>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
congress.jpg
Fallisce il golpe Goldman Sachs?
Stampa
  Text size
«Qui non è in pericolo solo la nostra economia, ma anche la nostra Costituzione»: questa frase del senatore democratico Chris Dodd (Commissione Affari Bancari) passerà forse alla storia, perchè  sunteggia il movimento di rivolta in corso contro il «Piano Paulson» di salvataggio della finanza. Forse, non ci sarà un governo d’emergenza Goldman Sachs; forse, la costituzione non sarà sospesa in nome dello stato d’eccezione.

Avevo dato per scontata l’approvazione del piano Paulson - i 700 miliardi di dollari dei contribuenti per liberare le banche d’affari dei loro attivi tossici, e soprattutto i pieni poteri discrezionali e insindacabili alla «giunta» Paulson-Bernanke, - ed un lettore me lo rimprovera.

Sono lieto di dire che m’ero sbagliato; errore umano, dopo aver assistito da otto anni alla assunzione di poteri sempre più ampi e illegali (riduzione delle libertà personali, autorizzazione alla tortura, spese belliche incontrollate, guerre senza ratifica parlamentare) di George Bush, mai contrastati da un Congresso-gregge e sempre giustificate con la guerra al terrorismo. Stavolta no, a quanto pare.

Come dopo l’11 settembre, Paulson - a nome di Bush - ha chiesto al Congresso di accettare a scatola chiusa il suo piano - riassunto in tre paginette distribuite ai parlamentari - e subito, perchè non c’è tempo di discutere. Ma i senatori resistono.

Non solo i democratici ma anche i repubblicani, «svegliati» da migliaia di telefonate e di email di elettori che gli hanno ricordato che rappresentano i cittadini, non Wall Street, chiedono di vedere dentro la scatola nera di Paulson (1). Chiedono un controllo indipendente sulla giunta che spenderà i 700 miliardi, chiedono la riduzione degli emolumenti stellari dei grandi manager finanziari, chiedono provvidenze per i padroni di case ipotecate.

Insomma, non tira aria buona per la richiesta di pieni poteri, immunità legale, discrezionalità totale che la giunta intende strappare.

La resistenza parlamentare non è solo sostenuta dall’opinione pubblica; è rafforzata da un crescente accordo fra gli economisti «mainstream» che si dichiarano l’uno dopo l’altro contrari al Piano Paulson.

Sunteggiamo i loro argomenti: il Piano Paulson, lungi dal salvare il sistema come sostiene la giunta Goldman, accenderà un’inflazione inimmaginabile, con rincari enormi dei costi energetici ed alimentari, così trasformerà la recessione in depressione; indebolirà il dollaro e la sua credibilità presso i creditori internazionali (detentori dei titoli di debito USA), e dunque anche il sistema finanziario globale.

Il piano per cui Bernanke e Paulson chiedono pieni poteri non salva l’economia, ma Wall Street (2). Due cose, anche in America, molto diverse.

Paulson ha agitato il rischio imminente di «un congelamento del credito, che diventa incapace di finanziare l’espansione economica» , e perciò «con grave costo per le famiglie». Ma il credito è congelato solo per le grandi banche d’affari o esposte nei derivati.

Secondo i dati della stessa FED, il sistema continua a prestare - ovviamente a clienti credibili - con ritmo vivace: il mercato creditizio è cresciuto del 9% l’anno ancora a luglio scorso. Le banche di piccole-medie dimensioni dispongono di liquidità, anche se ovviamente non sono disposte a fornirne a speculatori e debitori sub-prime.

Il Resolution Trust impiegherebbe, a comprare in pura perdita dalle banche d’affari tonnellate di carta senza valore, centinaia di miliardi che dovrebbero essere investiti in spese capaci di generare a lungo termine crescita economica sana: infrastrutture e ricerca, educazione e sanità generale. Il fondo di salvataggio avrebbe effetti destabilizzanti superiori ad ogni previsione.

Le banche e gli speculatori per due anni possono comprare ogni genere di prodotto finanziario, e sapendo che sono assicurati dallo Stato; e se perdono, li possono gettare nella pattumiera del Resolution Trust e farsi pure compensare. Ma anche i debitori  gravati da mutuo, e che continuano a pagare, saranno tentati di non pagarlo più, visto che i mutui andati a male vengono comprati dal governo.

Lo stesso si dica per i debiti al consumo o per i piccoli fidi ormai tutti assicurati dallo Stato: si crea un grave incentivo a rendersi insolventi, che può far schizzare il conto finale del Resolution Trust ben oltre i 700 miliardi. Il fondo di salvataggio, a spese crescenti e indefinite, non è finanziabile. Se non con l’inflazione. Quella già ora sensibile diventerebbe facilmente iper-inflazione, con la rovina dei percettori di salari fissi e la colossale distribuzione di ricchezza ai debitori a danno dei creditori.

Il piano Paulson accolla furbescamente il costo ai contribuenti; ciò significa che il deficit pubblico americano ormai giganteggia, vicino al  90 % del PIL. Questo deficit è finanziato da stranieri che comprano i BOT americani; gli interessi sui BOT dovranno crescere per continuare a renderli appetibili. L’aumento dei tassi farà crescere ancor più il deficit, mentre crescerà anche il costo del debito dei consumatori americani, che è il più astronomico del mondo.

E’ impossibile che Cina e i Paesi del Golfo continuino a finanziare a lungo questo circolo vizioso; convertiranno le loro riserve in dollari, a poco a poco e in modo ordinato, in altre valute e in oro. Ciò provocherà un’immediata contrazione dell’economia americana, anche superiore al 10%. E di conseguenza, ripercussioni gravi sul commercio internazionale, con la recessione di alcune economie asiatiche esportatrici; il deprezzamento del dollaro causerebbe - più di quanto abbiamo visto in questi mesi - il rincaro di materie prime e alimentari.

Va notato che Ron Paul, il candidato innominabile e parlamentare repubblicano, è stato il primo - e per giorni il solo - a segnalare il rischio che il «salvataggio» di Wall Street presentava rischi di destabilizzazione sistemica, aggiungeva insomma benzina sul fuoco che dice di voler spegnere.  Ron Paul è stato il solo che, nell’opporsi a che lo Stato compri «attivi» senza valore e illiquidi, ha proposto invece che le banche inguaiate si ricapitalizzino, ossia che gli azionisti caccino i soldi per ricapitalizzarle: (ne hanno guadagnato tanti...); ha anche proposto che l’aiuto di Stato non sia dato gratis, ma in cambio di una cessione di azioni degli istituti coinvolti.

E’ la soluzione di mercato, dopotutto: avete debiti? Cedete quote di proprietà a chi è disposto a soccorrervi. Lo Stato-azionista potrebbe mettere suoi uomini nei consigli d’amministrazione, che manderebbero via gli amministratori colpevoli del disastro.

Si fece così negli anni ‘30, ricorda Paul Krugman: il fondo allora creato, Reconstruction Finance Corporation, divenne azionista privilegiato delle ditte e delle banche che salvava, talvolta assumendone la gestione diretta. Lo scopo non era di salvare le banche, ma l’economia, la gente col mutuo, i lavoratori.

E’ proprio ciò che non vuole Wall Street, e con la sua giunta sperava di raggiungere i suoi scopi:  far pagare ai contribuenti i suoi cattivi investimenti, mantenendo allo stesso tempo al potere negli istituti le stesse persone che hanno provocato il disastro, con gli stessi enormi stipendi, ed
esentandoli da ogni giudizio, anche davanti a tribunali.

Insomma, Wall Street ha tentato l’ultimo gioco d’azzardo: la conversione della propria crisi nella conquista del potere totale.

Ma i parlamentari, incredibilmente, stanno resistendo: ideologicamente soggetti al pensiero unico liberista, non hanno una vera proposta alternativa (non propongono una ordinata re-regulation del sistema, ad esempio); ma almeno, si sono risvegliati al rischio politico, alla cessione del potere ricevuto dagli elettori ai leoni della speculazione (3).

La partita non è vinta; lo diranno i prossimi sviluppi.




1) Nomi Prins, «Congress is resisting the bailout plan now, but Wall Street will do anything to gets its way», Newsday, 24 settembre 2008. Andrew Ross Sorkin, «Bailout is financial equivalent of Patriot Act», International Herald Tribune, 24 settembre 2008.
2) Hossein Askari e Noureddin Krichene, «Paulson Plan throws oil on fire», Asia Times
24 settembre 2008.
3) Patrick O’Connor, «House GOP rises up against Cheney», Politico.Com, 24 settembre.
Il vicepresidente Cheney ha radunato i repubblicani della Camera a porte chiuse, per spingerli ad approvare il Piano Paulson; era accompagnato da Joshua Bolten, neocon ebreo e capo del suo staff, e da Keith Hennessey, suo consigliere economico. La sua pressione è stata «rispettosamente» respinta da parlamentari, prepccupati per l’effetto elettorale del piano. Fatto indicativo, sia Bolten sia Hennessey sono stati dirigenti di Goldman Sachs, come il ministro del  Tesoro Paulson.


Home  >  Americhe                                                                                           Back to top


La casa editrice EFFEDIEFFE ed il direttore Maurizio Blondet, proprietari
dei contenuti del giornale on-line, diffidano dal riportare su altri siti, blog,
forum, o in qualsiasi altra forma (cartacea, audio, etc.) e attraverso attività di spamming e mailing i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore. Con l’accesso al giornale on-line riservato ai soli abbonati ogni abuso in questo senso, prima tollerato, sarà perseguito legalmente. Invitiamo inoltre i detentori,a togliere dai rispettivi archivi i nostri articoli.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità