Draghi obbedisca (agli statuti della BCE)
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Dovete ammettere che Renzi si sbatte. Si sbatte molto, twitta un sacco, sbraita, impera: «80 euro in busta paga!». «Sto facendo la rivoluzione!». «…E basta rinvii!» (ripetuto ad ogni rinvio).

Nonostante le sue rivoluzioni, come dice il vecchio amico Benetazzo, «il governo Renzi è privo di effetto shock». Se chi l’ha mandato pensava di scioccarci a spendere, investire, ad occupare e ad occuparci con uno che sprizza entusiasmo a parole, ha fallito. Anche questa volta, dopo averci dato Monti ed averci dato Letta, già falliti. Più tempo passa, e più il Renzi somiglia a quello della canzone di Aznavour: «Io sono un istrione – e la teatralità – è nata insieme a meee!». Quanto agli altri, quelli che strillano «uscire dall’euro!», come Salvini e Grillo, lasciamo perdere: non sanno come si fa. Parole e parole. Se ci dobbiamo tenere Renzi e sperare che faccia qualcosa oltre l’Istrione, è perché dopo di lui, al Partito resta solo Cuperlo, o Barca (quello della patrimoniale da 400 miliardi), e – appunto – il Grillo-Casaleggio Associati.

Eppure ci sarebbe, fra le tante rivoluzioni che dice-di-fare, una cosa che Renzi potrebbe fare. Una cosa così semplice, che temo di parere ingenuo a proporla: ci dev’essere qui qualcosa che sfugge.

Ecco cosa: l’Italia può ingiungere alla Banca Centrale Europea, a Draghi e al suo Comitato centrale, di stampare euro per portare l’inflazione al 2%.

Ohibò, il potere politico che «fa pressioni» sull’autorità di emissione? Sacrilegio! Un momento, non si tratta affatto del demoniaco tentativo di ingerirsi, di violare l’autonomia sacra della BCE, la sua divina trascendenza cal disopra di tutto gli esseri viventi, sudditi e Stati-servi. Si tratta soltanto di esigere dalla Banca Centrale che obbedisca ai suoi stessi statuti.

Sono gli statuti sacri ed inviolabili della BCE che le danno il compito di modulare la massa monetaria, in modo da tenere il tasso d’inflazione «attorno al 2%» (che può essere anche poco meno del 3). Ebbene, a febbraio l’inflazione nell’eurozona è stata dello 0,7. La stessa BCE prevede che non sarà, a fine anno, che dell’1,5%, ed è ottimista; sono ormai sei mesi di fila che l’inflazione è calata sotto l’1% nella zona; e nei loro testi sacri, i banchieri centrali dovrebbero rileggersi cosa succede quando si cade nella deflazione.

La Grecia è in deflazione già da mesi, coi prezzi calanti del -6%. La Spagna è entrata ufficialmente in deflazione da pochi giorni: indice dei prezzi è calato al -0,2% (meno 0,2). Come si vede dalla tabella qui sotto, i prezzi dell’energia sono crollati a -2,1, i beni industriali sono rincarati dello 0,3 (in pratica sono fermi), e il cibo (lasciamo perdere l’alcol e il tabacco), sale dell’1%; ma come vedete, tutti i prezzi stanno calando da un anno. È questa tendenza che deve far paventare la deflazione.



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Persino il Fondo Monetario grida da tempo l’allarme-deflazione. Secondo dati Eurostat, l’indice dei prezzi in Francia sono -1%, in Olanda, Belgio e Slovenia -2, in Italia -4 e altrettanto in Spagna e Portogallo, in Grecia -6%, a Cipro -10. Il solo Paese che nega la deflazione è la Germania, perché l’indice dei prezzi là aumenta. Dello 0,9%.


Nel mondo d’oggi, sono le banche a creare il denaro dal nulla, indebitando chi chiede prestiti. A cominciare dalla Banca Centrale. Ebbene, il collasso dei prestiti e la restrizione della Banca Centrale è tutta nella tabella di cui sopra.

È la BCE che è inadempiente, perché lascia contrarre la massa monetaria, di cui invece dovrebbe modulare i volumi (prestando, «stampando»...) onde mantenere il 2%, o «attorno» al 2%, che può anche significare 3.

La deflazione aggrava la crisi. Gela ancor più profondamente la propensione al consumo, che da noi è già stroncata dalla vessazione fiscale (se spendi 3800 euro, hai sul collo Equitalia che ti va a frugare nei conti, lurido evasore). Soprattutto, ed è quello che dovrebbe allarmare Renzi o chi ce l’ha mandato, taglia il gettito fiscale e aggrava il peso del debito pubblico e rende più probabile la bancarotta dei Paesi molto indebitati. Una delle ragioni per cui il debito pubblico italiano è salito dal 119 al 133% dal 2010 ad oggi (a parte la causa dei voraci parassiti strapagati), è che stiamo entrando decisamente in deflazione. È il motivo per cui il Portogallo, con meno parassiti dei nostri, ha visto salire il suo debito dal 94 al 129% del Pil.

La sola ragione di ciò è che la BCE obbedisce alla Germania. Ma perché? Anche noi siamo soci, e lo sono Spagna, Portogallo, Grecia. Non si tratta di violare la sacra «autonomia» dei banchieri, si tratta di esigere che facciano ciò che è scritto negli statuti. Draghi potrà sempre andare dai tedeschi a dire: «Seguo il regolamento». È una risposta che dovrebbe piacere, meglio di quella di Eichmann che resta il nume tutelare della BCE a Frankfurt: «Io non c’entro, non ho fatto che eseguire gli ordini».

Perché non si chiede questo? Perché spingere il servilismo fino alla propria rovina? Forse, persino la stessa Germania lo vorrebbe — solo vuole che siano altri a chiederlo, per non dover ammettere che ha commesso un (altro) errore storico e strategico. Lo dico perché Jens Weidmann, il falco della Bundesbank che dice Nein e Nein e Nein a qualunque ipotesi di quantitative easing, ha recentemente borbottato qualcosa a proposito di «misure non convenzionali» contro cui «non ha obiezioni» (sic: proprio lui), anche se ha barbugliato che lui, personalmente, preferirebbe «interessi negativi»: una cervellotica scappatoia per scongiurare la parola: stampar moneta, e per di più inetta.

Ed è qui che c’è qualcosa che non capisco. Perché tutto il resto dei Paesi vittima e dell’euro si comportano come se la BCE avesse un solo padrone, il tedesco?, quando vi contribuiscono anche loro? Quando hanno i loro banco-rappresentanti nel Zentrale Komitet? Ma poi: chi mandiamo lì a discutere con i Weidemann e i Draghi e gli altri? Capiscono qualcosa? Hanno un minimo di potere di dire almeno questo: Draghi obbedisca agli statuti?

Sembra di no. Perché il commissario europeo ai mercati interni e finanziari, il francese Michel Barnier, dopo aver notato con giusto allarme il collasso dei volumi di credito al settore privato in tutt’Europa (-2,2% in un anno, che si aggiunge alla caduta degli anni precedenti: siamo nella crisi nera dal 2008), che cosa propone?

Di rilanciare le cartolarizzazioni (securitization, in inglese), ossia lo spaccio di debiti tagliati a fette a risparmiatori da parte delle banche: quello stesso spaccio che ha provocato la crisi dei subprime, in cui siamo immersi dal 2008. Alle banche d’affari americane, ovviamente, non par vero di rifare il gioco: indebitavano gente che non poteva pagare, e invece di tenersi i debiti a proprio carico nei loro libri contabili, li vendevano ad ignari (privati e fondi pensione) dicendo: danno un interesse sicuro!

Sicuro, se il debitore pagava. Il debitore, ragazza-madre negra con tre figli da tre differenti giovanotti, o il messicano immigrato clandestino, cessò presto di pagare. Ed ecco il crollo. Voglio dire: c’è un Kommissar che ha il coraggio – perché ce ne vuole – di proporre una cosa del genere, con quella reputazione velenosa – e nessuno ha il coraggio di dire alla BCE che faccia quello che, semplicemente, è scritto nei suoi regolamenti? Che cominci a far salire l’inflazione al vertiginoso 2% statutario, che al giorno d’oggi sarebbe grasso che cola? C’è qualcosa che non capisco, qui.

E allora godiamoci Renzi che fa Aznavour: «Perdonatemi se con nessuno di voi / non ho niente in comuneee: / io sono un istrione a cui la scena dà / la giusta dimensioneee». Però è meglio l’originale.






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