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Bilderberg ci ha scelto il capo UE
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Herman Van Rompuy, ex funzionario della Banca Centrale belga, è stato scelto per fare il primo presidente UE in una riunione del Bilderberg.

Il gruppo segreto di politici, banchieri e imprenditori «atlantisti» seguiva da vicino le manovre e trattative in corso, a porte chiuse, per le massime cariche dell’Unione. Giovedì 12 novembre un gruppo di membri dell’eletta e potente conventicola s’è riunito nel castello di Hertoginnedal (Valle delle Duchesse) presso Bruxelles per fare un ultimo esame al loro candidato. Era presente, ovvio, Henry Kissinger; presidente di turno del gruppo il premier svedese Reinfeldt.

president_UE_1.jpgVan Rompuy è stato presentato e garantito dal visconte Etienne Davignon, uno dei fondatori del Bilderberg, potente e discretissima figura del potere a Bruxelles, che è stato vice-commissario europeo negli anni '80.

Simbolica e molto significativa la sede scelta dai congiurati: il castello della Valle delle Duchesse è quello che ospitò i colloqui che portarono al Trattato di Roma nel 1957, ossia alla nascita della Comunità. Lorsignori hanno voluto far sapere che loro l’hanno fatta fin da allora, e sono i padroni.

Il candidato ha esposto il suo programma: anzitutto, vuole creare ed imporre una tassa europea (sull’inquinamento), in modo che l’eurocrazia di Bruxelles non debba più dipendere dai contributi degli Stati-membri. Ha parlato di un’altra tassa, «a livello europeo», sulle transazioni finanziarie internazionali. Le tasse proposte avranno probabilmente la forma di una «addizionale» sull’IVA, sui carburanti e sui biglietti aerei. E’ quel che il candidato bilderberghiano ha chiamato «un sistema di tributi per finanziare la UE e farla finita con le continue battaglie per il bilancio di Bruxelles». Bruxelles costa, costa sempre più.

Questo autonomo potere tributario renderebbe la Commissione UE un vero superstato, indipendente dagli Stati membri, su cui eserciterebbe un potere senza restrizioni; non più una sorta di confederazione qual'è oggi, ma un potere accentrato ed autonomo. Il modello è quello degli Stati Uniti.

Varrà la pena di ricordare che la imposizione federale fu quella che distinse, nella Washington di fine ‘700, i «federalisti» (che nel gergo pubblico americano significava gli accentratori, fautori di un forte potere unitario sugli Stati locali) dai «confederalisti», che preferivano che il potere fiscale restasse agli Stati, che poi avrebbero contribuito alle spese federali pro-quota. Vinsero i federalisti, ossia gli accentratori.

I propositi di Van Rompuy non sono piaciuti a tutti nel Bilderberg. Secondo De Tijd, «un ospite italiano (chissà chi è?) ha posto alcune domande puntute» al candidato. Ma nel Bilderberg vige il «centralismo democratico» adottato di peso dal metodo del PCUS sovietico: si discute liberamente fra eletti (per questo le riunioni sono segrete) ma alla fine la minoranza deve obbedire alla decisione della maggioranza, anzi applicarla.

president_UE.jpgCosì la decisione è stata presa: Van Rompuy. La proposta di creare tasse europee, secondo i diplomatici che hanno conosciuto il  discorso tenuto al Bilderberg, «non lo favoriva certo come candidato». Invece, Bilderberg ha ordinato, e il presidente a rotazione, lo svedese Reinfeldt, ha obbedito. Unico a darne notizia, il giornale fiammingo De Tijd.

Finita la girandola di nomi, finite le manovre di Sarkozy e Merkel, finite le consultazioni dietro porte chiuse dei 27 delegati degli Stati, di cui non si è fatto comunque sapere niente ai giornalisti (è il nuovo stile del nuovo super-Stato).

Van Rompuy è un omino senza capacità nè esperienze diplomatiche internazionali: a maggior ragione, obbedirà ai consigli del Bilderberg. La sua nomina garantisce la continuazione della politica «atlantica» e della ferrea fedeltà – sottomissione – a Washington, che già Solana e Barroso avevano portato a vertici che si potevano credere inarrivabili. Addio politica autonoma verso la Russia e verso Israele.

D’Alema, come previsto, non è stato scelto a fare il ministro degli Esteri: non piace a Sion, dunque non piace agli USA, e perciò nemmeno ai socialdemocratici europei (Daniel Cohn-Bendit l’aveva bocciato in anticipo: si è obbedito anche a lui). La  nomina alla carica di Lady Ashton, la commissaria al commercio, rafforza la continuità filo-atlantica, e dà come previsto il potere sulla poltiica estera europea alla Gran Bretagna. Per qualche motivo, qualcuno ha deciso che Londra – che è per metà fuori dall’Europa – deve avere uno dei due seggi più importanti della nuova federazione centralizzata.

L’opacità in cui è avvenuta la selezione ha fatto scrivere al giornalista britannico Robert Bridge: «Il processo elettorale segreto delle elezione somiglia più a un conclave vaticano per eleggere un Papa, che ad un moderno esperimento in procedura democratica. Tanto vale che la UE appronti un camino a Bruxelles, che con i suoi sbuffi di fumo bianco o nero ci avvertano di quando gli arcani rituali sono completi».

Vaira Vike-Freiberga, la candidata lettone, ha usato una ben altra metafora, di cui è esperta: L’Europa «deve smettere di funzionare come l’Unione Sovietica, nell’oscurità e dietro porte chiuse. Il presidente polacco Kaczynsky ha detto di temere un’Europa-«Moloch», governata di fatto da «due o tre Stati grossi». Il ministro degli Esteri polacco Sikorski ha lamentato che il processo non sia stato «il più possibile trasparente e democratico». Un altro diplomatico est-europeo, citato dal Telegraph, ha detto: «Cercare di capire chi sarà il presidente del consiglio UE non è diverso dal cercar di capire chi era dentro e chi fuori dal Cremlino degli anni ’70. A molti di noi sembra strano che, a vent’anni dalla caduta del Muro,dobbiamo rispolverare le nostre abilità di cremlinologi qui a Bruxelles».

Poveri Stati ex satelliti: credevano di essere venuti verso la democrazia, sono venuti sotto il Bilderberg.



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