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Benedetto divorato dai cani
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«Ormai se ne ha abbastanza di questo Papa», è sbottato Daniel Cohn-Bendit, intervistato da France Info. La frase dell’eurodeputato ebreo-franco-tedesco è la sintesi perfetta del progettato linciaggio in corso, dice da chi viene e perchè. Il pretesto è l’affermazione di Benedetto XVI che il preservativo non serve in Africa come profilassi dell’AIDS, anzi aggrava il problema. Pura verità, probabilmente comunicatagli dai missionari, che sanno bene come i costumi sessuali africani, l’incultura e la povertà africana rendano risibile il «rimedio» del condom. E inoltre, come nota Giuliano Ferrara, a Washington, dove i preservativi non mancano, la diffusione del male è pari a quella dell’Uganda. Non è la mancanza o il divieto dei preservativi a contare, ma evidentemente la promiscuità sessuale.

Ma argomentare non vale. La questione preservativo è solo un pretesto. Quasi qualunque cosa il Papa dica suscita, e susciterà domani, la canea ufficiale, perchè «ormai», in certi ambienti, «se ne ha abbastanza di questo Papa».

«Ormai», sarà comunque azzannato. Perchè «ormai», ha «tolto la scomunica a un vescovo negazionista» - così suona l’amalgama mediatico - e dunque si è posto una volta per tutte fuori dall’umanità politicamente corretta. Ha  violato il dogma della sola religione rimasta obbligatoria in Europa. Ed anche se l’ha fatto senza volerlo, è comunque macchiato: come certe religioni arcaiche, la sola rimasta nel ventunesimo secolo non distingue fra inavvertenza e peccato volontario.

«Ormai» è contaminato per sempre, e senza possibilità di riscatto. Qualunque cosa dirà in futuro sarà rifiutata, «ormai». Anche il «se ne ha abbastanza» è indicativo: la forma impersonale cela la natura di «chi» ne ha abbastanza. Sono i poteri forti, massonici e oligarchici mondiali. Quelli che da decenni  finanziano le campagne per il preservativo in Africa, e nel terzo mondo in genere, sapendo benissimo che l’aggeggio non serve contro l’AIDS, ma serve per il loro progetto vero: la riduzione delle nascite e insieme la diffusione della mentalità del sesso-passatempo, consumo voluttuario, fine a se stesso.

Del resto, quelli che ne hanno abbastanza si sono dichiarati: il governo Sarkozy al completo, la Merkel, l’Unione Europea, il Fondo monetario, una mezza dozzina di cosiddette organizzazioni non-governative emanate dal grande piano di riduzione delle nascite (pardon, «pianificazione familiare») innescato dai Rockefeller ormai da mezzo secolo. Nessuno sapeva chi è Michel Kazatchin, ebreo e presidente di un «Fondo mondiale di lotta contro l’AIDS», fino a quando ha dichiarato «inaccettabile» la frase del Papa, e gli ha intimato di «ritirarla». Nè si sapeva chi fosse Béatrice Luminet, finchè questa responsabile di «Médecins du monde» non ha dichiarato: «Noi siamo molto arrabbiati, perchè sono decenni di lavoro che vengono rimessi in causa, e milioni di persone saranno contaminate a causa di queste dichiarazioni (sic). E’ in contraddizione totale con uno dei messaggi principali della Chiesa, il rispetto della vita».

Eh sì, perchè quegli ambienti che ne hanno abbastanza non perdono occasione di insegnare al Papa che cos’è la vera carità a cui la Chiesa deve attenersi. Adriano Sofri, su Repubblica, parla di «pazzia» del Papa ed elenca i casi mediatici in cui la Chiesa ha mancato di «pietà»: ad esempio, dice, non ha benedetto il suicidio assistito di Welby. Come se fosse accettabile una lezione sulla «pietà» da parte di uno che, per sentenza passata in giudicato, è mandante di assassinio. Ma è normalissimo, di questi tempi. Tutti sanno meglio di Benedetto XVI che cos’è la carità, che cosa ci ha insegnato Cristo.

L’epitome è nella vignetta che pubblica Le Monde, il più massonico dei giornali: dove si vede Gesù con l’aureola che distribuisce, anzichè pani e pesci, preservativi; e dietro di lui il Papa che sbuffa: «Buffonate», e ancora dietro il vescovo Williamson che dice: «L’AIDS non esiste». E’ l’amalgama completo della falsa carità pelosa e omicida, della ipocrisia buonista, evocante allo stesso tempo il vero peccato senza perdono, la riammissione nella Chiesa del «negazionista». Il New York Times scrive: «Impeach this  Pope». Il Lussemburgo, terzo Stato in Europa, legalizza l’eutanasia: l’alta banca è ben capace di questo tipo di «compassione», il paradiso fiscale miliardario non cessa di commuoversi per le sofferenze dell’uomo, non si stanca di liberarlo da esse: aborto, soppressione dolce, preservativo...

E’ qui il punto. Lassù tra le oligarchie massoniche e usurarie, «se ne ha abbastanza» di ogni riferimento spirituale o anche solo morale. Completata felicemente la riduzione dei popoli europei a puro bestiame d’allevamento e da monta, contenti di essere non una società ma una zoologia, non si tollera che qualcuno ricordi che l’uomo era nato per un altro destino, per superarsi e aspirare all’eternità. Spento uno dopo l’altro sulla Terra ogni luogo di dispensazione della grazia, lorsignori sanno come aizzare il loro branco servile: chi osa appena esortare all’altro destino suscita la rabbia dei cani pavloviani, latrati e voglia di azzannare: «Papa assassino! Quanta gente farà morire in Africa!».

Anche questa è in fondo una conseguenza conciliare: la voglia di «aprirsi al mondo» incontra un «mondo» che non sopporta altra moralità che quella sua, del politicamente corretto del momento. E una volta bruciato l’incenso al primo dogma della correttezza politica, la muta latrante e i suoi padroni si aspettano tutte le altre sottomissioni a tutti gli altri dogmi: l’eutanasia è «carità», se la Chiesa «rispetta  la vita» come dice distribuisca preservativi, Cristo stesso li avrebbe distribuiti in Africa.

Attenzione, perchè il politicamente corretto - come «morale» totalitaria  e anticristica - non conosce limiti, nemmeno nel ridicolo. Già in California, gruppi ecologisti si oppongono alla prospera attività vinicola locale perchè il mosto, fermentando, emette CO2, il gas dell’effetto serra. La vite, dono divino a Noè, è colta in flagrante concorso di colpa di «riscaldamento globale». Ben presto, vedrete, si esigerà dal Papa che benedica anche questa paturnia anti-umana; l’ambientalismo retrogrado è la «nuova carità». La credenza che il massimo inquinatore è l’agente patogeno chiamato «uomo»  viene  già imposto come un dogma politicamente corretto, con forza già quasi pari a quello della «unicità» e incomparabilità dell’olocausto.

E chi ha finto di credere ad uno dei dogmi, come oserà sfidare l’altro? Non ci sono più nemmeno le parole per adombrare la verità indicibile: che Dio ha creato gli uomini perchè, unica razza animale, tendesse all’immortalità; ma una umanità che si è chiusa nell’aldiquà è diventata un peso inutile sulla Terra, e dunque «l’ambiente» si prepara a liberarsene, come si liberò di Atlantidi inutilmente superbe, o delle razze «di legno» dei miti incaici, o dell’umanità pervertita spazzata via dal diluvio universale.

Sì, ci sono stati tanti diluvii, tante volte la natura ha voltato pagina su razze umane che - come la nostra - hanno rinnegato il proprio compito, e pretendevano nonostante ciò, di vivere. Sì, è vero che l’uomo causa il cambiamento di clima attorno a sè, lo scioglimento dei ghiacci, i geli invernali, l’emissione oceanica di metano; ma per ragioni assai più profonde che per le sue ciminiere e per lo sfruttamento industriale delle «risorse naturali». E’ il sale diventato insipido, buono solo per essere calpestato. E’ lo stesso motivo per cui l’uomo distrugge la propria prosperità economica in una crisi mai vista: la chiusura nell’aldiquà soddisfatta di sè, la irresponsabilità ed egoismo scatenato di chi crede di non dover rendere conto ad alcuno, la perdita di quel che i vecchi chiamavano «il timor di Dio».

E mentre tutto gli crolla attorno, ancora la muta latra e azzanna chi gli ricorda la sua vecchia dignità: così, temo, chiamando ancor più ciecamente sopra di sè ciò che merita, la propria estinzione.

«Ormai se ne ha abbastanza di questo Papa» è una delle «corde di carro» con cui, profetizzò Isaia, si tirano addosso la rovina. Attenzione, il  politicamente corretto dei cani idrofobi è entrato nella fase omicida (1). Come ha scritto Benedetto nella lettera attorno al caso Williamson:

«A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio; e se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio, senza timore e riserbo».

Quel gruppo che è legale odiare, siamo noi con lui. Noi, i nuovi ebrei di questa generazione. Già abbiamo la croce gialla cucita addosso. «Non se ne può più», di noi.




1) Fatto altamente simbolico di questa deriva, è che cani randagi a torme feroci possano divorare esseri umani in Italia, in Sicilia. Decenni fa, esistevano enti e canili municipali che catturavano e sopprimevano i randagi; la rabbia, pericolo sociale, era combattuta da uno Stato sociale. Oggi, anche la modesta civiltà dell’accalappiacani è dimenticata e cancellata. In compenso, abbiamo «animalisti»  invitati in TV a dire che quei cani feroci non devono essere abbattuti, che «il problema è un altro», che è colpa dell’uomo che li ha abbandonati. Ce li dobbiamo tenere questi cani che sbranano sulle spiagge, li dobbiamo «rispettare». Siamo come loro, e loro come noi.


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