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Ci governerà Pesce-in-Barile
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Campagna elettorale vuota, brutta, e soprattutto senza contenuti; nessuno dei competitori che abbia dato una visione del futuro, una speranza , una proposta comprensiva per tirar fuori il Paese dalla fogna... Colpa di Berlusconi? «Il PD è il vero responsabile politico del vuoto di questa campagna»: lo dice Lucia Annunziata, e dunque vale la pena di ascoltarla. (Il vuoto della campagna elettorale? Colpa del PD)

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È la mattina del 19, su Radio 24. La Annunziata non solo è «de sinistra» da una vita; è interna da sempre al PCI poi DS oggi PD, ha fatto la scuola delle Frattocchie per i quadri del Partito, e non fosse per le sue giovanili frequentazioni intime con D’Alema, ma anche per le sue straordinarie abilità di arrampicatrice ai vertici di potere (Aspen Institute, filo-israeliana, presidenza Rai datale dal Berlusca, trasmissioni di prestigio in Rai..) è in qualche modo una «autorità» dentro il camaleontico Partito (pur sempre) Comunista. Ora, la sento attaccare a fondo Bersani, quello che è partito con la vittoria in tasca, ed oggi è in difficoltà per l’incredibile rimonta del Cavaliere e l’avanzata dei grillini: colpa sua, sibila la ninfa Egeria del PD: «Ha fatto una campagna tutta in difensiva. Tutti dicono che Bersani è una brava persona; sarà una brava persona, ma ha messo tutto il partito nella difensiva, sempre a tirarsi indietro».

Implacabile, Lucia pugnala: «Certe cose sono simboliche. Se uno decide di lasciare piazza San Giovanni vuota (a Beppe Grillo, ndr) e finisce all’Ambra Jovinelli (un teatro romano), dimostra che il partito non si fida di se stesso». Gira il coltello nella piaga: «La piattaforma del PD su rinnovamento, sul cambiamento, sulle alleanze, sull’ Europa, è tutta frammentata e in difesa. Faccio un esempio: il vincolo esterno. Bersani ha schierato tutto il PD sul modello Hollande... Ma qual è il modello Hollande? Ha licenziato seimila operai, s’è rimangiato la tassa sui ricchi, ed è volato in India a portarci via i contratti di Finmeccanica. (...) Il PD è il vero responsabile politico del vuoto di questa campagna, perché non sta guardando in faccia ai tempi nuovi...».

Vien da compatire il povero Bersani. L’Annunziata ha ragione. Ma Bersani non poteva far altro. Un programma per il Paese – una «piattaforma», come dice lei – non ce l’ha. Il suo programma è quello di Monti. E tutto sarebbe andato per il meglio se – come aveva accuratamente predisposto Napolitano, il suo burattinaio – Monti fosse rimasto un tecnico di prestigio, sarebbe stato comunque imbarcato nel governo PD: come tecnico, con altri tecnici del governo tecnico, di cui Bersani si sarebbe presentato all’estero come il continuatore. Ed anche adesso, nonostante che Monti si sia fatto un partito di residuati per avere una forza parlamentare propria (e dunque più potere contrattuale nel prossimo governo PD), finirà così: faranno il Governo insieme, lo vuole l’Europa, lo vogliono i creditori, e lo sanno tutti. Solo che, in campagna elettorale, i due sono «competitori», e dunque Bersani dovrebbe, nel dibattito, trovare argomenti «alternativi» a quelli di Monti: e come fa poverino, se è d’accordo su tutto? Ma non può dirlo (1).

Per di più, lo storico partito della sinistra che co-governa con quello dei banchieri, dei creditori e degli eurocrati, è pur sempre imbarazzante da vedere, e ci sono «i nemici a sinistra» che glielo fanno notare, come Ingroia; Vendola non è solidamente agganciato, anche se comunque governerà anche lui con Monti. E si sa che, finita la molesta parentesi elettorale, il nuovo governo Bersani-Monti tornerà a imporre tasse da levare la pelle agli italiani, ancor più che il Monti 0.1. Il pasticcio non ha un buon odore. Per cui la campagna di Bersani è nella chiave della doppiezza, che è poi una antica specialità tattica comunista. Una pratica ben oliata nei compromessi storici con la DC. Frasi «antagoniste» e l’occhiolino a chi deve capire, a coloro con cui si alleerà domani, ai poteri forti esterni, gli interessati allo status quo, alla Merkel e alla casta colossale dei dipendenti pubblici, specie di scuola e magistratura, che sono il nerbo elettorale, e di cui il PD è in fondo la rappresentanza politica... c’è da diventare strabici. Essere doppi e insieme «andare all’offensiva», come vorrebbe l’Annunziata, è difficile. È quasi una contraddizione in termini.

Perciò per tutta la campagna, Bersani ha detto il meno possibile. Non è che «sta in difensiva»; sta sul vago. Borbotta: «Monti sì, ma con più crescita... lavoro... giustizia». Sperando di non essere ascoltato. Il massimo che riesce a pensare, è sperare che Hollande induca la Merkel ad allargare il patto di stabilità: ma, di grazia, è forse un programma? Fa piangere, questo affidarsi a un capo di Stato estero...

È francamente impressionante il numero delle cose che Bersani «non» ha detto durante la campagna.

Montepaschi. «La banca fa la banca, la politica fa la politica»: è tutto quel che è riuscito ad esalare il furbastro minus habens all’inizio, poi silenzio. Ma intanto i procuratori di Siena hanno trovato il testo di un presunto accordo fra l’ex sindaco di Siena Ceccuzzi, PD, con il caporione berlusconiano Verdini: un patto segreto per spartirsi le poltrone nella banca fra «sinistra» e «destra». Verdini avrebbe assicurato a Ceccuzzi il supporto alla maggioranza locale di centrosinistra, evitando possibili intoppi con il governo guidato da Berlusconi, e la non-belligeranza alle elezioni per la provincia di Siena; in cambio, avrebbe incassato dal PD nomine e incarichi. Ceccuzzi promette a Verdini di mantenere un pidiellino (Pisaneschi) a capo dell’appena comprata Antonveneta, e inoltre «di piazzare vice presidenti, consiglieri e revisori nei rispettivi cda delle Fondazioni, delle Banche e delle altre società controllate dal Monte dei Paschi».

Ora, se è vero, è un fatto gravissimo, perché mostra che qui (come sospettavamo) non esiste più una «maggioranza» e una «opposizione» ossia «democrazia», ma un unico colossale inciucio alle spalle dei cittadini. In più, mette nei guai giudiziari l’avversario Verdini. Non dovrebbe Bersani dire qualcosa? Magari solo per smentire. Lo hanno fatto all’unisono i due sospettati concordi, Ceccuzzi e Verdini: «È una polpetta avvelenata!». Bersani non aveva che da imitarli, che provare a ripetere (certo, ci vuole una bella faccia di bronzo) che «la banca fa la banca e la politica fa la politica». Come mai, invece, non dice niente e spera solo che la gente non se ne sia accorta? Forse perché il fatto dimostra che a Siena «la banca fa politica e la politica fa la banca».

E mica solo a Siena. Si è scoperto che le cooperative rosse mettono i soldi dei pensionati e gli stipendi dei soci a Montepaschi. Uniccop Firenze ha depositato alla banca-partito «il suo enorme capitale: 12.650 miliardi», mentre «il 90% dei ricavi delle vendite transita invece per alcuni conti operativi del Monte, che presentano depositi nell'ordine di svariate decine di milioni e «pronti contro termine» che possono superare i 250 milioni. Questo polmone di liquidità una massa imponente di denaro che fa di Unicoop Firenze, con i suoi quasi 8mila addetti, uno dei fulcri dell'economia del territorio oltre che uno strumento di potere e di consenso legato a filo doppio al Pd». Ed aiuta Montepaschi a restare a galla nonostante la gestione criminosa.

Avete sentito Bersani dire qualcosa su questa faccenda? Silenzio. «Sulla difensiva». Vero è che nemmeno Berlusconi, nemmeno Monti, i cosiddetti avversari, gli hanno fatto la domanda provocatoria. Hanno parlato d’altro. Hanno fatto finta di litigare su altri argomenti. E hanno lasciato Bersani tranquillo. Il sistema di potere PD non ha nulla da temere da loro.

Un altro caso per così dire «a contrariis»: la Regione Lazio. Governata dal centro-destra. Dalla governatrice Polverini, ex neofascista, dimissionaria da mesi. Quindi da gente che Bersani ha tutto l’interesse, apparentemente, ad inchiodare, ad incenerire. Ebbene: la Polverini, dimissionaria e ormai spacciata, continua a fare nomine in Regione (ossia a mettere a carico dei contribuenti amici suoi, con stipendi favolosi). Ne ha fatte anche a 3 giorni dal voto. Una porcheria intollerabile. Ma perché l’opposizione (cosiddetta) PD nella Regione Lazio non la denuncia, non strilla, non fa scoppiare lo scandalo? Perché Bersani, da qualche tv, non inchioda la Polverini e la giunta da malaffare della Regione? Io una risposta l’avrei: perché il PD, quando andrà al Governo della Regione, vuol fare lo stesso. Si tiene le mani libere per il malaffare proprio e programmato.

Bersani poteva dire: no, noi faremo diverso, noi toglieremo questa possibilità disonesta. Macché. Lui non disturba la Polverini, e Berlusconi non disturba lui: quello parla dell’IMU, e lui parla di «smacchiare il giaguaro». Smacchiare il giaguaro, che vuol dire? Un po’ del solito, fasullo antiberlusconismo: non sembra essere un programma «aggressivo» , che «guardi in faccia il cambiamento», come vuole l’Annunziata. Anzi, sembra il programma di uno che non vuol cambiare niente, niente dell’intreccio politica-affari sporchi diventato sistema.

Il ministro Grilli, grand commis di Stato, oggi in quota Monti, ha davvero chiesto dei soldi a Mediobanca e poi a Finmeccanica per la sua ex moglie Lisa Lowenstein, e salvarla dalla bancarotta? Sarebbe stato un punto in cui Bersani avrebbe potuto provocare Monti: non è il suo avversario? Non sta cercando di portargli via voti? Strano, non s’è sentito Bersani dire nulla in tv. Né al comizio all’Ambra Jovinelli, se è per questo.

Eppure questa commistione incestuosa della burocrazia con le casse pubbliche, la sua arroganza e intoccabilità, il suo parassitismo e incompetenza, sono i problemi più grossi del Paese, quelli che lo fanno affondare. Bersani ha mai espresso una idea su come farlo finire? Uno straccio di proposta? O almeno ha mai fatto capire che ha presente il problema? Niente.

Altri casi a caso. L’Ilva: 18 mila dipendenti in pericolo, 6500 in cassa integrazione, giudici che per ripicca la faranno chiudere. Qual è la posizione del PD, espressa da Bersani? Non ci è dato saperlo. Alitalia in bancarotta: gli avete sentito dire qualcosa? Finmeccanica nei guai per i giudici perde le commesse da mezzo miliardo con l’India. Qualcosa di dire, Bersani? Non abbiamo sentito...

Nell’insieme, gli ordinativi industriali sono precipitati solo a dicembre di un altro 15,3%. Quali riforme propone Bersani per risollevare la produzione e i produttori dalla spirale recessiva in cui stanno affondando? A parte le austerità e le tasse di Monti?

Io non ho sentito niente. E voi?...

Un’altra. Notoriamente, Stato, Regioni e Comuni non pagano i fornitori privati, riducendoli alla rovina e al fallimento: gli arretrati non pagati si riteneva fino ad ieri ammontassero a 711 miliardi, una cifra già colossale, che va’ aggiunta all’immane debito pubblico da oltre 2 mila miliardi. Ora s’è scoperto, «spulciando fra i conti di Comuni, provincie e Regioni», che questo debito occulto è di 140 miliardi. Il doppio. (Il fiato corto del Paese dei «pagherò»)

Quando sarà al governo, Bersani, come intende affrontare questo gigantesco problema, questa palla al piede che ci fa affondare? Non mi pare di aver ascoltato nulla in proposito. Forse devo comprarmi un apparecchio per sordi.

Il debito pubblico è uno dei grandi problemi di cui si dovrà occupare il suo governo. Come intende farlo?

L’euro «forte» è l’altro grande problema, la macina da mulino al collo delle nostre ditte esportatrici. Sono sempre più numerosi gli economisti che ci raccomandano di uscire dall’euro, prima di affogare. Molti anche di sinistra, vedi Loretta Napoleoni. A dire che tanto l’euro è comunque spacciato, insostenibili, e dunque sono inutili altre austerità, s’è messo da ultimo anche Lars Seier Christensen, co-amministratore delegato della banca danese Saxo Bank. «L’euro è spacciato. Quando anche la Francia entrerà nel pieno della crisi che già ha travolto Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia, la moneta unica esploderà».

Bersani è per inchiodarci all’euro, fino alla nostra morte ed oltre; come Monti del resto, con cui governerà fra una settimana. Ma gli si può chiedere una posizione sul disastro che l’euro ha portato? Sulla necessità che la BCE svaluti un po’ la moneta comune, se non altro in risposta alle svalutazioni competitive di Usa, Regno Unito, Giappone, Cina eccetera? Niente: per noi, austerità, dobbiamo restare nell’euro a tutti i costi.

Qualche giorno fa il gruppo Daimler Mercedes ha emesso una obbligazione per raccogliere soldi fra i risparmiatori italiani (eh, facciamo ancora gola), rimborso nel 2015. Con una nota scritta in piccolo: la Daimler pagherà, ossia restituirà i soldi ai risparmiatori, «con la valuta che sarà in corso legale in Italia» a quella data. Ossia nel 2015. C’è il vago sospetto che i tedeschi sappiano già, nei loro salotti buoni, che l’Italia dovrà uscire dall’euro en catastrophe. E si stanno preparando. Di fatto, i tedeschi godono dell’euro finché possono (li ha liberati di noi concorrenti), ma quando dovranno pagare i salvataggi (nostri e francesi) ovviamente faranno saltare il banco: dando però la colpa a noi, le cicale.

Ha qualcosa da dire Bersani, e con lui il PD? Cambia in qualche modo la sua decisione mortale di non far nulla, ossia di non farci uscire dall’euro, in subalternitàa Monti, ai banchieri e ai tedeschi? «Smacchieremo il leopardo». Ah, ecco.

Sicché per ora, di tutto il programma del PD o piattaforma di Bersani, possiamo essere certi solo di tre cose. Tre cose che farà:

1) Le nozze gay e magari con diritto all’adozione (l’Europa ce lo chiede).

2) L’estensione della legge Mancino agli omosessuali (Vendola ce lo esige, altrimenti ha paura ad uscire di notte a Roma...). La legge Mancino è quella contro i neofascisti, che punisce l’incitamento alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali.

3) Divieto di usare il contante sopra i 50 euro, la sola grande idea della sua «guerra all’evasore».


La lotta alla proprietà e all’iniziativa privata (quella che non si pone sotto la protezione del Partito), in un modo o nell’altro fa parte del vecchio programma già visto, fra cui la necessità ritenuta assoluta di disciplinare non i pubblici dipendenti, ma i privati taxisti e benzinai: i colpevoli, come tutti sanno, se l’Italia non è «competitiva».

Insomma, ecco il succo del programma neo-comunista: Austerità Monti, più accontentare le kulandre.

Non è che Bersani l’abbia detto chiaro. L’ha fatto capire. Aum aum. E cos’altro potrà fare? Non ha un’idea. Di fronte a problemi giganteschi, corruzione, parassitismo, euro, debito pubblico, esazione tributaria strangolatrice, la sua mente non sa andare oltre lo «smacchieremo il leopardo». Ha fatto lui la peggior campagna 2013, ed è tutto dire, non è che mancassero i pagliacci in scena; «non vuole guardare in faccia i tempi nuovi». Eh certo. I comunisti in massa – sostanzialmente i parassiti pubblici con famiglie, annessi e connessi – l’hanno votato per questo contro Renzi. Alle primarie: L’Usato Sicuro. Quello che, sperano loro, gli tiene Montepaschi e le Coop detassate, e i 3 milioni di insegnanti parassiti che sfornano analfabeti, Regioni Rosse non mai indagate, e in più la necessità di tenere insieme Monti e l’Orecchino Pugliese...

Bersani non poteva promettere niente, dire nulla, elaborare un solo progetto. Ha fatto il pesce in barile, com’è sua natura e come necessità di partito comanda. Dovrebbe fare un regalo a Berlusconi che gli ha distratto gli elettori e tenuti occupati i giornali con le sue pagliacciate, così nessuno gli ha fatto le domande scomode.

Altro che «smacchierò il ghepardo». Magari ci andrà a braccetto, col ghepardo-maiale, uniti come sono dal non saper concepire, non avere il coraggio di concepire, alcuna alternativa. Non sono pochi quelli che prevedono un governo Bersani-Monti con l’appoggio, se del caso, dei berluscones, in funzione anti-Grillo.

Saremo governati dal grande Pesce-in-Barile. È l’ideologia residua del Pci che ha rifiutato Renzi: il pesce-barilismo in un solo Paese. O anche: pesce-barilismo, malattia senile del comunismo.





1) Persino Monti, terrorizzato dai sondaggi che lo danno a zero e dalla crescita di Grillo, ha smesso la finzione di fare «l’oppositore» alla sinistra. Dopo averne dette di tutti i colori contro l’alleanza Bersani-Vendola, e aver giurato che «mai» lui si unirà a loro, eccolo fare le fusa al pesce in barile, «penso che Bersani possa governare molto bene», annuncia la grande coalizione, persino allargata al Berlusca (MONTI: UNA GRANDE COALIZIONE DOPO IL VOTO Francesco Bei per la Repubblica, 20 febbraio). E Berlusconi mica ha detto di no: anzi propne la rielezione di Napoliutano al Colle (altra lesione costituzionale, gravissima) come prova generale delle «larghe intese» che ci ciucceremo. Si sono già accordati per continuare l’idrovora comune.



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