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Egitto: il doppio gioco di Washington
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Israele aveva già scelto nel 2008 Omar Suleiman, l’attuale vicepresidente egiziano, come successore di Mubarak, e l’aveva raccomandato come tale a Washington.

Suleiman, allora capo dei servizi segreti egiziani e grande cooperatore nelle renditions e torture di sospetti catturati in Afghanistan ed Iraq, aveva cordiali contatti quotidiani con Tel Aviv grazie ad una linea telefonica segreta. Suleiman giunse ad auspicare una re-invasione del Sinai da parte israeliana, per bloccare il contrabbando a favore della striscia di Gaza. Tutto ciò è rivelato da comunicazioni tra le ambasciate USA e israeliane, ora resi noti da Wikileaks.

David Hacham
   David Hacham
Nell’agosto 2008, David Hacham, alto funzionario del ministero della Difesa ebraico, che era in una delegazione israeliana in visita in Egitto capeggiata da Ehud Barak, notava l’aspetto invecchiato e malato di Mubarak, e indicava agli americani Suleiman come il suo migliore successore per il vecchio dittatore, coprendolo di lodi.(WikiLeaks: Israel's secret hotline to the man tipped to replace Mubarak)

La Casa Bianca dunque, mentre a parole appoggia le richieste della rivoluzione egiziana, ingiungendo a Mubarak di dimettersi, chiedendo libere elezioni, libera stampa e rispetto delle minoranze, in realtà sta manovrando la transizione (al solito) secondo gli interessi israeliani perché nulla cambi in Egitto.

Frank Wisner
   Frank Wisner
L’ambiguo doppio gioco americano è confermato dalle uscite dell’inviato speciale che Washington ha spedito in Egitto per sorvegliare e apparentemente sostenere la transizione, Frank Wisner: ex ambasciatore al Cairo, oggi a riposo, il Wisner – intervenendo alla conferenza di Monaco degli alleati dell’America, a cui partecipava anche Hillary Clinton – ha sostenuto la necessità che Mubarak rimanga al potere «mentre noi scegliamo la via del futuro».

L’uscita di Wisner (ebreo) ha sgomentato gli europei, sicchè il Dipartimento di Stato ha dovuto smentire il suo inviato, con un comunicato in cui si legge che Wisner ha espresso opinioni sue, non coordinate col Dipartmento.

Smentita poco convincente, dal momento che l’ex ambasciatore Wisner è, oggi, lobbista per la Patton Boggs, uno studio di avvocati che «rappresenta le principali famiglie commerciali dEgitto», ha creato la Camera di Commercio USA-Egiptian, promuovendo investimenti, e sorveglia i contratti di armamenti americani forniti all’Egitto, un colossale business dato che Washington dà ai generali egiziani 1,3 miliardi di dollari in armamenti ogni anno. Insomma Wisner è il lobbista, in America, di Mubarak e del suo sistema di potere avido e corrotto.

Robert Fisk, il giornalista che ha rivelato questi legami affaristici, si domanda: è credibile che Hillary Clinton, nel nominare come plenipotenziario speciale in Egitto questo Wisner, non ne conoscesse il curriculum e i legami col potere egiziano, insomma il conflitto d’interessi? Evidentemente no.





Le sbavature dei diplomatici-lobbisti americani sono tra le cause che hanno spinto il segretario di Stato Hillary Clinton a prendere un’iniziativa senza precedenti: ha convocato a Washington 200 ambasciatori USA, praticamente tutti, chiamandoli da tutto il mondo. La Clinton ha citato le difficoltà inedite rappresentate dalle rivelazioni di Wikileaks e la «tempesta pefetta» in corso in Medio Oriente: dove «i capi dellarea possono contenere la marea per un po’, ma non a lungo.

Siamo entrati in un territorio inesplorato per la nostra leadership mondiale», ha detto la Clinton. I piani del Nuovo Ordine Mondiale vanno rimessi a punto, «dobbiamo diventare tutti più innovativi, più flessibili e più responsabili»... (Clinton to ambassadors: We are all in uncharted territory)

 

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