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Il piccolo resto
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Un risposta al lettore che scrive:

«Direttore, ma gli ebrei ortodossi che denunciano il delirio messianico sionista in cosa credono? Sono una minoranza


Vedo che il lettore ancora non conosce il gruppo ebraico «Neturei Karta». Non è colpa sua; è colpa dei media che non parlano mai di questi miti haredim se non per deriderli e condannarli quando – coi loro abiti da ghetto lituano e le barbe nere – partecipano a manifestazioni con i palestinesi o vanno in Iran su invito di Ahmadinejad. Colpa dei potenti di questo mondo che non li ascoltano nè ricevono mai, perchè non hanno alcun potere da gettare sulla bilancia. Colpa anche nostra, di questo sito, che di rado riporta le loro iniziative.

Molti haredim rifiutano di riconoscere lo Stato d’Israele; ma quelli del Neturei Karta non vanno confusi (anche se il loro abbigliamento può indurre in errore) con i fanatici che sputano sulle scolare e sui preti cattolici insultandoli, e cacciano le donne dagli autobus a loro riservati, provocando tumulti in Israele.

L’origine del movimento va ricercata nei piccoli gruppi di pii ebrei che alla spicciolata presero residenza in Palestina nell’800, per pregare ed esercitarvi i doveri religiosi che gli ebrei possono attuare solo in Terra Santa, senza alcuna ambizione di dominio, ben accolti dagli arabi con cui stabilirono buoni rapporti. Questi gruppi furono agghiacciati dai primi sanguinosi attentati perpetrati dai sionisti secolarizzati (che usarono ampiamente il terrorismo e le stragi, oggi volutamente dimenticate).

Nei loro testi si cita la protesta del saggio Ahad Ah’am (Asher Zvi Hirsch Ginsberg), il fondatore del cosiddetto «ebraismo spirituale», scomparso nel 1927: «È questo il sogno del ritorno a Sion: macchiare la sua terra di sangue innocente? Se questo è il Messia, non voglio assistere al suo arrivo

Come si vede, dallo studio della Torah e del Talmud, rabbi Ahad Ah’Am non traeva la conclusione che i non ebrei sono animali parlanti. Una ventina di anni fa il vostro cronista ebbe un colloquio con un suo discendente, rabbi Moshe Hirsch (un fragile minuto novantenne, dalla gran barba che un tempo era stata rossa) nel quartiere ultra-haredim di Meah Shearim; un colloquio spiritualmente commovente, in cui mi spiegò in modo profondo la posizione di questo gruppo; alla fine mi diede alcuni articoli in inglese che trattavano dello stesso tema. Avendo perso gli appunti di quel lontano incontro, mi rifaccio a quelli (1).


Rabbi Moshe Hirsch con Arafat


Anzitutto, all’intervista che un loro maestro, rabbi Beck, rilasciò al giornalista inglese Patrick Harrington. A proposito dell’antisionismo dei suoi seguaci, egli rispose:

«Se esaminiamo gli atti dei sionisti, vediamo che essi sono un gruppo irreligioso. Il loro obbiettivo è cambiare un popolo che sera costituito sulla base della fede e della Torah (...). Sostenendo che la religione è un affare di coscienza personale’, essi riducono la religione a ad affare privato. Così, hanno distrutto il carattere intrinseco del popolo ebraico, determinato dallaccettazione della Torah».

Per rabbi Beck infatti gli ebrei non sono una «razza», un sangue.

«L’esistenza del popolo ebraico – dice – si fonda su una concezione interiore di ciò che esso è. E questa concezione interiorizzata è la fede, la fede che risale all’Evento del Sinai (quando Mosè ricevette le Tavole, ndr.). Nient’altro lega gli ebrei fra loro. La sola cosa che possiedono gli ebrei, è la loro fede».

E ancora: «Dire che il popolo ebraico può intendere se stesso in termini puramente naturalistici, significa rigettare le qualità fondamentali che fanno del popolo ebraico ciò che è, ossia un popolo interamente votato alla spiritualità. Il sionismo non si limita a rifiutare la natura intrinsca del giudaismo – che è puramente spirituale – ma tenta di trasformare l’essenza giudaica sostenendo che gli ebrei, non sono, al fondo, che un popolo che si evolve nella materialità come tutti gli altri. Sostenendo che c’è un adempimento possibile dell’ebraismo nel nazionalismo, i sionisti rigettano i fondamenti stessi del giudaismo. Purtroppo il sionismo ha sviato molti nella comunità, che ora seguono la falsa via che esso indica».

Infine, ecco le parole sorprendenti, le stesse che mi disse di persona rabbi Moshe Hirsch:

«Quando si è stabilito lo ‘Stato ebraico’, nell’atto stesso della sua nascita ha violato i Tre Giuramenti Talmudici, che vietano agli ebrei di mettere fine al proprio esilio con la forza».

Confesso: fu quella la prima volta che sentii nominare i tre Giuramenti Talmudici. Che cosa sono?

Hirsch mi rispose con le stesse parole che rileggo di rabbi Beck:

«I Tre Giuramenti sono:

Anzitutto, il popolo ebraico ha giurato di non ribellarsi contro le nazioni del mondo, e vivere pazientemente fra esse fino a quando Egli vorrà mettere fine allesilio.

In secondo luogo, il popolo ha giurato di non intraprendere azioni che concorrano ad accelerare la Fine dei Tempi.

Terzo, ha giurato di non tornare in massa nel Paese dIsraele.

Questi sono i tre Giuramenti che il popolo d
Israele ha giurato di osservare. Palesemente, il sionismo è in conflitto frontale con il loro contenuto».

Sapevo che effettivamente il profeta Isaia (5,19), lancia l’anatema contro «coloro che dicono: si affretti, si acceleri l’opera Sua, affinchè possiamo vederla», ossia contro chi vìola il secondo giuramento. Più tardi avrei appreso che il primo rabbino-capo d’Israele, rabbi Avraham Kook (morto nel 1935) avrebbe al contrario legittimato il movimento sionista, con questo argomento: benchè atei e peccatori, i sionisti accelerano la venuta del Regno, sicchè «possiamo vedere la Gloria d’Israele» nei tempi nostri.

Mi sono dimenticato di chiedere a rabbi Hirsch quando e come il popolo ebraico s’è impegnato coi Tre Giuramenti. È avvenuto collettivamente una volta per tutte, oppure ogni ebreo lo assume individualmente, in un apposito rito? In ogni caso, l’ebraismo sa che può «accelerare i Tempi Ultimi» con i suoi atti; ciò, per la sua natura eminentemente sacerdotale, come suggerisce rabbi Beck («Un popolo che si costituisce sulla Legge, un popolo puramente spirituale»), che può compiere atti «efficaci», ancorchè illegittimi.

I Neturei Karta però ritengono che la violazione dei Giuramenti attrarrà nuove rovine al suo popolo.

«Una delle punizioni previste da Dio è permettere che la carne giudaica sia attaccata, come la gazzella dal leone», mi disse rabbi Hirsch. E rabbi Beck:

«Cè un legame effettivo tra il sionismo, lantisemitismo e le persecuzioni naziste. Gli ebrei hanno trasgredito i Giuramenti (...). I sionisti hanno commesso atti immorali, prima trucidando i soldati inglesi in Palestina, poi contro i palestinesi. Io sono un figlio di Palestina; sono nato a Gerusalemme, da una famiglia stabilitasi qui da molte generazioni. I miei genitori e antenati hanno vissuto sempre in pace coi loro vicini arabi. Lodio degli arabi (contro di noi) è sorto negli anni 20, in reazione al sionismo. Cè un legame pratico e spirituale fra due dottrine perverse».

Come ha scritto un altro esponente del gruppo, il rabbino newyorkese Mayer-Schiller, «stabilire una sovranità politica giudaica sulla Terra Santa è profondamente illegittimo, prima della fine messianica dei tempi, che solo Dio deciderà».

Rabbi Moshe Hirsch mi precisò che l’avvento del Regno non deve essere promosso da azioni umane, che sarebbero un forzare quella Mano, rendere sacrilego ciò che ha da essere eminentemente sacro.

«La nuova Gerusalemme sarà calata dal Cielo», disse. Mi è stato chiaro da allora che la vera spiritualità ebraica post-Christum, qualla ancora vivente, sta nella pazienza e nell’innocenza fedele; nell’attesa paziente che Dio – non la forza delle armi, il terrore, la menzogna e l’astuzia – ponga fine all’Esilio.

E come s’immaginano il Regno finale? Come quello in cui i non-ebrei esistono solo per servire gli ebrei, e diverranno schiavi del Popolo Eletto, secondo le dottrine rabbiniche oggi prevalenti, ed enunciate con tanta ferocia dal rabbino Ovadia Yosef, già rabbino-capo dei sefarditi?

Attenzione. Anche Mayer-Schiller condivide la visione (del resto è nella Bibbia) che «ebrei e non-ebrei sono fondamentalmente differenti». Ma dice anche:

«Critico latteggiamento, frequentissimo fra i giudei, di misurare tutte le questioni sociali in base agli effetti che potrebbero avere sugli ebrei. Questapproccio restrittivo limitato alla sola comunità, viene dallidea che il Gentile è secondario agli occhi del Signore... Questo approccio di veduta ristretta (parochial) devessere necessariamente erroneo».

Perchè erroneo? Da una parte perchè i Neturei Karta sentono che l’Elezione del Popolo, ciò che lo rende «fondamentalmente differente», è il suo compito sacerdotale; il che significa in qualche modo che gli ebrei devono farsi autori della salvezza anche dei gentili; in secondo luogo, il sentimento che Dio non può che amare ogni uomo.

Ciò ha portato i rabbini del movimento sulla via di una difficile, dolorosa riflessione – che li rende unici nel panorama dell’ebraismo attuale. Scrive rabbi Mayer-Schiller:

«Se il cristianesimo, come sostengono molti ebrei, è avodah zorah (idolatria) ciò significa che milioni di cattolici e protestanti non avranno parte dello haolam haba (il mondo a venire)? È tutto quello che possiamo dire a quei milioni di persone pie e sincere? Che Dio giudicherà il gentile come un idolatra?». E dà il via ad una ipotesi che, basata sul Talmud, ne supera l’odiosa inimicizia per i goym: «Forse il Gentile non è che un tinok shenishba, un bambino prigioniero’, un innocente?».

Come si vede, si pongono lo stesso tipo di problema che i cristiani pensosi, se Dio è Carità, si pongono davanti ai bambini senza battesimo, magari abortiti, o verso i buoni musulmani, i buddhisti sinceramente credenti e praticanti: possibile che saranno condannati, in blocco? Non contrasta con la bontà infinita del Padre? Domande di malagevole risposta.

«La volontà di Dio, come si manifesta nella Rivelazione e negli eventi della nostra vita – dice Mayer-Schiller – ci lascia perplessi. Ma questo non deve per nulla abbassare la nostra emunah, la nostra obbedienza».

Ma la risposta che danno loro, è nel senso di supporre che Dio è più grande delle nostre piccinerie e appartenenze.

«Se perseveriamo a credere che i goym sono secondari agli occhi di Dio, aderiamo ipso facto ad una filosofia che corrobora le accuse portate contro di noi dagli antisemiti. Cè chi replica che dobbiamo sfuggire le società in cui siamo ospiti, e diventare tutti sionisti. Ma appena arrivati in Israele, il problema ci si pone coi palestinesi... È impossibile fuggire la questione: chi sono i goym e cosa fanno nel mondo? Lebreo ha diritto a reclamare diritti uguali, se non è disposto a condividere gli stessi sacrifici?».

Così, dal fondo dell’ortodossia più rigorosa, rabbi Mayer-Schiller supera il «diritto talmudico» – che è un diritto diseguale, il diritto dei padroni sui servi – per riconoscere che ogni legge esige la reciprocità, il riconoscersi parte di un comune destino di tutti gli uomini, in quanto figli di Dio.

Con ciò spero di aver risposto indirettamente anche a quei lettori che hanno posto il problema dei passi feroci della Bibbia, che nel senso letterale «giustificano» le atrocità, le violenze, le discriminazioni di cui vive Israele sionista. Come può la Chiesa, come possono i cristiani interpretare in modo diverso quei passi, dal senso incontrovertibile?

Ebbene: i Neturei Karta, ebrei ultra-ortodossi, studiosi della Torah secondo l’ebraismo e del Talmud, non-cristiani di certo, giungono ad interpretare quelle Scritture non già nel senso di giustificare delitti e sangue versato, bensì al contrario: nel senso della generosa misericordia, della preoccupata amicizia per gli altri uomini, del loro destino eterno, e della giustizia da rendere loro. È nel loro cuore fedele e mite, nella loro preghiera interiore che trovano l’interpretazione «giusta».

Ed esprimono il loro dissenso non (come sicuramente fanno molti ebrei) in silenzio, ma apertamente. Sfidano il conformismo e il giudizio della loro comunità – e solo Dio sa quanto questa presa di distanza costi a un giudeo (2) – per alzare la voce contro l’Israele omicida; vanno alle manifestazioni coi palestinesi, e dicono che essi sono «i sovrani legittimi del Paese»; vanno in Iran su invito di Ahmadinejad; per questo loro esporsi, i loro bambini vengono cacciati dalle scuole talmudiche, e loro stessi sono non di rado vittime di insulti, ostracismo e percosse da parte degli altri ebrei. Sono «martiri» nel senso proprio di testimoni, a cui i cristiani devono rispetto e solidarietà, ed anche aiuto. E sarebbe bello che il Santo Padre ricevesse una volta anche loro, ancorchè non abbiano alcun potere nè influenza sugli Stati Uniti. Se fosse data loro più voce ed autorità, Israele stesso potrebbe forse rettificare il suo indurimento.

Sono loro «il resto» (3) del popolo eletto, quelli «che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal», e che «esiste anche al presente», a cui allude San Paolo nella Lettera ai Romani (11, 2 e seguenti)?

San Paolo infatti rivela il «mistero», che «l’indurimento di Israele» non durerà per sempre. Forse dopo immani catastrofi, il piccolo resto ritornerà:

«Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anchessi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anchessi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!».

Fino a quel giorno imperscrutabile dovremo convivere con questo mistero dell’ebraismo che non ha riconosciuto il Messia, con questa spina nella storia umana, con quella «spina» che è la Bibbia, di così difficile lettura. San Paolo ce ne ha indicato il metodo:

«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto».

Fin dall’inizio la Chiesa ha letto la Scrittura come metafora e promessa, cercando di «discernere la volontà di Dio, ciò che è buono e «a Lui gradito e perfetto»: oltre la lettera, nello Spirito che vivifica.

Non resta che spiegare il nome di questo gruppo, cosa che diversi lettori sanno già, ma che è bello ricordare.

Neturei Karta significa, in aramaico, «Guardiani della Città». Nasce da un racconto talmudico riferito al rabbino Judah haNasi, Giuda il principe, vissuto dopo il 135 dopo Cristo e ritenuto di discendenza davidica (come Gesù). Costui mandò due dotti discepoli a ispezionare una non identificata città. Essi chiesero di vedere «i guardiani della città», e gli si presentarono in parata i soldati e gli arcieri. Dissero i due rabbi: «E sarebbero questi i guardiani della città? Questi sono i distruttori della città!».

Ma allora chi sono, fu chiesto loro, i guardiani della città? «Gli uomini pii dediti alla preghiera», risposero, con un’allusione al Salmo 127 («Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori...»).

Il fatto è che oltre ottant’anni fa, alcuni ebrei religiosi di Gerusalemme, sconvolti dalle violenze dei primi sionisti appena giunti, vollero tappezzare i muri della città con manifesti, che riportavano questo piccolo apologo. Non poterono: nessun tipografo ebreo fu disposto a stampare quel manifesto.




1) Di questo avevo già scritto nel mio I fanatici dellApocalisse, edizioni il Cerchio, libro del 1995 ed esaurito, che probabilmente molti lettori non conoscono.
2) Basti qui ricordare che San Paolo confessa: «Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua» per la separazione dagli ebrei. Al punto dal desidereare di essere dannato, perchè loro si salvino: «Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono israeliti e possiedono ladozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli». Una intensa, dolorosa confessione di un’anima ebraica, ed intrisa di ebreaismo.
3) La teologia del «piccolo resto d’Israele», che sopravviverà alla punizione per la sua infedeltà e sarà l’erede della salvezza, inizia dallo stesso Antico Testamento. Isaia, 10: «... Un resto ritornerà, il resto di Giacobbe, al Dio potente. Poichè anche se il suo popolo, Israele, è come la sabbia del mare, solo un resto ritornerà: è decretata la distruzione che farà traboccare la giustizia».


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