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Imminente bagno di sangue a Gaza?
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«Ehud Olmert è andato a Berlino allo scopo di ottenere un appoggio internazionale per una vasta operazione a Gaza»: così avverte Shraga Elam, giornalista israeliana, vincitrice nel 2004
dell’«Australian Golden Walkley Award»  di giornalismo.

Il fatto è confermato dall’agenzia israeliana Ynet.News (1): alla Merkel «Olmert ha espresso il suo disappunto per il fatto che l’Europa sostiene meno la politica israeliana a Gaza nonostante l’incessante lancio di Kassam. Durante il suo incontro con la cancelliera, Olmert ha sottolineato che l’attuale politica israeliana di attività militare a bassa intensità coniugata con sanzioni economiche non ha fermato i razzi Kassam».
Dunque, occorre passare ad attività militari ad alta intensità.

«Non c’è più dubbio», commenta la giornalista israeliana Elam nella sua mail circolare, «che è questione di giorni perché Israele lanci una vasta operazione militare a Gaza. Il fatto che Olmert cerchi l’assenso della Germania a questo passo significa che ha già l’assenso degli USA. Attraverso la Germania deve ottenere l’assenso della UE».

Continua la giornalista, che scrive da Zurigo: «Sono convinta che l’attacco comincerà con massicci bombardamenti dal cielo, da terra e dal mare. Ciò provocherà una fuga di massa di centinaia di migliaia di palestinesi in Egitto».
«Il quotidiano israeliano Ma’ariv ha rivelato venerdì che Israele conosceva in anticipo il piano di Hamas di abbattere le mura dalla parte del confine con l’Egitto. Ma nulla fu fatto per prevenirlo, e fu deciso, come scrive Ma’ariv, che ‘questo è bene per gli ebrei’ ».
«Per Ma’ariv, l’intenzione sarebbe stata di obbligare l’Egitto ad occupare Gaza. Ciò però non è convincente, essendo chiaro che l’Egitto non l’avrebbe fatto volontariamente. D’altra parte già nel dicembre 2005 il giornalista israeliano Yigal Laviv scrisse dell’esistenza di un piano per trasferire i palestinesi nel Sinai del nord. Una volta che questo venga imposto all’Egitto con il bombardamento israeliano, sostenuto da USA ed EU, non è probabile che Hosni Mubarak potrà davvero resistere. Sicchè le mura abbattute sul confine egiziano serviranno al progetto di liberarsi dei palestinesi in quest’area».

«Secondo Ron Ben Yishai, l’esperto militare Yedioth Ahronot, c’è già semaforo verde per l’operazione. E fra l’altro è contemplato uno scenario di un massiccio contro-bombardamento di Hamas, che può durare due settimane, e indurre Hezbollah e la Siria a sparare razzi contro Israele per sostenere i palestinesi».
Ovviamente questo è realisticamente improbabile, ma è lo scenario auspicato: lo scenario da far accadere per avere la scusa di estendere l’attacco a Siria e Libano.

Shraga Elam conclude con un appello alla popolazione israeliana che abita attorno a Gaza, che deve capire che questa operazione non è nel suo interesse, e ai soldati israeliani perché si rifiutino di commettere crimini di guerra, e quindi prevengano l’attuazione del piano.

Che il piano sia contemplato, lo suggerisce anche il Jerusalem Post (2): il ministro degli Interni Meir Sheetrit, durante al riunione di gabinetto di domenica, ha invitato l’armata israeliana a «togliersi i guanti, a entrare in Gaza con i trattori corazzati e radere al suolo l’intero abitato da cui sono sparati i razzi (Kassam). I residenti dell’abitato saranno avvisati in anticipo di scappare».
Ma un indizio anche più allarmante viene da Washington.

Il senatore Joe Lieberman, nella qualità di capo della Commissione Sicurezza Interna (Homeland Security Committee), ha assegnato a 16 agenzie il compito «descrivere appieno la loro preparazione in caso di un ordigno nucleare detonasse sul suolo statunitense».
Qui, lo scenario auspicato è quello di «terroristi» che portano una bomba in una città americana e la facciano esplodere.
Ciò consentirebbe di decretare lo stato d’emergenza, sospendere le elezioni presidenziali, e restaurare Bush nella sua divisa di «comandante in capo».
E, ovviamente, giustificherebbe l’attacco israeliano su larga scala, finora frenato dalle resistenze degli europei ad un’azione di sterminio.

«Gli effetti di un attentato nucleare negli stati Uniti», scrive Lieberman nella sua lettera alle sedici agenzie, «sono oltre l’immaginazione. Se solo si considera l’impatto che una bomba relativamente piccola, da 10 kilotoni, avrebbe su un centro-città, la devastazione sarebbe catastrofica. Dall’epicentro nel raggio di un terzo di miglio ogni struttura sarebbe rasa al suolo e nessuno resterebbe vivo. Anche se il nostro scopo primario è prevenire tale attentato», conclude la lettera, «dobbiamo anche prepararci all’eventualità che un terrorista ben determinato possa riuscirci, nonostante tutti i nostri sforzi».

Ed anche Michael Chertof, il ministro della Sicurezza Interna (Homeland Security) con due passaporti, ha assicurato di temere un imminente evento «da scuotere il mondo» (earth-shattering event), come «un attacco nucleare o con bomba sporca, o un attacco nucleare-biologico».
Ha giurato, Chertoff, che «la minaccia di Al Qaeda non è finita».
Anche perché, ha aggiunto, «internet è il nido che alimenta sempre nuovi terroristi» (3).
La stessa idea di Frattini.
Il mega-attentato consentirebbe di perfezionare il regime americano come dittatura militare.

Che sia su questa strada, lo dice la decisione di far processare da tribunali militari, a porte chiuse,
i sei «colpevoli dell’attentato dell’11 settembre», già indicati come tali da Bush in un discorso del febbraio 2006.
Tra i «colpevoli», per cui il Pentagono (il Pentagono è diventato procuratore d’accusa?) chiede la condanna a morte, c’è il cervello di tutti quanti gli attentati di Al Qaeda.
E’ quel Khalid Sheik Mohammed che, dopo quasi sei anni di detenzione a Guantanamo (dov’è stato torturato), s’è accusato di tutto.

Dagli attentati alle Twin Towers del 1993 a piani per assassinare Clinton, Carter e il Papa (strano, tutti avversi a Bush), la decapitazione del giornalista Daniel Pearl, il dirottamento simultaneo di dieci aerei di linea da lanciare contro Los Angeles e San Francisco (il «piano Bojinka»).
E’ stato sempre lui, ha confessato, a escogitare l’attentato alla scarpa esplosiva che riuscì malamente a Richard Reich, il terrorista britannico diventato islamico, come a finanziare Zacarias Moussaui, perché potesse prendere lezioni di volo in cui chiedeva di non perdere tempo ad imparare l’atterraggio e il decollo, e a progettare l’attentato alla discoteca di Bali.
«Ho fatto tutto io quello di cui è accusata Al Qaeda, dalla A alla Z», ha detto.

Ed anche di più; Khalid Sheikh Mohammed ha confessato anche il progetto di distruggere il Plaza Bank Building nello Stato di Washington: un grattacielo che esiste dal 2006, quando il cervello assoluto di tutti i terrorismi era già in prigione da quattro anni.
Il che dà qualche idea dei metodi con cui i secondini di Guantanamo hanno ottenuto le altre sue «confessioni».
In ogni caso, il personaggio chiude la vicenda dell’11 settembre, confermando in tutto e per tutto la versione ufficiale.
Non c’è bisogno di alcuna revisione, dopo la confessione.

Il regime Bush può passare alla nuova fase della guerra globale al terrorismo.
La dittatura globale prevede una sistemazione anche per l’Europa: Tony Blair come presidente della UE, un vero presidente nella pienezza decisionale, non i presidenti a rotazione semestrale che l’Europa conosce.
«Sarà per l’Europa quello che George Washington è stato per gli USA», ha scritto il Telegraph (4).
Così, avremo un presidente di un Paese che non è nemmeno nella UE a pieno titolo.
Chi lo vuole?

Sarkozy lo caldeggia, ma persino la  Merkel  è contraria, e Giscard d’Estaing ha espresso il suo dissenso, a nome (probabilmente) dell’eurocrazia massonica.
«Il sostegno a Blair è praticamente zero», ha detto una fonte eurocratica a Dedefensa: «Anzi, si può parlare di opposizione attiva, basata sulla sua diplomazia passata considerata come catastrofica, il suo appiattimento sugli USA, le sue attività attuali come ‘uomo dei soldi’. Questa volta, la corrente (anti-Blair) è molto forte».
Sicchè avremo Blair presidente, perché lo vogliono gli americani.
E cosa farà da presidente?

Lo ha già fatto capire: una vasta campagna per creare una grande comunità transatlantica, una sorta di fusione USA-UE, economica e politica, che sarà chiamata, orwellianamente, «Unione Occidentale».
Così unita al destino della dittatura americana, Blair ci condurrà a continuare «la guerra contro il terrorismo globale» a fianco degli «amici americani»: sono parole sue.



1) «Olmert seeks Germany’s support for Gaza operation», YnetNews, 11 febbraio 2008.
Il disappunto di Olmert nasce, spiega l’articolo, da pressioni europee preoccupate che il trattamento dei palestinesi a Gaza sbocchi in una crisi umanitaria. Il che può spiegare anche l’attuale campagna contro «l’antisemitismo» lanciata in Italia con il pretesto della lista dei professori-lobbyisti. Fa tutto parte della campagna di pressione per silenziare le critiche.
2) Yaaov Katz, Tovah Lazaroff, «IDF should wipe-out parts of Gaza», Jerusalem Post, 11 febbraio 2008.
3) James Watson, «Chertoff Warns Of ‘Earth Shattering’ Events», Infowars, 11 febbraio.
4) «Une bombe à retardement: la candidature de Blair à la présidence UE», Dedefensa, 9 febbraio 2008.  
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