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Si spezza la catena alimentare?
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Lungo le coste della California succede a volte di trovare spiaggiato qualche leone marino, un perdente sconfitto dalla «selezione naturale». Ma dall’inizio dell’anno, il numero è 20 volte quello solito: 2.250 fra gennaio e febbraio, ha comunicato il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). Moltissimi sono i cuccioli, più precisamente i neonati di quest’anno. Apparivano tutti denutriti e disidratati, troppo deboli per procurarsi il cibo da soli. Morenti per fame. Possibile?

Sì, ha presto stabilito il suddetto NOAA: «La popolazione di sardine è calata del 91% rispetto al 2007», e i piccoli (e grandi) leoni di mare non hanno più abbastanza sardine per nutrirsi.

La sparizione di questo pesce è così grave e repentina che lo stesso Pacific Fishery Management Council (che comprende armatori di pescherecci e inscatolatori) , riunitosi a Santa Rosa California, ha invocato un’immediata cessazione della stagione di pesca: significa che almeno cento pescherecci col permesso per le sardine dovranno restare in porto. Ma il sacrificio è necessario, «perché lo stock di sarde appare molto inferiore di quello che era stato stimato l’anno scorso, quando sono state fissate le quote per i battelli», ha spiegato Michele Culver, portavoce del Council.

I vecchi del mestiere accusano i mega-pescherecci giapponesi a strascico che devastano il fondale oceanico, i mega-palamiti sempre giapponesi con lenze lunghe decine di chilometri (l’efficienza capitalistica), la pesca sportiva la cui flotta ‘ricreativa’ e turistica s’è triplicata nel decennio, e ovviamente Fukushima, la centrale nucleare disastrata, dal nucleo in fusione, che continua a sversare rifiuti radioattivi nel mare.

California dream

Senza escludere queste, è all’opera un’altra causa di cui gli studiosi non comprendono il motivo: una gigantesca massa d’acqua al largo nel Pacifico, un «blob» (è la parola usata dai ricercatori dell’Università di Washington State) lungo almeno 1500 chilometri e profonda 100 metri, che è tiepida, e non si raffredda durante l’inverno. È un fenomeno che piacerebbe ascrivere al riscaldamento della Terra, ma non è del tipo previsto dall’ideologia climatica.

«Gli scienziati sono stupefatti dalla durata di questa nassa di calore», ha scritto il Washington Post, ammettendo che è «qualcosa di completamente nuovo». Il blob è poco più caldo della massa d’acqua oceanica, tra 1 e 4 gradi: basta però a che i venti invernali che traversano il Pacifico giungano alla costa occidentale degli Stati Uniti tiepidi ed anormalmente asciutti. È questa la causa della tragica siccità che sta rapidamente trasformando la California dal clima mediterraneo in un sub-deserto, devastando la sua sofisticata agricoltura di frutteti e vigne, obbligando lo Stato al razionamento dell’acqua (ma graziandone le aziende del fracking, enormi consumatrici) e causando «la morte del pesce e delle altre creature marine in numeri assolutamente senza precedenti».

Il grafico storico del clima della California. Come si vede, il rialzo è senza precedenti; enormemente superiore persino al «Dust Bowl», le tempeste di polvere che negli anni ’30 devastarono le zone agricole degli USA, provocate dall’iper-sfruttamento industriale (capitalistico) dei terreni, le monoculture e l’humus che fece sospendere la rotazione agraria (i campi a maggese «non rendevano» per Wall Street) . L’aumento climatico in corso fa tornare la California al clima che – a quanto risulta dagli anelli degli alberi – vi esisteva oltre mille anni orsono.


Ciò avviene non solo in California ma lungo l’intera costa. Se il freddo Stato di Washington ha avuto inverni insolitamente miti, tonnellate di pesce morto sono occasionalmente segnalate sulle spiagge del Perù e dell’Ecuador. Il Messico ha vietato la pesca del tonno a pinna blu per il resto della stagione: nel Pacifico, questo pesce è calato del 95%. La popolazione delle ostriche è crollata, tanto che nel settore di parla del «the great American oyster collapse». Il salmone ‘sockeye’ in Alaska è quasi scomparso. Nella British Colombia, si pescano aringhe che per qualche malattia sanguinano dagli occhi e dalla pancia. In Giappone, si spiaggiano balene e delfini a decine, esse pure malate e malnutrite.

Uno dei 150 delfini di Elettra spiaggiati nella prefettura di Hokota, Giappone


Meno segnalata perché si tratta di specie non commestibili è la tragica moria degli uccelli marini, che vivono di pesce: le varie specie di «scoter» (anatre marine) e strolaghe sono calate del 75% rispetto agli anni ’70, i svassi, tuffetti e pellicani si sono fatti rari. I pellicani che arrivavano a centinaia di migliaia fra la costa Sud della California e la penisola Baja in Messico per riprodursi, non si riproducono più: il numero di pulcini nei nidi è ridotto al 10-20% che nelle stagioni precedenti. Nell’Idaho, a marzo, duemila oche delle nevi, uccelli migratori che stavano verso l’Alaska alle loro zone tradizionali di nidificazione, sono piombate al suolo morte: il colera aviario ne sembra la causa.

Ivan MacFayden è un velista sperimentato, un lupo di mare che in solitaria o con clienti ha traversato nella sua vita il Pacifico da Osaka a Melbourne, da Osaka a San Francisco e ritorno, più volte. Ciò che racconta al giornale australiano The Herald rende sgomenti:

«Dieci anni fa, gettavo una lenza e immediatamente avevo il pranzo; stavolta, mi son ridotto al riso che m’ero portato. Appena al largo da Osaka, l’oceano stesso è morto. Non più gabbiani che ti accompagnano urlando, nessun uccello marino che si posa sull’albero. Il silenzio degli uccelli è una cosa che ti stringe il cuore In passato vedevo tartarughe, delfini, squali, banchi interi di sarde e acciughe. Adesso, per 3 mila miglia marine, nulla più da vedere. A distanza abbiamo visto una balena, che stava in superficie apparentemente senza motivo; aveva qualcosa come un grosso tumore sulla testa. Tutto faceva orrore». «L’Oceano è rotto», conclude.

E l’Atlantico? In Uruguay, a metà marzo, 100 tonnellate di pesce morto, purulento e viscido, ha appestato 60 chilometri di spiagge. Dal Portogallo, arrivano foto come questa:



Cina:



In questo caso la municipalità di Abrantes accusa «il corso insolitamente basso delle acque del Tejo», il fiume locale.

In Francia, la popolazione delle api, già ridotta dalla vespa vellutina e dai nicoteonoidi, antiparassitari proclamati come la soluzione miracolosa alla vespa venuta dall’Asia , ora è attaccata da un coleottero di origine canadese: più piccolo, si infiltra negli alveari, sfuggendo alle guardiane, e decima intere colonie.

Non si può fare a meno di assimilare la strage delle sardine e dunque degli animali che se ne nutrono, con l’ecatombe inarrestabile delle api, altri piccoli protagonisti della catena alimentare, in quanto impollinatori. Né si può trattenersi dal sentire – ripudiando le proprie idee – che la California, la nuova Sodoma, la Mecca degli omosessuali di successo, la ricca e trionfale Sodoma della superpotenza che ha creato la sua forza e prosperità sulla forzatura della natura in tutti i suoi lati, stia ottenendo la sua retribuzione celeste (1).

Dagli OGM alla fissione atomica usata contro l’uomo, dall’imposizione dell’ideologia «gender» all’abolizione della rotazione agricola non più necessaria data l’artificializzazione dei suoli, fino all’estinzione di ogni popolo tradizionale, di ogni cultura spirituale metafisica, fatti sparire con le armi del mondo, ed oggi piena d’odio sterminatore verso la ultima cultura superiore bianca rimasta – quella a cui dobbiamo Dostojevski e Solgenitsin, Tolstoi e Bulgakov e Berdjaev, più necessari al nostro nutrimento di qualunque cibo – tutto ciò i greci chiamarono hubris, sfida alle divinità, e sapevano che essa richiamava la vendetta divina. I cristiani hanno parlato di peccati la cui somma e puzzo sta raggiungendo il Cielo. Una colpa a cui noi europei, ovviamente, partecipiamo non dissociandoci, dimenticando Dio, deridendo e insultando chi ancora Lo prega.

A peste, fame et bello libera nos, Domine, si implorava nei secoli cristiani in Europa. Salvaci, o Signore, dalla pestilenza, dalla fame e dalla guerra. Adesso andiamo come sonnambuli in guerre istigate dalla superpotenza , sfiorati da pestilenze che crediamo debellate dal «progresso», e che possiamo finire affamati come i leoni marini, nemmeno possiamo immaginarlo: i supermercati continuano a traboccare, no?

La carestia invece può essere il risultato del capitalismo ultimo, dell’avidità senza limiti come supremo valore promosso, della consumismo senza regole e del piacere come diritto perseguito ad ogni costo, contro natura: e ci pare significativo che la retribuzione si abbatta per prima sul California Dream.

Nelle notti dal 16 al 18 marzo, in Francia, è apparsa un’aurora boreale: dai Vosgi, dal Nord, dal Pas de Calais, migliaia di persone hanno fotografato le splendide immagini e le hanno postate sui social.

Il 25 gennaio 1938, il cielo di tutta Europa fu illuminato da una grandiosa Aurora boreale, evento straordinario alle latitudini dell’Europa meridionale; in Italia lo si vide perfino a Napoli. Come racconta Albert Speer, la osservò con Hitler sulla terraazza del Berghof: «per un’ora circa, un’intensa aurora boreale illuminò di luce rossa il leggendario Untersberg che ci stava di fronte, mentre la volta del cielo era una tavolozza di tutti i colori dell’arcobaleno […]. Lo spettacolo produsse nelle nostre menti una profonda inquietudine. Di colpo, rivolto a uno dei suoi consiglieri militari, Hitler disse: “Fa pensare a molto sangue”».

A nessuno dunque sfuggì il messaggio. Era quello che la Vergine aveva consegnato ai tre piccoli a Fatima, il 13 maggio 1917: «quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre».

A peste, fame et bello libera nos Domine.




1) Che la retribuzione cominci col togliere, alla umanità ultima superbamente illusa della propria autosufficienza, quei doni naturali gratuiti su cui – senza che ne riconosca la natura di dono – si basa la sua vita, è sottile contrappasso ed ironia della Sapienza.



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