se la valuta dei tartassati è evidentemente sopravvalutata come dimostra in maniera plateale qualsiasi tipo di indicatore sul potere d’acquisto. Pur nell’implosione dell’eurozona, l’euro ha ripiegato dai massimi di una quota minima (EUR/USD EURUSD=X) quasi irrisoria rispetto alla crisi in atto; il mercato vende i nostri bonds, ma non scarica con la stessa solerzia la nostra valuta.

È una tesi azzardata pensare che l’olimpo della finanza mondiale abbia deciso che l’economia europea non debba ripartire, sicuri che la gabbia valutaria e fiscale in cui siamo immersi non può che tagliarci le gambe? La politica monetaria e sui tassi di interesse quasi antitetica che FED e BCE hanno portato avanti nel post Lehman Brothers non è un altro elemento sospetto?

D’altronde sono continue le voci su trasferimenti, addirittura di sede sociale, di grandi aziende europee. L’acquisizione di Chrysler da parte di Fiat potrebbe concludersi con l’abbandono del nostro Paese. (Fiat a Detroit, il Lingotto non ha deciso). E la strategia di Nokia di mettersi a totale disposizione del gigante Microsoft secondo numerosi osservatori potrebbe portare allo stesso epilogo (Alcuni dipendenti Nokia pensano ancora che Elop sia una “Talpa” di Microsoft). Potrebbe non essere che l’inizio di una cannibalizzazione delle nostre aziende, ormai quotate a prezzi quasi esilaranti tanto risultano bassi (Saldi folli a «Pazza Affari»: chi non vale il proprio tesoro).

Forse il salvataggio del dollaro e dell’America dovrà passare dalla razzia dell’Europa?

Come, con disarmante ingenuità, ha raccontato poche settimane fa alla BBC Alessio Rastani,

«Non mi preoccupa la crisi, se vedo unopportunità di fare denaro, la seguo. Per cui per la maggior parte dei broker non è questo il punto. Noi non ci preoccupiamo di come sistemare leconomia o di come si supererà questa situazione. Il nostro lavoro e fare soldi e io personalmente ho sognato questo momento negli ultimi tre anni. Devo confessarlo, ogni notte vado a dormire sognando unaltra recessione, un altro momento come questo».

Da parte mia scommetto già sulla parola dell’anno 2012: saccheggio. D’altronde i lauti bonus dei banchieri di investimento non vi ricordano l’usanza barbara di spartizione del bottino?

Forse quello che sta succedendo non è poi così nuovo come appare.

GDG



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