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Il Califfato è proprio Made in USA
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La «previsione» (o progetto) di un Califfato che avrebbe reso perpetua la guerra al terrorismo globale è stata avanzata in un documento del National Intelligence Council datato 2004. Il documento, ritrovato dal professor Chossudovski, è intitolato «Mapping the Global Future» (Mappare il futuro globale) non è neppure segreto: è disponibile online. L’avevamo solo dimenticato.

Il National Intelligence Council (NIC) è l’organo che, in collegamento con tutto il resto della «intelligence community» (ossia CIA, DEA, FBI, lo spionaggio dell’Air Force e quello della US Navy eccetera), elabora «analisi strategiche a lungo termine» per il Direttore Nazionale dell’Intelligence: figura importantissima dopo l’11 settembre 2001, che in qualche modo omogeneizza i rapporti dell’intelligence (talvolta troppo «liberi») per adeguarli alla politica decisa dalla casa Bianca. Vale la pena di ricordare che Bush jr. mise a quella carica un personaggio-chiave del Governo-ombra: John Negroponte, che poco prima aveva mandato come Ambasciatore in Iraq. Ebreo, già Ambasciatore in Honduras negli anni ’80, Negroponte fu accusato nel 1995 dal Baltimore Sun di essere stato l’ispiratore di «una unità speciale segreta dell’esercito honduregno, addestrata dalla CIA» a cui si devono «centinaia di sequestrati, torturati e assassinati». Un vero esperto di queste cose, e nella veste di esperto fu mandato nell’Iraq da poco «liberato».

John Negroponte
  John Negroponte
Con questo alto personaggio a capo, e tutti i dati della dozzina di servizi di intelligence a disposizione, si potrebbe pensare che il rapporto del NIC del 2004 rimpolpi le sue analisi, che devono consentire al Presidente di delineare «le strategie a lungo termine», di solidi argomenti, di analisi storico-geopolitiche, di informazioni concrete. Nulla di tutto questo. Il documento ha qualcosa di ridicolo e di infantile, come nota Chossudovski. Tutto quello che riporta, è «lo scenario fittizio di una lettera scritta da un fittizio nipote di Bin Laden a un membro della famiglia nel 2020». A chi sospetti che lo stesso Osama Bin Laden è un personaggio fittizio, tutto parrà un vacuo racconto di fantapolitica. La finta lettera suppone che il Califfato sia stato già ben stabilito prima del 2020, e, spiega il rapporto, «riferisce delle lotte del Califfo per strappare il controllo ai regimi tradizionali, e i conflitti e la confusione che ne conseguono sia nel mondo musulmano sia all’esterno, tra islamici e gli Stati Uniti, l’Europa, la Russia e la Cina. Anche se i successi del Califfo a mobilitare un sostegno (alla propria causa ) siano vari, i luoghi lontani dal cuore musulmano in Medio Oriente – in Africa e in Asia – diventano convulsi in seguito ai suoi richiami».

Interessanti alcuni punti che il nipotino sottolinea: «Il giovane predicatore (il Califfo) era riverito da tutti i credenti, forse perché non era di Al-Qaeda...».

«Anche alcuni infedeli furono colpiti dalla sua spiritualità, il Papa ad esempio cercò di iniziare un dialogo inter-religioso con lui...».

«Gli europei avevano pensato di poter evitare uno scontro di civiltà, ma oggi vedono un grande e crescente numero di musulmani in mezzo a loro volgersi al Califfato...».

Ancor più interessante, il nipotino di Bin Laden racconta come e perché ( per il petrolio) «la violenza con gli sciiti è cominciata, aumentando la confusione... Il Califfo sospettava che l’Iran eccitasse disordini. L’Iran è stata irritata dalla proclamazione del Califfato. La provincia orientale saudita dove sono i giacimenti, con la sua grande popolazione sciita, è particolarmente vulnerabile. I dominatori degli stati del Golfo anch’essi giocarono la loro parte» nelle violenze anti-sciite. «Poi abbiamo sospettato che l’Iraq dominato dagli sciiti, e dietro a loro gli USA e la CIA, fomentassero i disordini. Ma se davvero gli infedeli americani erano dietro a ciò, cosa di cui sono convinto, ne hanno pagato le conseguenze: la fragile pace che l’America aveva rappezzato così faticosamente fu disfatta con l’improvviso riaccendersi dell’insorgenza sunnita (...) che combatte sia la Shia sia le guarnigioni americane».

Per una previsione datata 2004, somiglia molto da vicino all’attualità del 2014, almeno a quella che ci è trasmessa dai media. Il rapporto ricava delle «lezioni» dalla sua fiction, ossia dalla letterina falsa del falso nipote del falso Bin Laden.

Vediamole, queste «Lesson learned»:

«Il progetto di califfato costituisce una grave sfida all’ordine internazionale» (non occorre dirlo).

«La rivoluzione IT probabilmente amplificherà lo scontro tra mondo occidentale e mondo musulmano» (proprio così, abbiamo già visto la produzione di video del Califfo su YouTube...)

«...Musulmani abitanti in regioni che beneficiano della globalizzazione, come in parti dell’Asia e dell’Europa, possono essere combattuti fra l’idea di un Califfato spirituale e i vantaggi materiali del mondo globalizzato». Sic.

E infine:

«La proclamazione di un Califfato non ridurrebbe la possibilità del terrorismo»: per fortuna, perché «dare la caccia ai terroristi è un elemento centrale della guerra non convenzionale», commenta Chossudovski, «l’obbiettivo essendo quello di giustificare operazioni anti-terrorismo in tutto il mondo, ingerendosi dei fatti interni di tati Paesi. Dall’11 settembre 2001, la minaccia di Al Qaeda è la pietra angolare della dottrina militare USA».

Riprendiamo il documento e le sue «lezioni da ricordare»: «...anzi, fomentando conflittualità, il Califfato potrebbe creare una nuova generazione di terroristi dediti ad aggredire gli oppositori del Califfato, sia dentro o fuori del mondo islamico».

Sospiro di sollievi: altri decenni di lavoro assicurato per la «Comunità d’intelligence», il Direttore Nazionale d’Intelligence, il complesso militare-industriale e i neocon. Tranquilli, non c’è nessun pericolo che gli attentati terroristici islamici calino. Anzi, eccovi una nuova generazione di terroristi che colpiscono «dentro» e «fuori» dal mondo musulmano.

Si può solo aggiungere che a questo rapporto con finta letterina del finto nipote ha creduto sùbito, e fortemente, un personaggio ben noto: l’ex vicepresidente Dick Cheney. Il quale addirittura l’ha completato a voce in varie occasioni, aggiungendo le voci che udiva venire dai segretissimi bassifondi dell’Islam: «....parlano di voler ristabilire ciò che si può chiamare il Califfato del settimo secolo... il mondo come era organizzato 1200-1300 anni fa, quando l’Islam o genti islamiche controllavano tutto dal Portogallo e Spagna all’Ovest, tutto il Nord Africa affacciato al Mediterraneo, il Medio Oriente; i Balcani; le repubbliche dell’Asia centrale; il lembo meridionale della Russia, grandi pezzi dell’India, l’Indonesia... da Jakarta ad una parte fino a Madrid dall’altra», diceva ancora nel 2010.

È proprio la descrizione della mappa con le future conquiste emanata dagli uffici del neo-Califfo di Mossul: pari all’estensione dei territori dove le forze armate americane dovranno intervenire, con mezzi convenzionali e non-convenzionali, nella loro permanente «caccia al terrorismo globale».


La mappa de l Califfo. E di Dick Cheney


Europei, pensavate di scongiurare lo scontro di civiltà? Nient’affatto. I vostri soldatini dovranno seguire la Superpotenza in questa inevitabile lotta mondiale, moralissima lotta di civiltà su mandato umanitario o «responsibility to protect». E dovrete anche guardarvi dai «terroristi islamici» che nasceranno fra di voi, anzi che sono già di ritorno dalle zone combattimento della Siria e dell’Iraq dove si sono addestrati e riempiti di armi americane.

Che dire? È tutto vero. Certo ce ne son voluti di sforzi per arrivare a realizzare le «previsione» del 2004, per suscitare la rabbia islamica e scagliarla contro i regimi dei Paesi musulmani. Rievoca Pepe Escobar: «13 anni fa Washington schiacciò Al Qaeda e i Talebani in Afghaniksata, e poi i talebani sono rinati. Poi è venuta “Shock and Awe”. Poi è arrivata “Mission Accomplished”. Poi Al Qaeda essendo morta perché bin Laden era morto, allora è venuta l’ISIS. E tutto ricomincia». L’elenco è incompleto, bisognerebbe aggiungerci il fatto che sia stato cosparso di immagini pepate, per umiliare e far impazzire di rabbia i musulmani, tipo questa:



Onde fosse chiaro: le valorose truppe USA vi trattano così, cari musulmani, proprio in quanto musulmani.

Eppure non è bastato. Si sono dovuti far crollare a suon di bombe NATO i regimi laici che tenevano a freno l’islamismo fanatico: Mubarak (1), Saddam, Gheddafi, e da tre anni, Assad. Al qual proposito facciamoci la domanda: l’avanzata dei tagliagole e del loro Califfo in Iraq non dovrebbe indurre i centri a Washington a ripensare un pochino la loro strategia di massacro dei leader laici nei Paesi islamici? Magari l’ammissione che il tentativo di rovesciare Assad ha prodotto qualcosa di mostruoso?

Domanda ingenua. La Casa Bianca – senza pentimenti – ha stanziato altri 500 milioni di dollari da usare per armare ed addestrare «ribelli moderati» in Siria contro Assad, nei centri d’addestramento turchi e con addestratori della CIA, e con elementi dell’ISI oggi IS, o Califfato, che poseranno da «moderati». Che volete, era tutto scritto già dal 2004. Dall’ente che in USA ha il compito di preparare scenari a lungo termine per il presidente. Ciò che mi fa più rabbia è che certi musulmani di periferie europee ci crederanno, al Califfo.

Intanto Israele ha trasformato la tragedia (i tre figli di coloni rapiti e uccisi) in opportunità: farla finita con Hamas nella striscia di Gaza. Da giorni bombarda la martoriata striscia dal cielo e dal mare, facendo subire alla sua popolazione la «punizione collettiva», il crimine di cui accusavano il Terzo Reich; ha mobilitato 40 mila riservisti per una possibile operazione a terra. Stiamo già vedendo una replica di Piombo Fuso.








1
) Il presidente egiziano, Generale Al-Sisi, ha molto significativamente dichiarato: «L’ISIS aveva un piano per impadronirsi dell’Egitto; io avevo avvertito Stati Uniti ed Europa di non fornire a questi alcun aiuto, perché sarebbero usciti fuori dalla Siria per colpire l’Iraq, poi la Giordania e l’Arabia Saudita». Lui lo sa bene: il Dipartimento di Stato e Barak Obama hanno fortemente appoggiato la presa di potere «democratica» dei Fratelli Musulmani, contribuendo a precipitare l’Egitto sotto il dominio di islamisti feroci e incapaci; l’opinione pubblica egiziana li ha rifiutati, accettando il colpo di stato militare come minor male. Questi estremisti, ha avvertito Sisi, «distruggono la regione e minacciano il mondo». Tutto secondo i piani.



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