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Quegli strani dollari falsi
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Ufficialmente e da anni, gli Stati Uniti accusano il Nord Corea: è questo Stato, «canaglia» per definizione, che stampa e spaccia le banconote da 100 dollari che allarmano il Tesoro USA.

E che falsi: di altissima qualità, per le stesse autorità americane. Tanto da rivaleggiare con gli originali, stampati dall’US Bureau of  Engraving and Printing, la zecca federale. I falsi d’autore sono chiamati, con una certa ammirazione, «supernotes» (1).

I falsari privati, anche i più tecnicamente abili, stampano banconote false con il sistema offset o con la copia digitale. Invece le «supernotes» sono prodotte con la «stampa a intaglio Giori», dal nome della ditta svizzera che possiede questa tecnologia. Una stampatrice a intaglio applica l’inchiostro sul clichè e poi lo asciuga nettamente nelle aree in rilievo, lasciandolo solo nelle linee intagliate. Ciò produce una stampa in rilievo, che i i falsari privati non riescono a contraffare;
e dà al dollaro quella particolare sensazione al tatto, tipica della moneta «buona». Il Bureau of Engraving and Printing usa la stessa tecnologia Giori, dopo una prima passata in offset per i colori di fondo.

La dittatura coreana possiede una macchina Giori? Sì, l’ha acquistata negli anni '70. Ha pagato le prime due rate, e poi basta: per questo, la ditta svizzera non ha poi consegnato gli apparati ausiliari, i ricambi e gli avanzamenti tecnici aggiunti nel frattempo, anche in obbedienza alle ingiunzioni di Washington.

Dunque gli esperti tendono a credere che il macchinario in mano ai coreani del nord non sia in grado di contraffare così superbamente i dollari. Alcuni sostengono persino che, secondo loro, la Giori nord-coreana giaccia inutilizzabile da anni in qualche magazzino.

E che dire della carta delle «supernotes»? Le banconote di altri Stati sono fatte di carta tratta dalle fibre di cotone. Soltanto  il dollaro USA autentico usa una carta di altissima qualità, fatta al 75% di cotone e al 25% di lino.

Ebbene: i falsari usano la stessa carta, unica nel suo genere, la cui produzione implica tecnologie e costi ben più alti di quelli convenienti per una comune cartiera. Una cartiera piccola, capace di produrre quella carta speciale, costa sui 100 milioni di dollari; e per avere un profitto, dovrebbe stampare almeno quattro tonnellate di quella carta-da-dollaro all’anno, altrimenti il falso costerebbe più dell’originale o del suo valore facciale.

Però la quantità delle «supernotes» in circolazione, da quanto si può valutare dagli esemplari intercettati, è molto inferiore a quattro tonnellate annue. Forse la Corea del Nord si procura la carta da qualche fabbrica estera? Difficile anche solo pensarlo.

Lo Stato americano fabbrica quella carta in una ditta con sede in Georgia, la quale usa un impianto «Fourdrinier», il solo che possa lavorare fibre da carta più lunghe del normale, come sono nei dollari. Nel resto del mondo, anche le più avanzate cartiere lavorano con polpa a fibre corte.

«Questi falsari non simulano la qualità della carta con la stampa», dice Thomas Ferguson, già direttore del Bureau of  Engraving and Printing: «Non usando la carta di qualche altra fonte, ne scoloriscono la carta delle banconote autentiche (per esempio da 10 dollari, per poi scriversi «100», ndr.). Qualcuno ha fabbricato specificamente quella carta. Che è una bella impresa».

Ma c’è di più: quei dollari  falsi, falsissimi, hanno inserite nella carta specialissima delle microfibre colorate, che compongono come un fine reticolo, per di più microstampato: al microscopio si può leggere «USA 100». Ciò richiede tecnologie  sofisticatissime e costosissime.

Un esperto tedesco ha inoltre scoperto che il cotone da cui è tratta la carta delle monete false viene dal Sud degli Stati Uniti, la stessa regione da cui la Zecca federale compra il materiale. Ovviamente, il cotone americano si può comprare anche sui mercati mondiali. Ma l’esperto fa sapere di aver ricevuto da «parti interessate» il consiglio di non rendere pubbliche le sue analisi fisico-chimiche. Saranno stati i nord-coreani?

E veniamo agli inchiostri. La zecca USA, per stampare i dollari autentici, adotta un inchiostro «variabile otticamente» fabbricato dalla ditta svizzera SIPCA (Société Industrielle et Commerciale de Produits Amon). Nella banconota vera da 100 dollari, questo inchiostro speciale è usato per stampare la cifra di serie in basso a destra: secondo la posizione da cui si guarda, questa cifra appare di color bronzo-verde oppure nero.

Ebbene: le «supernotes» coreane  hanno lo stesso inchiostro. Come ha fatto il regime ad ottenerlo?
Bisogna sapere che la SICPA - con la discrezione e fidatezza degli svizzeri in fatti monetari - produce quel tipo d’inchiostro per tutte le zecche e stamperie di Stato del mondo, ma a ciascuna fornisce una combinazione di colori diversa, e la fabbricazione avviene nella sede elvetica della ditta. Per gli USA, invece, la SICPA ha formato una joint-venture con una ditta americana (la OCLI) con sede in California.

Questa fabbrica l’inchiostro speciale, che viene poi mescolato nella giusta proporzione (bronzo e nero) in un’altra ditta della SIPCA, che ha sede in Virginia e serve solo la zecca USA; tutto ciò per maggior sicurezza. La moneta di riserva mondiale esige cautele molto speciali.

La Corea del Nord è cliente della SIPCA? Sì, o lo è stata in passato. Fino al 2001, quando su pressione americana la riservatissima ditta elvetica cessò ogni consegna degli inchiostri speciali. Per di più, la combinazione di colori otticamente variabili assegnata alla Corea del Nord era verde e magenta, non bronzo e nero (riservato agli USA).

Daniel Glazer, funzionario del Tesoro americano, sostiene che l’inchiostro in uso a Pyongyang può essere trattato in modo da ottenere la combinazione di colore americana. Sarah van Horn, la portavoce della elvetica SIPCA, ritiene però che il regime comunista asiatico debba aver esaurito la scorta dell’inchiostro fornita, in piccola quantità, ormai sette anni fa.

Da dove viene la sicurezza USA che la contraffazione ha il suo centro in Nord Corea? Essenzialmente dalle testimonianze di disertori e fuggiaschi che «hanno scelto la libertà» e che dicono spesso come il regime comunista abbia in atto una complessa operazione tecnica di contraffazione, per sabotare l’economia americana.

Tuttavia Raphael Perle, analista del Congressional Research Service, obietta: «Una quantità di disertori ci danno molte informazioni, ma ci dicono qualunque cosa vogliamo sapere. La loro credibilità non fa testo». Spesso, i poveretti sperano di ricevere pagamenti per le loro informazioni. Spesso riferiscono voci. Uno di loro, che vantava di avere una diretta conoscenza della fabbrica dei dollari per avervi lavorato, poi – quando gli è stato chiesto quale edificio è disegnato nel retro della banconota da 100 – non ha saputo rispondere.

Un indizio più serio riguarda Sean Garland, un indipendentista irlandese, capo dell’Irish Worker Party e del relativo esercito clandestino (ORA, Official Republican Army). Costui ha distribuito parecchi dollari falsi e più veri del reale in Irlanda e Gran Bretagna, e secondo l’accusa formale USA, li aveva ricevuti da agenti nord-coreani incontrati in Polonia nell'ottobre del '97.
E forse in altri viaggi a Mosca.

Tre complici di Garland sono stati arrestati dagli inglesi nel 2002 in relazione a una vasta rete di spaccio di moneta falsa. Garland è stato arrestato solo tre anni dopo, e solo su richiesta USA. Rilasciato su cauzione, s’è reso uccel di bosco. Ma restano le trascrizioni dei suoi interrogatori, dove (naturalmente) nega tutto, e dove ritorce la vaghezza delle accuse americane: nessuno dei nordocoreani che ha incontrato è indicato per nome, e nessuna transazione viene indicata con precisione.

Si tenga conto che dal 2005 la Corea del Nord è sotto severissime sanzioni americane, soprattutto per le transazioni bancarie, che sono applicate con severità da tutto il sistema bancario internazionale.

Nel settembre 2005 Stuart Levey, sottosegretario per il terrorismo e l’intelligence finanziaria all’US Department of  Treasury, accusò formalmente il Banco Delta Asia (una banca di Macao) di assistere il regime nord-coreano «in attività criminali, compresa la messa in circolazione di moneta falsa».

La prima accusa ufficiale: prima, gli americani avevano accusato della superba contraffazione – indovinate? – l’Iran e la Siria, che non dispongono dei macchinari svizzeri.

 Da allora i fondi del regime nel Banco Delta – di cui da un ventennio Pyongyang si serviva per le operazioni di import-export - sono stati congelati. Risultato di queste misure, severamente applicate da ogni altra banca: le poche esportazioni e le scarse importazioni (compresi i whisky di lusso per l’Amato Leader) che la Corea del Nord esegue, avvengono tutti in contanti.

Un’ottima occasione per spacciare pacchi di bigliettoni verdi da 100 dollari, più veri del vero, direte voi. Già, ma l’ipotesi funziona anche al contrario: è anche un’ottima occasione per rifilare agli emissari d’affari dell’Amato Leader pacchi di dollari falsi che sembrano veri, e che le banche locali non riescono a scoprire per mancanza delle attrezzature sofisticate anti-contraffazione, tanto più sapendo che la gente, se dispone di 100 dollari in Nord Corea, evita di metterli nelle banche dei capi comunisti, e piuttosto li tiene sotto il materasso. E difatti parecchi alti funzionari del regime, all’estero per lo shopping da privilegiati, sono sttati beccati con le banconote super-false.

D’accordo, può essere una prova. Ma può provare anche che le banconote false circolano nel chiusissimo Paese, il che contrasta con il presunto progetto di rovinare gli USA; la moneta falsa rovina il Nord-Corea.

E poi, oggi che il regime può solo pagare in contanti, perchè non accelera la stampa di quei falsi superbi per aumentare la sua spesa? Invece, la quantità intercettata negli anni non supera i 50 milioni di dollari, ad un ritmo di 2,8 milioni l’anno; basti dire che gli USA scoprono 110 milioni di dollari falsi d’altro tipo ogni annata. E siccome i falsi vengono subito identificati appena entrano nel circuito bancario come depositi, la quantità di quelli non scoperti non può essere superiore.

E’ la stessa polizia svizzera a osservare che «la quantità limitata, o meglio controllata, dei falsi ‘esclusivi’ negli anni sfida ogni logica», tenendo conto dei costi di produzione di falsi così sofisticati. Persino la vecchia macchina Giori in possesso alla Corea del Nord può stampare 50 milioni in cinque ore. Dei falsari non spendono oculatamente e con cautela la loro produzione; cercano di liberarsene al più presto e in blocco.

E il bello è che le «supernotes» false tengono il passo con tutte le modifiche subite dal dollaro americano, e sono numerosissime, proprio per rendere il lavoro più difficile ai falsari. Questa abilità non solo implica un’attività molto costosa, ma – secondo l’analista monetario Klaus W. Bender – «il ritmo a cui i cambiamenti vengono adottati dai falsari (in base ai mutamenti, spesso microscopici, introdotti dalla Zecca americana) induce a chiedersi se i falsari non abbiano accesso a informazioni della Federal Reserve» (2).

«La microstampa del dollaro misura un 42millesimo di pollice», aggiunge l’esperto. «E’ un caso unico nel mondo delle banconote. Eppure è riprodotto così perfettamente dalle supernotes false, che non si vede la differenza nemmeno al microscopio. Senza contare che l’incisione di un clichet ad intaglio richiede mesi di lavoro, decine di migliaia di dollari di costi, e – per ovvie ragioni di sicurezza – è opera di incisori di Stato, che hanno imparato la loro arte all’interno, mica a scuola. E i contraffattori dove hanno imparato?».

Il tutto, poi, per spacciare 2,8 milioni di dollari l’anno. Una sola macchina Giori costa ben più di 50 milioni dei dollari falsi scoperti fino ad oggi. La Nigeria, che ne ha comprato una di recente, ha speso 135 milioni.

Bender indica un altro particolare apparentemente assurdo: quei contraffattori così abili, pazienti e dotati di mezzi, in quelle banconote false che sanno così superbamente fabbricare, commettono poi alcuni errori. Piccolissimi, ma reperibili dalle macchine di controllo.

Soprattutto, in tanta sofisticazione, non si capisce perchè i falsari non abbiano dotato i loro falsi delle filigrane magnetiche e infrarosse, senza le quali i falsi dollari non passano l’esame degli apparecchi di controllo disponibili in ogni banca americana. Sicchè queste monete perfette circolano bensì in tutto il mondo, ma in USA - lo Stato che il regime dovrebbe devastare, con così alta spesa - non riescono ad entrare. Vengono immediatamente riconosciute come false.

La stessa polizia svizzera ritiene che i fabbricanti delle supernotes abbiano introdotto piccoli errori «deliberatamente». Ma perchè?

Bender nota che le false banconote, «che appaiono in piccole e ben misurate quantità, come se il loro volume fosse controllato» compaiono soprattutto in zone del mondo «in cui la politica estera USA incontra dei problemi: in Medio Oriente, nell’Africa centrale ed orientale. Dove ci sono politici d’opposizione, tribù ribelli ed eserciti di liberazione di signori della guerra che spesso hanno l’appoggio della CIA. Non sarà che questi vengono pagati per i loro servigi con quei dollari contraffatti?», si spinge a dire.

Dollari contanti sono preziosi per comprare armi, ad esempio: e magari dalla Corea del Nord, ragguardevole fornitore di armamenti a gruppi clandestini e irregolari. Dalla Corea del Nord, i dollari falsi ma verissimi si spargono poi nel mondo, tranne che negli USA, dove vengono intercettati regolarmente.

Si aggiunge che, secondo alcuni, la CIA dispone di un impianto Giori in una installazione a nord di Washington, la stessa zona dove ha i suoi macchinari anche il Bureau of Engraving and Printing.

Non possiamo controllare, data la discrezione di queste faccende. Ma diamo l’ipotesi per quel che è: un esempio credibile del modus operandi dei servizi segreti più sofisticati. Un esempio istruttivo: dollari false-flag, potremmo dire.





1) Gregory Elich, «North-Korea and the supernote enigma», GlobalResearch, 7 maggio 2008.
2) Klaus W. Bender, «The Mystery of the Supernotes», Dusseldorfer Institut fur Aussen und Sicherheitspolitik (Dusseldorf), January 11, 2007. - Kevin G. Hall, «Fake $100 'Supernotes' Have Features Just Like the Real Ones,» McClatchy Newspapers, January 9, 2008.


 

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