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Una sola domanda a Berlusconi
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Ve li ricordati i due giapponesi beccati alla frontiera di Chiasso con un controvalore di 134,5 miliardi di dollari in titoli nel doppiofondo della valigia?

Vi ricordate che - come documentato nel suo articolo dal direttore - i due sembravano essere dei truffatori filippini? (http://www.effedieffe.com/content/view/7685/141/)

Bene. Tutto da rifare. Come in un giallo che si rispetti il mistero si ingarbuglia.

Anzitutto i due individui beccati alla frontiera sono tornati giapponesi. Quelli che sembravano essere Yohannes Riyadi e Joseph Daraman, noti truffatori filippini, sono in realtà due sudditi del Sol Levante: uno apparterrebbe alla prefettura di Kanagawa, nel Giappone centrale, ed uno alla prefettura di Fukuoka, nel Giappone occidentale.

Ma c’è di più. A quanto pare non si tratterebbe di due sudditi qualsiasi: uno si chiamerebbe infatti, Tuneo Yamauchi e pare sia addirittura il cognato dell’ex vice-governatore della Banca del Giappone.

Il nome del secondo è sconosciuto e il fatto è perlomeno strano, anzi inquietante. Dietro l’anonimato potrebbe celarsi qualche personaggio persino più altolocato o da tenere «coperto». Perché?

Si aggiunga che ancora non è dato sapere se quei titoli erano falsi o meno. E’ vero che Stephen Meyerhardt, il portavoce del  U.S. Bureau of the Public Debt di Washington ha dichiarato che «They’re clearly fakes» (1).

Ma la cosa non convince. Come ha fatto Meyerhardt a stabilire che i titoli sono falsi, senza che nessuno da Washimgton si sia scomodato per venirli a vedere? Meyerhardt l’avrebbe desunto guardando una foto su internet. Peccato che la Guardia di Finanza avesse dichiarato all’atto del sequestro che, se si trattava di contraffazione, i falsi erano praticamente indistinguibili dai titoli autentici.

Il colonnello Mecarelli della Guardia di Finanza ha affermato che attende «i colleghi americani che devono fare la perizia sui bond per stabilirne l’autenticità o la falsità». Ma pare che dopo due settimane non sia arrivato in Italia nessuno del gruppo di esperti americani di contraffazione di titoli a verificarne l’autenticità. Come mai?

Inoltre se i titoli fossero stati falsi, anche per un valore di molto inferiore, la Guardia di Finanza sarebbe stata tenuta ad arrestare i due giapponesi. In caso contrario, l’ufficiale della Guardia di Finanza poteva lui stesso essere incriminato. Invece i due sono stati rilasciati, cosa che appare impossibile senza che la Guardia di Finanza abbia raggiunto la convinzione che i titoli siano autentici. Solo se sono autentici, l’arresto sarebbe stato illegittimo, perché la mancata dichiarazione valutaria non è un reato penale, ma comporta il pagamento di una penale: una «semplice» ammenda amministrativa, il 40% del valore eccedente i € 10.000 di franchigia: solo che qui la base di calcolo è costituita da duecentoquarantanove bond della Federal Reserve statunitense, del valore nominale di 500 mln di dollari ciascuno, più 10 bond Kennedy da 1 mld di dollari ciascuno!

Si è diffusa la notizia - non ancora verificata ufficialmente - che i dieci Kennedy bond da un miliardo di dollari l’uno avrebbero una data di emissione poco probabile, il 1934, e che potrebbero non essere autentici. Peccato che di questo «errore» marchiano, che avrebbe avvalorato da subito l’ipotesi di un falso grossolano, non si trova traccia nel comunicato stampa diffuso dalla Guardia di Finanza. Vero è che, invece, i Kennedy Bond da un miliardo di dollari ciascuno, di cui si parla nel comunicato della Guardia di Finanza del 4 giugno, sono titoli reali effettivamente emessi dal Tesoro USA meno di dieci anni fa.

In ogni caso se si escludono i dieci Kennedy bond da un miliardo di dollari l’uno, che potrebbero non essere autentici, calcolando la penale del 40% sui rimanenti duecentoquarantanove bond in tagli da 500 milioni di dollari l’uno, si arriva alla somma 49,6 miliardi di dollari, pari a circa 38 miliardi di euro che lo Stato italiano potrebbe incassare visto che l’infrazione è stata commessa sul territorio italiano.

Perché il Governo italiano non fa quello che dovrebbe, cioè esigere il pagamento di una somma che da sola vale una Finanziaria? Forse perché i titoli sono falsi? Ma se sono falsi chi ha ordinato il rilascio dei due «trafficanti di valuta»? Il rilascio dei due responsabili, senza emissione del verbale d’ammenda, è avvenuto per un preciso e segreto ordine del governo italiano, determinato da pressioni del Governo americano o giapponese? Cosa c’è sotto?

E’ stato evidenziato che la FED ha tutto l’interesse a sostenere la Banca del Giappone, perché questa rientri in possesso dei titoli senza pagare l’ammenda prevista dalla legge italiana, dato che il mercato del Giappone è strategico per il collocamento dei titoli di Stato americani e i nipponici sono tra i maggiori possibili acquirenti dei bond made in USA, nonostante le attuali difficoltà di collocazione da parte del Tesoro americano. Ma noi che interesse abbiamo far finta di nulla? (2)

Perché dopo il comunicato ufficiale del 4 giugno, né dalla Guardia di Finanza né da alcun organo governativo è state rilasciato alcun commento? Vorremmo sapere: il verbale d’ammenda è stato emesso o no? In caso di risposta affermativa ciò significherebbe che i titoli sono autentici e ce ne rallegreremmo per le nostre finanze. In caso contrario perché quei due signori non sono nelle patrie galere e sono stati rilasciati? E’ forse sufficiente essere il cognato dell’ex vice-governatore della Banca del Giappone per godere di immunità internazionale?

Al mattatore del G8 e del Bagaglino, che si vanta di avere il governo più forte, più solido e più operativo di tutto l’Occidente, di avere tenuto sotto controllo i conti pubblici senza avere mai messo le mani nelle tasche degli italiani, ma che è stato costretto ad ammettere che nel 2009, «se non cambia nulla, il rapporto deficit-PIL sarà al 5% e in seguito alla crisi per l’Italia a fine anno ci sarà una riduzione di 37 miliardi di euro per l’erario», suggeriamo da questa modesta tribuna di azzerare questo «contrattempo congiunturale», mettendo le mani nelle tasche del cognato dell’ex-vice-governatore della Banca del Giappone e recuperare i 38 miliardi di euro che pare ci spettino come penale su quello strano traffico di valuta. Se invece i titoli che aveva in valigia sono falsi, quel signore lo vogliamo in galera.

Ai moralizzatori di Repubblica, poi, chiediamo - invece di infilare le mani nelle pudenda del premier, solleticando le italiche pruderie con domande da «penitenzieria puritana», destinate a distogliere lo sguardo dai problemi reali - di porre al capo del governo questa sola domanda, a nove colonne, senza bisogno di accompagnarla con gli autoreggenti e le scosciature di una D’Addario qualsiasi, per aumentare le tirature: che cosa sono quei titoli sequestrati a Chiasso e perché i due giapponesi che li trafficavano di nascosto sarebbero stati rilasciati?

Fuori la verità, senza menare il can per l’aia, senza parlare di complotti comunisti, di giornali asserviti alla sinistra e di altre amenità che ben conosciamo. Questa volta non funziona: noi siamo asserviti solo alla verità e la vogliamo tutta, subito e senza reticenze, specie perché dietro quella verità, che potrebbe valere 38 miliardi di euro, oltre a una Finanziaria che toccherà altrimenti pagare a noi, si potrebbero in realtà nascondere segreti inconfessabili, ben più di quelli nascosti nelle alcove di Palazzo Grazioli o Villa Certosa!

Questo dovrebbero domandare i giornalisti di Repubblica o del Corriere, se fossero - come dicono - giornali liberi. Invece di questa cosa tacciono, perché qui c’è di mezzo il potere vero, perché questo - siano quei titoli falsi o meno - è uno scandalo vero, dove in gioco c’è davvero la sovranità di uno Stato e il suo prestigio internazionale, dove il sistema finanziario mostra ancora una volta tutta la sua impresentabilità e nasconde forse il rapporto tra poteri legittimi, occulti e magari malavitosi.

L’agenzia Asianews del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) è una delle poche ad avere approfondito la questione e ad avere riferito che «insieme ai titoli, è stata sequestrata una corposa documentazione bancaria in originale e molto recente che ne attestava l’autenticità» (3).

Acutamente l’agenzia sottolinea che «se quanto ha affermato Meyerhardt corrisponde al vero, anche alcune importanti istituzioni bancarie sono state tratte in inganno dai titoli trasportati dai due asiatici. Le implicazioni di quanto affermato da Meyerhardt sono esplosive: ci chiediamo quanta parte degli attivi bancari sian costituiti da titoli come quelli che lui ha definito come ‘chiaramente falsi’. Se ci sono in circolazione altri titoli così ben contraffatti, è evidentemente a rischio il sistema monetario, non solo americano, ma internazionale. Nei fatti c’è il rischio di una paralisi degli scambi commerciali internazionali. Che si tratti di contraffazione o di traffico illecito di valuta, la notizia è potenzialmente più devastante per gli equilibri internazionali persino dell’esito delle elezioni in Iran. Se i titoli sono autentici se ne deve dedurre che un qualche grande detentore di liquidità internazionale non abbia più fiducia nel dollaro quale moneta di riserva e che il sistema di Bretton Woods è giunto ad un capolinea, con conseguenze abbastanza simili per il commercio internazionale dei beni».

Proprio ieri si è diffusa la notizia che i titoli in realtà sarebbero veri e che Hal Turner, il controverso blogger americano che nell’aprile scorso aveva «predetto» i risultati dello stress test sul sistema bancario americano, anticipando il crollo dei listini mondiali e che per primo aveva diffuso la notizia che i due giapponesi arrestati erano due dipendenti del ministero del Tesoro giapponese, è stato arrestato. L’arresto, contrariamente a quanto afferma l’interessato, non sarebbe legato alla vicenda; ma un’ipotesi legata al misterioso traffico di valuta e riferita da Asianews - che è un’agenzia molto seria - è che il governo nipponico potrebbe aver perso la fiducia nella capacità statunitense di ripagare il debito pubblico e che per questo le autorità finanziarie giapponesi avrebbero cercato, prima di un’imminente catastrofe finanziaria, di trasferire con un’operazione riservata i titoli alla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, BRI, la Banca Centrale delle Banche Centrali, in vista dell’emissione di titoli in una nuova valuta sopranazionale, che dovrebbe sostituire il dollaro (4).

Insomma un nuovo crack - come più volte paventato dal direttore - sarebbe alle porte e il rischio di evitare ulteriore panico potrebbe spiegare il silenzio sui titoli sequestrati a Chiasso della grande stampa italiana e internazionale (di cui una certa finanza «anglofila» è proprietaria), oltrechè di «papi». E chiarirebbe le ragioni dell’omertoso silenzio anche dell’opposizione.

Insomma come i ladri di Pisa… Attendiamo risposte.

Domenico Savino



1) http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=newsarchive&sid=aek0R0TLfVDs
2) http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1610747&codiciTestate=1&sez=hgiornali
3) http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=15556&geo=&theme=&size=
4) http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=15648&geo=&theme=&size=A


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