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Un New Deal firmato Goldman Sachs
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Surreale: John McCain, il candidato repubblicano, ha escluso ogni aiuto pubblico ai quattro milioni di americani che stanno perdendo la casa perchè non possono pagare il mutuo. «Non è compito del governo sovvenzionare e premiare quelli che agiscono da irresponsabili», ha detto (1).

Osservazione incredibile, visto che da settimane la Federal Reserve sta sovvenzionando con centinaia di miliardi di dollari i banchieri e gli speculatori che hanno provocato l’immane disastro, concedendo prestiti a persone che sapevano insolventi, al solo scopo di creare debito da rifilare ad altri a profitto. Li hanno venduti come obbligazioni, ottenute facendo a fettine migliaia di (di probabili insolventi) e mescolandoli a fettine di debiti «solidi» (di persone solvibili), in modo tale da mascherare il rischio che rifilavano ai compratori di quei titoli.

E’ questo trucco che ha finito per ridurre a zero quei titoli, perché quei miscugli non sono più valutabili, e quindi non c’è più nessuno che li compra sul mercato. Se un salumiere facesse lo stesso, mescolando nelle salsicce carne buona e carne putrefatta, finirebbe dritto in galera per frode e attentato all’igiene pubblica. Ma qui non siamo nell’economia reale, ma nel fantastico mondo della finanza. Gli avvelenatori miliardari vengono salvati dalla bancarotta con un pesantissimo intervento pubblico a spese dei contribuenti: due antiche agenzie semi-statali create ai tempi di Roosevelt per garantire i mutui, Fannie Mae e Freddie Mac (2), hanno ricevuto fiumi di denaro (dei contribuenti) per acquistare e tenere in cassa quelle obbligazioni composte di mutui, per le quali non c’è più mercato privato. Di fatto, per non far fallire il salumiere avvelenatore e spacciatore, lo stato gli compra tutte le sue salsicce putrefatte.

Un pesantissimo intervento pubblico che sostituisce la mano invisibile del mercato, ma nel solo interesse di un gruppo di privati speculatori che hanno incamerato profitti stratosferici. Una «socializzazione della finanza immobiliare», l’ha chiamata Michael Feroll, un economista della JP Morgan. Ancor più surreale è che questo salvataggio dei ladri usurai viene battezzato dalla stampa americana «il nuovo New Deal».

«Le riforme dell’era Roosevelt stanno salvando il capitalismo da se stesso, un’altra volta», titola trionfante la rivista Slate. Ma il presidente Roosevelt e il suo New Deal mobilitò l’intervento pubblico per il sostegno diretto delle vittime sociali della grande crisi borsistica del ‘29: grandi opere pubbliche per rimettere al lavoro i disoccupati della Depressione seguita alla bolla di Wall Street, la garanzia sui depositi per salvare i piccoli risparmiatori dalle banche che chiudevano gli sportelli, la creazione di enti (Fannie Mae e Feddie Mac appunto) per assicurare i mutui delle persone che non ce la facevano più a pagarli. Non bastò - solo la seconda guerra mondiale, con l’intensificarsi dell’attività industriale, fece uscire gli USA dalla Depressione, provvidenziale per il capitalismo americano - ma almeno ci si provò.

Oggi, come dimostra la frase di McCain, la «classe dirigente» non riconosce nemmeno che la crisi nata nella finanza ha una dimensione sociale tragica, che sta facendo vittime tra la popolazione sotto forma di pignoramento dell’abitazione, disoccupazione crescente, penuria, perdita dei risparmi nei fondi pensione imbottiti di titoli tossici. McCain ha esibito la sua insensibilità fino a dire che «solo 4 milioni di americani su 80 milioni di proprietari di case» sono in rovina; rovina meritata, perchè non hanno fatto come tutti gli altri virtuosi debitori, che «prendono un secondo lavoro, saltano le ferie, e stringono la cinghia per restare dentro il bilancio familiare».

Nella nuova versione, ciò che viene chiamato il secondo New Deal sarebbe il fatto che gli enti inventati da Roosevelt per garantire i piccoli debitori con mutuo, oggi, vengono usati per salvare i grandi speculatori spacciatori di titoli fatti di mutui. Certo, i grandi giornali chiedono un limite alla «deregulation» eccessiva che ha consentito l’immane truffa; il segretario al Tesoro Hank Paulson ha promesso misure di ri-regolazione, e anche questo passa come un ritorno a Roosevelt, che infatti mise le redini alla speculazione folle causa del ‘29, vietando alle banche commerciali  l’attività sulle azioni, obbligando rigorosamente a tenere riserve adeguate, creando organi di sorveglianza con poteri punitivi.

Le nuove «regolazioni» sugli hedge fund e sui private equity fund avanzate da Paulson sono tali, che persino il New York Times ha scritto che esse «avranno un tocco lieve, dando allo Stato il potere di fare ben poco, a parte raccogliere informazioni».

Alcuni degli organi di controllo creati durante il New Deal (e svuotati nei decenni seguenti) saranno accorpati in un’unica «authority»: ma, nota il New York Times, «questa nuova entità avrà autorità limitata, non potendo fare praticamente nulla per regolamentare i numerosi nuovi prodotti finanziari il cui uso inconsulto è la causa della crisi finanziaria attuale» (3).

Sono osservazioni che il segretario Paulson non ha bisogno di leggere sul giornale: le conosce benissimo, essendo stato un mago di Wall Street, il massimo dirigente di Goldman Sachs prima di diventare ministro. Il fatto è che con lui, il sistema della speculazione e la grande finanza «previene» la richiesta di regulation che sale dall’opinione pubblica, e si «auto-regola» da sé, attraverso il suo rappresentante che Bush ha fatto ministro. Naturalmente, è una regolamentazione «con mano leggera», il meno possibile, anzi quasi nulla. Basta fare in modo che i media la chiamino New Deal.

Ciò che teme la grande finanza è che sotto la tragedia sociale, sia il potere politico a imporre le regole ai «mercati». Ma è un timore eccessivo, a giudicare le uscite di McCain, che dà la colpa di tutto ai piccoli debitori, che hanno contratto un mutuo da irresponsabili. Lui, da presidente, regolamenterà i cittadini e i contribuenti, non le Bear Stearn, le Goldman Sachs, le JP Morgan, o le agenzie di rating. E non è solo McCain.

Hillary Clinton ha invocato la creazione di «un gruppo di discussione nazionale» che «raccomandi soluzioni per la crisi immobiliare»: ma ha invocato che nel gruppo di discussione sia incluso Alan Greenspan, ossia l’uomo che, come capo della Federal Reserve, con la sua politica di denaro facile e a bassissimo costo, ha creato l’incentivo ad indebitare milioni di insolventi. Ciò vuol dire che nessuno di questi candidati ha nemmeno la minima intenzione di diventare il nuovo Roosevelt.

Ma c’è qualcosa di peggio: se McCain può dire quel che ha detto agli americani disperati e restare favorito nella corsa alla Casa Bianca, vuol dire che è convinto che quel che ha detto non gli farà perdere voti - o che non sono i voti che eleggono oggi i capi di Stato. Ai piani alti, si deve ritenere che la passività del popolo sovrano, la frammentazione sociale, l’adesione di massa all’ideologia del «mercato» hanno raggiunto il punto, in cui non c’è più da temere nessuna rivolta dal basso; e la crisi finanziaria, lungi dall’indebolire il potere della speculazione, le dà il destro di instaurare la dittatura compiuta delle banche d’affari.

Vuol dire che i candidati non hanno più nemmeno bisogno di fingere di rappresentare le istanze popolari, né di interpretare i bisogni della società. E a questo punto, il discorso riguarda anche noi, come italiani.

Anche da noi un Padoa Schioppa può insultarci chiamando «bamboccioni» i precari a vita, e deriderci dichiarando che «pagare le tasse è bellissimo», esattamente nello spirito e nella mentalità di McCain. Ed anche da noi le offese comuni sono accolte dalla stessa passività, dovuta alla stessa frammentazione sociale. La rabbia che cova non trova rappresentanti, e non sa tradursi in azione comune contro la Casta - ciascun Paese ha la sua - che ci domina.

E dovunque, le Caste sono tranquille: né le ineguaglianze crescenti e scandalose, né la riduzione dei redditi salariali né i rincari, né la precarietà, né una pedagogia che fa dei nostri figli dei mostri o dei bulli, né la inadempienza sempre più insopportabile dei «servizi pubblici», della sanità e della magistratura - niente, assolutamente niente riesce a fare di noi dei rivoluzionari.

Incapaci di unirci di fronte ad un così comune sistema d’oppressione, non siamo né una cittadinanza né una società, ma una polvere. E la polvere, è giusto che sia calpestata.




1) Gail Collins, «McCain forecloses early», New York Times, 29 marzo 2008.
2) «Fannie Mae» è l’affettuoso nomignolo dato alla Federal National Mortgage Association, ente creato nel 1938 durante il New Deal con il compito di fare prestiti e mutui, implicitamente garantiti dallo Stato (anche se Fannie Mae è privata e quotata in Borsa). Quanto a «Freddie Mac» (Federal Home Loans & Mortgages), fu creato per comprare dalle banche pacchi di mutui, dando liquidità alle banche e di fatto agevolando le condizioni di mutuo per i debitori a basso reddito o in difficoltà. Sono i più importanti fra i pochi enti «sociali» in USA. Bernanke ne ha fatto degli organi di salvataggio degli speculatori.
3) Nelson Schwartz e Floyd Norris, «In Treasury plan, a reluctant eye over Wall  Street», New York Times, 30 marzo 2008.


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