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In Siria, giochi sporchi e tante mani
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L’Europa al completo – fra cui l’Italietta del Bilderberg Monti – ha espulso gli ambasciatori della Siria, prodromo di più severe misure (Hollande chiede la guerra). Il perchè è noto: l’orrendo massacro di Houla, 116 morti fra cui 32 bambini sotto i dieci anni. Colpa del regime siriano, certamente. Lo assicura immediatamente la Organizzazione Siriana dei Diritti dellUomo, che è una filiale dei Fratelli Musulmani con base a Londra: da cui fa sapere che le povere vittime «sono perite negli intensi bombardamenti operati dalle forze governative».

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La BBC, per provarlo, pubblica la nota foto: agghiaccianti file di bambini morti in bianchi sudari, con la dicitura «cadaveri di bambini ad Houla, in attesa di sepoltura». Invece si tratta di una foto scattata in Iraq, ad Al Mussayyib, ben 9 (nove) anni prima dal reporter Marco di Lauro, il quale protesta e smaschera il trucco. Il fatto è che la BBC non aveva ancora immagini dell’eccidio; queste arrivano poco dopo, riprese dai ribelli «democratici» siriani, in video in cui si vedono i ribelli stessi maneggiare i cadaverini come sacchi di patate, senza alcun rispetto nè pìetas.



Il fatto è che si vede anche che i cadaverini sono stati giustiziati con colpi alla testa sparati a bruciapelo. E a proposito: come mai i ribelli, i buoni, erano lì a filmare i cadaverini non ancora induriti dal rigor mortis? Quindi appena ammazzati? (Massacri in Siria: smascherata la truffa della BBC)

Allora la versione cambia: non più gli intensi bombardamenti del regime, ma milizie irregolari hanno commesso l’eccidio. Ma attenzione: mica i miliziani che si vedono nel video, quelli no; sono democratici e amanti dei diritti umani, sono i buoni. Esistono «milizie irregolari del regime», ed hanno fatto loro tutto. Davvero? Per fortuna interviene Bibi Netanyahu, il noto premier israeliano, a dire la sua: lo «spaventoso» eccidio è stato fatto da... Hezbollah e dagli iraniani, che hanno mandato uomini in Siria. Conclusione del Bibi: «Il mondo deve agire contro l’Iran per queste uccisioni». È l’ossessione di Bibi: qualunque cosa succeda, Bomb, bomb, bomb Iran.

Robert Mood
  Robert Mood
Gli ambasciatori vengono espulsi dall’Europa, senza che alcuna prova sugli autori del massacro sia portata. Eppure è chiaro che il regime, per quanto spietato e corrotto, sarebbe semplicemente stupido a compiere un simile eccidio proprio nel giorno in cui il generale Robert Mood, il capo degli osservatori ONU mandati in Siria nel quadro del tentativo di mediazione di Kofi Annan, si apprestava a fare il suo rapporto sull’avanzamento del piano Annan davanti al Consiglio di Sicurezza.

Per contro, sono i ribelli (chiamiamoli Armata Siriana di Liberazione, «Al Qaeda», libici e sauditi o come volete) ad aver interesse a far fallire il piano Annan, ed a provocare un intervento occidentale; non sono in grado tener testa da soli all’esercito siriano. Un massacro di bambini che susciti il dovuto orrore e sdegno in Occidente serve allo scopo.

  
Più precisamente al «piano B»: creare una zona protetta dagli occidentali tra Homs e la frontiera libanese e turca, per servire da zona liberata della guerriglia anti-Assad. Magari una «no-fly zone» garantita dalle bombe NATO, come fu a Benghasi: molti dei «liberatori» vengono da lì dopo aver «liberato» la Libia dal regime di Gheddafi, ed hanno voglia di replicare il gioco in Siria. Houla infatti, per puro caso, si trova nella provincia di Homs. E i «liberatori» sono già noti per aver compiuto massacri mirati e terroristici nelle zone «liberate». Qui, la zona-cuscinetto o «santuario» nel governatorato di Homs vede già in corso la pulizia etnica dei cristiani e degli alawiti fedeli ad Assad.

Il progetto – come in Libia – è appoggiato dalla Francia (oggi di Hollande) e da Londra; infatti cercano di far approvare al Consiglio di Sicurezza una condanna del governo siriano; non solo, l’intimazione che l’esercito siriano «smetta di usare le armi pesanti e si ritiri dalle città e dai loro dintorni»: proprio quel che ci vuole per creare la zona-santuario dove i ribelli possano spadroneggiare e terminare la pulizia. Tentativo bloccato dalla Russia, che ha chiesto almeno di sentire, prima, il generale Mood.

Ma ad Holland che parla (di nuovo) d’intervento armato, risponde la Casa Bianca: con un no, forse sorprendente. La «ulteriore militarizzazione» della Siria porterebbe «altro caos e altro carnaio», dice Jay Carney, il portavoce della casa Bianca. Il presidente Obama «intende continuare a lavorare con il Consiglio di Sicurezza ONU e con l’inviato Kofi Annan dell’ONU per premere sul leader siriano Bashar al-Assad». Del resto, aggiunge la portavoce del Dipartimento di Stato (ossia della Clinton) Victoria Nuland, «noi apprezziamo il fatto che i russi vogliano una inchiesta completa (sul massacro), perchè indiscutibilmente mostrerà che sono stati delinquenti del regime a sparare a bruciapelo ai bambini e ai loro gentiori... ».

Si fa circolare la voce – ripresa da DEBKA, megafono dei servizi israeliani – che «Mosca non sostiene più Assad e il suo regime e sostiene appieno la missione dell’inviato dell’ONU Kofi Annan». Insomma si fa passare come novità, anzi una svolta russa, quella che è la costante posizione russa sulla questione siriana: non si tratta di sostenere l’uno o l’altro, ma di sostenere il piano Annan – che Mosca è stata la prima a volere. (Russian arms ship turned away from Syria. President Putin’s first misstep)

Una cosa è dunque chiara: Barak Obama non vuole a nessun costo arrivare alle elezioni di novembre con un’altra guerra in corso. E manda segnali a Mosca, che sono nella linea di quando, qualche settimana fa, a microfoni creduti spenti, disse a Medvedev di riferire a «Vlad» di pazientare, «perchè è la mia ultima elezione, e dopo sarò più libero», non dovendo essere rieletto.

Per Obama, ormai, la Siria è una questione elettorale, interna. E il suo vero nemico è il candidato-rivale Mitt Romney che (consigliato dai suoi consiglieri neocon) lo accusa di continuo di debolezza sulla Siria, e lo sfida ad armare i ribelli. I quali sono già armati da gruppi di potere americani: gruppi che non rispondono alla Casa Bianca. Almeno non alla Casa Bianca di Obama. (La Siria sotto l’attacco degli squadroni della morte anglo-americani)

Che questi gruppi tentino dunque una ulteriore forzatura per rendere ineluttabile «l’intervento armato umanitario», è il vero pericolo; vergognoso che Hollande, Monti e gli inglesi siano schierati con tali gruppi. Ed è possibile che lo facciano per un motivo tutto interno americano, favorire il candidato più neocon che offra la piazza.

Forse i bambini di Houla sono stati uccisi per silurare la seconda presidenza Obama, e ciò già provoca disgusto. Ancor più nausea dà il pensiero di una replica siriana della Libia.

I media non ne parlano più, ora che in Libia c’è la «democrazia». Per non spiegare che i «ribelli», che nulla univa se non la disposizione a servire come miliziani a terra della NATO, si massacrano oggi a vicenda. A fine marzo si sono sparati nella città di Sabha, per oscuri motivi tribali, due fazioni: 147 morti e 395 feriti. (Libyan tribal clashes kill at least 147 people)

L’8 maggio hanno assaltato vari edifici governativi a Tripoli, fra cui il palazzo del Primo Ministro provvisorio, Abdurrheim al Kaib: reclamavano le loro paghe, pomesse per aver abbattuto Gheddafi. (Libya PM office attacked by gunmen in Tripoli)

In realtà, ai combattenti anti-Gheddafi il governo dice di aver pagato 1,4 miliardi di dollari in tre mesi, ma la gran parte di questo fiume di denaro è finita in altre mani. (Libya finance minister says to resign soon, cites "wastage")

Del resto, come sappiamo tutti, la «democrazia» porta corruzione: almeno 2,5 miliardi di dollari di entrate petrolifere, che dovevano entrare nel Tesoro pubblico della nuova Libia, sono scomparse, evaporate. (Result of U.S.-NATO war on Libya: Corruption, torture, chaos)

Le compagnie petrolifere straniere foraggiano le «nuove elites del Paese», e sono queste che si spartiscono gli introiti. Classi «che nessuno ha eletto», e che propserano grazie ad «armi, soldi e PR», ha lamentato l’ex Primo Ministro Ali Tarhouni: ma non si lamenti, anche in Europa va molto la democrazia di non-eletti. (Libya leaders supported by "money, arms, PR"- ex-premier)

Le grandi infrastrutture decadono e non sono mantenute – fra cui il Grande Fiume Artificiale che forniva acqua alla costa – e la miseria avanza fra una popolazione che, nei decenni della dittatura Gheddafi, aveva visto crescere la sua speranza di vita da 55 a 77 anni. (Libya leaders supported by "money, arms, PR"- ex-premier)

Ma che nessuno osi lamentarsi: il governo di transizione (i «non-eletti») ha votato una legge 37 che condanna alla galera chi «loda o glorifica Gheddafi, il suo regime o i suoi figli». Una legge 38, per contro, accorda l’immunità a tutti coloro che hanno commesso delitti, omicidi o saccheggi, «al fine di promuovere la rivoluzione». Le «brigate per ripulire il Paese dai negri» possono così continuare le loro cacce all’uomo e le loro pulizie etniche, indisturbate. (Gunmen kill seven at Libyan refugee camp)

Il più pregiato genere di export della Libia, oggi, sono i criminali salafiti (o «Al Qaeda pro-americana») che vanno a combattere in Siria il regime di colà, con armamento fornito dagli USA. O dai poteri USA che Obama non controlla. (Libya ‘cannot stop’ fighters joining Syria rebels)

Perchè AFICOM, il comando militare USA per l’Africa, fa la sua politica per conto dei petrolieri e dei capitalisti estrattivi: hanno inviato truppe in almeno quattro Paesi africani, la Repubblica Centrafricana, l’Uganda, il Sud-Sudan e la repubblica democratica del Congo. Ed ha annunciato, per il 2012, ben 14 esercitazioni militari congiunte in Africa.

Praticamente è in corso la reconquista dell’Africa nera, minacciata dalla penetrazione cinese. Ciò non sarebbe stato possibile con Gheddafi al potere, per l’influenza che esercitava nel continente come ex presidente dell’Unione Africana e grande finanziatore degli staterelli negri. Basti pensare al suo progetto, con 30 miliardi di dollari di fondi, per creare una Banca dello Sviluppo per l’Africa, il che ne avrebbe ridotto di parecchio la dipendenza dalla finanza occidentale.

Dal caos libico, dunque, c’è chi guadagna. Come si guadagna nel caos dell’Occidente, in cui il tramonto dell’egemonia USA si manifesta anche come un caotico venir meno della unità di comando, con l’emergere di poteri plurimi e in contrasto. Ma noi, che ci abbiamo guadagnato?

A noi italiani resta l’angoscia di vedere che la NATO, Parigi e Londra hanno fatto crescere in Libia, ad un braccio di mare da noi, uno Stato caotico e criminale, instabile, rigurgitante di armati e di fanatici in arretrato di salari, covo prestabilito di ogni genere di delinquenza, di terroristi e di settarismo islamista. E il nostro governo (o più precisamente il loro) sta dando una mano perchè la stessa realtà si costituisca in Siria.

È nel nostro cosiddetto interesse nazionale? Ma non c’è da chiederlo a Monti: l’interesse, per lui, è quello sovrannazionale, bilderbergheriano.



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