Tutti agli sportelli. Un po’ in ritardo
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L’argomento è da sempre tabù nei media ufficiali, attenti a non rivelare il trucco fondamentale del business bancario. Sicchè, quando persino Il Sole 24 Ore comincia a lanciare l’allarme sulla «corsa agli sportelli» di correntisti e risparmiatori (1), vuol dire che in realtà lo svuotamento dei depositi bancari non solo è iniziato, ma è già quasi alla fine. Le grandi imprese e le grandi finanziarie hanno già ritirato silenziosamente da mesi, e adesso si muovono i piccoli risparmiatori disperati, quelli che si troveranno col cerino acceso.

In Grecia, dopo il doppio annuncio della sospensione dei negoziati con il FMI e la sospensione dei prestiti della BCE alle banche, la corsa agli sportelli s’è accelerata; può da un momento all’altro diventare incontrollabile.

In Spagna, 16 banche hanno subìto il degrado del rating – il che significa che dovranno pagare di più il denaro in prestito – ed è in fondo logico, dato che il collasso della bolla immobiliare lascia le banche con tassi di «sofferenze» (debitori che non rimborsano) dell’8,1% in media, e di oltre il 10% in alcuni istituti.

«Il Paese è inchiodato fra una recessione che provoca un livello di disoccupazione storica e una crisi bancaria massiccia», scrive l’economista francese Jacques Sapir, sicchè «un bank run può scatenarsi molto rapidamente».

Peggio. In questo mondo senza compartimenti stagni che la Finanza ha voluto, la crisi spagnola si trasmetterà immediatamente all’Italia (dove i tassi dei titoli di Stato a 10 anni hanno raggiunto quasi il 6%). La Francia vede il suo spread con la Germania salire a 1,42, e sembra un paradiso in confronto al nostro 4,90. Ma se credete che Parigi abbia qualche tempo davanti a sè prima di essere risucchiata nel Maelstrom latino, guardate meglio.

L’intero settore francese dei mutui è precipitato, di botto, giù da una scogliera:


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Il grafico qui sopra mostra la quotazione dell’obbligazione della Caisse Centrale du Credit Immobilier de France (CCCI), che insieme alla sua consorella CIF Euromortgage è una sussidiaria al 100% del Crédit Immobilier de France Delevopement (CIFD), che l’agenzia di rating (francese) Fitch descive come «lo specialista di mutui immobiliari, che opera esclusivamente in Francia». CIFD è a sua volta proprietà della holding Procivis, che è il secondo fornitore nazionale di mutui-casa (Mortgage Crisis Hits France As Entire Sector Drops Off A Cliff).

Come si vede, la scogliera da cui questo gigante è caduto è molto ripida. Un vero precipizio. Quanto ci mette la Francia a conoscere il suo «bank run», corsa agli sportelli nel panico? L’Europa è ormai al punto, scrive Paul Krugman, in cui «le cose potrebbero collassare ad una velocità stupefacente, in mesi e non in anni, e a costi sia economici che politici enormi».

Jacques Sapir è d’accordo: «La questione di un collasso a brevissimo termine della zona euro non può più essere elusa». E ricorda giustamente Che «in Russia, nel 1988, fu un bank run a decidere la fine del sistema economico alla Eltsin. In 5 giorni le banche furono dissanguate e il governo russo costretto a fare fallimento e a lasciar fluttuare il rublo, che alla fine si svalutò del 50%». E qualche milione di vecchi pensionati andò a razzolare nei secchi della spazzatura per trovare da mangiare; molte centinaia di migliaia morirono, e non pochi furono uccisi dalla criminalità organizzata per «liberare» gli alloggi di Stato in cui abitavano.

Oddio, una svalutazione dell’euro del 50% sarebbe una benedizione per le imprese esportatrici del Sud Europa, e del resto, quando fu introdotto valeva sugli 0,80 dollari ed oggi 1,2. Il guaio è l’anarchia e il caos in cui questo avverrebbe – o avverrà (Cramer: Financial Anarchy, Bank Runs In Spain, Italy Within Weeks).

Le ben note responsabilità del disastro sono dei dirigenti politici di tutto l’Occidente. Dalla impotenza a regolamentare i mercati speculativi (compito che spettava a Washington) fino ai «salvataggi» di banche colossali con denaro pubblico, che ha prodotto il dissesto degli Stati e la crisi dei debiti sovrani. Passando per la terapia di tagli e contrazione fiscale – Berlino voleva dare una lezione di moralità alle cicale – che ha precipitato la Grecia nell’abisso, fino alle dichiarazioni da Berlino e da Barroso che, se Atene non taglierà altri 150 mila statali (con una disoccupazione giovanile già al 54%), può uscire dall’euro e sarà abbandonata al suo destino; con l’aggiunta di scenari terrificanti (2), fatti per terrorizzare gli elettori greci e costringerli a votare «giusto» (ossia per tagli letali, ormai impossibili) in piena malafede.

Per terrificare ancora di più, dalla BCE ci fa sapere che se la Grecia esce dall’euro, verrà espulsa dalla UE: cosa che non si trova affatto nei trattati. Tutta una finta, perchè nè l’eurocrazia lascerà mai che Atene torni alla dracma – sarebbe la fine della UE e delle loro poltrone – nè Washington perderà un membro della NATO. Ma intanto sono riusciti a spandere il panico ben oltre il Peloponneso.

E adesso siamo preda di più recessioni in Europa, dettate dalla «austerità», le quali, essendo sincronizzate potenziano i loro effetti. E sta per aggiungersi la ricaduta nella recessione degli Stati Uniti: «Se le crisi di USA ed in Europa si alimentano vicendevolmente», ha detto Ben Bernanke, «la recessione diventa un rischio reale». Eufemismo da banchiere centrale: non è un «rischio», ma la realtà. E non è recessione, ma Depressione.

I potenti dell’Occidente si sono riuniti d’urgenza a Camp David, ospiti di Obama, per il G-8, per sbrogliare l’inestricabile matassa. L’agenda non doveva essere fittissima, perchè hanno avuto il tempo di guardare una partita di calcio in TV. Pare che sia stata Angela Merkel a chiedere che si accendesse il televisore, e Cameron è stato subito d’accordo: il Chelsea sfidava il Bayern. Si sono divertiti tutti molto, hanno tifato, acclamato, gridato. Il solo ad apparire a disagio è stato il neo-presidente Hollande; ma lo si può scusare, è nuovo dei vertici.



La foto immortala questo momento. Lo so, l’avete già vista, ha già fatto il giro del mondo. Ma consiglio di ritagliarla e metterla in cornice: coglie un momento storico irripetibile. Quando Nerone suonava la lira dal terrazzo davanti a Roma incendiata, le Nikon mica esistevano.




1) Due recenti titoli del quotidiano confindustriale: «Spagna, paura per Bankia. El Mundo: corsa agli sportelli, ritirato un miliardo. Moody's taglia il rating a 16 istituti» e «Il vero spettro: la fuga dai depositi bancari». Testo: «Quel che spaventa tutti sono gli effetti imponderabili dello shock a catena di un’uscita greca dall’euro. I mercati attaccherebbero subito bersagli più grossi come la Spagna e l’Italia. Spread impazziti, tassi sempre più insostenibili e bond pubblici in pancia alle banche che subirebbero gravi perdite. A cui si aggiungerebbe il film già visto in questi giorni. Una fuga dei correntisti dalle banche con un’emorragia incalcolabile dei depositi bancari. Fuga che al di là delle astuzìe di questi giorni in Spagna si è palesata ormai da mesi. Le banche greche hanno visto scendere i depositi del 20% dall’inizio della crisi e dalle banche spagnole sono usciti 65 miliardi nell’ultimo anno».
2) Pe esempio, Le Monde ha scritto: Pour les Grecs, ce (la sortie de leuro) serait une tragédie pire encore que celle quils vivent. Ils nont guère à attendre du retour à la drachme, qui, même dévaluée de 50%, naméliorerait pas leurs comptes extérieurs pour une raison simple: la Grèce na rien à exporter. Le niveau de vie ne tomberait pas de 10 à 20% comme aujourdhui, mais de 50%. Le pays a besoin dinvestissements pas dune dévaluation compétitive». Poichè anche giornali e analisti italiani hanno agitato lo stesso spettro, diciamo che sostenere che una svalutazione del 50% della dracma porterebbe ad un calo del potere d’acquisto del 50%, è una scemenza o una falsità in malafede. La svalutazione del 50% della dracma comporterebbe il 50% in meno di potere d’acquisto, se la Grecia importasse il 100% del suo Prodotto Interno Lordo. Invece, secondo i dati ufficiali dell’OCSE, le importazioni elleniche pesano il 20% del PIL. Dunque è vero che il potere d’acquisto calerebbe del 50% sui prodotti importati, ma nella struttura economica complessiva greca, questo rappresenterebbe solo il 10% di perdita del potere d’acquisto. E per quanto la Grecia esporti poco, esporta pur sempre il 10% del Pil; e questo export si rialzerebbe con la svalutazione della dracma. Anche il turismo (16% del PIL) avrebbe notevoli benefici dall’uscita dell’euro. Dunque la componente del PIL che sarebbe avvantaggiata (26%) supera la componente che sarebbe penalizzata (20%) dal ritorno alla moneta nazionale con svalutazione. Lo scenario di Le Monde è solo terrorismo (Grèce: la bêtise effarante du Monde).



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