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Allegri, abbiamo rifatto Caporetto
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Nell’autunno del 1917, la rotta dell’esercito italiano a Caporetto non solo spezzò il nostro fronte ma rischiò di produrre il collasso dell’intero schieramento alleato, rendendo acutamente vicina la vittoria degli Imperi Centrali. Oggi, le votazioni in Italia possono far collassare l’intera eurozona. I motivi sono sempre gli stessi, e ricorrenti: comandi incapaci, che esigono da una truppa impreparata sacrifici che, quanto a loro, si guardano dal condividere.

È persino singolare che le classi dirigenti italiane (se vogliamo chiamarle così) pretendano periodicamente di impegnare questa popolazione moralmente fragile, intimamente fratturata e sfiduciata dei comandi in un qualche sforzo che richiede costanza, continuità e abnegazione, per anni, in condizioni estremamente avverse, e vengano sorprese quando questa popolazione «rompe», diserta, si dà alla fuga; vero è che i capi sono i primi a scappare abbandonando la truppa.

Stavolta, gli italiani non sanno nemmeno che quello che hanno fatto è (di nuovo) Caporetto, e che la catastrofe per loro, e per il resto d’Europa, è appena cominciata: i capi non li hanno avvertiti che erano in guerra.

Gli hanno fatto credere che l’euro era una gran fortuna e che avrebbe portato benessere, mica tirate di cinghia e tasse feroci (mentre è stata una fortuna solo per loro, che per anni hanno potuto pagare i loro lussi ed inefficienze parassitiche a debito, con tassi bassi). Poi gli hanno imposto austerità e tasse feroci, da cui loro si sono accuratamente esentati, mantenendo tutti i loro lussi, gli stipendi d’oro senza relazione con una qualunque competenza, e rifiutando di partecipare al sacrificio comune snellendo l’amministrazione.

Noi non lo sappiamo ancora. Invece i tedeschi – mai dimentichi dell’8 settembre – l’hanno capito a volo: i primi commenti dei giornali germanici fremono di rabbia per i soliti italiani «che votano due comici», che sperano di sottrarsi al risanamento austeritario affidandosi a «demagoghi» che propongono soluzioni facili; che danno la colpa delle loro viltà, furbizie e disastrose inefficienze ad altri, e precisamente a noi tedeschi; gliela faremo pagare... Pretendono «stabilità a Roma», per farci continuare a fare i compiti. Ma in fondo sanno già che il loro piano disciplinare per i Paesi-cicala è spezzato.

Ciò che vogliono i tedeschi, è che l’Italia cicalona e superficiale riduca il suo debito pubblico, oggi al 130 % del Pil, al 60%, a botte di 40 miliardi di tagli all’anno per venti anni. Realisticamente, vi pare possibile? Questo esercito mandato al fronte con le scarpe di cartone sta già cedendo sotto i colpi di Equitalia, imprese chiudono, imprenditori si uccidono, consumi si riducono al nulla. E gli si chiede di continuare, anzi di aumentare le strette di cinghia per vent’anni.

E per cosa, poi?

Esattamente per questo: dopo che avremo raggiunto la virtù e frugalità che Berlino ci prescrive, forse Berlino accetterà la «mutualizzazione dei debiti» europei. Significa mettere insieme i debiti di tutti gli Stati, emettere titoli di debito comuni, che sarebbe considerato «sicuro» dai mercati e dunque avrebbe un tasso d’interesse lieve, più lieve di quello italiano e spagnolo d’oggi. Per i tedeschi, invece, quel giorno indebitarsi sarebbe un po’ più costoso di oggi.

Ma forse nemmeno, perché a quel punto, un’Italia divenuta frugale ed efficiente, con un debito al 60% del Pil, non si vedrebbe richiedere dai mercati interessi proibitivi, ma anzi interessi bassissimi, più bassi di quelli richiesti oggi ai tedeschi. A quel punto, mutualizzare i debiti sarebbe inutile. A patto che esista ancora un’Italia, e che quel giorno gli italiani non siano tutti morti. Di austerità.

Mettiamola in altro modo. I tedeschi ci chiedono di diventare come loro: darci uno Stato snello ed efficiente, impiegati pubblici pensosi del bene comune, sindacati disciplinati che accettano sacrifici in vista di un rilancio nazionale, tagli di stipendio per tutti a cominciare dai capi, nessun privilegio o «pasto gratis», nessuno che faccia il furbo. Tutto ciò è bellissimo: ma vi pare possibile?

No, non è possibile. Il carattere nazionale non è cambiato sotto l’euro, anzi se possibile è peggiorato, con crescita generale di irresponsabilità, furbizia, parassitismo e sprechi. Il fatto è che ci hanno nascosto (o ci siamo nascosti) che l’adozione dell’euro comportava anche questa conseguenza: diventare tedeschi, rivestire le ben note virtù tedesche. Abbiamo creduto di avere la moneta tedesca restando quelli della lira: leggeroni e svalutabili, vili ma prevaricatori, con qualche punta di genio e d’arte di arrangiarsi creativa. Chi in questa repubblica continua a difendere la nostra entrata nell’euro non sa che la moneta di un popolo è nel profondo il suo ritratto, ne esprime debolezze e qualità. La «nostra» moneta, come noi, va in guerra con il fazzoletto tenuto in testa da quattro nodi alla Alberto Sordi, non con le uniformi di insuperabile eleganza militare dei Rommel e Guderian.

Siete disposti a diventare tedeschi? Evidentemente no. La verità che, anche volendo, non ne siete capaci.

Allora, non potendo svalutare la lira, l’euro sta svalutando voi: il vostro valore, italiani, è una salario da 500-700 euro, non di più. Un po’ superiore a quello greco, ma mica tanto (avete il Sud che vi svaluta). Con 500 euro mensili, se lavorate, diventate di nuovo competitivi.

Non vi va? Protestate? Ma provate un attimo a mettervi nei panni dei tedeschi. L’Unione Europea, con l’unione monetaria, alla fin fine chiama i tedeschi a cacciare i quattrini per i Paesi che, coi loro debiti, mettono in pericolo la moneta comune. È una cifra immane: solo quest’anno, l’Italia dovrà rinnovare debito, ossia chiedere ai mercati di comprare nuovi titoli, per 480 miliardi. Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro vanno aggiunti a questa cifra. Pretendendo eurobonds e mutualizzazione dei debiti, voi pretendete che i tedeschi, che hanno fatto sacrifici, paghino a pié di lista i lussi del Quirinale che costa 5 volte Buckingham Palace, i Fiorito, le Polverini, le Minetti, i Trota, i furboni comunisti di Montepaschi, insomma tutta la magnazza: voi lo fareste, se foste tedeschi? Non credo.

I tedeschi non lo faranno. Non lo faranno mai. Toglietevi ogni illusione. Ed hanno ragione loro.

Però in una cosa hanno torto. È che anche loro fanno i furbi: godono dei benefici dell’euro forte e stabile, senza voler pagare il pedaggio dei malefici, dei pesi, che vengono con la moneta unica. Ossia una qualche solidarietà con i meridionali che non ce la fanno. anzi, portano via ai meridionali quote di mercato, ma quando si tratta di aiutarli dicono no: alla Grecia hanno detto no, fino a rovinarla, e aumentarne il costo degli inutili salvataggi a 440 miliardi, sborsati in gran parte anche da Berlino. Per salvare le sue banche, e mantenere il vantaggio competitivo sui partner europei.

Perché se noi siamo il popolo di Caporetto e i tedeschi ci conoscono troppo bene, anche noi conosciamo troppo bene loro: li abbiamo avuti in casa per troppo tempo. Anche per questo l’euro è impossibile: ci conosciamo troppo. La soluzione sarebbe che i tedeschi si prendessero la responsabilità del risanamento che ci impongono; e che invece di imporci dei loro proconsoli italiani (in quanto italiani, caporettisti e incompetenti) e venissero loro, direttamente, a governare questo Paese incapace di autogoverno. Ma anche questo l’abbiamo provato, e non è piaciuto né a noi né a loro.

In fondo, sappiamo bene perché i tedeschi perdono sempre anche se non tralasciano nulla per vincere, e hanno torto anche quando hanno ragione.

Detto questo, torniamo ai risultati elettorali. Non appassioniamoci alle manovre freneticamente tentate, se «governissimo» con Cavaliere o «governo di scopo» con il Movimento 5 Stelle o qualche altro trucco e rappezzo del fronte. Il fronte è sfondato. È Caporetto. E l’avete fatta voi, italiani, votando a maggioranza contro l’Europa. Contro, sì. Ve ne siete accorti? No? È meglio che vi svegliate. E cominciate la ritirata alla Caporetto, ognuno per sé, buttando via il 91, rubando gli stivali ai morti, e sparando ai pochi ufficiali seri che cercano di organizzarvi.

Voi non ve ne siete accorti, ma come al solito sono gli stranieri che l’hanno capito.

«Temono molto», vi spiega il Telegraph (ma voi non leggete le lingue), «che la Banca centrale europea non riesca a sostenere il mercato del debito italiano (come fa oggi) con la procedura chiamata Outright Monetary Transactions (OMT), se non c’è a Roma una coalizione che voglia o sappia adempiere alle dure condizioni imposte dalla UE su indicazione di Berlino». Infatti , dice uno degli esperti intervistati, «la BCE può iniziare a comprare i titoli (i BOT e BTP) solo quando i Paesi in difficoltà chiedono un salvataggio sul fondo UE, accettandone i severissimi termini. Il salvataggio BCE dipende dai Paesi che fanno ciò che gli si chiede. E questo è stravolto dalle politiche interne in Italia».

Capito? Si aspettano che quando dicono una cosa, voi la fate. Altrimenti mettete a nudo il bluff monetario su cui si basa la «stabilità» dell’euro e la «calma» creata dalle parole di Draghi, a parole. Se Draghi dovesse passare ai fatti, il bluff si vedrà e i mercati distruggeranno tutta la costruzione monetaria. Chiedendovi interessi all’8, 10%, chissà. Ma con ciò, rovinando anche tutti gli altri. I tedeschi per primi.

Già. Perché – voi non lo sapete – anche se un governo stabile a Roma chiedesse il salvataggio sulla base dell’OMT, e aderisse alle durissime condizioni connesse con l’aiuto, l’aiuto della BCE «richiede un voto del Bundestag». Sono i deputati germanici a dover dare il loro assenso al prestito (strana l’Europa di tutti). E la Merkel ha dato un assenso di massima, ad agosto, tramite Jorg Asmussen il membro tedesco della BCE, ma di nascosto: ha voluto far credere al suo elettorato che la crisi dell’euro è risolta, «almeno fino alle elezioni di settembre».

Ora, figuratevi questi sei mesi in Italia: mesi di clamori, di accuse, di tentativi urlati di formare governi immediatamente impallinati, di furbizie, di accuse reciproche; di talk show su pro e contro l’euro, di vane ma pubbliche discussioni sulla moneta, di accuse ai tedeschi che ci hanno ridotto in questo stato; insomma il solito spettacolo del dopo-Caporetto. I tedeschi, provocati, hanno voglia di rimangiarsi il mezzo impegno preso. A questo punto, l’euro crolla, insieme alla Merkel e a Bruxelles.

Catastrofe.

La verità è che l’Italia, risibile quando prende impegni che richiedono costanza, è pericolosissima quando «rompe». Non solo è l’economia più grossa, con il debito più grosso, del Club Med. È anche il solo Paese che ha abbastanza elementi di forza fondamentali da lasciare l’euro, se costrettavi dagli eventi. Anzitutto, svaluterebbe e recupererebbe immediatamente il 35% di competitività persa a favore della Germania dall’entrata nella moneta unica. Ha, è vero, un enorme debito pubblico, ma poco debito privato, e 9 trilioni (9 mila miliardi, anche se ora molto diminuiti) di ricchezza privata da spendere ed investire nella ripresa. Inoltre e più importante, il Paese è in «attivo primario» o quasi e in pareggio nella posizione d’investimento internazionale (ha pochi investimenti esteri sia dentro sia fuori), contrariamente a Spagna e Portogallo.

Sapete cosa ciò significa?

Significa che «può teoricamente tornare alla lira senza subire una crisi di fondi, anzi può essere questo il solo modo di scongiurare una crisi se la BCE le toglie il suo aiuto. Ogni tentativo di forzare l’Italia a piegarsi può fallire disastrosamente: disastrosamente per i creditori della moneta unica». (ECB bond plan in jeopardy as Italy's voters reject conditions)

Capito, caporettisti? Cercate di soppesare ognuna di queste frasi. Ve le traduco:

L’Italia può tornare alla lira senza dover chiedere ai mercati altri soldi a credito, perché a breve non ne ha bisogno.

Anzi, se la BCE smette di comprare i suoi Bot, all’Italia conviene uscire dall’euro ancor più.

Se ci chiedono di fare le cose che ci dicono, ossia di obbedire a Berlino, loro temono questo: che noi usciamo, svalutiamo, ristrutturiamo il debito con relativamente pochi danni per noi, ma con effetto disastroso per i creditori. Cioè loro.

È esattamente quello che farete, italiani. Lo farete nel peggior modo possibile, non per deliberata volontà ma per disfatta; non per strategia ma per improvvisazione; non pulitamente ma in modo sporco, e perfino senza saperlo; lo farete come la ritirata di Caporetto, gettando i fucili nel fango, disertando il dovere, gridando che tenete famiglia, sotto una tempesta torrenziale, disubbidendo a capi che valgono ancor meno di voi, tradendo gli alleati che vi fucileranno ai lati dei sentieri; lo farete in mezzo a paura, fame, ruberie, atti di viltà vergognosi; ma lo farete, e sarà la vostr salvezza. Meglio farlo presto, comunque meglio che mai.

Tornerete alla lira: la moneta vostra. La moneta che vi ritrae, la moneta che siete voi: con il fazzoletto il testa al posto dell’elmetto e le scarpe di cartone per andare nel mondo a vendere le merci. E il gioco ricomincerà.

Allegri, è di nuovo Caporetto.



Copyright Associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE


 
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