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Felici nelle mani di un pazzo
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Avvertenza previa: i lettori sono pregati di lasciare in anticamera la tifoseria, sia pro-Berlusconi, sia antiberlusconismo. I pro-Veronica Lario e gli anti-Veronica lascino la sciarpa coi colori della squadra in guardaroba. Potranno riprenderla all’uscita.

Lo dico perchè la faccenda è seria. E’ infatti impressionante che l’opposizione, che in questi giorni commenta, centellina con gioia, aligna e ripete le parole di Veronica Lario, tralasci quelle più essenziali e crude, che cito a memoria: «Ho detto a quelli che lo circondano (il Salame) di aiutarlo, è un uomo che non sta bene».

Sono convinto che, in questa faccenda da «Bagaglino» che ci coinvolge tutti, qui ci sia una verità grave. Ho già scritto altre volte che Berlusconi, verosimilmente, soffre di un disturbo psichico.

Nella sua forma clinica, conclamata e grave, il disturbo si chiama «mania», ed è in qualche modo il contrario della depressione. Il depresso è fiacco, sempre stanco, pessimista, psichicamente addolorato; non prova piaceri nè sentimenti, è sessualmente annullato. Il maniaco si sente supremamente energico, ottimista ed euforico; cerca la compagnia, fa le ore piccole, dorme due ore per notte e non si stanca mai, è un vulcano di idee vorticanti, e sessualmente iper-attivo. Nella forma grave, la mania porta nei guai: il maniaco sottovaluta gravemente le difficoltà oggettive compra uno yacht da milioni di euro firmando le cambiali che non pagherà, è iper-agitato, aggressivo, istrionico, mentitore, insaziabilmente lubrico, e spesso, per uno di questi comportamenti, finisce in prigione per insolvenza, per rissa o per qualche scandalo sessuale. O rovina le sostanze sue e della famiglia. Può anche finire suicida: la mania è spesso la parte «alta» del disturbo bipolare, dove il soggetto oscilla fra le vette dell’euforia e gli abissi della depressione mortale (1).

Di questo diturbo esiste però una forma più lieve, sub-clinica, molto ben studiata. Ed è un disturbo, lo si creda o no, socialmente «gradevole». L’ipo-maniaco (si chiama così) è intriso di fiducia in sè e di energia; «pensa positivo»; può lavorare per diciannove ore al giorno; si fa notare come amico generoso, impulsivo e trascinatore; contagia gli altri coi suoi entusiasmi e progetti audaci; piace alle donne per la sua vitalità sessuale. E spesso, la sua impulsività ha successo. Gli dà una marcia in più nella vita sociale.

Già nel 1958 uno psichiatra di nome Kurt Schneider descriveva questa personalità «ipertermica» (molto «calda») con questi aggettivi: «Sempre di buonumore, ultra-ottimista, esuberante, ingenuo; vanitoso, vanaglorioso, grandioso; vigoroso, traboccante di progetti, improvvido; gran parlatore, affettuoso, estroverso; indiscreto, importuno; disinibito. Cerca perennemente stimoli; sessualmente  promiscuo» (2).

Giudichi il lettore se questo non è il ritratto di Berlusconi.

Di fatto, molti uomini politici sono personalità ipo-maniache: instancabili organizzatori, capaci di partecipare ad assemblee e riunioni senza noia nè sonnnolenza, sempre attivi, sempre portatori di grandi seducenti progetti, a volte convinti di essere «in missione per Dio», e sempre «buone persone», attraggono gli altri; vengono percepiti come personalità amichevoli, empatiche, fascinose  e «magnetiche».

La istituzione che chiamiamo democrazia spesso proietta al vertice del potere - col voto - questi uomini, vissuti come dei leader popolari. Ne seguono carriere politiche di grande successo, che  però non di rado sono messe a rischio, o naufragano, per qualche scandalo sessuale: vedi Bill Clinton, vedi l’intera famiglia dei maschi Kennedy (il presidente e il fratello Robert, ministro della Giustizia, che si passano la stessa amante, Marylin Monroe; un altro Kennedy politicamente liquidato per il mortale incidente con una ragazza a Chappaquiddick).

Il guaio è che l’ipo-mania, finchè è dominata o lieve, è un carattere  socialmente vantaggioso: spesso costoro sono ricchi, perchè nella loro professione sono instancabili; voraci di novità, audaci nelle decisioni, rapidi, capaci di formare all’istante  team di collaboratori e di associare gruppi d’interesse diversi; è comprovato che, nelle fasi «alte» della loro euforia, persino il loro quoziente intellettivo aumenta; superano d’un balzo difficoltà e problemi. Proprio per questo, tali personaggi rifiutano le cure (nel caso, il farmaco prescritto è il litio): malati, se mai, sono gli altri, si dicono, i «nati stanchi», i «vecchi». La loro malattia offre loro troppi vantaggi entusiasmanti, perchè abbiano voglia di tornare normali. Ossia, di dover dormire otto ore, di sentirsi stanchi dopo viaggi e spostamenti eccessivi, e qualche volta vinti davanti a difficoltà impossibili.

Il grave è che questo disturbo si aggrava con l’età in almeno un terzo dei casi. Allora la bella, trascinante euforia diventa qualcosa di maligno. L’ideazione rapida e vulcanica diventa  irrefrenabile, delirante. L’attività esuberante diventa attivismo coattivo, incapacità di star fermi, bisogno di muoversi qua e là. Le decine di progetti sempre ribollenti diventano una «fuga di idee»  inarrestabile, per cui il soggetto comincia entusiasta un’impresa e la lascia a metà, perchè entusiasmato da un’altra idea; la velocità decisionale diventa inconcludenza; l’ottimismo diventa superficialità; sottovaluta le difficoltà in modo suicida. Spesso, il maniaco comincia a  frequentare  ambienti poco raccomandabili, spintovi dalla ricerca di donnine facili o dal bisogno di altri «stimoli»: e con ciò, può finire nelle mani della polizia. La calda personalità diventa istrionica; per esempio, recita due parti contraddittorie (il buon marito e l’insaziabile amante); nega ciò che ha appena detto, mente per non dover affrontare un’immagine di sè meno gloriosa di quella che si è costruito. E’ incapace di autocritica, e allontana chiunque lo critichi.

Il generoso diventa spendaccione, dilapidatore: il che è particolarmente grave per noi contribuenti, se il malato è il premier, con il potere di spendere i soldi pubblici, e di far attuare le sue decisioni improvvide, mal concepite e superficiali. Berlusconi ha dato già numerose prove di colpi di testa  maniacali: la improvvisa idea su Alitalia; la ispirazione improvvisa di abbandonare i lavori alla Maddalena, per trasferire il  G-20 nella zona terromotata dell’Aquila. Il semplicismo di pagare 150 mila euro a chi ha perso la casa nel terremoto, senza controllo e senza esame.

Infine, la partecipazione  al compleanno della ragazzotta, figlia di un losco individuo di Casoria: un commesso comunale che però fa feste milionarie e può indicare al premier quali politici candidare nel Napoletano, insomma un probabile capo-bastone (3). Uno di cui Berlusconi dice: lo conosco da anni, era l’autista di Craxi, solo per essere smentito da Bobo Craxi. Insomma, da vero maniacale conclamato, il Salame ha già dilapidato milioni di euro in progetti folli, e se non lo fermiamo, il suo «ottimismo» ci ridurrà in mutande. Inventa episodi mai avvebuti (come un suo viaggio in Finlandia). E si sta già mettendo nei guai con la frequentazione di bassifondi sociali.

Ma chi lo ferma? La vera tragedia non è che Berlusconi sia un pazzo. La vera tragedia è che lui, in Italia, incontra un popolo parimenti patologico, degradato, superficiale, improvvido, privo di profondità e di attenzione ai segni e ai sintomi del degrado sociale. Un popolo dove i bulletti scolastici vengono difesi dai genitori, che ne sono fieri perchè «si fanno valere». Dove sembra normale che una quindicenne mandi in giro, a Mediaset, alla RAI, alle varie case dello spettacolo, le sue foto in bikini, incoraggiata da mammà e papà  («Sono fatti suoi, dopotutto»). Dove non si trova niente da ridire che una fellatio possa essere retribuita con un ministero per la fellatrix, che masse di tifosi mettano le città a ferro e a fuoco, che un terzo dei deputati tiri di coca. Dove costruire case di sabbia in zona sismica sembra una scusabile astuzia del mestiere edile. Dove sembra normale che un magistrato diventi parlamentare.

E’ un popolo che vive, nella sua vita quotidiana, come le comparse del «Grande Fratello» e di «Amici»; per il quale, si è rovesciata ogni distinzione non si dice fra il bene e il male, ma fra il dignitoso e l’indecente, ciò di cui vergognarsi e quello di cui gloriarsi.

Ora, non c’è speranza che questo popolo si accorga di farsi governare da un matto, e lo bocci alle elezioni. Chi potrebbe dunque avviare la pratica - non prevista dalla costituzione - di interdizione del capo del governo, e il suo affidamento sotto la tutela di un curatore?

L’opposizione? A parte che ha fatto votare Luxuria e la Madia (belloccia fidanzata di un figlio di Napolitano), ha tanto esagerato nel suo anti-berlusconismo viscerale e irrazionale, da aver perso ogni plausibilità: esattamente come il bambino che si divertiva a gridare «al lupo», e quando il lupo venne, nessuno gli credette.

La magistratura? Peggio ancora. La casta giudiziaria ha manifestato tanta preconcetta ostilità contro il Salame, ha avviato tante centinaia di processi mal motivati e mal condotti per incenerirlo, che oggi - che ce n’è bisogno - una sua iniziativa per fermare il pazzo verrebbe accolta dall’irritato scetticismo dellla maggioranza degli italiani. «Ancora? Quelli ce l’hanno con lui». Del resto, in questo caso di Casoria e del discutibile commesso comunale che pare possa dire a Berlusconi chi candidare, i magistrati si sono ben guardati di «aprire un’inchiesta». Forse capiscono da soli, persino loro, che nella loro lotta di potere, hanno svenduto ogni loro  autorevolezza. Nessuno li crede più capaci di oggettività, equanimità e visione razionale.

Dovrebbe agire il presidente della repubblica: Ma chi? Quello che faceva le creste sulle note-spese come deputato europeo. Ci vorrebbe un medico di grande fama, ma chi? Quel furbo malvissuto chiamato Veronesi? O la Levi Montalcini, dal premio Nobel sospetto?

Ecco il nostro tragicomico problema: in Italia, non c’è una istituzione indiscussa. Nessuna autorità rispettata da chiunque, super-partes. Nessuna «chiara fama» che si sappia con certezza meritata. Insomma: nessuna istanza superiore, che si imponga da sè per la propria oggettiva autorità.

Nessuna CEI  la cui parola non venga accolta da cachinni e insofferenza. Nessun intellettuale o accademico che abbia mai dato la minima prova di occuparsi del bene comune.

E’ questo il nostro problema: la nostra società non ha il «piano alto», una corte suprema di integri e  indiscutibili. S’è liberata da tempo dai suoi migliori, per non essere giudicata. E crede di non averne bisogno.

Nella nostra società, si guadagna il potere perdendo la propria autorità, svendendola, scambiandola.  E così, non c’è un potere che possa difenderci da un vero pericolo per lo Stato, che si presenta in questa forma inedita di un ammalato psichico al comando.

Le infinite tavole rotonde, talk-show di Bruno Vespa, «Annizeri», non colgono il problema nè tantomeno lo risolvono. Ci tocca sentire un barlume della dolorosa  verità dalle labbra di Veronica Lario: ma sono labbroni inverosimilmente gonfiati al silicone, ridicole protesi da adescamento artificiale oltre l’età; nessuna verità resta credibile, nessun dolore può pretendersi  autentico, su quelle labbra.

Ecco il problema. Preghiamo i lettori di non dimenticare di ritirare dal guardaroba i loro oggetti personali: sciarpe della squadra, berretti Forza Italia, foto di Veronica a tette nude, tifoserie assortite, triccheballacche e putipù.




1) Il ritratto, affascinante e patetico insieme, di una personalità maniacale ciclotimica è stato raffigurato molto bene in un film del 1993: «MR. Jones», protagonista Richard Gere.
2) Citato in John Ratey e Catherine Johnson, «Shadow Syndromes», New York, 1997.
3) Sul rapporto fra «papi» e la famiglia Letizia (del commesso di Casoria, mi limito a riportare un’agenzia: «Vediamo i fatti e le novità: il capo del governo era in Polonia, tutti i giornalisti che erano al seguito ascoltano queste sue parole riferite a Benedetto Letizia, il padre di Noemi: «Lo conosco da anni, era l’autista di Craxi». Non era vero. Berlusconi viene sbugiardato da Bobo Craxi. Allora da Palazzo Chigi arriva la solita nota . «Il  presidente Berlusconi non ha mai detto che il signor Letizia fosse l’autista di Craxi». Allora dove e come ha conosciuto questo signore, di professione ragioniere, ma impiegato comunale a Napoli come commesso? Prima dirigeva la segreteria del direttore dell’assessorato all’Annona proveniente dalla segretaria dell’assessore Giovani Grieco, del PSDI, partito cui era iscritto Letizia. Era rimasto impigliato in una scabrosa  vicenda giudiziaria con l’accusa di peculato e concussione, e arresti domiciliari nel 1993, poi assolto in appello, reintegro al Comune. Dice in un’intervista a Repubblica che le affinità con Silvio sono «la politica, l’interesse per il bello, forse un po’ galante». Cosa significhi «forse un po’ galante» non si capisce, il resto lascia supporre un rapporto politico. Tanto che «raccomanda» a Berlusconi di inserire Flavio Martusciello nelle liste per le europee. Il cavaliere lo accredita, di fatto, come un esponente del centrodestra napoletano. Letizia ha fatto parte di un comitato elettorale del consigliere regionale del Pdl  il quale ora dice «Lui non è mai stato uno dei miei supporter più assidui» e che non sapeva di questa amicizia con Berlusconi. Strano davvero: Lui raccomanda Martusciello a Berlusconi e al raccomandato non fa sapere che è intimo del premier tanto che regala alla figlia collier d’oro con brillanti? Eppure anche a Porta a Porta Berlusconi continua nella poco credibile versione. Letizia non svela i motivi di una amicizia così stretta ed anche la moglie Anna non vuol dire niente dal rapporto fra la sua famiglia e «papi», anche lei lo chiama così. «Ho educato mia figlia al Vangelo»: dice la bella signora Anna. Ma non risulta che il Vangelo lo si onori con le foto alquanto «osé» della allora minorenne Noemi. Così come non lo si onora cantando insieme a «papi» le canzoni di Apicella. Sentite cosa avrebbe detto la fanciulla: «Vado a trovarlo a Roma o a Milano, perché mica può venire sempre lui qui. Lo adoro, gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che lui desidera da me. Sogno di fare la show girl. Perché io so fare tutto, una Carlucci, una Cuccarini».


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