>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
dominio_asia_550.jpg
Pechino sogna il dominio in Asia
Stampa
  Text size
«Se la Cina si attiva, la sedicente grande federazione indiana può essere spaccata»: questo il titolo allarmante di un’analisi apparsa l’8 agosto sul sito dell’International Institute for Strategic Studies.  Il sito di questo istituto ufficioso, www.iiss.cn, non consente l’accesso a chiunque. Ma i media indiani e pakistani hanno commentato l’articolo (in cinese) con grande risalto, non meno che i media cinesi. L’articolo è firmato da Zhong Guo Zhan Lue Gang, un analista strategico che sembra spesso riflettere le visioni del regime (1).

L’analista riconosce che, dato il declino degli USA come potenza mondiale, il solo Paese che in futuro può competere con la Cina e metterne in questione la futura egemonia è un’India forte. Ma una «nazione indiana» non esiste e non è mai esistita nella storia; è invece un coacervo di etnie. La pretesa politica egemonica di Nuova Delhi è in realtà «Hindustan-centric». In altre parole, il solo elemento unificante della federazione indiana è la religione indù; nonostante tutte le pretese di Delhi di costituire uno Stato laico, l’India è «uno Stato religioso indù»: una religione che per l’analista cinese è «decadente», perchè basata sulla divisione in caste e sullo sfruttamento di caste inferiori, e «sta rallentando la modernizzazione del Paese». Ogni tentativo del governo centrale di eliminare il sistema delle caste, aggiunge l’analista con qualche ragione, «rischia di sconvolgere i fragili fondamenti della coscienza nazionale indiana».

Per di più e ovviamente, nel corpo dell’India vivono minoranze etniche, come i Tamil, gli assamesi e i kashmiri, di cui Pechino può rafforzare le aspirazioni ad avere un proprio Stato. Si noti che l’analisi cinese evita anche solo di nominare la minoranza religiosa più importante, i 150 milioni di musulmani indiani, e di proporre l’incitamento a rivendicazioni islamiste; delicata elusione, visto che Pechino ha i suoi problemi con gli Uiguri turcofoni.

Viene esplicitamente nominato invece lo United Liberation Front of Asam, un gruppo indipendentista dell’Assam, oltretutto in un territorio confinante con quello cinese; esso può essere aiutato a realizzare la propria indipendenza. Il Bangladesh può essere spinto a pretendere una riunificazione coi bengalesi rimasti sotto l’India (l’analista pare ignorare che il Bengala indiano è abitato massicciamente da bengalesi indù, e la sua capitale - Calcutta -  è il centro storico dell’indipendentismo indiano anti-britannico) e la formazione di un «grande Bengala» ritagliato dal territorio indiano.

Similmente, Pechino ha i mezzi (e dovrebbe avere la volontà) di sostenere il separatismo degli abitanti del Nagaland (non si dice che sono al 95% cristiani) nelle montagne nord-orientali, e le aspirazioni etniche dei Tamil nel sud. O il secessionismo (islamico) del Kashmir, che aspira ad unirsi al Pakistan; opera in cui possono passare dalla parte della Cina il Pakistan e il Nepal e il Buthan. O un maggior sostegno ai gierriglieri naxaliti, che oltretutto si dichiarano  maoisti.

Lo scopo finale sarebbe quello di frazionare la federazione indiana «in venti o trenta Stati  nazionali come l’Europa». In tal modo, cesserà la attuale politica di potenza asiatica di Delhi, che sta cercando di costituire una «zona di controllo» estesa dall’Afghanistan al Myanmar, e che sostiene il Vietnam contro la Cina sul possesso delle contestate isole Spratly (Nansha, in cinese).

Alcune mappe danno  l’idea del progetto:



dominio_asia_1.jpg

Il futuro «Grande Bangladesh»


dominio_asia.jpg

Nelle zone indiane dove sono presenti movimenti separatisti, etnicisti in attività. Le mappe sono dei servizi pakistani



Se è vero che l’India è tormentata da conflitti delle sue minoranze, però, il discorso è delicato per Pechino, perchè lo stesso può dirsi per la Cina. Non si tratta solo delle sue minoranze etnico-religiose oppresse brutalmente, dai tibetani agli uiguri. Anche la etnia Han, maggioritaria ed ultra-nazionalista, non pare così ferreamente aderire al regime.

Lo dimostra un recente sondaggio d’opinione commissionato dal Centro di ricerche del mensile Xiaokang, pubblicazione sorella del bimensile Qi Shi («Cercare la Verità») che è nientemeno che l’organo ufficioso del Partito Comunista cinese. Richiesti di indicare quali, fra 49 categorie sociali, sono più degne di fiducia, la risposta è stata incredibile: le prostitute risultano per i cinesi più affidabili dei funzionari del partito (2).

Non è uno scherzo, anzi un’indicazione molto istruttiva. Le prime cinque categorie sociali giudicate  socialmente «affidabili» sono, in ordine discendente, i contadini, i religiosi ed operatori religiosi (ahi ahi), le lavoratrici del sesso, i soldati, gli studenti. Poi vengono i funzionari di partito. Peggio di loro nella fiducia popolare ci sono solo (ancora in ordine discendente): i mediatori immobiliari (sic),  le segretarie (ritenute amanti dei loro capi), gli agenti di Borsa, le star dello spettacolo (troppi scandali sessuali).

Contadini e soldati sono da sempre ai primi posti come categorie «affidabili»: in un Paese a malapena urbanizzato, gli agricoltori sono visti come modelli di onestà e, inoltre, come classe sfruttata e ingannata dai pescecani di città. I soldati hanno conquistato la gratitudine popolare come soccorritori nelle emergenze nazionali, quali il terremoto di Sichuan l’anno scorso. I religiosi e gli operatori sociali motivati dalla fede sono una novità, ed è persino strano che compaiano in un sondaggio semi-ufficiale.

Ma le prostitute? Per tradizione, le donne che praticano l’antico mestiere sono viste come «svergognate», senza pudore e «senza cuore». Ma un piccolo imprenditore di Shenzhen, intervistato dal China Daily (un altro organo ufficiale, che ha commentato ampiamente il sondaggio) ha spiegato: «Nelle attività commerciali si vedono dappertutto frodi, produzioni contraffatte, e lesioni del diritto. Una prostituta non rompe mai il suo contratto».

Non si sa se l’uomo di Shenzhen intendeva fare dello spirito. Certo è che il China Daily commenta nel suo editoriale dedicato al sondaggio: «In un periodo in cui l’impudenza è pervasiva, non sappiamo più di chi possiamo fidarci.... Questa graduatoria è insieme sorprendente e imbarazzante... tutto questo denuncia la mancanza di rispetto della burocrazia di basso livello per il pubblico».

Nello stesso sondaggio, risulta che il 91% (dicesi novantuno) di coloro che hanno risposto non credono alle statistiche del governo; nel 2007, la percentuale degli increduli era «solo» del 79%.

Particolarmente incredibile viene ritenuta l’ultima, emessa dall’Ufficio Nazionale di Statistica il 27 luglio: secondo cui il reddito pro-capite del cinese è cresciuto nella prima metà del 2009 dell’11,2%, superando il 7,1% dell’aumento del prodotto interno lordo. La cifra ha suscitato l’irrisione indispettita del pubblico, che (a parte i nuovi miliardari) non ha visto certo il proprio reddito aumentare dell’11% in un anno.

Da 60 anni il Partito ha il potere in Cina; i segni di disaffezione e di insofferenza (a dir poco) tra la popolazione diventano sempre più evidenti, e lo saranno sempre più col peggiorare della situazione economica per la crisi globale. Di recente, una enorme folla che s’era messa in fila per visitare i grandi stadi olimpici (i giornali avevano annunciato che l’entrata era libera), quando ha avuto conferma che la notizia era errata, s’è messa a gridare davanti alle telecamere: «Chi crede a questo governo? E a questi giornali?».

Nel già citato sondaggio, il 95% degli intervistati ha approvvato la seguente frase: «Solo un governo che sia sincero e responsabile nel servire il popolo può garantire la stabilità e lo sviluppo del Pese».

La sospettosa attenzione dell’opininione pubblica Han, e la sua prima preoccupazione, è anzitutto come il regime gestisce la crisi. L’export è calato di un 30%. Le azioni si scambiano a 35 volte il loro price-earning (ci vogliono 35 anni di dividendi per compensarne il prezzo d’acquisto). Le banche cinesi, in soli sei mesi, per contrastare la recessione hanno prestato per oltre l’intero prodotto interno lordo del periodo; sono strapiene di debiti malcerti. I tassi d’interesse sono al disotto del tasso d’inflazione, mentre la massa monetaria si gonfia.

Sono i prodromi di una colossale bolla finanziaria cinese, in attesa di scoppiare, con le ovvie conseguenze in termini di disoccupazione di massa? (3).

Forse la nomenklatura di Pechino farebbe bene a ridimensionare i suoi sogni egemonici pan-asiatici. Ad essere fragile e instabile non è solo l’India.




1) China plans to break up «India» into 40 states: Analyst Guo Gang of IISS», - Rupee News, 10 agosto 2009.
2) Whu Zhong, «Sex and China’s credibility gap», Asia Times, 12 agosto 2009.
3) Martin Hutchison, «Even China faces meltdown», Asia Times, 6 agosto 2009.



Home  >  Asia/Africa                                                                                       Back to top



La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.
 
 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità