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Il vero esercito europeo: gli eurocrati
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Chi si angoscia per la mancanza di un esercito comune europeo, si rallegri: questo esercito esiste già. E’ un’armata segreta, o che almeno on vuol far parlare di sè. I suoi effettivi: 170 mila uomini, il doppio dell’esercito britannico. Sono gli impiegati e i burocrati che, a vario titolo, passano carte per l’Unione Europea, pagati da noi contribuenti.

Lo ha scoperto una fondazione inglese, «Open Europe», che dopo faticose ricerche è stata in grado di smentire il numero fornito ufficialmente dai grandi eurocrati di Bruxelles. Secondo la loro propaganda, l’intera UE funziona con 32 mila dipendenti. In realtà, il loro numero è sei volte superiore.

Tanto per cominciare, ci sono 45 mila «consulenti» a libro paga, divisi in mille «expert groups», che forniscono consulenza sulla legislazionbe e sulle direttive che la UE sforna - come stupirsene - a getto continuo.

Fra questi, il think-tank britannico ha identificato un «Mineral Water Expert Group», un «Expert Group on Flavorings» (ossia consulenti sugli aromi, suppongo intesi come additivi), e un «Lifts Directive Working Group», apparentemente emanante le direttive sugli ascensori - nemmeno questi sono lasciati alle cure delle sovranità nazionali.

Open Europe ha scoperto inoltre che 7.900 persone sono assunte da 245 «Comitology committees» (Commissioni di Comitologia?!), il cui scopo pare essere di «aiutare ad applicare la legislazione»; altri 10 mila dipendenti pagati sono sparsi nelle missioni UE all’estero. Dalla ricerca è risultato che, solo per stilare le complicatissime direttive e per escogitare come imporne l’applicazione, occorrono 62.026 eurocrati e loro consulenti.

Ma soprattutto, Open Europe denuncia la difficoltà  incontrata a mettere insieme i dati: ogni singolo ufficio, «gruppo di lavoro» o «comitato» o «missione» cerca di tenere il più tenebroso segreto sul numero dei suoi stiupendiati. Negano le informazioni agli «estranei», ossia ai cittadini; Open Europe le ha dovute ricavare con vari trucchi e per vie traverse.

Secondo Nick Cosgrove, uno degli analisti del Think-tank, ciò rivela una mancanza di trasparenza del tutto anti-democratica. L’Unione, dice, «è una istituzione opaca e complicata, e perciò è suscettibile all’influenza delle lobby e dei gruppi d’interesse particolare». E rincara: «Questa gente non è eletta da nessuno, e non può essere chiamata a rendere conto ai cittadini; e tuttavia pesa enormemente sulle vite di tutti noi, influenzando tutto, dal prezzo della bolletta elettrica e degli alimentari, fino al modo in cui gestiamo il nostro servizio sanitario nazionale» (1).

Agli italiani, abituati ad assoggettarsi alla Casta nazionale e a pagare i parassiti senza fiatare, può sembrare incredibile; ma in Inghilterra questo fatto ha suscitato scompiglio nel governo, e varie infocate interrogazioni parlamentari.

Il ministro-ombra per l’Europa, il conservatore Mark Francois, ha dichiarato: «E’ incredibile che mentre le nostre forze armate sono super-estese fino al rischio di spezzarsi, si scopra qui un’armata di passacarte (pen-pushers) in Europa, che si dedicano a nient’altro che a creare ancora più burocrazia».

La Commissione Europea ha emanato un iroso comunicato: «Le cifre che noi citiamo (i 32 mila dipendenti) riguardano i pubblici impiegati permanenti che lavorano nella Commissione. La Commissione non è l’Unione. E’ stato un disonesto addizionare arance con mele. Quelli (di Open Europe) hanno ricavato le loro fantastiche cifre girando nei corridoi di ogni possibile sezione di lavoro dell’Unione Europea... In base a questo ragionamento, anche il personale di Open Europe dovrebbe essere incluso nel calcolo delle «migliaia di burocrati sparsi negli Stati-membri». Suggerire che i lobbisti  influenzino il personale della Commissione Europea dimostra una incomprensione cronica delle strutture democratiche della UE».

Le celebrate strutture democratiche della UE, a tutti note.




1) Christopher Hope, «EU bureaucrats outnumber British army two to one, say campaigners», Telegraph, 11 agosto 2008.


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