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L’Alleato fa la guerra all’Europa, che non lo sa
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Visto? La crisi dell’euro, dei debiti pubblici, delle banche europee non era passata. Era solo calma estiva. Ora riprende.

Primo colpo di cannone (come sempre) l’ha sparato Goldman Sachs, declassando una quantità di banche europe dal poter comprare o vendere: Natixis Agricole, Credito Valtellinese... La scusa: Basilea III renderà le banche meno competitive e profittevoli, perchè le nuove regole le costringono a ridurre il credito.

Ad aver voglia di scherzare, si potrebbe rispondere: niente paura, da noi il credito è sempre stato strettissimo, Unicredit per anni ha fatto la difficile sui mutui e fidi agli italiani perchè li dava in Kazakhstan – con gli applausi a Profumo dei media (la banca più internazionalizzata del Paese!) e degli azionisti, finchè è durata.

Adesso Profumo viene punito per la sola cosa forse giusta che ha fatto, chiamare i libici nell’azionariato. Non andrà a lavare i piatti nei ristoranti, c’è chi gli prevede un futuro politico: nel Pd, di cui ostentatamente il Profumo (che cosa stupida, per un banchiere) si dichiarò sostenitore, mettendosi in fila alle primarie per Prodi.

Quella di Goldman è una scusa. Vero è che Basilea III, obbligando le banche ad aumentare le riserve proprie dal 2 al 7%, ha un effetto deflazionistico in questa fase di depressione-deflazione. Ma l’adeguamento avverrà in otto anni, fra l’altro per evitare che le banche si gettino a raccogliere capitali sui mercati, facendo troppa concorrenza agli Stati che offrono i loro debiti a quegli stessi mercati.

Sarà dunque, semplicemente, inefficace. Come tutti i provvedimenti e le decisioni prese in questi mesi per affrontare la crisi della finanza.

La verità è che quello di Goldman è un atto di guerra: l’America della finanza contro le minime velleità regolatrici dell’Europa.

La proposta di Sarkozy di imporre una tassa Tobin sulle transazioni finanziarie non è la risposta, è un colpo a salve: naturalmente è la soluzione giusta – per esempio, stroncherebbe tutta la truffa terminale delle transazioni ad alta frequenza, che i computer americani operano a migliaia di volte al minuto, facendo pagare agli speculatori parte del prezzo della crisi da loro prodotta. Ma altrettanto naturalmente, non verrà accettata da nessuno. E invece, renderà d’acciaio la volontà del nemico americano di distruggerci senza pietà, perchè simili idee non appaiano più sulla bocca di un politico europeo.

E il nemico ha delle armi più potenti, visto lo stato delle finanze pubbliche europee. E visto che, per i giudizi sulla nostra condizione finanziaria, continuiamo a dipendere dalle oggettive e disinteressate valutazioni di Goldman e delle loro agenzie di rating. Goldman colpisce anche lì, dichiarando che esiste un rischio commensurabile che Irlanda e Portogallo debbano accedere ai 440 miliardi di euro dello Strumento Europeo di Stabilità Finanziaria European Financial Stability Facility (EFSF): 440 miliardi che non ci sono, e che sono stati pseudo-stanziati in fretta tra la BCE e i Paesi europei dopo il collasso greco, come un bluff.

C’è dunque da temere che il nemico americano vada a vedere quel bluff con una speculazione sulle monete europee. Accumulando, nell’operazione, dei profitti immensi, tratti da noi.

Per esempio, se fossi Goldman, correrei a comprare i titoli di Stato irlandesi, mica quelli italiani: quelli a 10 anni rendono il 6,5%. E, così come quelli greci, sono oro colato, perchè garantiti dal sopra lodato EFSF: quale investimento più sicuro, oggi, che nei debiti di Paesi in stato fallimentare? Tanto più che si possono fare altri soldi con lo spaccio dei Credit Default Swaps (CDS), le pretese «assicurazioni contro il rischio-fallimento» di quei Paesi. Ossia le scommesse sul loro fallimento. E se poi il Paese fallisce davvero, i Goldman hanno il tempo, coi loro computer iper-veloci, di ritirare il loro investimento nel fallito ad alto interesse: hanno buoni informatori nei governi, nella pubblica amministrazione, nei Draghi e nei Prodi cavalieri dell’Apocalisse, loro dipendenti.

Oggi il vero affare non è investire in aziende sane, ma mettere i risparmi nei BOT di un Paese piccolo – come l’Irlanda – che ha il 13% di disoccupati, di cui il 40% di lunga durata (ossia resteranno disoccupati per sempre e andranno aiutati dalla carità pubblica) un PIL calato del 7,1% nel 2009, un deficit che nel 2010 giungerà a un quarto del PIL. Uno Stato che ha operato bene secondo i dettami della dogmatica liberista, e che ora si trova sull’orlo della bancarotta per un semplice motivo: che ha dovuto salvare la Anglo-Irish Bank, ossia – come Stato – accollarsene i debiti. Debiti che sono troppo grossi per un piccolo Stato con piccoli introiti tributari, e ne divorano il PIL. Forse, il salvataggio delle banche irlandesi costa ormai il 70% del PIL, di un Paese che ha anche un grosso debito delle famiglie.

Passati i tempi (fascistissimi) in cui gli Stati nazionalizzavano le banche in rovina: adesso sono state lasciate diventare troppo grosse per fallire. Complimenti.

Ma anche il Portogallo è un pessimo buon affare per chi è capace di trasferimenti ad alta frequenza. Anche i suoi BOT a 10 anni dànno il 6,15%. Intendiamoci, è l’euro che ha reso il Portogallo una rovina. Nel 1995 era ancora un creditore netto verso l’estero. Adesso è un debitore netto sul 110% per cento del PIL.

« Equel che succede», gongola Evans Pritchard, «quando di colpo tagli i tassi dinteresse dal 16 % al 3%», perchè «il 3 % era il tasso che faceva comodo alla Germania ed è stato imposto alleurozona».

Oggi, le banche portoghesi non possono sopravvivere col risparmio interno. Dipendono da prestiti esteri per coprire il 40% dei loro asset. Adesso BCE, Germania e « mercati» uniti esigono tagli del PIL di Paesi come il Portogallo addirittura draconiani, ciò che stronca ogni prospettiva di sviluppo, e dunque di pagamento dei debiti.

Circolano voci che la BCE stia sostenendo « attivamente» il debito irlandese attraverso acquisti. L’Irlanda ha emesso BOT decennali e da 8 anni per 1,5 miliardi di euro, e i «mercati» hanno fatto sapere che non hanno tanta voglia di comprarli (poi la vendita è andata benino, confermano le voci).

Insomma la guerra è ricominciata e l’Europa, come al solito, non ha niente da mettersi. Non ha nemmeno riconosciuto il nemico.

E’ la lotta fra due concezioni del mondo: in cui una non c’è, mentre l’altra sa perfettamente cosa vuole, quali interessi difende, e che s’è comprata il governo USA e la FED.

Attenzione, perchè se cade l’Irlanda o il Portogallo, i « mercati» torneranno ad interrogarsi – riflessivi come sono – sul debito greco, le cui obbligazioni debitorie ammontano a 300 miliardi di euro. E la riflessione porterà a tensioni sulla Spagna (che sappiamo in quali condizioni sia, di ripagare debiti), e anche sull’Italia: con relative scommesse sul nostro fallimento, profitti speculativi da altissimi interessi richiesti dai mercati, e infine il collasso generale dell’euro?

Tenersi forte ai corrimano.



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