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Il Fisco ficca il naso nel mio piatto (e nel tuo)
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Signori, confesso: non sono in regola col Redditometro. E mi sento già il fiato di Equitalia sul collo, la convocazione della Fiscale Inquisizione per spiegare, esibendo la necessaria documentazione, come mai mangio così poco. O così troppo? Non so, ed è appunto questa incertezza che lima i nervi di noi sospetti di evasione. Spigolando sui giornali che cercavano illustrare lo strumento, ho scoperto che, per non suscitare i giusti sospetti del Fisco, io devo spendere in alimentari e bevande 6,4333(3) (il numero è periodico) euro al giorno. Tanto mi assegna l’Istat.

L’ho scoperto indirettamente. Ho letto su uno dei giornali il seguente esempio:

«Per una coppia con figlio che vive a Milano l’Istat ipotizza una spesa mensile media per alimentari e bevande di 579,45 euro, che equivale a circa 7 mila euro annui. Ma se i figli diventano due l’esborso mensile medio diventa di 642,97 euro, un valore che, per lo stesso tipo di famiglia, a Roma scende a 585,61 euro e a Napoli invece sale a 634,07 euro».

In realtà, io sono un single oltre i 65 che vive a Milano. Sono giunto a calcolare la razione che mi è permessa dividendo per 3 la cifra ammessa per le 3 persone a Milano, 579,4 euro, e poi ulteriormente per 30: ottenendo appunto i 6,43333 euro giornalieri. Come tutti saprete, se supero quella cifra del 20% – cioè se spendo 7,72 euro giornalieri – rischio di essere considerato «non congruo» (1). E l’Agenzia delle Entrate mi convoca a discolparmi, sospettando (giustamente, mi affretto a dire) che io abbia un reddito occulto tassabile oltre alla mia pensione – di cui il fisco sa tutto, potendo frugare nel mio conto in banca – e me lo sciali sgavazzando a botte 7,72 euro-giorno. Anzi, da un calcolo approssimativo, io spendo 250-300euro il mese solo per magiare: 10 euro al giorno. Nientemeno.

«Come mai mangi tanto, compagno?», mi chiederà il Kommissario minacciosamente sardonico, seduto a cavalcioni sulla sedia, mentre mi spara negli occhi la lampada. «Facci vedere gli scontrini». Ma voi avete conservato gli scontrini del supermercato, dal 2009 in poi? Io, confesso, no. Sapete come vanno gli interrogatori: la gola secca, il sudore freddo, specie alle natiche (e sotto, i poliziotti della Stasi hanno messo un panno che conserverà il vostro odore, per i cani, se doveste cercare di saltare il Muro). Eccomi già nella parte del colpevole. E del tassabile per il reddito occulto.

Se angosciato percorro con la memoria il mio passato alimentare, mi sembra che a volte ho speso più dei 6,4333 euro al dì che l’Istat ritiene sani e normali per una persona del mio stato. Molto, molto di più. A volte mi sono lasciato andare ai gamberoni, alle uova di lompo, al salmone ; al caviale mai – lo giuro – ma a volte ho ceduto alla bottiglia di Berlucchi Riserva: persino 18, 32 euro al giorno. E non ho gli scontrini. Però, quando rifaccio i conti nelle mie notti insonni (e credo di sentire i noti stivali avvicinarsi nel pianerottolo) mi sembra invece di spendere , in media, meno: più o meno 5 euro al giorno, specie da quando la mia dieta ha escluso la bistecca e incluso ampie porzioni di cavoli, broccoli, verze e crauti. Il Berlucchi è un’eccezione nella mia vita, per lo più il Lambrusco lo prendo da Lidl a 1,88 euro, e mi dura una settimana... Mi tranquillizzo. Sospiro. Mi volto sul cuscino, sereno.

Ma no! Mi viene in mente che il Redditometro ti considera sospetto non solo se spendi il 20% in più dei parametri Istat, ma anche se spendi di meno (2).

L’ho letto sul giornale. E riporto:

«Supponiamo che il contribuente possegga un’imbarcazione a motore di cinque metri per la quale, tra manutenzione e ormeggio, paga 6 mila euro l'anno, come risulta dalle relative ricevute o dall’Anagrafe tributaria. Nel momento in cui quel contribuente venisse sottoposto a una verifica di coerenza da parte dell’Agenzia delle Entrate, questa andrebbe a verificare sulle tabelle dell’Istat qual è la spesa media Istat per una simile imbarcazione e, tra i due valori, imputerebbe quello maggiore. Oppure nel caso il bene in questione siano apparecchi per telefonia e/o le relative spese di utilizzo, il Fisco metterebbe a confronto la spesa che risulta dal contribuente con la spesa media Istat della tipologia di nucleo familiare di appartenenza. E anche in questo caso assumerebbe il valore più alto».

Capito? Io non ho nessuna imbarcazione a motore di 5 metri (giuro), ma non è questo che conta; ho il telefonino ed ho internet, e se spendo meno di quello che l’Istat dice che devo spendere, il Redditometro mi imputa in ogni caso la spesa più alta, e quindi il reddito tassabile superiore. Come spiega un altro giornale, infatti, il Fisco esercita «la presunzione di infedeltà del Contribuente: se risulta aver speso meno della media, significa che ha utilizzato del nero o che ha preferito non ‘tracciare’ parte degli acquisti per far apparire più contenuta la sua propensione alla spesa».

Il Fisco vede in te un evasore che nasconde un reddito se spendi troppo. Vede in te uno che fa del «nero» se spendi poco. In entrambi i casi, sei passibile di ispezione ed interrogatorio. Ma il secondo caso – cioè sei hai risparmiato sulle spese – è ancora più grave. Perché, anche ammesso che tu abbia conservato tutti gli scontrini delle tue spese, non puoi esibire gli scontrini di ciò che «non» hai speso, dei beni e servizi che «non» hai comprato. Come si fa a dimostrare che «non» hai speso, magari sottobanco? Per definizione, è impossibile. Dimostrare una inesistenza è la prova diabolica, nella logica classica: impossibilità (3).

Ma proprio per questo, sei alla mercé della pretesa maggiore del Fisco, che ti considererà non congruo se risparmi troppo, e quindi passibile di accertamento per un reddito che non hai speso, ma che lui presume superiore, proprio perché non puoi dimostrare che non l’hai speso. È chiaro? No? Nulla di strano: è la logica della Fiscale Inquisizione, che desidera tassarvi comunque al massimo. Dovete rassegnarvi. E smetterla anche di risparmiare, ciò vi rende indiziabile di evasione fiscale; mascalzone, volevi fare il furbo, vero?

In un’altra spesa mi sono scoperto scandalosamente «non congruo», e quindi degno della diffidenza di Befera: i libri. Mi si sono rizzati i pochi capelli quando ho letto su un giornale:

«Tra i beni considerati nelle tabelle ci sono spese come quelle per i libri scolastici il cui valore mensile potrebbe apparire poco significativo: ad esempio 5,95 euro per una coppia con un figlio residente a Milano. Un dato che però, esploso sull’anno, diventa un più ragionevole 71 euro

Oddio: per l’Istat, è già anormale spendere più di 71 euro in libri l’anno se si ha un figlio in età scolastica, magari anche al liceo e all’università. E allora quanto ammette che si spenda in libri non scolastici? Dato il soddisfatto analfabetismo egemonico nel Bel Paese, la media statistica è sicuramente molto bassa. Non esito a confessarlo: probabilmente, io pensionato spendo in libri molto più di Briatore, o altri miliardari. Se faccio un conto approssimativo, posso arrivare, niente niente, anche a mille euro annui. E non ho conservato i relativi scontrini del 2009, 2010, 2011, 2012. Ma a che mi varrebbero gli scontrini? Solo a confermare quello che Befera e i suoi agenti sanno già: che sul piano libresco io sono un sàtrapo, un Creso , vivo nel lusso, nei piaceri e nella dissipatezza: ergo, che ho un reddito superiore a quello che dichiaro.

Ancor peggio per le spese mediche. Scopro dai giornali che il redditometro « prenderà in considerazione la spesa media Istat per tipo di nucleo familiare anche per i medicinali e le visite mediche». E qui, sudo freddo. Perché – faccio il mio caso – tra il 2009 e il 2010 io ho speso poco in medici e farmaci; ma dal 2011 in poi, lo ammetto, ho scialacquato: visite private a specialisti a botte di 200 euro l’una, TAC a strafottere, esami del sangue a go-go, interventi chirurgici pagati in parte da me, acido ascorbico per endovena al ritmo di 70 grammi al giorno, e tutto pagato di tasca mia perché il Servizio Sanitario non passa la cura «alternativa»... È questo scalino di spese, dal quasi nulla allo scialo medico-farmacologico, che metterà giustamente in sospetto il Redditometro e, dunque, gli inquisitori fiscali. Basterà che io dimostri, quando mi convocheranno a dare spiegazioni, che «prima» ero sano e «dopo» m’è venuto un cancro polmonare, e poi per giunta un infarto? Basterà esibire le cartelle cliniche?

No, lo so già. Lo scopo del Redditometro, ricordo, è scoprire in base alle spese redditi tenuti nascosti dal soggetto. Dunque, l’aumento improvviso delle mie spese mediche, per il Fisco, significa una cosa sola e precisa: che subito dopo la diagnosi di microcitoma, io sono diventato più ricco; presumibilmente mi sono dato a lavorare «in nero» notte e giorno, accumulando montagne di denaro che ho nascosto al fisco, e che ho usato per strafare allegramente in medicine, ed abusare in oncologi e cardiologi privati, con la depravata frenesia con cui il Cavaliere abusa di escort.

Né potrò cercare di dimostrare che la mia opulenta profusione in visite mediche l’ho pagata dando fondo ai miei risparmi di una vita. Risparmi che sono (erano) là sul conto corrente, visibilissimi al Fisco che può ficcarci il naso quanto vuole. Ciò, al Redditometro, non interessa. Stranamente il Redditometro, che vuol vedere tutto di noi (dai giornali): «spese per barbiere, parrucchiere, cura della persona, borse e valige, pasti fuori casa, giornali e riviste, lotto e lotterie, piante e fiori, abbonamenti pay-tv, giochi on line, iscrizione a palestre, piscine e circoli sportivi e ricreativi. E non sfuggiranno all’occhio del fisco neppure le spese per animali domestici, da quelle per la tolettatura a quelle per il veterinario», non vuol vedere che hai dei risparmi da parte. Suppone per principio che, se in un anno hai speso di più, è perché hai quell’anno avuto un reddito, che hai nascosto al Fisco. I risparmi, benché visibili in banca, il Redditometro li ignora.

Non ci credete? Cito ancora dai giornali:

«...in particolare sul risparmio, l’incremento del risparmio accumulato negli anni non può essere considerato la fonte dalla quale si è attinto per sostenere la spesa».

Questo particolare, come capite, ha un effetto spaventoso nel caso decidiate di comprarvi la casa.

Dai giornali:

«Fino all’anno scorso quando, ad esempio, veniva acquistato un immobile, il Fisco ipotizzava che la somma spesa fosse stata accumulata per quote costanti negli anni precedenti. Ora, invece, l’intero ammontare finirà a reddito (detratte le spese come il mutuo). Con il risultato che il reddito virtuale risulterà lontano anni luce da quello reale».

Più precisamente:

«Se un contribuente nel 2008 ha speso 100.000 euro per l’acquisto di un’abitazione la norma prevede che quanto meno in quell’anno e nei quattro precedenti il contribuente abbia dichiarato almeno un reddito di 20.000 euro», perché le spese si presumevano «sostenute, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui sono state effettuate e nei quattro precedenti».

Adesso non più: se nel 2010 hai sborsato 100 mila euro per comprare la casa, il Fisco presuppone che tu quell’anno hai guadagnato 100 mila euro in più rispetto a quanto hai dichiarato. Centomila euro che per Befera hai occultato, e per i quali dunque il Fisco ti tassa, sovrattassa e multa, eventualmente sequestrandoti il conto corrente, bollandoti come evasore fiscale.

Dunque: mai più comprare una casa, un bilocale, un box, un campicello. È evidentemente questo lo scopo che il Redditometro vuol raggiungere: contribuire sapientemente alla paralisi completa del mercato immobiliare; è la paralisi già tanto sapientemente iniziata da Mario Monti con l’imposizione dell’IMU spoliatrice su presunti valori catastali aumentati del 60%, accentuando l’effetto già sufficientemente disastroso del blocco del credito; come sapete le banche non fanno più mutui (anche perché non si sa bene cosa valga oggi una casa, dopo tante batoste, e quindi quale sia il valore ipotecato a garanzia del mutuo). Purtroppo, nonostante tanti sforzi benemeriti del Tecnico, un mercato immobiliare, ancorché diminuito del 30%, esiste ancora; ma finalmente Befera il luminare gli ha dato il colpo di grazia. E con la fine delle compravendite immobiliari, agonizzano ovviamente le industrie connesse: dai mobili al cemento, dagli elettrodomestici all’arredamento in genere. Eccezionale risultato dei tecnici al potere.

E poi si lamentano che «i consumi sono crollati», e che per una ripresa occorre «rilanciare i consumi». Per carità, non seguite il consiglio! Quali consumi di grazia, se tutti vi espongono a sospetti di evasione da parte del Redditometro? Persino l’acquisto di «lenzuola, borse e valigie, pentole» già vi mette nel mirino di Befera: «Come mai di colpo tanto pentolame nuovo, compagno contribuente?», ti chiederà l’inquisitore fiscale piazzandoti in faccia la lampada. «E come spieghi, compagno, l’acquisto delle lenzuola? Con quali redditi occulti le hai prese? Confessa». Tu ti farai piccolo piccolo, gola secca, ammutolito. Quale è la spesa consentita in lenzuola, in pentole? Non lo sai. È quello che l’Istat ritiene «normale» perché nella media. Con l’effetto collaterale che la media si abbassa, dal momento che i consumi sono mediamente collassati. Qui, finisce che dovrai rendere conto anche dell’acquisto di una sola pentola.

Praticamente qualsiasi consumo è, per il Redditometro, l’indizio di redditi occulti che hai sottratto alla tassazione.

Dai giornali:

«Il Fisco potrà prendere in considerazione non solo la spesa media della famiglia per mangiare, abitare, vestirsi, e i beni posseduti (case, auto, imbarcazioni, eccetera) ma che guarderà anche agli acquisti per biancheria, detersivi, pentole, riparazioni di elettrodomestici. Oppure alla spesa per l'olio per l’auto e per il meccanico. Verranno passati al setaccio anche tutti i canoni, d'affitto e di leasing, e perfino le spese per barbiere, parrucchiere, cura della persona, borse e valige, pasti fuori casa, giornali e riviste, lotto e lotterie, piante e fiori, abbonamenti pay-tv, giochi on line, iscrizione a palestre, piscine e circoli sportivi e ricreativi. Non sfuggiranno all'occhio del fisco neppure le spese per animali domestici, da quelle per la tolettatura a quelle per il veterinario. Ovviamente un peso forte avranno gli investimenti, da quelli in nuove proprietà immobiliari (incremento patrimoniale netto conseguito durante l'anno) a quelli in beni mobili (nuovi veicoli immatricolati) a quelli in titoli, azioni, fondi, buoni postali, oro, e perfino monete e francobolli».

Se avete letto con attenzione l’elenco – e vi conviene assolutamente impararlo a memoria - avrete visto la voce «detersivi». Eh sì, i vostri consumi in detersivi, secondo Befera e i suoi acutissimi tecnici, sono un indizio rivelatore del vostro reddito reale, che invano cercate di nascondere. Sappiate – leggo da un giornale - che «ad esempio per una coppia con tre figli (e più) residente nelle Isole l’Istat ipotizza una spesa media mensile per i detersivi di 28,61 euro». E per un single ultra-sessantacinquenne abitante in Milano, quanto sarà? Servirà economizzare nel bagnoschiuma? Oppure si è sospetti anche se si lesina, e quindi si puzza? Angoscia, notti insonni.

Durante le notti insonni, potrà visitarvi il seguente molesto pensiero: per verificare induttivamente la «coerenza» del reddito dichiarato con quello che realmente avete, dovrebbero bastare pochi parametri rilevanti: che so, il possesso di purosangue, la disponibilità (anche in leasing) di yacht, SUV, Porsche e Ferrari, l’acquisto di collane di smeraldi; o di quadri d’autore, acquisti del resto ben documentati all’origine, e se invece frutto di acquisti occulti e illegali, comunque non tracciabili; magari, i viaggi frequenti alle Maldive. Ma in che modo rilevano le pentole e i detersivi? Gli acquisti di fiori? La toelettatura per Fido? E prendiamo le «spese per il meccanico e per l’olio per auto»: spese da cui nessuno può esimersi. Non basta al Fisco, a mostrare la differenza di reddito, sapere se hai una Maserati o una Seat, cosa già nota al Fisco? E se hai una Fiat, può darsi che le spese di meccanico salgano di più che se possiedi una Polo o una Toyota: non è che sei ricco, è che la Fiat esce dalla fabbrica sotto forma di catorcio, perché nella «cultura aziendale» di quell’azienda non è ancora entrato il concetto di «Qualità» adottato dai giapponesi un quarantennio fa.

Ma cosa rileva per il Fisco? Ma che cosa vuole il Fisco realmente, quando ficca il naso (e ti ordina di tenere gli scontrini relativi) nelle tue e mie «spese per cibi e bevande, spese per barbiere, abbonamenti a pay-tv, giochi online, iscrizioni a palestre»? Oltre che beninteso a «titoli, azioni, buoni postali, francobolli»?

Ciò che vuole veramente Befera è tenerti sulla corda, esercitando il sopruso anche a caso (4). Farti sentire osservato anche quando porti al ristorante una vecchia fiamma a cui, ormai, ti lega solo la comune passione per le ostriche e paghi tu (80 euro in due a Milano). Farti sentire in colpa, esposto al fulmine fiscale, per gli scontrini che non hai conservato dal 2009, quando non sapevi che bisognava conservare le prove del cambio d’olio e la toelettatura per il cane. Insomma, porti nello stato del fante che doveva uscire dalla trincea durante la Grande Guerra: allo scoperto, sotto la mitragliatrice dello Stato. Quello che vuole la burocrazia è controllare passo passo le tue azioni, farti sentire che la tua libertà è limitata; che è in mano loro, i burocrati, toglierti il sonno inviandoti cartelle pazze, privarti della serenità convocandoti a dare «spiegazioni». Al punto che sei tu a dover continuamente provare la tua innocenza, non che spetta al fisco comprovare la tua colpevolezza.

La trovata, tutta beferiana, di rovesciare l’onere della prova, ha un altro vantaggio per la burocrazia: nascondere la propria incompetenza e incapacità dietro i rigori della «legge» dispotica. Non è capace di dimostrare se sei più ricco di quanto dici? Allora dimostra tu, evasore, che sei povero quanto affermi! (5)

E impedirti ogni gratuità.

Conosco un vecchietto che abita vicino a me, un pensionato, il quale dà ogni tanto un aiuto ad una ragazza con figlia, sposata separata da un alcolizzato che la picchia: una volta, le ha dato 500 euro perché non aveva i soldi per il dentista. So di altri che danno soldi alla Caritas di quartiere. Altri che pagano le bollette di vecchie vedove con pensione minima. Bisognerà chiedere ai beneficiati che ti facciano una ricevuta, o fattura? Secondo l’ideologia di Befera, queste donazioni sono invariabilmente «pagamento di prestazioni, in nero».

È la versione italiota della profezia di Cristo per i tempi ultimi. Quando «Per il sovrabbondare dell’iniquità, verrà meno la carità».





1) Secondo i giornali, «il conteggio fatto sulla media Istat il Fisco lo effettua quando, in sede di primissima verifica, traccia un conto complessivo delle nostre spese per controllarne la congruità. Se la cifra finale risulta incongrua per almeno un quinto (20%), l’Agenzia chiederà al contribuente di spiegare perché i conti non tornino. Ed è in questa sede che il contribuente dovrà produrre tutta la documentazione per convincere il Fisco. Se non ci riuscirà, si passerà alla fase successiva del contraddittorio che potrà concludersi con un accordo o con l'avvio di un accertamento vero e proprio».
2) In questo, il Redditometro è stato paragonato agli Studi di Settpore che fanno tremare gli autonomi. In tutti i paesi civili, gli studi di settore servono a facilitare e lasciar tranquillo il contribuente, esentandolo da uan documentazione minuziosa e adempimenti troppo costosi in tempo oltreché in denaro. Da noi sono un temibile oggetto di angoscia e di tortura, volto a porti sul banco degli accusati e a portarti via i soldi, sia che tu abbia guadagnato di più di quanto decretato dal Fisco, sia di meno (perchè, poniamo, ti è andato a fuoco il negozio). «Questa del redditometro è una vera rivoluzione - commenta Enrico Zanetti, direttore del centro studi Eutekne - è come applicare gli studi di settore alle famiglie». ..Per il contribuente? «Non vedo vantaggi: in un Paese che non ha applicato il quoziente familiare per salvaguardare i nuclei più ampi, utilizzare un meccanismo di presunzione fino a prova contraria mi pare francamente aberrante». Un blogger esperto in finanza twitta: «. Dopo aver distrutto commercio e artigianato ora ti vengono a prendere a casa #redditometro ...»
3) Un commercialista deplora sul Corriere: «Altro elemento poco convincente è l'utilizzo di dati medi Istat anche se il contribuente ha dichiarato di spendere di meno. Una follia. Se è già difficile dimostrare acquisti di tre o quattro anni fa, come si può dimostrare di non aver speso?».
4) È questo lo scopo delle «cartelle pazze», sparate a raffica con l’accusa ai cittadini di celare redditi in realtà non conseguiti. Non è solo incompetenza, è volontà di terrorizzare. Il Fisco non si scusa né si spiega dei suoi «errori». L’estate scorsa ha mitragliato 300 mila cartelle pazze, seminando spavento nei contribuenti.
5) Piero Ostellino, sul Corriere: «Spetta, inoltre, al contribuente provare di non essere un evasore. L'inversione dell'onere della prova ributta l'Italia ai primordi del Diritto». Secondo l’economista Francesco Forte, il Redditometro così concepito da statali incompetenti ficcanaso strapagati, potrebbe addirittura ottenere l’effetto opposto al voluto. «In primo luogo la sua applicazione sistematica con l'onere della prova a carico del contribuente è incostituzionale. Inoltre induce a occultare le spese fatte e ha un effetto contrario a quello voluto. Un redditometro con oltre 100 voci si presta d arbitrii, per le incertezze sulla sua applicazione. Ad esempio c'è la voce «animali domestici»: come la si applica a chi non li tiene? E se in famiglia c'è una persona che non ne fa parte legalmente? Ma quel che è più grave è il secondo aspetto. Il contribuente, per dimostrare che il suo tenore di vita è inferiore alla media esibirà scontrini, ricevute e fatture. Quindi ha la legittima tentazione di andare al ristorante e chiedere una ricevuta non corrispondente al vero. Dal parrucchiere, chiederà analogo trattamento. Mentre chi ha diritto di detrarre le spese ha un conflitto di interessi con il venditore che gli fa la fattura: chi è tassato sul tenore di vita ha un interesse convergente con chi gli vende i beni a far risultare meno del vero. Così il nuovo redditometro, se sarà applicato sistematicamente, genererà nuove spinte all'economia sommersa con flussi monetari in nero».



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