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Kiev, avanguardia della demokràtia. E un esempio per Roma.
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Come anticipato da noi e da altri, il presidente Poroshenko l’ha fatto davvero: ha messo al governo dell’Ucraina tre Ministri stranieri. Scelti non dall’elettorato, bensì da George Soros: il quale ha pagato 80 mila dollari, attraverso la sua Renaissance Foundation, a due ditte americane di selezione del personale o «cacciatori di teste», Pedersen & Partners e la Korn Ferry, perché cercassero le persone giuste per il compito. Quelle hanno vagliato 185 candidati fra stranieri residenti a Kiev ed ucraini residenti in USA, Canada e Gran Bretagna, per scegliere i tre. Sicuramente i migliori.

Persone dalle mani nette, dei privati senza conflitti d’interesse né scheletri nell’armadio, neutrali ed oggettive. Per esempio:

Natalia Jaresko
  Natalia Jaresko
Natalia Jaresko alle Finanze — definita dai media «donna d’affari» e proprietaria di un fondo d’investimento Horizon Capital. Sorvolando sul fatto che, nata e cresciuta in USA da immigrati ucraini, madame è stata a lungo nel Dipartimento di Stato, «coordinando le attività del Dipartimento di Stato col Dipartimento del Commercio, il Tesoro, lo US Trade Representative nelle loro relazioni con l’allora Unione Sovietica» (Wikipedia), dopo di ché è stata attaché per l’ Economia all’Ambasciata USA in Ucraina, onde rafforzare la cooperazione economica fra i due Paesi.

Insomma una funzionaria del Ministero degli Esteri americano, quello gestito dalla Nuland. Dal 2005 al 2010 ha affiancato il presidente Viktor Yushchenko (quello che poi hanno cacciato) come consigliera negli investimenti esteri nel Paese (Ukrainian Center for Promotion of Foreign Investment).

Aivaras Abramovičus
  Aivaras Abramovičus
Aivaras Abramovičus, al Ministero dello Sviluppo Economico e del Commercio, è lituano, banchiere d’affari, giudeo militante; fa parte del capitolo ebraico-americano di Kiev dove abita dal 2008 come gestore e comproprietario di un fondo d’investimento East Capital (100 milioni di dollari investiti in Ucraina nel 2012). Si è dichiarato – di botto – un ardente «patriota ucraino» disposto ad intraprendere «misure radicali» per riformare la disastrata economia della sua nuova patria. Speriamo che non provochi un altro Holodmor per i poveri ucraini. «C’è da privatizzare tutto, da Leopoli, fino ad Odessa, ci sono ancora le centrali elettriche, alcuni giacimenti e i gasdotti, tutto il proprietà dello Stato, per non parlare dei trasporti e del sistema sanitario. E dei gestori di fondi di investimento al posto giusto sono proprio quello che ci vuole. Anche se un piccolo conflitto di interessi ci sta tutto. Privatizzano con una mano e comprano con l’altra, peggio delle cavallette» (Nuke The Whales, blogger ed insider).

Alexander Kvitashvili
  Alexander Kvitashvili
Alexander Kvitashvili, nuovo Ministro della Sanità, è georgiano, ma naturalmente si è formato negli USA (alla Robert F. Wagner Graduate School of Public Service ), è tornato in Georgia nel ’93 come funzionarietto dell’ONU per lo United Nations Development Programme, poi per una ONG Metodista... Fino al giorno in cui è stato nominato Ministro della Sanità dall’allora premier Mikheil Saakashvili, quello che – con l’aiuto degli istruttori e degli armamenti israeliani – tentò di riprendersi la Abkazia e Sud Ossetia, le due enclaves abitate da russi in Georgia; finendo duramente bastonato dall’intervento russo. A quella carica, Kvitashvili si è occupato prima di tutto di privatizzare il sistema sanitario georgiano, in modo da renderlo «produttivo» e a permettere a chi paga di ottenere cure mediche. In seguito «è stato travolto insieme a tutto il Governo Sakasvili, da un gigantesco scandalo di corruzione. Pare sia anche indagato in patria per alcuni problemucci» (Nuke the Whales).

Poroshenko aveva offerto un posto anche allo stesso ex premier georgiano Sakasvili, visto che adesso è libero (latitante in USA), ma lui ha declinato: «Pare che la promessa di Putin di appenderlo nella piazza centrale di Tliblisi per le palle gli sia rimasta impressa» (di questo lascio la responsabilità a Nuke the Whales).

Poroshenko ha confermato tre Ministri della sua covata mezzo-ebraica: Vladymir Groisman (j) terza carica dello Stato come portavoce del Parlamento, come Ministro degli Esteri Pavlo Klimkin, e alla Difesa, Stepan Poltorakv. Secondo vari commentatori, ad uscire perdente da questo nuovo Governo «è l’Unione Europea» dato che «l’esecutivo di Kiev, di fatto quasi totalmente in mano al falco filo-statunitense Arseni Iatseniuk (j) che ora potrà contare sui nuovi Ministri stranieri e sui funzionari che di fatto avranno il ruolo di orientare le scelte di settori e ministeri controllati nominalmente da esponenti di non stretta osservanza USA». E chi l’avrebbe mai detto? Bruxelles ha scosso l’albero, e gli americani raccolgono le mele. Sta diventando un’abitudine.

Infatti è strano che i cacciatori di teste di Soros non abbiano selezionato qualche grande figura eurocratica da inserire nel Governo ucraino: e sì che Barroso e Van Rompuy, per fare due esempi, sono oggi liberi e disponibili.

Ma si lamentino a Bruxelles e a Berlino. A me la scelta di inserire Ministri esteri pare bella ed istruttiva, e lodevolissima, Anzitutto è giusta: siccome la giunta di Kiev e i suoi scherani hanno preso da USA, Europa e Fondo Monetario (per non parlare da Putin nella precedente amministrazione) un numero ragguardevole di miliardi di dollari che misteriosamente si vaporizzano ancor prima di esser depositati in banca, è inevitabile che siano sottoposti ad amministrazione controllata. È nobile che una giunta nazionalista, anche nazista, che sta difendendo con le armi la sua sovranità per non finire sotto l’egemonia di Mosca, accetti di farsi governare da funzionari di Washington e da reggicoda di USA e Israele. Del resto, Poroshenko ha subito elargito la nazionalità ucraina ai tre (la Jaresko non ha accettato, perderebbe quella americana), anzi darà l’onorabile nazionalità, ha detto, «a tutti gli stranieri che si battono per l’Ucraina nel Donbass», ossia quei mercenari polacchi, baltici e d’altre più oscure provenienze che si dedicano con ardore ad ammazzare cittadini ucraini... È un ampliamento del concetto di patriottismo che fa ammutolire di ammirazione.

Ma soprattutto è una nuova frontiera dell’istituzione democratica e della libertà che l’Occidente tanto appassionatamente sta spargendo per il mondo col ferro e col fuoco: superare finalmente le inutili campagne elettorali e farsi scegliere i Ministri dalle ditte di selezione del personale statunitensi. Tutta la demokràzia diventa così più semplice, più efficiente e più adatta a questa epoca di globalizzazione, adattandosi felicemente ai processi e metodi del mercato.

Una post-demokratia, persino. Che importano del resto le libertà politiche, quando avete tutte le altre, come le nozze gay, la fecondazione eterologa, e l’aborto? Come disse Bush jr.: i musulmani «ci odiano per le nostre libertà». Parole sante.

È un modello futurista, quello dell’Ucraina, che apre a rosee speranze.

Perché non adottare il modello anche da noi? L’ultimo scandalaccio romano ha mostrato in modo definitivo che siamo incapaci di autogoverno; perché allora non rivolgersi alla Pedersen & Partners perché ci selezioni dei Ministri come si deve? Sarebbe bello vivere in un Paese così. Un Paese, per dire, dove chiunque abbia vinto le elezioni non importa, dato che ci viene scelto un governante da fuori, accettato e consigliato da Bruxelles e da Soros. Sì lo so, voi obietterete che Mario Monti ci è stato scelto per governarci proprio in questo modo, il giovane Letta anche, e il giovane Renzi, è il terzo Governo che non abbiamo eletto che ci governa... ma il punto è che dovevano sceglierli stranieri, con l’accento tedesco magari. O jiddish. Sarebbe stato tutto più chiaro.

Southstream, per esempio

Bruxelles ha vietato alla Bulgaria di lasciar passare la pipeline sul suo territorio. Questa è la causa immediata per cui Putin ha annunciato la liquidazione del progetto: «Sarebbe del tutto assurdo spendere centinaia di milioni di dollari per un gasdotto che si arresterebbe nelle acque bulgare, spero che ognuno lo comprenda», ha detto, consigliando alla Bulgaria di chiedere i danni agli eurocrati (il Paese perderà 400-600 milioni di dollari annui di royalties). Il Southstream aveva un senso nel quadro di una permanente integrazione della Russia all’Europa, e nel caso in specie, doveva servire – evitando il transito dell’Ucraina e il suo potere di ricatto – a far giungere il gas russo all’Europa del Sud, a cominciare dall’Italia.

Ora, non è che non dovremo più comprare il gas e il greggio di Mosca; è che lo compreremo pagando i dazi alla Turchia, che – non essendo nella UE – s’è accaparrata gli affari con Mosca che noi abbiamo perduto obbedendo alla follia sanzionatoria americana. Gazprom infatti costruirà una nuova pipeline che attraverserà la Russia e finirà in Turchia; e per l’immediato, aumenterà i volumi nella esistente Blue Stream (che termina in Turchia), quindi Mosca non perderà l’accesso ai mercati sud-europei. Sono questi – cioè noi – che ci perdiamo, dovendo pagare le forniture ai turchi.

Bruxelles ha svenduto prosperità e sicurezza economica dell’Europa del Sud per favorire i suoi padroni americani? Sì, ma è anche peggio: perché il Sud Europa è diventato di minor interesse per l’impero USA. Il quale è tutto teso al dominio dell’Ucraina, e si procura alleati e favoriti in quella parte dell’Europa. È questa la parte dell’Europa che oggi dà gli ordini e il tono dell’aggressività anti-russa — spesso contro alcuni degli stati fondatori dell’Unione, fra cui noi. E che tipo di gente comanda l’Europa?

Dalia Grybauskaitė
  Dalia Grybauskaitė
Grybauskaité, presidentessa della Lituania. Alla radio lituana RTL ha dichiarato: «La Russia sta conducendo un’aggressione dell’Ucraina, siamo nella situazione in cui un nostro vicino sta diventando uno Stato terrorista». Sobria visione delle cose, ma segue la ‘narrativa’ neocon americana... La presidenza a rotazione della UE, dopo l’Italietta, passerà alla Lettonia dal 1 gennaio 2015, e la Lettonia è ancora più istericamente anti-russa: non da ultimo, perché il 30% della sua popolazione è di lingua russa e le ha negato la cittadinanza, riducendoli nello status di non-cittadini (epsiloni): un Donbass che può essere fatto scoppiare da un momento all’altro dalle incendiarie alla Grybauskaité (o alla Nuland). Pensate: un paesotto di 2 milioni di abitanti appena ammesso per ordine di Washington, che avrà l’ebbrezza di parlare per i 507 milioni di abitanti dell’Europa, e incitare alla rottura con Mosca, magari accendendo la miccia fatale... È istruttivo vedere come Bruxelles abbia castrato ogni resto di sovranità e sistemicamente sradicato il sentimento nazionale a noi, per poi metterci – da castrati – al servizio di quei nazionalismi microscopici ed irresponsabili, che si sentono coperti da Washington nei loro abbaiamenti contro Mosca.

Noi nell’Europa meridionale non contiamo più niente. Dobbiamo solo pagare i conti delle «solidarietà», sorbirci le lezioncine tedesche e bruxellesi, e subire i danni dell’anti-putinismo forsennato, senza risarcimento. Allora, facciamo un passo decisivo verso la demokràtia:

la Grybauskaité al Quirinale! Saakashvili a Roma capitale! Yoram Gutgeld premier! (pardon, questo lo è già. Quasi).



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