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Il governo che non pagava i creditori. In Francia, 1789
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Alexis De Tocqueville pubblicò nel 1856 il suo magistrale saggio «L’Antico Regime e la Rivoluzione», dove mostra come «la rivoluzione francese sia nata da ciò che precede», ossia dalla sgangherata inefficienza, corruzione ed inetto accentramento dell’amministrazione statale della monarchia, che portò al rovesciamento violento della monarchia stessa. In una occasionale rilettura, trovo stupefacenti punti di contatto fra l’Ancien Régime e i vizi del regime italiano attuale, il sistema di potere dei parassiti pubblici. Eccone alcuni passi:

Pagamenti ai privati


«Durante i regni che seguirono quello di Luigi XIV, l’amministrazione insegnò ogni giorno al popolo, in modo più pratico e alla sua portata, il disprezzo della proprietà privata. (...) La Direzione dei Ponti e delle Strade aveva già allora quell’amore per la bellezza geometrica della linea retta che ebbe a dimostrare in seguito [nella Rivoluzione illuminista, ndr]; evitava le strade già tracciate per poco che le sembrassero curve, e piuttosto che fare una curva, tagliava in mezzo mille proprietà. Queste, così devastate, erano sempre risarcite arbitrariamente e in ritardo: spesso non erano pagate affatto».

«L’assemblea provinciale della Normandia (...) constatò che il prezzo di tutte le terre espropriata d’autorità da vent’anni per le strade, era ancora da pagare. Il debito così contratto e non ancora saldato dallo Stato in quell’angolo di Francia ammontava a 250 mila livres. Grande era il numero dei piccoli proprietari danneggiati, perché la terra era già molto suddivisa. Ciascuno di loro aveva imparato per esperienza propria che il diritto dell’individuo merita pochi riguardi quando la volontà pubblica esige che sia violentato, e non dimenticò questa dottrina quando si trattò di applicarla agli altri» (allusione agli espropri della dittatura giacobina).

Italia 2013: «Il debito totale delle amministrazioni verso le imprese ammonta a 90 miliardi, per il governo. Ma questa cifra viene da una ad una indagine incompleta della Banca d’Italia effettuata solo sulle imprese aventi più di 20 impiegati. In realtà il debito dello Stato oscillerebbe tra i 120 e i 130 miliardi effettivi. L’amministrazione ammette di non conoscere esattamente l’importo, molte Regioni e Provincie non hanno contabilizzato bene i loro debiti verso i privati. Il governo Monti promette di sbloccare 40 miliardi; alla fine vengono sbloccati 3,5 miliardi per pagare i debiti; ma le imprese devono affrettarsi a presentare la documentazione...entro aprile. Da gennaio a marzo, 4218 imprese hanno dovuto chiudere i battenti».

Giustizia

Tocqueville: «Nessun insegnamento fu più pernicioso che certe forme adottate dalla giustizia penale quando si trattava del popolo. Il povero, se aveva a che fare con lo Stato, trovava soltanto giudici prevenuti, procedure illusorie e sentenze esecutive... Dai verbali della gendarmeria si vede (...) come si arrestassero i contadini indiziati. Spesso l’uomo così arrestato rimaneva a lungo in prigione prima di poter parlare al giudice, sebbene gli editti dicessero che l’arrestato doveva essere interrogato entro le 24 ore. Così un governo mite insegnava ogni giorno al popolo il codice di procedura penale più adatto alla rivoluzione e più comodo per la tirannia».

«È vero che in questa monarchia del 18° secolo, se le forme erano spaventose, la pena era quasi sempre temperata. Si preferiva far paura più che far del male; o piuttosto, si era arbitrari e violenti per abitudine e per indifferenza, e miti per indole. Ma per tal modo, l’amore di questa giustizia sommaria non faceva che affermarsi meglio: la mitezza della sentenza nascondeva l’orrore della procedura».

Italia 2013: «Il 4°%, ovvero 30 mila detenuti, sono in carcere per custodia cautelare, e secondo le statistiche del ministero la metà di loro verrà dopo anni estenuanti di processo, dichiarata innocente». Vi sono casi di carcerazione preventiva durati 13 anni.

«Riforme» devastanti

«Luigi XVI [finito sulla ghigliottina, ndr] durante tutto il suo regno parlò di riforme da fare. Poche sono le istituzioni di cui non abbia fatto prevedere prossima la rovina prima che la Rivoluzione le abbattesse in realtà. (...) Fra le riforme fatte da lui stesso alcune cambiarono, bruscamente e senza preparazione bastevole, le abitudini rispettate e violentarono i diritti acquisiti».

«...Un anno prima della Rivoluzione, un editto del re aveva completamente rovesciato in ogni sua parte l’ordine della giustizia: molte giurisdizioni nuove erano state create, moltissime abolite, tutte le regole della competenza cambiate (...) i querelanti, in mezzo a quella rivoluzione giudiziaria, stentavano a trovare la legge da applicare al loro caso e il tribunale che doveva giudicarli. Ma fu soprattutto la riforma radicale dell’amministrazione propriamente detta nel 1787 che, dopo aver portato il disordine negli affari pubblici, turbò i cittadini fin nella loro vita privata».

«Al momento in cui scoppiò la Rivoluzione, quella parte del governo che, sebbene subordinata, si fa sentire tutti i giorni ad ogni cittadino ed influisce più efficacemente e più continuamente sul suo benessere, era stata del tutto sconvolta: la pubblica amministrazione aveva di colpo cambiato tutti i suoi agenti e rinnovato tutte le sue massime. Ogni francese s’era trovato scosso nella sua condizione, turbato nelle sue abitudini, ostacolato nella sua industria».

Italia 2013
: le continue «riforme», della scuola, delle pensioni, di tutto un po’ proclamate dai successivi governi, e quasi sempre mal cotte. Le riforme vanamente annunciate: della Costituzione, del parlamento, del sistema elettorale, della «giustizia». Le riforme della pubblica amministrazione, sempre silurate dai parassiti pubblici (i capi della PA). Le riforme Fornero sul lavoro; sulla previdenza sociale che ha violentato i diritti acquisiti di milioni di cittadini. Le «riforme» annunciate dal governo Letta. Eccetera.

Tassazione

«Nel quattordicesimo secolo, la massima “non tassare chi non accetta” [no taxation without representation, ossia non approvata da assemblee dei cittadini, ndr] era saldamente stabilita in Francia così come in Inghilterra. Oso affermare che il giorno in cui la nazione (...) permise al re d’imporre senza il suo concorso una imposta generale, e la nobiltà ebbe la viltà di lasciar tassare il Terzo Stato (borghesi) quel giorno fu posto il seme di quasi tutti i vizi e tutti gli abusi che hanno travagliato l’Ancien Régime per tutta la sua esistenza, e hanno finito per causarne la fine violenta».

«(...) Il gettito delle tasse mal ripartite aveva un limite, i bisogni de re non ne avevano. Tuttavia essi non volevano né convocare gli Stati [le assemblee delle classi di cittadini, ndr] per ottenere sussidi, né, tassandola, costringere la nobiltà a reclamare la convocazione di queste assemblee. Da ciò ebbe origine quella prodigiosa e malefica fecondità dello spirito finanziario [la creatività inventiva di sempre nuovi balzelli, ndr] che distingue così particolarmente l’amministrazione del denaro pubblico durante gli ultimi tre secoli della monarchia (...) Ad ogni passo, negli annali, si trovano beni regi venduti e poi risequestrati come invendibili; contratti violati, diritti acquisiti misconosciuti, il creditore dello Stato sacrificato ad ogni crisi; la fede pubblica ingannata. [Luigi XIV, il Re Sole, ndr] stornava i fondi destinati ad altri scopi. (...) In pieno Rinascimento, si immaginò di considerare il diritto al lavoro come un privilegio che il re poteva vendere. Lo Stato istituì le comunità industriali solo per trarne una rendita, sia dai brevetti [autorizzazioni, registrazioni cui ci si doveva sottomettere per produrre alcunché, ndr] che vende, sia dai nuovi impieghi che crea» (...) Si sconvolgeva tutta la costituzione delle città non già con mire politiche [di abbassarne l’autonomia, ndr], ma nella speranza di trarne qualche introito all’erario. Da questo bisogno di denaro, unito al desiderio di non domandarne agli Stati, nacque la venalità delle cariche (...)».

«Non temo di affermare che qualunque privato avesse amministrato il proprio patrimonio nel modo in cui il Gran Re amministrava quello pubblico, non sarebbe potuto sfuggire ai giudici».

«Bisogna studiare nei dettagli la storia amministrativa e finanziaria dell’antico regime per capire a quali pratiche violente e disoneste il bisogno di denaro possa ridurre un governo tutto sommato mite, ma non soggetto all’opinione pubblica e senza controlli [contrappesi, ndr] quando il tempo ha consacrato il suo potere e lo ha liberato dalla paura della rivoluzione, ultima salvaguardia dei popoli».

Italia 2013: A me sembra molto simile alla Francia del 1788, un anno prima della Rivoluzione. Non so a voi.



Associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE


 
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