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Lo stato messianico realizzato
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Instaurato il Regno di Sion e il popolo eletto divenuto Messia di se stesso – così promettono le profezie ebraiche – Israele sarà il regno dell’abbondanza. «Creditore di tutti e debitore di nessuno», nello Stato della Promessa i servi goym faranno fluire le loro ricchezze.

«Gli stranieri pascoleranno le tue greggi, tu mangerai le ricchezze dei goym» (Isaia 61, 5-6). Israele non lavorerà, perchè godrà tributi di oro, sete preziose, latte, miele: «La Benedizione di Dio».

Tale era il nome del supermercato saccheggiato che vedete nella foto qui sotto, dove un Eletto in kippà si prende quel che è rimasto. Questo spaccio della catena «Benedizione di Dio» si trova ad Hatzor Haglilit, nel nord israeliano. La catena è fallita, e i padroni si sono resi irreperibili (1).



Looting takes place in Israel



I primi a  saccheggiare il «Ben di Dio» sono stati i suoi dipendenti; per compensarsi degli ultimi due mesi senza salario, hanno praticato il self-service selvaggio. Poi sono arrivati i creditori, che hanno preso tutti i valori solidi, dai registratori di cassa alle telecamere di sorveglianza. Terzi, i normali clienti del villaggio: lasciate le auto nel parcheggio col motore acceso, famiglie intere, donne e bambini compresi, si sono dati alla spesa proletaria per due giorni. L’eletto in kippà nella foto è uno degli ultimi, e si prende quel che è rimasto. I diecimila abitanti di Hatzor Haglit sono quasi tutti piissimi ultra-ortodossi.

La crisi è giunta anche nel Regno di David, a dispetto della Promessa: le esportazioni calate dell’11% , l’economia che si restringe dell’1,5% annuo dopo un quinquennio di rialzi al 4%.

Nella felice terra del Messia, c’è una differenza in più: i padroni in bancarotta tendono a squagliarsela con le paghe e il malloppo, dato che hanno un doppio o triplo passaporto. Sono cittadini anche della maledetta «terra di Edom», e ne approfittano.

Il proprietario di un’azienda di pollame dell’alta Galilea, «Chicken of the Valley», è sparito con la cassa, e senza pagare gli stipendi di febbraio; i dipendenti si sono rifatti aprendo i frigoriferi e vendendo polli surgelati ai passanti sulle strade di Haifa. A Tel Aviv, sono scomparsi all’estero i proprietari dell «Pine Garden», una lussuosa sala per banchetti con prato artificiale, molto usata dai ricchi per i matrimoni, le «bar mizwah» e le cene sociali d’alto bordo. I fuggitivi si sono lasciati alle spalle 20 milioni di euro di debiti con le banche, e si sono portati via gli anticipi già versati da numerosi clienti (anche 30 mila euro) e, ovviamente, i salari dei dipendenti. Appresa la notizia, centinaia di fornitori non pagati, dipendenti e clienti traditi hanno fatto irruzione e si son portati via tutto: lavapiatti industriali, forni, frigoriferi e pentole, stoviglie di porcellana, tavoli e sedie.

«Israele, che i sionisti proclamano un santuario sicuro per gli ebrei, libero da discriminazioni sociali, ingiustizia ed oppressione - ha scritto il giornalista Jean Schaoul (2)è irta di tensioni politiche e sociali. Non solo occupa ed opprime i palestinesi ed ha creato una catastrofe umanitaria a Gaza; la discriminazione contro gli arabi è solo la più brutale espressione del grottesco livello di iniquità sociale e delle fratture che stanno spaccando Israele. Oltre 1,6 milioni di israeliani, su sette milioni, vivono in povertà, compresi 800 mila bambini, uno su tre. I lavoratori poveri sono il 45% della popolazione, mentre il numero di milionari israeliani pro-capite è il doppio della media mondiale».

«Lieberman (il capo estremista-razzista che sarà ministro degli Esteri, ndr) ha saputo sfruttare con successo queste divisioni sociali e politiche, specie fra gli ebrei russi e una parte della gioventù, con promesse demagogiche di un programma di opere pubbliche per ridurre la disoccupazione, uniti al suo razzismo anti-arabo. E’ un’eco inconfondibile delle politche utilizzate da Hitler e dai nazisti per prendere il potere in Germania 75 anni fa. (Avigdor) Lieberman è l’inevitabile prodotto di uno Stato fondato sull’esproprio di un altro popolo e che si mantiene in piedi a forza di guerra, repressione, sistematica discriminazione e l’imposizione di incredibili livelli di ineguaglianza sociale... Il futuro ministro degli Esteri è l’incarnazione stessa del vicolo cieco in cui il sionismo ha condotto il popolo israeliano».

Se la filippica di Shaoul vi sembra eccessiva, considerate quest’altra notizia: il glorioso Tsahal  ha dovuto assoldare investigatori privati per smascherare i giovani che si sottraggono al servizio di leva adducendo motivazioni religiose. E’ una scusa a cui ricorrono specie le ragazze, valendosi di un privilegio caldamente voluto dai rabbini fanatici per gli studenti delle loro yeshivot; esse ottengono l’esenzione sostenendo che la loro modestia sessuale verrebbe messa in pericolo dal servizio militare, dominato da maschi.

Ma i detectives assoldati dall’Israeli Defense Force pedinano le pie fanciulle, e documentano mentre, in minigonna, baciano per strada un coetaneo (cosa che le vere ortodosse non fanno in pubblico), entrano nei bar, e poi magari – orrore! – salgono su un ascensore il giorno di Sabato, quando è vietato accendere fuochi e dunque premere pulsanti elettrici. Ben 520 ragazze sono state beccate in atti a-religiosi, e poste di fronte al dilemma: o la galera, o l’arruolamento. Hanno scelto l’arruolamento.

Secondo i dati dello stesso Tsahal, il 40% delle ragazze prova a farsi esentare adducendo scrupoli talmudico-religiosi, e il 36% ci riesce. Fra cui il caso clamoroso di Maya Buskila, una pop-star giudaica nota per le sue esibizioni osèes in abbigliamenti, diciamo, incompleti, che rifiutò il servizio 12 anni fa, dichiarandosi pia.

Ma anche i maschi ci provano sempre più spesso. Nel 1995 erano un quinto a chiedere l’esenzione per motivi religiosi, oggi sono un terzo (oltre il 30%), anche se solo 20 israeliani su cento si professano religiosi praticanti. Nel 1991 le donne che evitavano il servizio con questa scusa erano il 2%, oggi il 36%. In pratica, i figli dell’intera classe media cercano di evitare la milizia nel glorioso Tsahal, perchè la vedono come una interruzione delle loro carriere nel business (poi anche loro, dopotutto, hanno anche una o due altre patrie dove emigrare).

A presidiare la purezza delle armi dell’esercito più morale del mondo (come ripetono i politici) restano i miserabili, i marginali, i fanatici religiosi e i delinquenti comuni, ben felici delle libertà che i loro superiori concedono nelle ricorrenti invasioni di Gaza: sparare su inermi, cecchinare donne e bambini, come hanno rivelato alcuni soldati dopo l’ultima «guerra».

Che importa? Pochi ma buoni, pensano i comandi supremi. E per attrarre questi tipi umani nei corpi di elites, mettono in vendita negli spacci militari delle T-shirts con cui i soldati di Sion, una volta tornati alla vita civile, potranno vantarsi con le ragazze delle loro imprese (3).



http://www.philipweiss.org/.a/6a00d8341cc8ad53ef01127982adff28a4-pi



Ammirevole la T-shirt blu a destra, di cui si fregiano i bravi ragazzi della Brigata Givati: «1 shot 2 kills», significa «due piccioni con una fava», ma più letteralmente: «un colpo solo, due ammazzati». Il perchè è spiegato nel disegno: nel collimatore c’è una donna palestinese col pancione, è incinta. Ammazzare la futura madre è prendere due piccioni con una fava.

Le magliette vantano - e rivelano - esattamente quel tipo di azioni che i comandi di Tsahal negano siano mai avvenute: «confirming the kill» (ossia sparagli in testa da vicino, in modo che l’ammazzi di sicuro), l’assassinio gratuito di donne  incinte e bambini, o la profanazione di siti religiosi.



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Ecco qui sopra alcuni modelli di disegni, che i guerrieri di David possono far stampare sulle magliette insieme alle insegne del loro reparto.

In alto, un disegno della Brigata Givati: un’aquila-culturista ebraica sodomizza il presidente di Hamas, Haniyeh.

In basso a sinistra, la scritta «Better use Durex» (meglio che usi Durex) può sembrare sibillina. Per fortuna, la vignetta spiega tutto: il mirino israeliano inquadra un bambino morto in un lago di sangue, con il suo orsacchiotto accanto, e la mamma palestinese che piange in ginocchio vicino a lui. Sicuramente la signora, la prossima volta, userà la nota marca di preservativi. E’ il famoso umorismo ebraico, se non si fosse capito. Farà ridere la Nirenstein, forse Ferrara vorrà una di queste magliette.

L’immagine a destra è la T-shirt di cui possono fregiarsi i giovani usciti dal corso per tirarori scelti del Carmon Team: mostra un palestinese con coltello inquadrato nel mirino, e sopra la scritta: «Corri veloce, veloce, veloce, prima che sia finita!».

Sotto, un altro disegno da scegliere: donne palestinesi in lacrime su una tomba, e la scritta (tratta da una canzone popolare), «... E dopo piangono, e dopo piangono...».

Come ha rivelato un articolo di Haaretz (edizione in ebraico: laviamo i panni sporchi in famiglia, è il caso di dire) la scelta è molto più vasta di quella illustrata:

Una T-shirt da fine-corso per cecchini mostra un bambino palestinese che cresce, diventa un ragazzo combattivo e poi un adulto armato, e la scritta esplicativa: «Meglio finirlo prima che cominci».

Il battaglione Lavi produce una maglietta che mostra un soldato israeliano con ai suoi piedi una donna araba malmenata, e la scritta: «Lo sapevi che ti violentavo!».

Un’altra, della brigata Givati: «Ogni madre araba sappia che la vita di suo figlio è nelle mie mani». Altre magliette mostrano un soldato come Angelo della Morte presso una città araba, un soldato come King Kong sopra una città in fiamme e lo slogan: «Tutto ciò che è stato aggiustato si può distruggere».

Come ha detto uno dei soldati che hanno rivelato le atrocità negate dai comandi israeliani, descrivendo l’uccisione a freddo di una madre con i suoi due figli: «L’atmosfera generale, da quel che ho capito dalla maggior parte dei miei uomini con cui ho parlato, è... che le vite dei palestinesi, diciamo così, sono meno, molto meno importanti che le vite dei nostri soldati».

Orna Sasson-Levy, sociologa della Bar Illan University, dice che le magliette spiritose «sono parte del processo di estremizzazione che sta subendo l’intero Paese, e i soldati ne sono all’avanguardia».

Già, appunto: proprio quel che accadde nella Germania quando uscì dalla prima guerra mondiale «pugnalata alla schiena», dopo lo spettacolo della corruzione di Weimar e l’iper-inflazione. Se già agli inizi della crisi economica i normali cittadini di Sion saccheggiano i negozi, pensate solo a cosa faranno quei ragazzoni in T-shirt, addestrati ad ammazzare senza scrupoli, quando la disoccupazione li renderà meno inclini a ridere.

Lo Stato messianico è realizzato, ma non proprio come promesso dall’alto. Il Paese degli eletti soffre di un certo isolamento dopo i suoi eroismi di Gaza. I rapporti con la Turchia, importante alleato e partner nella regione, sono rovinati. Le squadre sportive di Sion in trasferta hanno trovato manifestazioni ostili in Spagna, Svezia e Turchia. Parecchie organizzazioni umanitarie e giuristi internazionali pretendono un’inchiesta per le atrocità commesse a Gaza. Una «Settimana contro l’apartheid in Israele» ha visto manifestazioni in 54 città occidentali, il doppio dell’anno scorso (per fortuna a Roma c’è il servo-pastore Alemanno, che obbedisce). Il Portogallo ha chiesto formalmente alla Unione Europea di invitare Israele a mettere fine all’ampliamento continuo delle colonie ebraiche nei territori occupati, in quanto «chiaramente compromettono la pace» (4). Persino Xavier Solana, il semi-ministro degli Esteri della Unione Europea, ha minacciato che la comunità intende rivedere i suoi rapporti con Israele, se non mostra un vero impegno alla creazione di uno Stato palestinese.

Naturalmente, gli eletti non hanno intenzione di dar ragione a degli inferiori. Continuano a impedire l’entrata a Gaza di merci secondo loro di possibile utilizzo militare, fra cui i ceci secchi. E benchè il progetto di Israele e dei suoi servi internazionali sia quello di indebolire Hamas dando più forza economica all’Autorità Palestinese, il Regno di Sion continua a bloccare le consegne di denaro liquido nella striscia di Gaza, essenziale alla Autorità palestinese per pagare stipendi ai suoi funzionari e a chi accetta di aderire, abbandonando Hamas, al nuovo ordine di soggezione. Persino a Ramallah i funzionari dell’Autorità non ricevono lo stipendio.

In compenso, il ministro degli Esteri israeliano ha stanziato 2 milioni di dollari per migliorare l’immagine del Paese all’estero: «Manderemo all’estero famosi romanzieri e scrittori, compagnie teatrali, mostre», ha annunciato Arye Mekel, direttore generale per gli Affari Culturali del ministero.

Per favore, mandateci anche un bel po’ di quelle splendide T-shirts: vorremmo regalarle a molti amici vostri, Alemanno, Fini, Ferrara (XXL, prego). E magari una per il Santo Padre, prima che arrivi a chiedervi perdono di tutto il male che vi abbiamo fatto. Che veda il volto umano del «messianismo realizzato».

Come già il «socialismo realizzato» risultò alquanto inferiore al «socialismo idealizzato», anche qui bisogna aver fede, e aspettare gli ultimi ritocchi. Poi sarà infine la pace promessa al popolo eletto:

«Ti darò i goym come tua eredità... Li spezzerai con bastone di ferro, come vaso d’argilla li frantumerai» (Salmo 2, 8-9).

«Le nazioni e i regni che non ti serviranno, periranno; sì, queste nazioni saranno totalmente distrutte» (Isaia 60:12).

«Raggiungerà la tua mano tutti i tuoi nemici, la tua destra raggiungerà coloro che ti odiano. Li ridurrai qual forno ardente al tuo solo apparire; il Signore li divorerà col fuoco» (Salmo 21,9-11) .Già fatto. Questa promessa è stata realizzata grazie alla bombe al fosforo Made in USA.

Come anche questa: «E’ giunta la calvizie su Gaza» (Geremia 47,5). E mica solo calvizie.

Come vedete, il Regno si avvicina, di giorno in giorno, un po’ di più. Bisogna solo accellerarlo un po’, fino all’adempimento della santa promessa: «Non temere servo mio Giacobbe, perchè con te io sono. Farò sterminio di tutte le nazioni ovunque ti ho fatto disperdere» (Geremia  46. 28).



1) Batsheva Sobelman, «In Israel, recession pressures boil over into looting», Los Angeles Times, 19 marzo 2009.
2) Jean Shaoul, «Israeli crisis deepens», World Socialist Website, 18 marzo 2009.
3) Philip Weiss, «Racist and sexist Israeli military shirts show the mindset that led to war crimes in Gaza», Mondoweiss, 20 marzo 2009.
4) L’iniziativa è partita da Luis Amado, il ministro degli Esteri portoghese, che ha inviato una lettera sul tema ai 27 colleghi, a Solana e al Benita Ferrero-Waldner.


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