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Il detto di Senofane
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«Ma i mortali credono che gli dei nascano
e che abbiano vesti, lingua e figura come loro.
Ma se i buoi e i cavalli e anche i leoni avessero mani,
e con le mani potessero dipingere e compiere le opere
che compiono gli uomini,
i cavalli dipingerebbero immagini di dei simili a cavalli,
e i buoi simili a buoi, e plasmerebbero i corpi degli dei
tali quali essi stessi hanno,
ciascuno secondo il proprio aspetto.
E gli Etiopi affermano che i loro dei sono camusi
e neri, e i Traci che hanno occhi azzurri e capelli rossi.
Stanno piantati dei bacchi d’abete tutt’attorno
alla solida casa.
Non è vero che fin dal principio gli dei hanno svelato
tutto ai mortali,
ma gli uomini stessi, cercando, col tempo trovano ciò che è meglio
».
(B frammenti, 14-18, traduzione di Ilaria Ramelli e G. Reale)

Di Senofane di Colofone le notizie sono scarse e lacunose.
Pare che riparasse ad Elea per ragioni politiche e che qui fondasse la scuola che, dal nome della città ospitante, assunse il proprio di eleatica.
Della sua produzione scientifica si conservano pochi frammenti.
Il più noto  è questo da noi riprodotto.
Troppo poco per un giudizio?
Non diremmo, se è vero che il frammento ha fatto da lievito per ogni battaglia  iconoclastica.
Lo leggeremo frantumandolo ulteriormente perché siamo sicuri che ancora nasconda uno spirito di straordinaria sottigliezza.
Cominciamo, mettendo in evidenza i versi: «Ma se i buoi e i cavalli e anche i leoni avessero mani, e con le mani potessero dipingere … i cavalli dipingerebbero immagini di dei simili a cavalli, ecc. ecc».
Il non avere mani significa non avere un’anima.
O, uno spirito.
Ed infatti non c’è un solo filosofo greco che abbia attribuito un’anima alle bestie.

Stando così le cose, il motivo per il quale cavalli, buoi, leoni, ecc., non possano dipingere immagini di dei simili a loro, è dovuto al fatto che essi non hanno un’anima.
Non hanno uno spirito.
Mentre gli dei hanno natura spirituale.
Stando così le cose, si spiega l’ironia di Senofane.
E aggiunge: «E gli Etiopi affermano che i loro dei sono camusi e neri, e i Traci che hanno occhi azzurri e capelli rossi».
Domanda: Anche gli Etiopi e i Traci non hanno un’anima?
Se vengono indicati alla stregua dei cavalli e dei buoi e dei leoni, allora sono schiavi.
E gli schiavi - come noto - per i Greci non hanno un’anima.
Dunque a ragione, neppure gli Etiopi e i Traci potrebbero dipingere immagini di dei simili a loro.

Abbiamo poi la frase: «Stanno piantati dei bacchi d’abete tutt’intorno alla solida casa».
La frase è un po’ oscura.
Però prendiamola come abbiamo preso le espressioni precedenti.
I bacchi d’abete non hanno un’anima, perché sono cose.
Immagini fittizie e via dicendo.
Incapaci dunque di assolvere la funzione per la quale sono adoperate: di proteggere la casa da presenze malevoli.
Fin qui il discorso.
O, se si preferisce, questa è la spiegazione che Senofane dà per giustificare la sua avversione verso «quegli uomini che credono che gli dei nascono e che abbiano vesti, lingua e figura come loro».
E sia.

Però non si può non notare che la visione di Senofane del divino sia esclusiva, settaria, elitaria, ecc.  Non c’è un Dio per le cose; non c’è un Dio per le bestie; non c’è un Dio per gli schiavi.
E non c’è un Dio neppure per gli uomini se gli uomini credono che gli dei nascono, hanno vesti e parlano e assumono sembianze umane.
E a chi dovrebbe somigliare questo Dio di cui parla Senofane?
Escludendo tutti, resta lui solo.
Allora dovrebbe somigliare a lui stesso.
Mostrare la sua stessa immagine.
E via dicendo.
Stiamo ironizzando?

Se non  fossero ricorrenti nella letteratura greca espressioni come «simile a un dio», ecc. , sarebbe anche lecito pensarlo.
Ma non stiamo ironizzando.
Anche perché noi non abbiamo neppure bisogno di fare ricorso alla letteratura greca.
Dal momento che il tempio di Delfi - il più temuto e rispettato dai Greci - portava scritto da qualche parte : «Conosci te stesso».
Non è questa conoscenza che porta a somigliare a Dio?
Se è questa conoscenza che porta a somigliare a Dio, allora  prima di approdare a Elea, Senofane apparteneva a quella  setta di sapienti che a Delfi erano iniziati ai misteri di Eleusi.
E questi misteri porta in dono a Elea.

Professor Marcello Caleo



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