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Un mondo in profondo coma mentale
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Lo stato di coma per un corpo umano è caratterizzato dalla condizione d’incoscienza in cui nemmeno un’energica stimolazione può svegliare il paziente privo dell’uso delle sue attività celebrali superiori e provvisto solo delle funzioni organiche nervose involontarie della respirazione, alimentazione e circolazione. Si tratta di uno stato d’incoscienza precaria di un individuo, che in via normale deve essere sanato da persone coscienti, in modo da tutelare quella vita; perché all’individuo in coma, pertanto vivo, si possono anche somministrare delle cure. Così devono operare gli stati civili che tengono in alto il valore della vita umana, che non è solo carnale; civiltà definibile anch’essa proprio da principi e valori che vanno oltre la materia; la giustizia, il diritto e il dovere, gli imperativi sociali.

Lo stesso progresso a cosa può essere legato se non alla coscienza e alla sua preservazione anche se sospesa nel coma? E ciò senza accennare alla vita spirituale scaturita dalla coscienza della fede e dall’amore. Durante il coma, sembra silente nell’anima umana la voce spirituale. Eppure il termine «animato», per definire la vita nel suo legame con l’anima, non supera di molto l’idea fisica? Si può dubitare che l’anima spirituale - legata allo Spirito che dà la vita - sia presente e sempre viva in un corpo vivo? Quale costituzione può negare e sciogliere tale principio vitale?

Ora, l’analogia tra la vita dello Stato con quella di un individuo umano, fatto da tanti autori e politici e già nel mondo antico, è quasi immediata essendo la società composta di individui. Ebbene, allora anche allo Stato si potrebbe applicare l’idea di coma, se lo si definisce nei giusti termini, ed è quello che vale la pena fare riguardo a molti Stati del mondo attuale - e non meno per quello italiano - che sono in coma profondo per quanto riguarda l’uso delle attività celebrali superiori, anche se le funzioni normali degli organismi statali continuano in modo automatico, come quelle involontarie della respirazione, della nutrizione e della circolazione del corpo umano. Ma se in questi il coma comporta uno stato d’incoscienza involontaria; in quello dello Stato, dato l’altisonante blaterare dei politici, si dovrebbe dedurre un grave stato d’«incoscienza volontaria», visto il diniego deliberato delle verità sull’essere umano che trascendono gli ordinamenti deliberati dallo Stato, poiché questo esiste per la persona e non il contrario!

Perciò la Santa Chiesa ha sempre insegnato, fino al tempo di Pio XII, che la società civile, lo Stato, e la Chiesa non possono essere separati, come il corpo non può essere separato dall’anima sua. In ciò consiste l’inizio della presente alienazione, che porta ai più assurdi disonori mentali e morali, senza che la gente se ne accorga della vera causa dei propri problemi perché gasata da una falsa idea di democrazia. Eppure, la gente dice spesso - non c’è più religione! Sì, perché intanto non rimane a chi appellarsi contro tali nefasti giudizi. Anzi, essi imperversano nell’ambito internazionale in modo sistematico svelando il suo marchio di processo demolitore del diritto naturale e divino, insomma, di rivoluzione antireligiosa e di scalata anticristiana terminale.

Avevo già indicato questo processo di «ingegneria costituzionale», che mira a rendere obbligatorio oggi quello che era delitto fino a ieri, nelle pressioni derivate dall’ONU sul governo Lula per introdurre l’intera liberazione dell’aborto in Brasile. Ma il processo è chiaramente di ambito mondiale. Vediamo ora com’è operato attraverso lo scritto inviato da un amico lettore (xy) che riguarda l’attività negli Stati Uniti dell’organizzazione «The Center for Reproductive Rights» (CRR), che può contare sull’apporto di decine e decine di avvocati che studiano sia le singole legislazioni nazionali sia le convenzioni internazionali al solo scopo di trovare i cavilli che permettano di forzare le leggi e di fornire le interpretazioni «corrette» ai documenti firmati dai governi sotto l’egida dell’ONU.

«Il CRR, creato nel 1992, è da sempre in prima linea nel condurre una strategia ‘mascherata’ per ridefinire il diritto alla vita, ma è soprattutto dopo la metà degli anni ‘90 che la sua azione ha moltiplicato la propria efficacia. Il motivo è soprattutto nel fatto che l’azione del CRR diventava strategica per un gruppo di agenzie dell’ONU che, dopo le Conferenze internazionali del Cairo (sulla popolazione, 1994) e di Pechino (sulla donna, 1995), aveva deciso una strategia per integrare l’ideologia radicale nel diritto internazionale in materia di diritti umani (della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ai trattati più recenti). Tale strategia è il risultato di una conferenza tenutasi nel dicembre 1996 a Glen Cove, New York, organizzata da Fondo ONU per la Popolazione (UNFPA), Alto Commissariato per i Diritti umani e Divisione ONU per la Promozione della Donna (DAW). Tutti i dettagli di questo incontro e della strategia messa in atto si possono leggere in un interessante libro bianco pubblicato dal Catholic Family and Human Rights Institute (scaricabile dal sito dell’istituto www.c-fam.org) dal titolo ‘Rights by Stealth’. Ciò che è comunque importante sapere è che in questa strategia è fondamentale il ruolo delle organizzazioni non governative che in ogni Paese si incaricano poi di pressare governi e parlamenti, anche attraverso iniziative giudiziarie. L’America Latina è piena di esempi al proposito e non solo per quel che riguarda l’aborto: basti ricordare che in Colombia l’eutanasia è stata introdotta da una sentenza della Corte Costituzionale undici anni fa malgrado la forte opposizione sociale. Tanto che soltanto in questi mesi il Parlamento sta dando seguito a quella sentenza con una legge che, al momento in cui scriviamo, attende l’approvazione definitiva in Parlamento. La stessa strategia è seguita nell’ambito dell’Unione Europea, come ad esempio nel tentativo di eliminare la possibilità dell’obiezione di coscienza del personale sanitario in materia di aborto o di imporre la legalizzazione dei matrimoni omosessuali...».

«Il CRR è collegato a numerose organizzazioni non governative nazionali che si avvalgono della sua consulenza: obiettivo principale sono le legislazioni dell’America Latina - che ancora sono le più favorevoli alla vita - ma il CRR ha avuto una parte importante anche nella prima stesura della Costituzione del neonato Stato del Kosovo, dove si cercava di introdurre in modo subdolo sia l’aborto sia il matrimonio omosessuale. Solo pochi mesi fa, in marzo, il CAR ha pubblicato un documento (‘Bringing Rights to Bear’, fare dei diritti una realtà) in cui intende dimostrare che, in base a una serie di raccomandazioni fatte dalle Commissioni ONU, i singoli Paesi sarebbero obbligati a legalizzare l’aborto in quanto parte degli impegni giuridici internazionali sottoscritti. La potente lobby internazionale ha scelto come strategia le iniziative giudiziarie per imporre ai singoli Paesi la legalizzazione di aborto, eutanasia e unioni omosessuali. Dall’America Latina all’Europa sempre più spesso i giudici scavalcano governi e parlamenti su questo tema. ‘Alla legge, alla legge’, è il grido che si è alzato dopo la sentenza della Corte di Cassazione dell’ottobre 2007 e della Corte di Appello di Milano del luglio 2008 sul caso Eluana Englaro che, di fatto, aprono la porta all’eutanasia... invasione di campo del giudici che - con il pretesto dell’interpretazione - di fatto ridisegnano la legge a modo loro saltando il Parlamento, espressione della volontà popolare e unico organo legittimato a decidere le leggi. La domanda che dobbiamo porci allora è: possiamo ritenere questa ‘invasione di campo’ un semplice incidente? O è parte di una strategia più ampia per forzare le leggi e imporre in questo modo princìpi e norme che attraverso la volontà popolare non passerebbero così facilmente?... A livello internazionale già da anni opera una potente ed efficace lobby contro la vita che ha scelto la via giudiziaria per scardinare le legislazioni nazionali che ancora resistono alla cultura della morte. Il massimo dello sforzo si concentra sull’aborto, che si vuole ‘promuovere’ a diritto umano universale, ma per l’eutanasia la strada non è diversa. Senza contare che se davvero l’aborto venisse riconosciuto quale diritto fondamentale, lo stesso principio dell’autodeterminazione si applicherebbe tale e quale all’eutanasia» («Il diritto alla vita di Riccardo Cascioli», «Il Timone» numero 51, pagine 18-19).
 
Diritto e Vita sono questioni legate forse alla materia, come lo vogliono atei e certi agnostici? O è l’anima che definisce la vita sia di un filo d’erba che di ogni essere umano. Ma se non si conosce l’intangibile e misteriosa origine della vita, che nessun macro laboratorio potrà mai produrre, il rispetto per questa, ossia per quell’invisibile e imponderabile Principio che anima la vita, che non è di umano dominio, non è un dovere iscritto nel vero Diritto? Quale diritto nel decidere e prendere possesso di quanto non è proprio? La coscienza del diritto, spesso sotto forti tentazioni d’autonomia, si fonda comunque sulla certezza di dover rispondere per quel che si ha ricevuto. Oggi c’è una preoccupazione ecologica per preservare la vita nel pianeta, perché ogni forma di vita è irripetibile; va stimata e preservata. La logica non indica forse che il rispetto va alla Causa prima di tutto? Ci si preoccupa sempre più del patrimonio materiale ereditato dai primi genitori degli esseri umani, ma si può ignorare il Principio del loro e del nostro essere; la conoscenza della Ragione del loro e del nostro esistere?

Eppure, il mondo moderno dà sempre più segni di voler lasciar perdere le questioni essenziali, alienare non solo la logica dell’essere, ma dell’anima. Il caso di Eluana ne è uno spaventoso esempio. Chi può negare che la vita che animava il suo corpo, capace di vivere respirando e palpitando, proveniva da quell’anima unita al suo corpo? Quale vera civiltà e diritto ha mai ignorato che il principio della vita va oltre la materia e l’utilità di qualsiasi corpo? Per appellarsi alla giustizia dovrebbero stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, da quale principio proviene quella vita, perché se non lo fanno, negano lo stesso principio delle civiltà e del diritto, sulle cui ragioni pretendono di giudicare. Le ragioni e i principi della vita sono forse oriunde da cause materiali? Può la realtà della vita in generale e quella umana in speciale nascere dalla materia; se i corpi animati sono più che quelli inermi, com’è logico, solo seguendo la sua inversione si può dire che il più provenga dal meno. Ricorderò qui la lezione di un illustre autore.

Padre Reginaldo Garrigou-Lagrange O.P., docente di Dogmatica della Facoltà Teologica dell’Angelico di Roma, che per la sua reputazione scriveva perfino le bozze dei discorsi di Pio XII, ha impostato il suo vasto e importante lavoro su un basilare principio di ragionamento - IL PIÙ NON VIENE DAL MENO; l’idea di Dio è accessibile a tutti; è la «prova della Sua esistenza che racchiude tutte le altre, da quella del moto locale fino a quella dei frutti della santità.» («Dio accessibile a tutti», Edizioni liturgiche e missionarie, Roma, 1944).

Ora, con questa visione, tanto semplice quanto logica, si capisce che le teorie di generazione spontanea, come quella di evoluzione, come quella del corpo che produce il pensiero attraverso processi chimici, svelano solo illogicità. Non di meno si può dire del concetto di persona nel suo rapporto col mondo. Nel mio articolo del 28 maggio 2007, «Le alienazioni alla base dell’‘Einstein pensiero’ e della ‘relatività conciliare’», tratto della definizione di «alienazione» (da «alter», farsi altro), senza scartare, anzi tenere conto del punto di vista usato da Karl Marx nei suoi noti studi sul capitale. Si tratta del processo attuale di alienazione della saggezza a favore di esperienze, che ha portato il mondo al presente stato di coma morale e mentale.

Per esempio, l’archetipo moderno di somma intelligenza, Einstein, si permette delle trovate nel campo superiore della religione lodando il Buddhismo come la sola religione scientifica; ammette che ci dev’essere un Dio, ma deduce che dev’essere impersonale. A questo punto dovrebbe dimostrare cosa nell’universo è superiore alla «persona»; quale forma d’energia, di massa, di vento cosmico, o quant’altro, esista superiore alla sostanza individuale di natura razionale, insomma all’essere autonomo di dimensione divina che definisce la «persona».

Quindi, l’Einstein pensiero aliena la Persona divina a favore di qualche idea di supernova contingente! Tale «nirvana stellare» sarebbe il «più» dell’universo! In tal modo trionfano le elucubrazioni contrarie alla persona a scapito della verità sulla dignità dell’uomo, fatto di corpo e anima, fattore indispensabile per l’armoniosa convivenza terrena secondo un Diritto naturale e divino. Si ricordi che nel Cristianesimo della Rivelazione compiuta di Dio che E’, il pensiero di quanto di più alto riguarda la vita è personalizzato; Gesù E’ la Risurrezione, la Verità, la Via e la Vita. Maria è l’Immacolata Concezione.

Oggi s’insegna una filosofia del personalismo rovesciato sull’uomo che, complicando all’infinito la differenza tra soggettivo e oggettivo, scambia la distinzione immanente-trascendente. L’uomo sarebbe il suo «cogito»! Eppure, poche nozioni sono così alla portata di tutti, lasciando chiaro che passare dal pensiero oggettivo del «più» al soggettivo del «meno» è certamente riduttivo, comporta una perdita nella visione verso il reale a favore di un’altra verso lo stesso pensiero personale. Eppure questa sistematica mutilazione della Filosofia dell’Essere, ordinata alla conoscenza del reale, per fabbricare tanti micro idealismi filosofici, è l’esercizio intellettuale di moda, che ha come esito questa vera e propria alienazione filosofica; processo di un distillato orgoglio che vuole purgare la realtà dell’originale decadenza umana, insegnata dalla Religione.

Non è forse questo lo scopo di certe elucubrazioni filosofiche attuali, che prendono sempre più piede nella storia del filosofare sofistico; che vede la religione come oppio dei popoli? Per queste, indagare sull’esistenza dell’anima spirituale e del fine ultimo dell’uomo, temi esclusi dal campo investigativo dello scientismo, sarebbe esercizio inconcludente. Qui il punto; come può l’uomo governarsi bene misconoscendo quel che é? Qualcuno può immaginare che la vita dell’anima, che si manifesta attraverso il corpo e l’organo del cervello umano, sia riassunta in questo stesso cervello? Può concepire che, se gli occhi non vedono più, non solo le immagini rilevate alla memoria, ma quelle reali, divengano finzioni? Ma quale scienza umana potrà mai dimostrare che è il cervello che pensa, creando ogni realtà?

Eppure, siamo governati oggi da leggi «pensate» per inventare realtà secondo le idee mutevoli del presente, specialmente in rapporto a quel bene supremo che è la goduria sessuale che si pone al disopra del suo senso. Ecco l’aborto per le creaturine che vengono a disturbarlo; le unioni omosessuali per varcare i limiti di una natura che limiterebbe troppo la dignità umana di scelta totale; finalmente l’eutanasia per togliere e togliersi il disturbo di vite ritenute inutili, esaurite e da liberare da quel invecchiato e molesto principio spirituale delle anime irripetibili e immortali.

Quale riduzione nefasta questa del concetto di vita umana sottoposta a «leggi» improntate a «ragioni ideologiche» di piacere, di utilità e di funzionamento soltanto materiale e artificiale delle società. Eppure, il mondo è governato oggi da questi non criteri in virtù del prevalere di sofismi anti religiosi, ma soprattutto anticristiani che escludono la Paternità divina sulla vita umana.

Se non possono uccidere l’anima dei credenti, questi nuovi «centri di pensiero rivoluzionario», nutriti da fonti inesauribili d’oro e missili, vogliono uccidere la sua indelebile idea che dura da secoli di storia del pensiero umano, ma oggi «superata» dall’idea scientista imperante. Sì perché anche la logica, è stata «aggiornata» nei suoi principi, specialmente di non contraddizione e di causalità, per cui ogni effetto ha una sua causa. Ormai il «caso» sostituisce la «causa», come se la causa per cui il mondo è in profondo coma morale e mentale fosse casuale e non il risultato di una continua degenerazione di quel pensiero logico che dovrebbe governare le vite personali e le società. Un vero suicidio d’ogni intelligenza e diritto.

La Cristianità, all’insegna delle tre virtù teologali, coltivava, oltre la virtù della religione, che ci fa rendere a Dio il culto dovuto, quelle quattro virtù cardinali: «prudenza, giustizia, fortezza e temperanza», per il governo della vita morale nelle sue potenzialità d’intendere e volere riguardo alle passioni dell’irascibile al concupiscibile; dall’ira alla speranza e dal dolore all’amore. Ora, mentre la virtù della prudenza deriva dall’intelletto che razionalmente discerne i mezzi buoni per guidare l’azione a un debito fine - dipende dalla professione di una superiore conoscenza -, la virtù della giustizia deriva dalla volontà di applicare quanto riconosciuto vero e buono al bene proprio e altrui. Ne seguono la virtù della fortezza per affrontare le difficoltà di applicarsi a queste azioni e la virtù della temperanza per frenare quanto le è contrario. Ma tutte le virtù dipendono da una superiore conoscenza del fine della vita, conosciuto attraverso la Fede rivelata, per cui si dice giustamente che uno deve vivere come pensa e pensare come crede.

La Cristianità in coma profondo? Che presente e che futuro può avere un mondo in rapporto al bene dell’essere umano se ignora la conoscenza della sua natura e fine? Quali valori o virtù umane possono compensare questa lacuna metafisica sulla stessa esistenza umana, se sono privati della conoscenza della sua ragione, della sua causa?

Ebbene, la «cultura moderna», avendo liquidato come retrograde proprio queste conoscenze religiose vitali sull’esistenza della suprema Causa, Dio; dell’anima spirituale umana e della sua immortalità, causa uno stato di vero coma morale, poiché priva il mondo della coscienza della Verità e del Bene. Così le potenzialità d’intendere e volere non si trovano più legate alla realtà della creatura umana, con le sue passioni dell’irascibile e concupiscibile, ma queste, dall’ira alla speranza e dal dolore all’amore sono «liberate» da ogni verità che forma le virtù della prudenza e della giustizia; la vita è guidata allora dalle passioni democraticamente approvate, perché il «nuovo ordine» consiste nel credere come si pensa e pensare come pericolosamente si vive.

Sì, credere pericolosamente che tutto finisca con la morte fisica e che perciò non si deva rispondere dei mali nascosti a nessuno, perché anche la giustizia si risolve con i precari giudizi terreni, se ci sono e qualsiasi essi siano. Quell’abominio della desolazione che la cultura religiosa antica temeva oggi è realtà; non la fine della storia, ma la fine del concetto stesso di civiltà. E ciò è senza appello nell’ora presente dato lo stato di coma della Roma cattolica.

Una maggioranza confusa vede univocamente la Chiesa di Dio nella gerarchia attuale, come se essa potesse aggiornare la fede al falso progresso attuale, un piano a cui i fedeli devono ubbidienza e basta. Vediamo quanto succede.

Nessuno può negare che la Chiesa appare da cinquant’anni come una città occupata e demolita sistematicamente dal suo interno; contro la realtà dei fatti non vi sono argomenti. Allo stesso modo, non si può negare che a ogni effetto corrisponde una causa. Questa è riconoscibile nella cronologia e «crescendo» dei fatti demolitori. Rimangono allora individuati, sia il piano conciliare, sia la gerarchia che lo implementa. Essa, fondamentalmente di idee moderniste, è aperta alle libertà del mondo negli atti e nei documenti che produce.

Basta paragonare tale velata rivoluzione agli atti e documenti del Magistero di 260 Papi e di venti Concili ecumenici. Quindi, i cattolici che lo capiscono sono chiamati a una testimonianza per la difesa della Fede integra e pura, come nel tempo dell’Arianesimo.

Ma ora c’è un nuovo ostacolo senza precedenti: tutto parte dai vertici del Vaticano, da dove si comanda l’aggiornamento e si blocca, a colpi di «autorità», le difese tradizionali. Abbiamo allora il problema di una «autorità» esercitata per la demolizione e non per la difesa della Fede; che non rappresenta, ma contrasta subdolamente la vera autorità di Cristo. A questo punto una maggioranza di «occupati» passa a giustificare le novità perché oriunde da una visibile e mondialmente accetta autorità papale.

Alcuni commenti di dotta apparenza esemplificano questo triste caso, perché partono da quanti ritengono fedele difendere lo stato attuale e impegnarsi a spiegare (come se fosse possibile) le diverse questioni che hanno già dato i risultati nel quadro della presente demolizione della Fede. Il male sarebbe disubbidire a quest’anomala gerarchia che inverte perfino il senso della vera ubbidienza a Dio, dichiarando il diritto universale della libertà religiosa! Con ciò svelano uno spirito che, oltre alla confusione, va alla complicità nel danno. Sì perché non potendo negare l’evidente aggressione interna alla Fede della Chiesa, si occupano di bloccare i suoi difensori con una serie di citazioni a sproposito sull’ubbidienza. Un’erudizione priva del vero criterio cattolico e che si addice, volenti o nolenti, a incarnare la triste figura della «monture du diable» a servizio del nefasto Vaticano II.

Ora, chi rinuncia all’intelligenza della fede per essere cavalcato da ideologie rispecchianti un falso vangelo, sta rinunciando a quei poteri dell’intelletto e volontà di creature all’immagine e somiglianza di Dio, a favore del ritorno all’irrazionale proprio di «monture». C’è solo da sperare, per loro, che sia soltanto un «coma» temporaneo.

Intanto la difesa della Fede integra e pura deve continuare da parte di quanti vogliono essere fedeli al Signore e figli dell’unica santa Madre Chiesa.

Arai Daniele



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