Qual è la Città Santa della Nuova Alleanza?
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Il 10 dicembre del 2015 – per il 50° anniversario della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate – è stato pubblicato il Documento della “Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo” intitolato “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rom., XI, 20)”, firmato dal Presidente della suddetta “Commissione” card. Kurt Koch[1], dal Vice-Presidente S. Ecc. Mons. Brian Farrell e dal Segretario padre Norbert J. Hofmann[2].

In un prossimo articolo mi occuperò in profondità di questo Documento. Nel presente articolo mi limito a far notare, per rapporto al tema trattatovi: Aut Roma/ Aut Jerusalem, che come Giovanni Paolo II definì gli Ebrei talmudisti “Fratelli maggiori dei Cristiani” (Roma, Discorso nel Tempio maggiore, 13. IV. 1986) alla luce di quanto aveva già detto nella sinagoga di Magonza il 17 novembre 1980 sulla “Antica Alleanza mai revocata”, affermazione ripresa da “Catechismo della Chiesa Cattolica” del 1993 al n. 121: “l’Antica Alleanza non è mai stata revocata” e senza dimenticare che Benedetto XVI ha definito gli Israeliti nostri (dei Cristiani)[3] “padri nella Fede” (cfr. card. K. Koch, “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rom., XI, 20)”, n. 14).

Così oggi molti prelati neo-modernisti (alla scuola di Nostra Aetate) sostengono il primato spirituale di Gerusalemme su Roma, San Paolo rivela: «Dio dicendo “Alleanza Nuova” ha dichiarato la “prima Antiquata”» (Ebr., VIII, 13), inoltre la Nuova Alleanza è fondata, come rivela Gesù, sullo spargimento del suo Sangue: “Questo è il Mio sangue della Nuova Alleanza” (Mt., XXVI, 28), per cui Dio “ci ha resi ministri di una Nuova Alleanza” (II Cor., III, 6), che è anche Eterna “in virtù del Sangue di un’Eterna Alleanza” (Ebr., XIII, 20). La superiorità della Nuova Alleanza sulla Vecchia è rivelata in II Cor., III, 7-11; Ebr., VII, 1-28; VIII, 8; IX, 15; X, 1-8; XII, 24

Ho già confutato su questo stesso sito le definizioni sofistiche date da Giovanni Paolo II dei rapporti intercorrenti tra Giudaismo post-biblico e Cristianesimo. Ora affronto l’eterna questione “O Gerusalemme O Roma”. Infatti se veramente l’Antica Alleanza con Israele sussiste ancora è Gerusalemme la Città Santa di Dio (I Re, VIII, 44) e se i Cristiani sono i “fratelli minori” degli Ebrei talmudisti, allora Roma è seconda a Gerusalemme.

Ma siccome la Vecchia Alleanza è stata rimpiazzata e perfezionata nella Nuova ed Eterna Alleanza, nel Sangue di Gesù Cristo, così l’Ebraismo talmudico ha “per padre il diavolo” (Gv., VIII, 42) avendo Gerusalemme (Atti, XIII, 27) rifiutato e condannato Gesù. Quindi non più Gerusalemme è la capitale spirituale del mondo. Anzi è la Città deicida su cui Gesù pianse (Lc., XIX, 41) e che è stata distrutta da Roma nel 70 e nel 135 d. C. come Gesù aveva predetto (Lc., XXI, 24).

Pietro è venuto ed è morto martire a Roma assieme a San Paolo (Atti, XIX, 21; XXIII, 11; XXVIII, 14). Quindi la Città Santa della Nuova ed Eterna alleanza è Roma.

Roma è sede di Pietro per diritto divino o ecclesiastico?

È disputato se Roma sia sede di Pietro per diritto divino o ecclesiastico: vale a dire se Gesù abbia scelto Roma come Sede della sua Chiesa, oppure la scelta l’abbia fatta Pietro. La prima tesi è sostenuta da S. Roberto Bellarmino, che si fonda su S. Marcello I e S. Ambrogio.

Monsignor Piolanti scrive così: «Ci si chiede quale legame esista tra la sede di Roma e il primato di governo nella Chiesa. È insostenibile che tale legame sia dovuto ad un semplice fatto storico e dipenda dall’arbitrio della Chiesa, che potrebbe scioglierlo, riconoscendo il primato ad un altro vescovo, anche contro la volontà del Romano Pontefice. (...) Sembra esagerata l’affermazione di Melchior Cano, Gregorio di Valenza e soprattutto di S. Roberto Bellarmino, secondo cui la scelta della sede di Roma sia stata indicata esplicitamente da Cristo. Con minore probabilità (...) si è pensato (Paludano, Soto, Bañez) che S. Pietro abbia scelto Roma come sede definitiva per pura deliberazione personale, onde, con la stessa libertà, il suo successore potrebbe trasferirsi ad altra sede. Comunemente si ritiene che la scelta di Roma non fu senza una speciale provvidenza divina (...) (Franzelin, Palmieri, Billot ...). Pertanto nessuno può mutare tale scelta, neppure il Papa; in qualunque luogo risieda (ad es. ad Avignone) egli è sempre il Vescovo di Roma» (A. PIOLANTI, Primato di S. Pietro e del Romano Pontefice, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1953, vol. X, coll. 17-18). In breve Pietro, ispirato da Gesù Cristo, scelse Roma come sede del Papato (questa è la tesi più comune).

Tommaso Zapelena (De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, VI ed. 1954, p. 456) riassume la dottrina dei padri e dei Dottori scolastici e afferma che “Pietro ha scelto la Sede romana per disposizione divina, ossia sotto l’influsso o la mozione della grazia di Dio. Quindi questa scelta di Pietro non può essere cambiata né da Pietro stesso contro l’ispirazione divina, né dai suoi successori i Papi. Questa è la sentenza comune anche tra gli autori recenti”.

Il Gaetano, reputato tra i migliori ecclesiologi della seconda Scolastica (v. Vittorio Mondello, La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, 1965, pp. 114-116), confutando la tesi di Marti Lutero (Resolutio, Lev 3, 308f in LWW 2, 237) secondo cui la Chiesa madre della Nuova Alleanza dovesse essere Gerusalemme, risponde che se è vero che nel Vangelo non si trova nulla di rivelato a riguardo, tuttavia Pietro ha scelto Roma per ispirazione divina. Quindi, stabilito che Pietro ha scelto Roma ispirato da Cristo, come sua Sede, tutti i Vescovi di Roma avranno il supremo Pontificato della Chiesa cattolica istituito da Cristo su Pietro (Cajetanus, De Divina Institutione Pontificatus Romani Pontificis, Roma 18-II-1521, ed. Fr. Lauchert, in “Corpus Catholicorum”, 10, Munster, Aschendorff, 1925, cap. XIII, p. 80).

Infatti secondo Lutero e i protestanti non vi son prove certe che Pietro abbia scelto Roma per ispirazione divina, poiché non è contenuto nella sola Scriptura. Essi ritengono che tale tesi si basi sulla “leggenda” del “Quo vadis”.

La Chiesa romana, spiega i Cajetanus, secondo il suo corpo è eguale  a tutte le altre diocesi, hanno infatti come soggetti fedeli battezzati ed esse non son state istituite immediatamente da Cristo ma dagli Apostoli e dai loro successori: i Vescovi cum Petro et sub Petro; ma secondo il suo capo la Chiesa è stata istituita immediatamente da Cristo, che ha scelto direttamente Pietro come suo Vicario. Ne segue che la Chiesa di Roma sarà Madre e Capo di tutte le Chiesa particolari, compresa quella di Gerusalemme (Gaetano, De Divina Institutione, ed. Lauchert, 1925, cap. XIV, p. 87-100).

L’importanza teologica delle fonti storiche e archeologiche su Pietro e Roma

I principali strumenti attraverso cui si è conservata la divina Tradizione, ossia la principale fonte della divina Rivelazione assieme alla S. Scrittura (Concilio di Trento, sess. IV, DB 783, Concilio Vaticano I, DB 1787), sono: le Professioni di Fede, la sacra Liturgia, gli scritti dei Padri, gli Atti dei Martiri, la pratica della Chiesa e i monumenti archeologici. L’organo della divina Tradizione è il Magistero vivo della Chiesa nella persona del Pontefice romano regnante. Quindi gli scavi archeologici compiuti dalla Guarducci sono un prezioso strumento in cui si trova la divina Rivelazione e specificatamente la Tradizione apostolica, che ci attesta la presenza e la morte di Pietro a Roma. Il Magistero pontificio, è un luogo teologico che interpreta il significato vero e genuino della Tradizione e della Scrittura. Nel nostro caso il Magistero di Pio XII (Messaggio natalizio del 1950) ha dato il significato esatto del ritrovamento dei resti di San Pietro in Vaticano nel 1952-1958. Cfr. G. B. Franzelin, De Divina Traditione, Roma, Gregoriana, 1887.

La Tradizione della Chiesa vuole che Pietro venisse a Roma e vi morisse martire, durante la persecuzione di Nerone, crocifisso a testa in giù, e fosse sepolto in Vaticano, vicino al luogo del suo glorioso martirio. Sulla sua tomba, divenuta ben presto oggetto di venerazione, nel IV secolo sorse per volere di Costantino, la prima Basilica vaticana.

Questa Tradizione si offre alle indagini della scienza. La professoressa Margherita Guarducci ha studiato profondamente la questione, lavorando a partire dal 1952 nei sotterranei della Basilica Vaticana, riuscendo a decifrare i reperti archeologici e gli antichi graffiti sotto l’Altare della Confessione nel 1958 ed infine a identificare le reliquie di S. Pietro nel 1964 (cfr. M. GUARDUCCI, La tomba di Pietro. Una straordinaria vicenda, Rusconi, Milano, 1989; Le reliquie di Pietro in Vaticano, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1995; Le chiavi sulla pietra, Piemme Casale Monferrato 1995; Il primato della Chiesa romana, Rusconi Milano 1991). Ora «se Roma era il centro della Chiesa universale GUARDUCCI, La tomba di Pietro ..., cit., pag. 10).

Roma e non Gerusalemme è la Città predestinata della Nuova ed Eterna Alleanza

Gli Atti degli Apostoli (XXIII, 11) narrano che Cristo stesso si presentò in sogno a S. Paolo per annunciargli che, com’egli aveva dato testimonianza su di lui a Gerusalemme, così avrebbe dovuto darla anche a Roma. Ed ancora gli Atti, parlando della tempesta che colse S. Paolo durante il viaggio da Creta in Italia, fanno intervenire un Angelo per rassicurare l’Apostolo che sarebbe uscito illeso dal pericolo, perché era necessario che S. Paolo “si presentasse a Cesare”, cioè arrivasse a Roma (At., XXVII, 23).

Nel VI secolo Giacomo di Sarûg, vissuto in Mesopotamia, accennando agli Apostoli che affidarono alla sorte la scelta del paese in cui ognuno di essi avrebbe dovuto predicare il Vangelo, considera un «divinum (...) opus» la sorte che assegnò Roma a Pietro. Era infatti, secondo lui, volontà di Dio che «il primogenito dei fratelli», cioè il Principe degli Apostoli, portasse il messaggio di Cristo alla «madre delle città», cioè Roma. Roma ha ricevuto dal Cristianesimo un privilegio unico: quello di una perenne vitalità. «Altre città famose del mondo antico erano morte, l’una dopo l’altra, (...) Roma invece rimase, e rimane, grazie (...) al Cristianesimo. In essa, infatti all’Impero caduco fondato da Augusto, subentrò l’impero perenne della Chiesa universale, cioè “cattolica”» (M. GUARDUCCI, Il primato della Chiesa di Roma Rusconi, Milano, 1991, pag. 141).

La conferma della Teologia e del Magistero

Quindi anche la storia (sin dal I secolo d. C.) e l’archeologia (1952/1964) confermano che il Papa è il successore di S. Pietro (morto e sepolto in Vaticano) nel Primato: che è il supremo potere monarchico su tutta la Chiesa, quale Gesù istituì e affidò a Pietro e che durerà fino alla fine del mondo nella persona dei Papi.

Compiuta l’elezione canonica e l’accettazione, il Pontefice romano ha per diritto divino lo stesso potere supremo di giurisdizione che Gesù diede a Pietro, come suo Vicario e Capo visibile di tutta la Chiesa. Questa è la Fede della Chiesa.

Ultime riflessioni

Il fatto che a Roma esiste la tomba di Pietro, l’Apostolo sul quale Gesù stesso aveva dichiarato di voler fondare la sua Chiesa, è di capitale importanza per il riconoscimento di tale primato. La Chiesa di Cristo è quella fondata su Pietro; ora la tomba e le reliquie di Pietro sono a Roma, nel Vaticano; quindi la vera Chiesa di Cristo è quella Romana.

La Guarducci conclude: «Sarebbe (...) pericoloso, dimenticare (...) che tra la dottrina unica del Cristianesimo e quelle degli altri due monoteismi esistono anche profondi contrasti, sui quali non è lecito passar sopra con indifferenza. Si pensi infatti che dogma fondamentale della Religione cristiana è quello della Trinità divina (...). Ora nulla di simile si ritrova nelle altre due religioni monoteistiche. Si rifletta poi che, mentre per il Cristianesimo fondamento essenziale è l’avvenuta Incarnazione del Figlio di Dio (...) tale Incarnazione è negata dagli Ebrei (...). Quanto poi all’Islamismo, si ricordi che i Musulmani rifuggono (...) dall’idea che Dio abbia un “figlio” e che questo “figlio” abbia potuto subire il supplizio infamante della crocifissione. La prospettiva del Cristianesimo verso il futuro resta quella indicata dallo stesso Cristo. Parlando di se stesso, nel quarto Vangelo (Giov., X, 11) come del Buon Pastore (...), il Redentore afferma di avere altre pecore che non sono ancora del suo ovile, ma che lo diverranno. Egli pensa naturalmente ai discepoli futuri, (...) che verranno (...) nel corso dei secoli, ad ingrossare il gregge da Lui raccolto in Palestina. Alla fine dovrà esservi - Egli afferma - “un solo gregge ed un solo Pastore” (Giov., X, 16). E come avverrà questa felice unione? (...) Essa avverrà grazie all’opera degli Apostoli, ai quali (...) seguiranno i missionari. E dove avrà la sua sede (...) l’unico ovile benedetto che ospiterà fino alla consumazione dei secoli il gregge di Cristo? La risposta è facile, oggi ancora più facile che nel passato: l’avrà a Roma. È infatti accertato (...) che a Roma (...) la Chiesa cattolica (...) è - per miracolosa eccezione - materialmente fondata sulle autentiche reliquie di Pietro. A Roma, dunque, debbono rivolgersi gli sguardi di chi pensa al futuro del mondo cristiano e onestamente lavora per esso» (M. GUARDUCCI, Le chiavi sulla Pietra, Piemme, Casale Monferrato, 1995, pagg. 58-59).

La professoressa Guarducci termina così: «Su queste [reliquie di Pietro, ndr] è materialmente fondata la Chiesa di Roma (...). Cristo, dichiarando a Pietro di voler fondare su di lui la sua Chiesa (...) [ha] voluto profeticamente alludere proprio alla Chiesa di Roma, ed alla sua continuità lungo il corso dei secoli fino all’ultimo giorno (...). Sotto l’altare della Basilica [vaticana] si trovano ancora, miracolosamente superstiti, i resti mortali di quel Pietro che, per volere di Cristo, è stato, è e sarà fondamento della sua Chiesa» (M. GUARDUCCI, Le reliquie di Pietro in Vaticano, cit., pag. 133). La vera scienza conferma e non contraddice la Fede.

AUGURO UN SANTO NATALE A TUTTI. PACE E BENE!

d. Curzio Nitoglia



1) “Koch” è un cognome ebraico di origine askenazita, che deriva dal tedesco küche, ossia cuoco. Cfr. Claude Mezzahi, Les secrets et trésors cachés des noms de famille juifs, Ed. Ag. Juif Press, Paris, 2001, p. 144.

2) “Hofmann” è un cognome ebraico di origine askenazita, che deriva dal tedesco hoffung, ossia speranza ed è riferito all’israelita come “uomo della speranza”. Cfr. Claude Mezzahi, Les secrets et trésors cachés des noms de famille juifs, Ed. Ag. Juif Press, Paris, 2001, p. 128.

3) Cristiani che credono nella Divinità di Gesù, mentre l’Ebraismo post-biblico Lo ha condannato a morte perché si è professato Dio.