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Petraeus: la solita trappola al miele ebraica
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Devo al lettore Pietro G (lo ringrazio, ormai siete più bravi segugi di me) la segnalazione del lato neocon-giudaico dello scandalo che ha liquidato David Petraeus. Il lettore segnala «il legame tra la Broadwell (la seduttrice di Petraeus) e i neocon americani, in particolare lo Jebsen Center for Counter-Terrorism Studies at Tufts University’s Fletcher School. Jebsen è nel Board of Directors dell’Hudson Institute, in cui compaiono i big della famosa lobby: Scooter Libby, Douglas Feith, Michael Ledeen, ecc». Fonte: (A Covert Affair: Petraeus Caught in the Honeypot?)

Già. come ricorda Justin Raimondo, l’ottimo creatore del sito Antiwar, il generale Petraeus è visto da Israele come un nemico da quando, nel 2010, durante un’audizione al Congresso, definì l’appoggio americano allo Stato ebraico come una palla al piede strategica, aggiungendo che finchè Israele «non fa progressi per una pace giusta e stabile» coi palestinesi, «gli estremisti (islamici) avranno un bastone con cui colpirci», perchè «il percepito favoritismo USA per Israele fomenta il sentimento anti-americano (..) e limita la forza e la profondità della nostra leadership presso i governi moderati in Medio Oriente».

Tutte le varie, numerosissime branche della nota lobby insorsero inferocite. Abe Foxman, il direttore dell’ADL (Anti-Defamation League) bollò di «pericoloso e controproducente» il collegamento di Petraeus fra il favoritismo americano per Israele e le «attività degli estremisti» islamici. Era un segnale: il generale, che per giunta cavalca una luminosa carriera ed era promesso a più alti destini (non esclusa la Casa Bianca), era un avversario. E andava neutralizzato.

Ed ecco la seduttrice adatta per una trappola al miele così difficile, avendo di mira un militare di ghiaccio (alcuni dicono di celluloide), capo della CIA per cui sospettare è il ferro del mestiere, quindi non facile da cogliere di sorpresa. Ma come avrebbe potuto il generale sospettare un agente al miele in Paula Broadwell? La bella tenente colonnello, laureata a West Point, che lo avvicina seducente e vellica la sua vanità, dicendogli che vuole scrivere la sua biografia di grand’uomo; è una esperta patentata di antiterrorismo e di intelligence, una brillante carrierista che aspira ad entrare nel National Security Council, esibizionista, megalomane: insomma una «patriota americana» tutta stelle-e-strisce, assolutamente interna all’ambiente militare, che si strofina al brillante esponente di grado superiore, che può pure aiutarla nella carriera. Un «normale» affair da ufficio o da caserma. Come ne avvengono a migliaia.

È persino probabile che la stessa Broadwell si consideri una patriota, e non abbia la sensazione di essere usata come «vasetto del miele». Come detto, appare una carrierista ed un’insaziabile megalomane, che ama mettersi in luce. Ed è del genere di «patrioti» che ostili alla politica di Obama in Medio Oriente, che non mancano certo al Pentagono. E come dice la nota biografica da lei stessa ispirata, la tenente colonnello «Paula ha fatto una carriera nell’intelligence militare all’estero (...). Durante il suo servizio militare, specie dopo l’11 settembre, s’è concentrata intensamente nella guerra al terrorismo (...) in questo campo, ha pianificato iniziative di contro-terrorismo presentate alla NATO e lavorato su questioni di anti-terrorismo transnazionale insieme ad agenzie nazionali e straniere... ».

Ecco, «agenzie straniere». Si apprende che in seguito Paula Broadwell, divenuta una «esperta di Medio Oriente» all’università di Denver, ha viaggiato «in Giordania e Israele» e nel Golfo Persico – una carriera di studio che è stata coronata da un incarico alla prestigiosa Harvard per “studi su Siria ed Iran”».

E dove volete che abbia perfezionato tanta esperienza su Siria e Iran come Stati-terroristi, la bella Paula? Certo è che è stata vice-direttrice dello Jebsen Center for Counter-Terrorism Studies presso la Tufts University’s Fletcher School, che è uno dei nidi di neocon giudeo-americani. Tale centro per gli studi anti-terrorismo è stato fondato, ed è finanziato, dal generosissimo donatore Jan Henrik Jebsen, ebreo, rampollo di una ricca famiglia di armatori norvegesi. Lui è finanziere, senior advisor della Lazard Freres (J). Attualmente è però il capo supremo di Gamma Applied Vision Group, una holding con sede a Neuchatel (Svizzera) che si auto-descrive così: «Fondata poco dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, il gruppo ha avuto una rapida crescita ed oggi gestisce diverse aziende indipendenti nel settore della difesa-sicurezza, anti-terrorismo, tecnologie medicali, protezione civile, marketing-comunicazione e settore energetico...».

Un campo di interessi sorprendentemente vasto – che sembra coincidere con quello del Mossad: basta vedere il sito della KRISS USA, una delle imprese della Gamma Applied Vision, per notare che si tratta di un mercante d’armi, e che le produce.

Il gruppo di Jebsen si occupa anche di energie verdi, www.sargasnearzero.com offre «sicurezza» contro «il terrorismo» (un know how che Israele s’è fatta sulla pelle dei palestinesi ed oggi esporta), medicali (altra specialità israeliana), e in più «comunicazione», eventualmente traducibile come «propaganda». Perché poi un simile gruppo di aziende a scopo di lucro debba sottolineare di essere nato «dopo l’11 settembre», è un mistero spiegabile.

Il Jebsen Center for Counter-Terrorism Studies, pagato dal mecenate Jebsen, presso l’università si dedica a «diffondere una filosofia per cui l’anti-terrorismo dev’essere predittivo e anticipatorio», e «sottolinea le strategie predittive sopra le azioni di prevenzione»: proprio una specialità israeliana. Strano tipo di mecenatismo culturale, quello del miliardario Jebsen. Ma come fa notare Raimondo, Jebsen è nel consiglio direttivo dello Hudson Institute, un think tank guerrafondaio (Hudson Institute - Mission Statement) in cui appunto lavorano alcune delle vecchie conoscenze del mondo giudeo-neocon: il ben noto Michael Ledeen, Lewis «Scooter» Libby (già capo dello staff del vicepresidente Dick Cheney dal 2001 al 2005) e Douglas Feith, uno dei tre vice-ministri ebrei estremisti del Pentagono dove il ministro era Rumsfeld; gli altri due erano Paul Wolfowitz e il rabbino Dov Zakheim. Tutti e tre amici intimi di Richard Perle (J, che sotto Rumsfeld dirigeva al Pentagono un anomalo Office for Special Plans), tutti e tre con le mani in pasta nel traffico di armamenti tra USA e Israele, e tutti e tre al posto giusto nel giorno degli attentati dell’11 settembre 2001, quando avvenne la «nuova Pearl Harbor» che alcuni di loro avevano auspicato nel documento ormai famoso dal titolo «Rebuilding the American Defense»: rabbi Dov Zakheim, tra i firmatari, era addirittura capo di un’azienda privata, la System Planning Corporation, che produce tecnologia per il controllo a distanza degli aerei. (Dov S. Zakheim) | (Douglas Feith)

Lo Hudson Institute, fondato da Herman Kanh e Max Singer (entrambi J, non occorre dirlo), attualmente diretto da Kenneth Weinstein (J), oggi sta additando sempre nove minacce all’America, prime della lista Russia e Cina (1)... Il pensatoio ha una filiale in Israele, dove si è trasferito il fondatore Max Singer, il quale ha organizzato nella sua nuova (o eterna) patria una vera e propria purga, nelle università, di docenti «di sinistra», ossia non abbastanza feroci contro i palestinesi. (Hudson Inst primary financial backer of NGO behind campaign to purge Israeli universities of “leftists”)

Consulente «sulle politiche» della Bar Illan University, Max Singer, il marzo scorso, ha elaborato uno studio in cui raccomandava «un’invasione totale di Gaza, dato che la deterrenza creata da Piombo Fuso (1.300 morti, distruzione totale) stava esaurendosi, quindi andava rinnovata con un’azione militare». (Gaza Will Not Go Away)

Un consiglio che sembra sia stato accolto: proprio mentre scriviamo Israele sta ferocemente bombardando la zona assediata e inerme. (The Opportunity in Gaza)

Un altro membro dello Jebsen Center, Richard H. Schultz (J), che fu firmatario del Project for a New American Century dove si incitava il presidente Bush jr. ad attaccare l’Iraq, oggi invita ad applicare le tecniche anti-terrorismo israeliane (preventive e predittive) contro i mal-sottomessi iracheni. (Richard H. Schultz)

Lo Jebsen Center ha lavorato anche ad un progetto intitolato: Bringing Down Iran Without Firing A Shot, ossia Far cadere lIran senza sparare un colpo, attraverso operazioni coperte di ogni genere.

Si può capire come questo apparato – questo asse che va dallo Hudson Institute al Jebsen Center – consideri Obama un molle e un pericolo per Sion, e si sia messo al servizio di Mitt Romney per qualunque genere di operazioni. E Paula Broadwell, come vice-direttrice dello Jebsen, appare tutta interna a questa macchina militarista così intricatamente connessa alle politiche militari americane, interessata alla «lunga guerra al terrorismo globale» e convinta che l’interesse di Israele e quello americano coincidano. Del resto il papà di Paula Broadwell, che ha proclamato di essere «al cento per cento» a fianco della figlia, si chiama Paul Krantz.

La relazione di Paula con Petraeus è stata rovente (a giudicare dalle email scambiate) ma breve, forse quanto bastava a raccogliere le suddette email compromettenti.

L’11 giugno, quando la storia sta finendo, Paula ha un incontro con Karl Rove (che ne parla in un tweet), lo stratega della propaganda elettorale di Mitt Romney come lo è stato per George Dubya Bush, il più abile degli «spin doctors» e quello con meno scrupoli, ansioso di fabbricare macchine del fango contro Obama.

Jill Kelley
  Jill Kelley
Successivamente, forse tra luglio e agosto, l’FBI riceve una denuncia da Jill Kelley, prosperosa amica di Petraeus, perché riceve «email moleste» dalla Broadwell. Altre persone, pare, hanno ricevuto email moleste o minacciose dalla stessa Broadwell: a che scopo, se non quello di far saltare fuori l’affare? L’FBI apre una discreta indagine. L’investigazione non resta a lungo segreta: a rivelarla è Eric Cantor, un deputato, il quale dice di aver ricevuto una soffiata da un agente dell’FBI preoccupato di un certo fattaccio che può mettere in pericolo la sicurezza nazionale.

Eric Cantor: sarà un cattolico? Un mormone? Un cristiano rinato? No, è il solo ebreo eletto per i repubblicani alla Camera bassa. E non solo: è un seguace della Temple Mount Association, l’organizzazione rabbinica che raccoglie fondi per ricostruire il Tempio a Gerusalemme facendo saltare la moschea di Omar, che occupa lo spazio dove esisteva il Tempio di Erode. E non solo: Cantor, attorno alle elezioni di medio termine del 2010, assicurò Netanyahu (in visita presso Hillary Clinton) «che la nuova maggioranza repubblicana avrebbe controllato» l’Amministrazione Obama, perché continuasse i tradizionali legami fra USA e Israele, promettendo sfracelli se Obama «farà qualcosa per mettere a rischio questo legame». Ovvio che Cantor non ami Obama, e men che meno Petraeus.

L’11 settembre 2012 accade la tragedia di Bengasi, l’ambasciatore Stevens e le sue guardie del corpo uccise da militanti. Il candidato repubblicano Mitt Romney e il suo Karl Rove immediatamente strombazzano: Obama non ha saputo rispondere all’attacco dei terroristi.

Il 26 ottobre, Fox News (J) imbastisce una versione dei fatti di Bengasi, sostenendo che un commando americano era pronto a intervenire a soccorso dell’ambasciatore, e ricevette l’ordine di star fermo (stand down).

Lo stesso 26 ottobre, Paula Broadwell, che ormai si sa indiziata come l’amante di Petraeus, conferma la versione di Fox News (nel consolato di Bengasi c’era una prigione della CIA con due prigionieri) durante un simposio all’Università di Denver. Più precisamente: Paula parla da un istituto dell’Università di Denver che si chiama «Josef Korbel School of International Studies». Di che si tratta? Avete indovinato: è una alta scuola intitolata a Josef Koerbel, diplomatico ebreo cecoslovacco sotto il governo Benes, accaparratore di opere d’arte appartenute a tedeschi in fuga, nonché padre di Madeleine Albright, ebrea e prima donna a diventare segretaria di Stato. Insomma una centrale di «studi» molto simile al Jebsen Center: per diffondere il verbo israeliano e formare e selezionare specialisti per questa missione.

Gli ultimi sviluppi sono narrati in questo modo dal New York Times:

Gli agenti dell’FBI hanno interrogato Paula Broadwell per la prima volta il 21 ottobre; la perquisizione ha rivelato dei documenti segreti (classified) in possesso della donna. Glieli ha dati Petraeus? Paula ha risposto di no. Gli agenti FBI chiedono a Petraeus la settimana dopo: e lui ammette l’adulterio, ma dice che quei documenti segreti a Paula Broadwell non li ha dati. Gli agenti interrogano di nuovo la Broadwell il 2 novembre. (Officials Say F.B.I. Knew of Petraeus Affair in the Summer)

Dunque è davvero un’agente e spia per una qualche potenza estera (indovinare quale?). Niente è chiaro in questa vicenda, che coinvolge altissimi gradi militari: il generale dei Marines John Allen, successore di Petraeus in Afghanistan e in predicato per diventare capo della NATO in Europa, ha la carriera rovinata dalla sua liaison con la procace Jill Kelley, quella stessa che ha denunciato di ricevere mail minatorie dalla Broadwell. E questa Jill Kelley è una specie di Rubi Rubacuori quarantenne, tinta e dipinta, in minigonna e tette a davanzale, che sembra uscita da una puntata di Dallas, personaggio alquanto strano fra i generali.


Jill Kelley (ultima a destra), qui insieme a Petraeus in una foto di gruppo


Poi c’è la misteriosa rimozione dell’ammiraglio Charles Gaouette, ordinata il 21 settembre dal presidente Obama: Gaouette era il comandante della portaerei Stennis e della sua potente squadra d’appoggio, in missione nel Golfo. Secondo voci, l’ammiraglio stava tentando un attacco senza ordini per provocare la guerra contro l’Iran. (Navy replaces admiral leading Mideast strike group)

Effettivamente, la rimozione presidenziale di un militare di così alto grado non ha quasi precedenti. Se non quando, ai tempi della guerra di Corea, il presidente Truman sollevò il celebre e glorioso generale Mac Arthur perché stava pianificando di testa sua un bombardamento nucleale contro la Cina, allo scopo di scatenare una guerra totale contro lo Stato maoista che sosteneva i nord-coreani. O, per un precedente più recente, si può ricordare il vice-ammiraglio della 5ta Flotta, Kevin Cosgriff, che nel 2007 – pare su mandato di Dick Cheney – stava preparando un «false flag» in cui coinvolgere l’Iran; solo che non è stato Cosgriff ad avere dei guai, bensì l’analista militare che denunciò il suo complotto alle autorità superiori, la dottoressa Gwenyth Todd, la cui carriera è stata rovinata.

Quel che si vede è che l’FBI spia per mesi la CIA, ossia un’altra istituzione dello Stato, nel quadro di quella che sembra una caotica guerra intestina e resa di conti, dove si accavallano tentativi di far perdere le elezioni ad Obama con trame per provocare la guerra all’Iran, e chissà cos’altro – in un contesto di apparati militari privatizzati, di agenzie strategiche parimenti private possedute da miliardari, che hanno sequestrato le funzioni di agenzie dello Stato, o preso il loro controllo; trame di repubblicani, trame di neocon. Dove non si capisce se Barak Obama, di cui gli adulatori complimentano il carattere e il comportamento «cool», stia facendo qualcosa a parte la sua cura di apparire «cool», distaccato e calmo di fronte agli eventi. Ma capisce quali sono, gli eventi?

Mistero. Sembra sia in corso una sorta di tragicomica auto-dissoluzione dei comandi superiori americani, che fa commentare sarcasticamente al blogger Mike Fayette: «Se i nostri dirigenti dei servizi si eliminano prima di quanto possa fare il nemico, chi è allora il vero nemico?».




1) Alquanto istruttiva l’auto-presentazione dello Hudson Institute: «Fondato nel 1961 dallo stratega Herman Kahn, l’Istituto mette in discussione il pensiero convenzionale e aiuta a gestire le transizioni strategiche per il futuro, attraverso studi interdisciplinari nei campi della difesa, relazioni internazionali, economia, salute, tecnologia, cultura e diritto. Con uffici a Washington e a New York, lo Hudson Institute intende guidare i dirigenti politici e i leadr globali nel governo come nel business attraverso robusti programmi di pubblicazioni, conferenze, briefing sulla politica e raccomandazioni».


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